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 Diario di viaggio Spagna 2006

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(Mundaka, Bilbao, Vitoria, Biescas, Torla, Andorra)

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Giornate:
18 agosto 2006
19 agosto 2006
20 agosto 2006
21 agosto 2006
22 agosto 2006
23 agosto 2006
24 agosto 2006
25 agosto 2006
26 agosto 2006
27 agosto 2006
28 agosto 2006

18/8

 

 

Strada verso Hondarribia

 

Colline marittime
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Partiamo verso i Paesi Baschi francesi, teatro della tesi di laurea di Caterina. Faccio una strada secondaria colline verdissime a picco sul mare. Hondarribia è carina, facciamo un bel pranzetto al volo su una panchina del lungomare, poi andiamo a St Jean de Luz, ma non ci piace, siamo di nuovo nei posti bon-bon precisini che non ci colpiscono particolarmente.
Proseguiamo verso Biarritz, ma la strada da fare è ancora tanta, i posti poco entusiasmanti e decidiamo di tornare indietro.
Autostrada per recuperare tempo, vogliamo trovare da dormire verso Elantxobe.
I posti sono belli, ma la pioggia è stancante, riprende a catinelle. Il tempo di inzupparmi, per poi smettere quando mi rassegno e decido di bardarmi. Grrrr!! Anche qui non troviamo posto: gli hostal sono pochi, come le case rural e prenotati da settimane. Seguiamo tutte le indicazioni, anche le più remote.
Ormai è quasi il tramonto, ci avventuriamo in strade minuscole inseguendo un cartello “casa rural”. Finiamo nel cortile di una casa da sogno che scopriremo essere una delle costruzioni monumentali di questa regione. Ci accoglie Mikel che ci chiede se abbiamo prenotato. Alla nostra risposta “no” si mette a ridere e ci mortifica dicendo che è tutto prenotato.

 

 

Casa di Mikel, vicino Natxitua

 

Mikel il Mitico!
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Casa di Mikel, vicino Natxitua

 

Euskadi Askatasuna!
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Fuori piove, è il tramonto...ci rassegniamo a piantare la tenda in un boschetto visto alcuni km prima, ma san Mikel si impietosisce e, dopo essersi consultato con sua madre, ci cede la sua camera. Mitico! Ci offre anche la cena, che prepariamo nella cucina-soggiorno in legno e pietra di questo casale da cartolina.
Come ciliegina sulla torta tira fuori una scatolina magica piena d’erba, che divide con noi, come se ci conoscessimo da una vita!
Nonostante la stanchezza esagerata, lo seguiamo (con lui in macchina!) a Guernica, il paesino che dà il nome al quadro forse più famoso di Picasso, in memoria di un bombardamento aereo nazista che fece migliaia di vittime.
Stasera, però, niente storia, ma solo un concerto di musica rock di gruppi locali (Doctor Deseo). Beviamo vino e Coca Cola, un “cocktail” che va per la maggiore in Euskadi!
Arrivati a Guernica seguiamo Mikel in un bar di un suo amico con una musica al limite di sopportazione del timpano, poi andiamo nella piazza dove è allestito il palco. C’è un mare di ragazzi. L’allegria è alle stelle anche se nessuno, come conferma Mikel, non balla: i baschi non ballano. Gioiscono dentro? Verso mezzanotte, ma potrebbero essere le 5 del mattino, per la stanchezza che sento, torniamo a casa. ’Notte!

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19/8

 

 

Casa di Mikel, vicino Natxitua

 

Sogno o son desto??
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Casa di Mikel, vicino Natxitua

 

Ti piacerebbe, eh?
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Ci svegliamo nella casa da sogno...è tutto vero! Decidiamo di andare verso Elantxobe. La strada è tortuosa, panoramica più verso le colline interne che non il mare, lontano e molto più in basso. Elantxobe è aggrappata al fianco della collina che si tuffa nel mare, a picco, qualche decina di metri più in basso. Le case più in alto sono antiche, forti, massicce. Poco è lo spazio, poco è concesso al turismo: non ci sono albergoni o altre strutture moderne, per fortuna. La gente è poca, la gran parte spalmata sulle banchine del piccolo porto, l’acqua più vicina ma non troppo. La riarrampicata verso la moto è da capre, gli scorci suggestivi.
Proseguiamo il giro della costa, quando sono attratto dal segnale che indica un punto panoramico, chiamato Ogoño.
Lo seguiamo, finché la strada non sembra finire a casa di qualcuno. Ascolto il mio istinto e proseguiamo a piedi in un sentiero immerso in un bosco, con molti pini marittimi che ci ricordano il mare, altrimenti remoto, in tutti i sensi. Il sentiero si ricongiunge ad una piccola strada asfaltata, chiedo informazioni ad una coppia vestita da arrampicata. Ci dicono che Ogoño è uno spuntone di roccia lì vicino, panoramico.
Abbiamo voglia di camminare, proseguiamo nel bosco che via via si dirada, lasciando spazio alle rocce.

 

 

Panorama da Ogoño

 

Meditazione panoramica
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Panorama da Ogoño

 

Vorrei essere gabbiano!
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Il mare appare in triangoli blu intenso tra le foglie, poi cattura l’orizzonte. Siamo su un picco, alto sul mare. Il vento taglia lo spazio, il sole lo riscalda. Più in basso, molto più giù, vediamo piccoli punti sdraiati o che inseguono una tavola in mezzo alle onde. Ci godiamo il momento, ognuno immerso nei propri pensieri. Purtroppo il tempo resta incerto, ampie nuvole coprono nuovamente il sole, non invita particolarmente a fare vita di spiaggia.
Scendiamo lungo lo stesso sentiero per tornare alla moto, proseguiamo verso le grotte di Santimamiñe.
Nel piazzale di ingresso delle grotte si affaccia un grande, forte e antico casale dove è ricavato un ristorante, il “Lezika”. Pare che sia uno dei migliori della zona. Ci facciamo rapire dal “txangurro ripieno” e dai “chipirones en su tinta”, ci facciamo rapinare dalla cuenta, ma senza troppi rimpianti.

 

 

Bosque Pintado de Oma

 

Bosco psichedelico
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Bosque Pintado de Oma

 

Bosco motociclistico
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Tramonto a Ea

 

Mondo violetto
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Bosque Pintado de Oma

 

Bosco occhiuto
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Facciamo il pieno a Guernika e torniamo di nuovo nel piazzale del “Lezika” per prendere la stradina che porta al Bosque Pintado de Oma. Un facile sterrato che finisce in un piccolo spiazzo. Da lì scendiamo o per meglio dire franiamo in una ripida discesa, quando improvvisamente compaiono delle labbra, rosse, a loro modo sensuali, è l’Invito al Beso. Le vediamo in prospettiva, dipinte su due tronchi che allineati formano l’immagine. Il resto è un susseguirsi di colori, figure astratte, geometriche, figurate, inclusa una coppia di motociclisti in piega!
Il sole si abbassa, il pomeriggio ci sta salutando. Decidiamo di chiudere la giornata ad Ea, il paese con il nome più corto che conosca!

 

Ponte di Ea

 

Papere a passeggio
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È costruito come a voler coronare un piccolo torrente: incassato come questo, poco più in alto ma con le acque che lambiscono le fondamenta. Le abitazioni sono caratteristiche, in legno e pietra come si possono vedere anche nel nord della Francia. Lo spazio assume un altro significato, quando è allungato e costretto da alti fianchi di colline che incombono.
La foce si allarga, un po’ di respiro verso l’oceano che si mostra, rosato dal sole che si sta tuffando in quel momento. La marea sta risalendo, in pochi minuti dove poco prima eravamo passati all’asciutto, il passaggio è chiuso da una grande pozza d’acqua. Mi bagno volentieri, mi sento più partecipe di questo angolo di mondo, così particolare.
A casa incontriamo Mikel e una sua amica, gli avevo promesso che li avrei invitati a cena dove volevano. Ci portano da “Egana”, a Lekeitio, ma la macchina fa un effetto rivoltante a Cate, che in pochi minuti si sente mareada. La sua assenza a tavola contiene il conto, che si ferma a 115 €! Nel paese ci sono anche Giammarco e Chiara, ma non riusciamo ad incontrarci.
Torniamo a casa di Mikel, giochiamo fino alle 3 del mattino ad una specie di “Non t’arrabbiare”, fumando la sua magnifica erba e chiacchierando del più e del meno.

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20/8
Decidiamo di andar via per non approfittare troppo dell’ospitalità di Mikel, risaliamo il fiume fino a Mundaka. Il tempo è fantastico, l’aria calda. Ci fermiamo in questa elegante cittadina, ci sdraiamo sull’erba a due passi dall’acqua. Cate purtroppo è indisposta, io mi immergo con gioia nell’acqua fresca, tonificante, pulita. Mi diverto, come quando ero piccolo, a tuffarmi dal pontile, sguazzo con gioia dopo tanti giorni in vista del mare senza poterlo toccare.

 

 

Chiesa di Gaztelugatxe

 

Chiesa da stambecchi
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Seguiamo la costa nord, visitiamo rapidamente una piccola chiesa costruita su un isolotto collegato alla terraferma da una sottile lingua di terra sovrastata da una lunghissima scalinata, che ci scoraggia (Gaztelugatxe). Vicino c’è un hotel spettacolare, a picco sul mare, ma siamo troppo lontani da Bilbao, poi vogliamo contenere un po’ i costi.
Ci fermiamo in un campeggio vicino la costa, ad una ventina di km da Bilbao, dove trascorriamo la sera animata dalla Semana Grande. Caterina cena con un panino con chorizo, io salsichon (praticamente un wurstel) e piemientos.
Il fiume e i vetri dei palazzi moderni riflettono bellissimi fuochi artificiali, poi andiamo nella piazza principale a sentire un concerto di flamenco. Sono un gruppo tra le 5 e le 8 persone, a seconda degli assoli che li vedono impegnati. Un uomo, apparentemente senza ruolo, distaccato dal concerto, improvvisamente si alza e dà vita ad una interpretazione sofferta, partecipata con l’anima, di flamenco. È applauditissimo, non so quanto sia famoso, ma è affascinante, rapisce e fa amare questo ballo, questa musica.
La città mi piace, è una commistione ben riuscita di antico e moderno, dà una sensazione di grande efficienza, ma anche di vitalità, amore per la vita e il divertimento.
Cate è molto stanca, sale in moto e si risveglia davanti al campeggio, come un miracolo di un minuto.

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21/8

 

 

Museo Guggenheim di Bilbao

 

La Caffettiera
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Museo Guggenheim di Bilbao

 

Bellezze riflesse
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Museo Guggenheim di Bilbao

 

Scultura titanica
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Ci svegliamo tardi.
Dedichiamo buona parte della giornata alla visita del meraviglioso Guggenheim che ospita, nemmeno a farlo apposta, una retrospettiva russa dal medioevo ai giorni nostri.
Usciamo al tramonto.
Il sole si riflette magicamente sulle curve del museo, in riflessi caldi, suggestivi.
Giriamo un po’ nei vari locali a caccia di pintxos, presi anche di straforo (cozze tigre, patatas bravas) finchè non ci fermiamo a cena in un ristorantino in una piccola zona pedonale.
Prendo una txistorra cotta nel txacoli e altre specialità.
Altri fuochi d’artificio, visti anche stavolta nei riflessi delle vetrate.

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22/8

 

 

Scultura a Gasteiz

 

Sono geloso!
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Finestre di Gasteiz

 

Natura morta
con finestre
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Lasciamo il campeggio, facciamo un rapido giro a Gasteiz, la capitale di Euskadi. Ci dirigiamo nuovamente verso Pamplona, poi i Pirenei. A Yesa deviamo verso il Monasterio de Leyre, bello, ma l’ingresso a pagamento e la fretta di arrivare sui monti ci frenano. La strada che fiancheggia il lago di Yesa è gustosa, sia da guidare che da ammirare. Mi faccio attirare dalle indicazioni della Valle de Ansò: la prima parte, fino al paesino di Ansò è fantastica, stretta in una gola dalle rocce e dai colori bellissimi. La stradina che da Ansò porta a Hecho e poi il ritorno sulla strada principale non sono granchè, ma almeno sono molto veloci e non ci fanno perdere troppo tempo. Seguiamo per Jaca, poi deviamo a nord. All’imbrunire arriviamo a Biescas, dove decidiamo di fermarci. Per fortuna, dopo tutti i patimenti dei giorni passati, troviamo immediatamente, nel primo posto che vediamo affittare camere. Il posto è carino, rustico e tutto sommato accogliente (30 €), non proprio come la padrona, che forse è solo chiusa, dal carattere tipico montano.
Ci facciamo indicare un ristorante, carino e molto rustico, dove ci lanciamo con chuletas a go-go, fritas, pimientos, liquore alle erbe e crema di liquore! Bien!

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23/8
Oggi la prendiamo di riposo, vogliamo fare una giornata di trekking in montagna. Andiamo verso Torla ad informarci su quale sentiero possiamo affrontare, non essendo assolutamente allenati. Alla fine decidiamo di seguire un sentiero, il GR11, consigliato da un articolo che ho portato da Roma. È raro che faccia passeggiate di questo tipo in montagna, mi piace, mi accorgo che in fondo mi manca anche se poi, considerando ed analizzando il tempo libero che ho, finisce subito indietro nelle mie priorità.

 

 

Sentiero vicino Torla

 

Esploratore per caso
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Sentiero vicino Torla

 

I Pirenei incombono!
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Attraversiamo quasi subito un laghetto dalle acque turchesi, come solo in alta montagna riesce ad essere, compresa la temperatura gelida, poi il sentiero si impenna e costeggia, dall’alto, il ruscello che lo alimenta.
Di tanto in tanto si aprono piccole cascate, purtroppo irraggiungibili per quanto è scosceso il terreno, solo un uccello potrebbe. Siamo protetti da fitti boschi che ogni tanto si aprono a farci ammirare il sole, forte.
Pranziamo in una piazzola a picco su un’altra piccola pozza, dove il sole si riflette con onde luminose sulle rocce sommerse.
Asparagi comprati ieri a Vitoria e poco altro, ma il momento è talmente bello che mi sembra un pranzo da re, non vorrei essere da nessun’altra parte!
Prosguiamo ancora, poi iniziamo a tornare quando capiamo che stiamo oltrepassando le nostre scarse forze.
Torno a prendere la moto, parcheggiata in una stretta gola all’ingresso ufficiale del parco, chiuso ai veicoli nel periodo estivo. Mi assento un attimo proseguendo, ora che sono da solo, sulla stretta strada pietrosa. Anche qui fiancheggio il torrente di stamattina, ma la sola presenza della strada sterrata lo mette in secondo piano, offende la sua bellezza. Da fare in moto, in ogni caso, è un tratto spettacolare. La strada termina dentro un campeggio, forse prosegue ancora, ma molto più stretta e impervia, meglio tornare da Cate! Che mi aspetta tranquilla, aveva capito che stavo facendo una scappatella e ne ha approfittato per riposarsi.

 

Bar de Las Heras vicino Fanlo

 

Bar in Paradiso
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Da Torla andiamo verso Sarvisè, poi mi faccio attirare da una strada minuscola, la HU631 verso Fanlo. È letteralmente fantastica, siamo sotto monti imponenti che si aprono in vallate e anfiteatri spettacolari, il profumo è inebriante, così come i colori e i paesaggi. Ci fermiamo al “Bar de Las Heras”, che sembra appoggiato su una collina. La vista che si apre per chilometri. Sorseggiamo una birra, è un momento appagante, totale.

 

 

Paesaggio verso Escalona

 

Anfiteatro divino
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Da dietro la collina rimbombano dei tuoni, il cielo si sta chiudendo per un acquazzone pomeridiano. Ripartiamo verso Escalona, le sensazioni proseguono, poi la statale le smorza.
Arrivati ad Ainsa verso le 20:30, diventa evidente che finiremo dentro un nubifragio, l’importante diventa ora fare più chilometri possibile prima che diventi buio e prima di essere investiti dalla valanga d’acqua. I lampi diventano sempre più fitti, così come l’oscurità, mentre il vento ci sposta comodamente e invade la strada di foglie. La strada torna stretta, mi spiace farla al buio, immagino sia bella. Accelero ancora, rischio, ma rischierei di più facendomi prendere dal nubifragio. Supero una moto che inizia a seguirmi come un’ombra.
Improvvisamente, dopo una curva e una raffica di vento più forte delle altre, mi arriva addosso una secchiata d’acqua, capisco che ci siamo. È questione di secondi: dall’altra parte della curva vedo una casupola, un deposito degli attrezzi. Taglio l’altra corsia, inchiodo, scendiamo di corsa, ci fiondiamo verso la piccola costruzione che però non ha sporgenze. La porta è chiusa ma ... spingo e si apre! In un attimo siamo immersi nell’oscurità più impenetrabile, insieme all’altro motociclista che si è fermato con noi.
È di Donostia, ha fatto un giro di un paio di giorni con un amico (in auto, ci raggiunge qualche minuto dopo) ad Andorra, sta tornando a casa, ci ha seguito perchè gli aprivamo per bene la strada, da solo non si sarebbe azzardato ad andare a quella velocità, soprattutto in quelle condizioni.
Questo stanzino è una salvezza, fuori si scatena il nubifragio, ho addirittura paura che possa far cadere la moto, che stoicamente resiste.
Dura tutto sommato poco, forse mezz’ora. Ripartiamo, adesso sono loro, auto e moto, a guidarmi. Sono molto stanco, la cinquantina di chilometri che ci separano da Biescas mi sembrano infiniti.
Ci cambiamo al volo e dopo una rapida passeggiata nel centro storico, carino, bissiamo con chuletas ed entrecot

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24/8
Partiamo avvolti in una nebbia fittissima, visibilità a pochi metri, freddo. Mi aiuta ad immaginare meglio le situazioni descritte da Orwell nel suo Omaggio alla Catalogna quando con gli anarchici stava al fronte per combattere i franchisti, esattamente in queste zone (Barbastro, Huesca) e il tema più ricorrente era quello del gelo che lo attanagliava costantemente.
Ci addentriamo nella Valle del Noguera, ma la strada diventa bella andando verso Sort, quando corre per chilometri sul crinale delle montagne.
Arriviamo ad Andorra già un po’ stanchi. È un caotico inferno intasato di camion, auto e centri commerciali. Ci sono diversi negozi di abbigliamento da moto, ma quello che vediamo non ha prezzi particolarmente interessanti, soprattutto se paragonati ai prezzi fatti a Roma. In ogni caso Cate trova un casco apribile della Nolan a 120 €, molto carino.
Andiamo verso il centro, anche se non si riesce a capire quale sia, è tutto uniformemente sommerso dal traffico e dagli edifici moderni o presunti tali.
Cerchiamo da mangiare, ma a parte posti orribili e costosi non troviamo nulla che ci attiri. A questo punto, preferiremmo infilarci in un Mc Donald’s, di cui almeno conosciamo il sapore. Sembra un miraggio, non si riesce a trovare. Alla fine entriamo in un KFC, ne avevo letto qualcosa in non ricordo più quale libro, ma non ci ero mai entrato. Ci servono delle alette di pollo fritte e rinseccolite, inizio a pensare a queste moltitudini di polli a cui tagliano le ali per servirle in enormi barattoli di cartone, tipo quelli per il pop-corn al cinema.
Usciamo disgustati, ci separiamo: lei a cercare profumi, creme e altro; io a caccia di un coltellino multi-uso, perso di recente durante un concerto. Entrambi a caccia di prezzi convenienti!
Ci ritroviamo dopo un’oretta, io ho comprato un Victorinox abbastanza base, anche se più accessoriato di quello perso. Anche Cate ha preso qualcosa.
Ci rimettiamo in moto, in questo paese lillipuziano che ho soprannominato la trappola a due corsie. Vorrei uscire verso la Francia, attraversando i Pirenei, ma un cielo apocalittico grigio piombo ci fa desistere e tornare verso la Spagna. È la prima volta che torno indietro davanti ad un muro assicurante pioggia. Sarà l’età o l’intelligenza?
Ci immergiamo nuovamente nella marmellata di TIR e auto incasatrate, sembra un enorme svincolo del GRA nei momenti peggiori. Una volta immagino che queste montagne fossero meravigliose, ora tutto viene disintegrato da puzze, rumori, asfalto, cemento, folla e stress.
Siamo indecisi se raggiungere il mio amico Johnny vicino Barcellona oppure andare in Costa Brava più a nord, raffica di SMS indagatori da parte nostra, tranquillizzanti da parte sua.
Cerco di compensare il giro perduto passando dal Coll de Merolla, diretto a Ripoll. Bello, ma inizio ad essere stanco. Valli piccole e grandi si inseguono, incastonate di paesini arroccati e ponti romanici. Ci fermiamo in uno di questi per fare scorta, prendiamo jambon serrano e altro.
Optiamo definitivamente per Johnny. Arriviamo in notturna a Malgrat de Mar. Attraversiamo una zona industriale che ci getta nello sconforto: è una sfilza di impianti industriali uno più grande e spaventoso dell’altro.
Ci accolgono calorosamente Johnny e Giuliana, ci sistemiamo a fianco della loro tenda, in questo campeggio che ospita al 99% spagnoli stanziali.
Ceniamo al volo con panino, birra e patate, poi crolliamo sui materassini.

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25/8
Riposo totale, assoluto. In questo dò piena ragione a Johnny, questo posto non offre nessuna distrazione, puoi solo sdraiarti e goderti la pace.
Dalla spiaggia ci spostiamo al “ristorante” “Tu a mi no me conoces” (!) per pranzare, poi torniamo in spiaggia. Pochi metri di spostamento, spiaggia a perdita d’occhio da un lato e dall’altro.
L’acqua è pulita, nonostante il polo industriale a meno di due chilometri, si vede che qui, al contrario dell’Italia, gli impianti di depurazione funzionano. Ci sono anche le tabelle con l’analisi delle acque, che fanno tutti i giorni: pulitissima!
Pennica pomeridiana di Cate, io leggo rigo per rigo il giornale. Mi colpisce la storia di Gunther Grass, che adoro, e della sua ammissione, dopo decenni.
La sera ci concediamo l’“esperienza primordiale” come la chiama Johnny, o forse come la chiama una guida che parlando di questo posto, definisce in questa maniera una serata passata con la gente del luogo. In effetti è divertente, ma secondo me nulla a che vedere con la marmaglia rozza e ignorante che infesta Roma.
Dalle montagne arriva un altro nubifragio, quest’anno va così. Non ci pentiamo di non essere andati nella Costa Brava più a nord, sia per la compagnia di J&G, che mi fa piacere dopo diversi anni che non li vedevo, sia perchè il tempo sembra essere peggiore verso la Francia.
Torniamo alle tende, quella di Johnny è allagata.

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26/8
Oggi gita verso nord. Attraversiamo Lloret de Mar, un incubo di negozi, pub, disco-pub, discoteche, privè, palazzoni, ecc. Non solo gli italiani devastano le coste... Purtroppo questo pensiero non mi consola, cerco di immaginare quanto ho letto o visto in foto d’epoca ed ormai è impossibile, nonchè deprimente, immaginare qualcosa di così diverso.
Nella carina Tossa de Mar ci fermiamo per prendere alcune ceramiche che regaleremo ad amici e parenti e terremo un po’ per noi.
La strada è bella fino a Sant Feliu de Guixols, molto panoramica e divertente da guidare. Rapida spesa nel mercato di Sant Feliu. Cate vorrebbe fermarsi a godere del poco sole che questa estate ci concede, io vorrei andare a Cadaques a vedere la casa di Salvador Dalì, che non sono mai riuscito a visitare. Ci accordiamo che proseguiamo ancora un po’.
Arriviamo a Roses dove inizio a seguire un itinerario consigliato da Motociclismo e che sembra confermato dalla cartina molto dettagliata che ho. C’è una strada sterrata che da Roses arriva fino a Cadaques. Oltre ad essere più breve di quella asfaltata, dovrebbe offrire dei panorami mozzafiato.
La troviamo con difficoltà, non c’è ovviamente nemmeno un’indicazione, ma alla fine ci addentriamo in qualcosa che ci somiglia. Arriviamo fino a Capo Tordera, il posto è magnifico, a picco sul mare. Scendiamo, fa caldissimo, l’acqua turchese si riflette nei nostri occhi, purtroppo decine di metri più in basso.

 

Scogliera vicino Roses

 

Il mare dall’alto
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Proviamo a scendere, ma è impossibile, non si passa. Grande delusione. A me spiace soprattutto per Cate, che voleva sdraiarsi per qualche ora.
Risaliamo in moto, torniamo indietro e su altre strade minuscole arriviamo fino a Monjoy, dove finalmente ci fermiamo. L’acqua è trasparente, anche se la spiaggia è un po’ sporca, nulla di eccezionale, in ogni caso va benissimo per il nostro momento di pace.
Nel tardo pomeriggio ci rimettiamo in moto, proseguiamo sulla strada sterrata che finalmente è quella giusta, indicata dalla cartina e dall’articolo di Motocislimo. I panorami sulla costa sono davvero unici, di tanto in tanto ci sono accessi verso l’acqua. Ci infiliamo in un vicolo cieco, incrociando una Africa Twin che ci guarda come due alieni, in sella ad una CBR sul fondo pietroso e asciutto di un torrente stagionale.
Risaliamo, troviamo il bivio che arriva a Cadaques, è dietro la collina, a meno di 5 km. Ma quello che l’articolo non diceva è che per evitare incendi, quell’ultimo pezzo di sentiero è chiuso a tutti i veicoli, comprese le biciclette, nel periodo estivo.
Delusione fortissima, sia perchè sto per perdere la soddisfazione di arrivare a Cadaques da un punto così insolito, sia per tutti i km che dobbiamo fare per andare a Cadaques dalla strada asfaltata.
Quando i chilometri in fuoristrada sono “utili”, nel senso che mi portano da qualche parte, tutto sommato non mi pesano affatto, ma quando per un motivo qualsiasi devo percorrerli in senso inverso mi irritano parecchio!
Mi rassegno, torniamo sui nostri passi, prendiamo la strada asfaltata, arriviamo a Cadaques che ormai è buio. Cerchiamo i ristoranti indicati dalla guida: chiusi. Gli altri indicati da un articolo che ho portato: chiusi. Finiamo a Casa Nun, molto carino, ma purtroppo i tavolini più romantici, vista porto illuminato in notturna, sono occupati e dobbiamo sederci al primo piano, vista pareti bianche.

 

 

Paella a Cadaques

 

Paella Imperiale
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Pimientos rellen de marisco e pescado, paella de mar per due, vino blanco de Navarra: ci rifacciamo così delle “delusioni” di oggi! E festeggiamo soprattutto l’ultima cena tranquilla della vacanza, manca poco al traghetto di ritorno purtroppo.
Passeggiata notturna nei bei vicoli di Cadaques, affollati, ma non dà fastidio, forse perchè mi richiama moltissimo alla mente i ricordi dell’infanzia, fatti di vicoli e gente e caldo e luci e negozietti di souvenir e ciabatte di gomma aperti fino a notte fonda.
Arriviamo al campeggio alle 2 del mattino.

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27/8
Purtroppo oggi ci imbarchiamo, questa è l’ultima mattina della vacanza. Andiamo nel centro di Malgrat per cercare qualche souvenir da distribuire in giro o tenere. C’è una via pedonale tappezzata di vetrine che vendono tutto, dal cibo all’abbigliamento alle scarpe ai dolci ai giocattoli e così via. Completo, in pochi metri, tutto. Comprese delle sculture erotiche in legno, con falli giganti e seducenti fatine seminude ed ammiccanti.
Ci perdiamo in un negozio immenso, tenuto da un russo. Come russi sono tanti di quelli intorno. Mangiamo dei pinchos alla plancha, torniamo in campeggio, doccia poi riposo fino alle 16.
Partiamo per Barcellona, sono pochissimi i km che ci separano dal porto. Proviamo a chiedere in un paio di uffici notizie dei paraschiena persi nel viaggio di andata, ovviamente nessuna notizia. Facciamo il check-in ma siccome manca ancora un po’, facciamo la spesa in un supermercato dietro le Ramblas.
Ultima vasca su questa mitica strada, poi il triste imbarco.
Anche stavolta c’è un gruppo di italiani a far casino, pugliesi.
Troviamo posto davanti agli ascensori, che durante la traversata vengono bloccati. Purtroppo girano molti ragazzi, in continuazione, avanti e indietro. Pensano di essere al parco giochi, urlano eccitati dalla situazione, si rincorrono, gridano “SCAPPATE, AL FUOCO!!!” dando anche dei colpi alle pareti ed alle porte.
Il tutto alle 22 passate.
Ad un certo punto si impossessano di uno dei carrelli delle pulizie, largo appena meno dello stretto corridoio, e fanno le corse spingendolo a tutta velocità. Dopo pochi secondi di questo fantastico gioco, il carrello si inclina leggermente, si impunta istantaneamente su una parete, si rovescia contro una porta, uno spigolo, di metallo, la rovina sensibilmente.
Si dileguano, dalla cabina non esce nessuno: o è vuota, o hanno paura.

 

 

Traghetto Barcellona - Roma

 

Suite imperiale
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Dopo qualche minuto arrivano un paio dell’equipaggio, chiamati da chissà chi. La cabina si apre: è occupata! Ci chiedono informazioni, ma non abbiamo idea di dove siano finiti quei geni.
Fortunatamente uno dei due ragazzi dell’equipaggio, che si ricordava di noi, ci indica un posto tattico in un corridoio al piano superiore. Praticamente è un vicolo cieco, per cui non ci passa nessuno ed è ben lontano dal corridoio principale, dove peraltro passano pochissime persone in quanto riservato ai clienti delle cabine.
Ora siamo davvero tranquilli, ci addormentiamo placidamente e profondamente.

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28/8
Mi sveglio presto, meno del solito. Il corridoio è tranquillissimo, non passano nemmeno quelli delle pulizie, Cate può dormire fino a tardi.
Ci spostiamo poi sul ponte, con tutta la roba. Il sole è caldissimo, finalmente, in mezzo al mare, riusciamo a prenderlo come non siamo riusciti fino ad oggi, sempre perseguitati dalle nuvole.
Prendo qualche appunto sul diario, guardiamo eccitati un inseguimento di delfini...o balene? C’è chi giura di aver visto un’alta colonna d’acqua, come quando le balene la soffiano via.
Civitavecchia, Roma, fine.

 
 

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