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Agosto 2000 - Ucraina, Russia, Bielorussia

Tragitto seguito nell'Agosto 2000
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(Ucraina (seconda parte))

Incrociamo spesso memoriali di guerra e residuati bellici. Fanno tutti parte dei ricordi della Grande Guerra Patriottica, come i sovietici ribattezzarono la Seconda Guerra Mondiale.

Gli "articoli" più frequenti sono carrarmati e aerei. La velocità con cui li sorpassiamo non mi fa percepire esattamente le dimensioni, però sono imponenti. Un aspetto che mi colpisce e' che sono generalmente tenuti molto bene.

Probabilmente per molti di questi villaggi che incrociamo sono l'unico monumento che possiedono, e mi piace immaginare che lo puliscano e lo mantengano con orgoglio, come un oggetto prezioso.

Intrattengo la mente in riflessioni sulla propaganda sovietica e il suo influsso sugli abitanti di quelle zone rurali.

L'eroismo del popolo sovietico è stato sconfinato, senza riserve, durante la Grande Guerra Patriottica. Alla fine degli anni '30 ci furono una serie di avvenimenti che rischiarono di far finire il più grande impero del mondo nelle mani dei nazisti, e sicuramente il mondo non avrebbe l'aspetto che ha oggi!

Stalin iniziò le tristemente famose purghe nel 1937 e decapitò tutti i vertici dell'esercito e della marina. Non risparmiò comandanti d'armata, nè ammiragli, nè commissari d'armata. Si calcola che nel giro di pochi anni persero la vita circa 30mila ufficiali.

Fu un tragico errore strategico: quando nel '39 Hitler aggredì l'Unione Sovietica in pochi mesi riuscì ad arrivare alle porte di Mosca. Quegli anni, fino al '42, quando poi iniziò la vera riscossa dell'Armata Rossa, furono terribili.

Le repubbliche sovietiche occupate e le zone della Russia invase furono sistematicamente distrutte, i morti furono milioni. Le città eroi dell'URSS sono tutte sparse lungo i confini dell'"impero", e se non fosse stato per l'eroismo di ogni singola persona, Mosca e con lei l'intera Unione, sarebbe caduta in mano ai nazisti, con conseguenze imprevedibili.

Forse non sarebbe cambiato nulla, forse sì.

Rimane il fatto oggettivo che l'Armata Rossa, privata di tutti gli ufficiali più esperti, fu porotagonista di disfatte terribili e se non fosse stato per l'eroismo della popolazione non ce l'avrebbe fatta!

Il merito di Stalin fu di riuscire a creare un sentimento patriottico senza precedenti, che unì la popolazione e, collettivamente, creò un movimento forte quanto quello di un esercito. Naturalmente i metodi usati non furono unicamente ideologici nè propagandistici; spesso furono coercitivi, ma nulla toglie che solo l'eroismo della popolazione salvo' l'Unione, rovesciando il destino dell'Europa.

Anche successivamente il processo di "eroicizzazione" proseguì e la memoria, al contrario che nel nostro Paese, non venne mai fatta spegnere.

In Italia, nazione aggressore nella Seconda Guerra Mondiale,  abbiamo dovuto aspettare 50 anni per avere il Giorno della Memoria, proprio in un momento che stava scomparendo del tutto. Forse è il momento giusto per "rinfrescarla", però ci sono intere generazioni che non sanno nulla di quanto è successo oppure, ancora peggio, che sanno in modo distorto, vittime di un revisionismo superficiale e di una rediviva ideologia fascista.

Quello che mi viene da pensare è che in molti di questi posti sperduti abbiano lasciato viva la memoria proprio per avere qualcosa in cui credere e di cui sentirsi fieri, in un sistema economico che lentamente andava peggiorando.

Sono rimasti questi simulacri della memoria, a ricordare l'eroismo di nonni e genitori in un pasasto qui non troppo lontano. Anche per le conseguenze disastrose che gli italiani hanno conosciuto solo in parte.

Fatto sta che passiamo davanti a molti carriarmati e aerei che sembrano poter spiccare il volo da un momento all'altro, tanto sono lucidi, puliti e dinamici, cosi' puntati come sono verso il cielo!

All'altezza di un piccolo incrocio, Manu scorge sulla sinistra una lunga serie di hangar nascosti sotto piccole colline erbose, mimentizzate in modo perfetto per chi dovesse arrivare dall'alto.

Il reperimento della benzina non è molto facile. Dopo 150 km da Leopoli iniziamo a cercare un benzinaio, anche se l'autonomia è ancora abbondante.

Fino ad ora abbiamo incrociato numerosi benzinai, ma non mi sono mai soffermato a capire se fossero aperti o meno.

Ora mi rendo conto che moltissime aree di servizio sono in costruzione, più o meno la metà di quelle che incrociamo in realtà hanno solo il cartello in bella vista, ma per il resto manca tutto.

Ci fermiamo in un'area di serivzio che sembra più uno sfasciacarrozze che un benzinaio. Fatichiamo a capire dove si trovano le pompe, nascoste come sono in piccoli padiglioni in ciu si intravede a malapena l'indicatore dei litri.

Spegnamo le moto davanti alla baracca con il cartello indicante un numero di ottani accettabile per le nostre moto, 91.

Dopo pochi istanti esce un signore di mezza età che senza aprire bocca fa cenno che non ha più nulla, è a secco.

Guardiamo i nostri contachilometri e speriamo di non rimanere a secco anche noi.

Tra tentativi andati a vuoto e falsi allarmi mi rimangono una ventina di km di autonomia, poi bisognerà chiedere aiuto a qualche automobilista.

Siamo nei pressi di una cittadina che dalle dimensioni mi fa sperare in un distributore fornito.

Fortunatamente è così e troviamo addirittura la super a 95 ottani. Ormai ho rinunciato a mettere la verde, è introvabile.

In pochi minuti veniamo circondati da ragazzini curiosi e il traffico si blocca, complice un semmaforo poco lontano.

Alcune madri vengono a riprendre urlando i rispettivi figlioletti fuggiti per venirci a vedere da vicino. Ormai mi sento sempre più un marziano, le macchine si fermano addirittura in mezzo alla strada per poterci guardare meglio. L'imbarazzo è grande.

Dopo aver espletato i nostri bisogni nel pratino accanto al distributore, praticamnete sotto gli occhi di parecchie persone, risaliamo in moto e partiamo nuovamente vrso Kiev.

Guardando l'orologio, mi accorgo che anche stavolta siamo in ritardo sulla tabella di marcia.

Le province, qui chiamate "oblast", si susseguono. In ogni cartello che segnala la fine di un dipartimento e l'inizio del nuovo, si trova un simbolo tipico dell'iconografia sovietica: una spiga, dei fiori, degli operai.

Attraversiamo una cittadina di cui non ho letto il nome, alcuni automobilisti ci fanno dei segnali con gli abbaglianti.

Dopo qualche centianoi di metri arriviamo a un posto di blocco.

Mi diverte pensare che l'abitudine di segnalare la polizia alle altre persone è diffusa, con le stesso modalità, in tuti i paesi che ho visitato fino ad oggi!

Il posto di blocco è proprio un vero posto di blocco, non come li conosciamo noi! C'è una sbarra abbassata, come nei passaggi a livello, che ostruisce la strada.

Quando arriviamo noi, però, la sbarra è alzata da entrambe le parti, e i poliziotti stanno facendo pasare tutti. Appena ci vedono sgranano gli occhi, non riescono a connettere e secondo me, siamo passati talmente in fretta che non hanno fatto in tempo a tirar fuori la paletta dell'alt! Peggio per loro!

Purtroppo pare sia peggio per noi. Siamo appena usciti dalla città che una pattuglia ben in vista dall'altro lato della strada ci consiglia di diminuire l'andatura.

Nonostante l'andatura da lumache veniamo fermati. L'esperienza mi fa mettere in conto almeno 30 minuti di discussioni, con il poliziotto che inizierà a minacciarci di una multa senza senso, per poi calare pian piano fino a una cifra di compromesso tra la sua ingordiga e la mia volgia di ripartire il prima possibile.

Il copione, anche stavolta, è identico: patente, libretto, assicurazione, un'occhiata alla moto e poi la contestazione.

Inizia a blaterare di un poliziotto che non avremmo ascoltato ma non capiamo di cosa sta parlando. alla fine, dopo frasi colte a spizzichi e bocconi, capiamo che si sta riferendo al nostro pasasggio al posto di blocco dentro la città. Pare che abbiamo forzato un posto di blocco!!

L'accusa, come al solito, è infondata. Cerchiamo di faglielo capire, ma un po' ci spieghiamo male noi, un po' lui non vuol capire, pre cui continua a chiederci "dienghi", soldi.

Dopo pochi minuti abbandona anche la facciata "istituzionale" e inizia a chiederci apertamente quanto possiamo dargli. La mia cocciutaggine mi fa continuare a ripetere che non abiamof atto nulle e che quindi non gli dobbiamo dare proprio un bel niente!

Inizio a innervosirmi, mentre il poliziotto rimane sempre calmo e quasi di buon umore. Continua a fissare prima Manu e poi Ombretta. A Manu chiede se per caso fosse miss Italia, a Ombretta non ricord quale miss, se Mondo o Universo!

Scopriamo che ha un debole per le more. E' proprio vero che chi ha il pane non ha identi!! Nel senso che loro sono abituati ad avere intorno bellezze mozzafiato, alte, magre, occhi biondissimi e occhi azzurro cielo per cui una novità come le nostre mediterranee fidanzate, gli sembrano un sogno. Senza nulla togliere a Emanuela naturalmente!

Dopo un quarto d'ora abbondante si ferma un camionista, anche se non è stato femrato dalla polizia.

Inizia a parlare con grande allegria, ci dice che ci ha visto mentre lo superavamo e ci conferma che in Ucraina la polizia è insistente e onnipresente. Buono a sapersi!

Il nostro amico parla anche un po' di italiano, ma per capire quello che volgio dirgli non è necessario. Tra russo e italiano gli confido che l'impressione che ho è che i poliziotti ucraini siano tutti mafiosi, pronti a estorcere denaro con la minaccia di multe e sequestri di vario genere. Lui capisce e scoppia a ridere. Poi confemra la mia impressione e dice che anche liu ha una moto (immagino che sia una Ural vecchia e malandata, quanto il suo camion) e che quando ha vogli adi correre un po', si porta dietro una bel rotolo di banconote, pronto ad spartirle tra i posti di blocco che avrebbe incontrato.

Scambiamo altre battute con il camionista, aspettando che il poliziotto torni da noi.

Finalmente si riavvicina e ricomincia la solfa: "quanto puoi darmi?" e io che continuo a negare. Propone "1000 grvinie?" Faccio i conti e sono 350mila lire! Scoppio a ridere di gusto e anche lui scoppia a ridere e fa: "no no, scherzavo...900!" Io continuo a ridere, ormai la situazione è paradossale! Nel bel mezzo di questa conversazione e dell'allegria generale (eravamo comunuqe rilassati, nonostante la seccatura) anche il camionista, ridendo, vuol prendere la parola e dice al poliziotto:"Lo sai cosa ha detto prima?" riferendosi a me. Il poliziotto si gira verso di lui e lo ascolta "Ha detto che i poliziotti sono tutti mafiosi!!!! ahr ahr ahr!!" Sbianco e penso "E' finita!". Invece il poliziotto scoppia a ridere e ricomincia "Dai, meno di 600 grvinie non posso chiedervi!". Visto che non si era arrabbiato ci proviamo: "Guarda che lui è siciliano, è un mafioso di quelli coi fiocchi!" indicando Adriano. Il poliziotto finge di spaventarsi e alla fine, forse stancatosi della lunga chiaccherata, ci chiede 50 grvinie in tutto, l'equivalente di 18mila lire.

Ripartiamo tutto sommato allegri: è  il primo posto di blocco e non sappiamo quanti ce ne aspettano.

Proseguiamo verso Kiev ad andatura bassa, godendoci il paesaggio che alterna foreste di conifere altissime a distese sterminate coltivate, in uci l'occhio può spaziare a decine di km di distanza.

Le abitazioni sono piuttosto brutte, spesso sono un accostamento tra modernismo e tradizione, fondendo la struttura della casa in cemento armato immancabilmente non intonacato con il resto dei particolari in legno, come il recinto dell'orto e del giardino.

Lungo la strada vediamo molte locande in cui cucinano e passando in velocità gli odori della cucina entrano per pochi istanti nel casco, arrivando direttamente allo stomaco: è ora di fermarci!

Come al solito, non appena penso "Alla prima "fraschetta" che incrocio ci fermiamo", le osterie scompaiono! Proseguiamo ancora per molti km, mentre il mio stomaco si fa sentire con forza sempre maggiore.

Ormai è piuttosto tardi per il pranzo, è pomeriggio avanzato, ma non ho voglia di saltare il pranzo.

Finalmente incrociamo un locale piccolo che espone il cartello della Coca Cola e di una marca di chewing-gum, facciamo inversione e parcheggiamo nello spiazzo antistante.

Il locale si trova sulle rive di un piccolo lago, mi riprometto di fare una passeggiata dopo pranzo.

Entriamo nel piccolo locale, è tenuto da una coppia molto giovane. E' arredato molto bene, tutto il mobilio è in legno, e mi fa sentire subito a mio agio.

Prima di iniziare a mangiare decido di andare in bagno e mi scontro di nuovo con le toilette ucraine: sono dei semplici buchi neri mai svuotati nella loro esistenza e che emettono un fetore assolutamente insopportabile. Trattengo il fiato e faccio pipì guardando in alto.

Una volta fuori il bugigattolo in legno mi avvicino al lavandino e mi accorgo che è privo di acqua corrente (probabilmente anche il resto della locanda è privo di acqua corente, faranno tutto con l'acqua del lago) e sfrutta un meccanismo semplice ma efficace. Sopra al lavello c'e' una specie di sciacquone come quello dei nostri water, e fa scendere l'acqua in un piccolo tubo per graivtà, regolata da un chiodo infilato nel tubo che, se alzato, fa passare l'acqua.

Il mio russo inizia a sciogliersi e comincio a fare lo spiritoso con il ragazzo, ordinando carne, patate e una zuppa.

Il pranzo è ottimo e abbondante e naturalmente arriva il colpo di sonno. Kiev è ancora lontana e con Marco decido di fare una passeggiata fino alle rive del lago.

Passando alle spalle della locanda ci accorgiamo che il fondo della costruzione è completamente appoggiato a centinaia di bottiglie vuote, che sostituiscono il piu' costoso cemento, che si limita a riempire gli intertizi tra un vuoto e l'altro.

La vegetazione è molto abbondante e come al solito vengo ripreso dalla paura di trovare un cane, per fortuna Marco mi rassicura.

Il lago è piccolo e carino, sembra in buona salute. Camminando vediamo una fila di rane saltare in sequenza dentro un piccolo torrente che si getta nello specciho d'acqua.

Torniamo alle moto e prima di ripartire attraverso la strada per andare a osservare un monumento commemorativo.

Le piante soffocano parzialmente il blocco di pietra e il muro alle sue spalle su cui sono raffigurati una serie di figure che non riesco a interpretare. Il nome riportato sul blocco è Scevchenko, ma non mi ricorda nulla, nè eroi sovietici nè ucraini. Vorrei chiedere lumi al ragazzo dentro la locanda ma vengo trascinato via a forza da Manu.

Prima di riaprtire vado a salutare i due ragazzi che mi chiedono quanto costano le moto. Faccio un rapido calcolo cercando di dire la cifra corretta in dollari: vedo due facce sbigottite. Credono di aver capito male, ripetola cifra indicando il numero sul dizionario e continuano a scuotere la testa. Sembrano voler dire "non ce la faremo mai!". Ormai le Ural non bastano più...

Ripartiamo rifocillati e contenti per l'ottimo pranzetto, costato pochissimo: poco piu' di 5mila lire a testa.

La strada è molto bella, tutto è enorme. Le dimensioni si perdono, sembra l' effetto speciale in cui vengono ingranditi tutti gli oggetti intorno per far sembrare il soggetto un microbo. E' esattamente la sensazione che ho: ancora più piccolo nella mia vacua natura umana, circondato da una natura grandiosa. Solo le case dei contadini mi fanno riconquistare un po' di proporzioni, cosi' piccole e storte nel loro legno consumato dagli inverni rigidissimi e dalle estati piovose.

La strada subisce continue trasformazioni: a volte si stringe fino ad assumere le dimensioni di una nostra statale, altre volte si allarga in 4, 6 corsie, più larga delle autostrade europee. Il ofndo però rimane sconnesso e bombardato da buche più o meno profonde, anche se la cosa che ci da' più fastidio sono le linee di congiunzione tra una lastra di asfalto e l'altra: sembra di stare sui binari di un treno, in cui si avverte il passaggio da una traversina e l'altra, solo che in questo caso il contraccolpo arriva direttamente alla schiena, trasmessa senza pietà dalle rigide sospensioni della moto.

Improvvisamente in lontanza intravedo una lunga discesa molto scura: asfalto appena rifatto! Non faccio in tempo a gioire che ci ritroviamo in una distesa larga quanto la strada di bitume fresco: la superficie è copera di olio, sento la moto scodinzolare sotto di me.

Il panico è notevole, sento che non appena inclino di un grado la moto, l'aderenza diminuisce pericolosamente. Cerco di rimanere perfettamente in asse.

Manu capisce che c'e' qualcosa che non va perche' mi zittisco immediatamente e non rispondo più alle sue domande, se non a monosillabi. Come sempre, in quste situazioni, rispetta il mio silenzio aspettando che il momento di tensione passi.

La strada continua ad essere così e come faccio sempre nelle situazioni di scarsa aderenza, accelero per avere un po' di effetto d'inerzia che mi fa "galleggiare" sull'asfalto unto.

Viaggio ormai intorno ai 100 km/h, la sensazione di scivolamento non passa, ma almeno passeremo più rapidamente questo pezzo maledetto!

Per fortuna si esaurisce tutto in pochi km, tiro un sospirone di sollievo e ricomincio a chiaccherare con Manu attraverso l'interfono.

I km trascorrono lenti, sembra non finiscano mai, complice l'andatura da lumaca a cui siamo costretti, per paura delle pattuglie di polizia.

Mancano ormai meno di 150 km, inizio a pensare di essere arrivato e mi accorgo che manca poco al crepuscolo. Prendiamo una grande deviazione sulla sinistra, finalmente ci siaom agganciati alla grande direttrice che arriva da sud e che porta direttamente a Kiev.

Lo svincolo che ci fa immettere nello stradone è insolito: si aggancia a T però non potendolo attraversare direttamente per via dello spartitraffico, siamo costretti a fare qualche centinaio di metri verso destra, per arrivare in un punto in cui si può fare inversione e tornare verso sinistra, proseguendo verso Kiev.

Nel pezzo verso destra, intravedo dall'altra parte della strada una pattuglia della stradale. Anche loro vedono noi. So che una volta che faremo inversione ci passeremo davanti, per cui vado a una andatura ancora più lenta del solito.

Faccio inversione con prudenza, aspettando di non vedere nulla nell'arco di qualche km e accelero con calma.

Manganello puntato e stop. Ci hanno fermato. Adriano evita invece la seccatura perche' era rimasto indietro e quando lui passa, se ne accorgono troppo tardi. Vedo che si ferma ad aspettarci qualche centinaio di metri più giù.

I poliziotti qui non usano la paletta, hanno un manganellino col quale ti puntano e fanno cenno di accostare.

Sono entrato da pochi giorni in Ucraina, ma già sogno cosa fare di quei manganellini e dei poliziotti che li maneggiano con tanta gioia!

Documenti, patente e libretto. "Cosa abbiamo fatto?" "Eccesso di velocità". Misurata con cosa? Non si sa.

Questi due, al contrario degli altri, non sono molto loquaci, ci fanno la solita richiesta assurda e aspettano. Inizio a essere nervoso, e decido di riposarmi un po'. Anche stavolta ci troviamo in una situazione completamente fuori dall'ordinario: Marco, Manu ed io vicini alle moto e poco più in là i poliziotti che non dicono una parola, nè a noi, nè tra loro.

Alla fine la cifra che dobbiamo dargli è la solita, però stavolta la dividiamo in 3 e non in 5.

In tutto abbiamo perso un'ora di tempo, tra poco farà buio e siamo ancora abbastanza lontano da Kiev.

Inizio ad aprire gli occhi e l'entusiasmo della novità del luogo sta lasciando il passo al timore di una viaggio infestato di pattuglie di polizia con molto tempo da perderee e pochissimi scrupoli.

La strada è molto migliorata, finalmente non prendiamo un colpo alla schiena ogni 100 metri.

Facciamo benzina e ripartiamo rapidamente, dopo aver comprato l'acqua, prevedendo un arrivo in nottata nel campeggio di Kiev.

Ormai è notte, il cielo è completamente coperto e abbiamo perso ogni riferimento ma sono tranquillo poichè quella che percorriamo è sicuramente l'unica strada così grande nel raggio di parecchi km.

All'improvvismo, senza nessun cartello di preavviso, la carreggiata si allarga. Le due corsie diventano sei, l'asfalto è meraviglioso e il guard-raill inizia a correrci a fianco. Siamo arrivati!

I km passano ma della città non c'è traccia, continuiamo ad essere immersi in un fitto bosco. Dall'oscurità emerge un'area di servizio, mentre intorno comincioano a vedersi i primi palazzi. Ci fermiamo per riposarci qualche minuto e per chiedere indicazioni per raggiungere il campeggio che avevo trovato segnalato su internet mesi prima, nelle navigazioni notturne che faccio allo scopo di trovare informazioni utili.

Il ragazzo alla cassa sembra non ricordare, poi ci indica di andare sempre dritto. "Quanti km mancano?" "Meno di 10".

Perfetto! Scorgiamo i riferimenti che ci ha indicato e dopo qualche km anche un rande cartello che pubblicizza proprio il nostro campeggio. L'indicazione sul bivio da prendere però è imprecisa e nel dubbio ci infiliamo nella prima stradina che si apre sulla sinistra, piuttosto che sulla seconda.

Ci ritroviamo in un piccolo parcheggio in cui sono ammassate delle machcine una più lussuosa dell'altra. Capisco che non è il posto giusto, però voglio infilarmi nella palazzina lussuosa e illuminata a giorno che vedo in fondo al piccolo prato all'inglese.

Dal balcone al primo piano sono affacciate numerose presone molto eleganti che ci scrutano con divertimento e curiosità. Siamo conciati da far schifo, sporchi e sfatti dalla stanchezza.

Entriamo in un grande atrio disadorno con una grande scalal che porta al piano superiore: ci ritroviamo in un ristorante di lusso in uci stanno dando una festa. Una cameriera ci placca e ci indica il campeggio nella stradina subito dopo il ristorante.

Torniamo alle moto e osservo che una macchina e' completamente priva di targhe, sia davantiche dietro, e nemmeno all'interno c'è n'è traccia. La cosa mi inquita un po', mi da' l'impressione di un posto privo completamente di regole.

La deviazione per il campeggio è a meno di 100 metri, ci avviciniamo al cancello e spegnamo i motori. Inizio a cihedermi come sarà, visto che avevo trovato du internet anche l'indirizzo del campeggio di Leopoli, e si era rivelato una specie di campo prfughi, senza acqua nè servizi.

Questo è l'esatto opposto: chiediamo al custode se quello fosse il campeggio. Sembra divertito e risponde che li' una volta c'era il campeggio, ora c'è una pensione. "Quanto costa?" "70 dollari a testa" "70?!?".

Provo a chiedergli se conosce un albergo economico nei dintorni, ci pensa un po', poi chiama un amico. Iniziano a conversare in un russo spedito, non capisco nulla, ma poi nel damri le indicazioni per fortuna parla molto più lentamente e lo capisco. Ci indica un albergo a una deicna di km da lì, sulla destra, fornendoci anche alcuni riferimenti e il nome della strada.

Ci mettiamo di nuovo sullo stradone e proseguiamo verso Kiev. Dopo un po' di km iniziamo a diventare sempre più dubbiosi, anche perche' i marciapiedi sono talmente larghi che non riusciamo a vedere il nome delle traverse che si aprono lateralmente. Ci fermiamo una decina di metri dopo una traversa e Manu ed io andiamo a vedere il nome della strada. Fortuna vuole che sia proprio quella che cerchiamo.

Diciamo agli altri che andiamo a cercare l'albergo che ci ha segnalato l'ex campeggiatore e ci inoltriamo nella strada. E' piuttosto buia. Chiediamo informazioni a una coppia di anziani che passeggiava e ci indicano un palazzone poco più avanti.

Accomodati su una panchina sulla porta del palazzo ci accolgono un paio di signore dalle tipiche fattezze da matrona russa.

Chiediamo 3 camere e per fortuna sono disponibili. Poi arriva la domanda che ci lascia un po' perplessi: standard o lux? Oddio! "possiamo vederle?" "Certo!"

Ci porta al sesto piano e entriamo in un corridoio completamete in legno, pareti in legno, parquet e una moquette verde sbiadito che corre in mezzo, sembra l'interno di uno chalet!

Entriamo in una delle stanze disponibili ed è veramente bella: c'è un ingresso piuttosto grande con un armadio, il bagno sulla sinistra e il locale con il water sulla sinistra (che bella idea!). Poi c'è un salotto con la televisione e un grande divano, e sulla sinistra la camera da letto vera e propria, enorme e con il letto matrimoniale.

E' bella e costa poco, circa 30mila a testa.

"Ok, presa! siamo in 5, andiamo a chiamare gli altri e torniamo!" "Carascio'!"

Ora dobbiamo infilarci nella stradina , però siamo una ventina si metri più avanti della deviazione. Il problema è che lo stradone ha un solido guardrail che prosegue ininterrotto all'orizzonte e non possiamo salire sul marciapiede perche' è troppo alto. Non conoscendo la città, non voglio avventurarmi alla ricerca di un punto di inversione, anche perchè, una volta invertita la marcia non saprei dove rimettermi in direzione del centro città, visto che da quando era iniziato lo stradone non avevo visto nessuna possibilità di fare inversione.

Dopo una rapida riflessione, giro la moto, spengo i fari e inizio a percorrere lentamente i 20 metri di strada contromano che ci separano dalla traversa.

Sto quasi per entrare nella traversa quando una grande jeep con vetri scuri si ferma e scendono in blocco 5 miliziani completamente vestiti di nero. Se volevano metterci paura ci riescono perfettamente. Iniziano a sbraitare che siamo contromano ed è vietato. DOCUMENTI!!

Inizia a piovere. Continuano ad urlare e minacciano di portarci al commissariato. Provo a spiegarli che siamo stranieri, non conosciamo la città, avevamo paura di perderci e che abbiamo fatto solo pochi metri contromano. ERAVATE CONTROMANO!!!

Non vogliono ridarci i documenti, ci chiedono dei soldi ma non capisco nemmeno quanto mi chiedono, gli risposnodo solo che non li abbiamo.

Ci chiedono dove dobbiamo andare e gli indichiamo l'albergo poco più avanti. Piove sempre più forte, Manu fa gl iocchi lacrimevoli, ma quelli insistono a portarci al commissariato.

Ci ridanno i documenti dicendo di seguirli. La tensione è molto alta, non so cosa fare. Sono risaliti in macchina e iniziamo a rivestirci lentamente. I miliziani risalgono in auto e prima di sgommare via ci dicono di seguirli. Scompaiono rapidamente dalla nostra vista, ma non abbiamo ancora messo i caschi addosso. Aspetto un attimo e cerco di vedere se ci stanno aspettando più giù. Sono spariti. Rimango in silenzio qualche secondo per sentire se tornano indietro, ma non compaiono. Guardo gli altri e gli propongo di andare in albergo senza seguirli. La paura è tanta, perchè sanno dove dormiamo e potrebbreo tornare a riprenderci.

Arriviamo di fronte all'albergo, ci presentiamo e dopo pochi minuti ci dimentichiamo dei miliziani. 

Una volta entrati siamo accolti da un paio di signore, che nel mio russo stentato continuo a chiamare "dievuscka", che più tardi ho scoperto essere "ragazza"! Chissà cosa pensavano, se le stessi prendendo in giro o le stessi adulando!

Fatto sta che si prodigano nel farci sentire a nostro agio, e ci propongono anche la sistmazione "standard" che prima non avevamo visto.

Ci portano un piano sopra a quello che ci avevano fatto vedere e l'ambiente cambia completamente. Dacchè sembrava di trovarsi in uno chalet di montagna, con legno dappertutto, colori caldi e clima intimo e familiare, ora sembra di trovarsi in un ostello, o forse nel corridoio di una palestre di una di quelle scuole trascurate delle nostre periferie.

Ora tutto è beigiolino, asettico ma non curato, anzi, molti dettagli sono scrostati e lascia capire che non hanno mai subito nessun ritocco da quando sono stati costruiti.

Le stanze che ci propongono sono comunicanti: si entra in un piccolo ingresso sul quale si affacciano quattro porte: due sono del bagno, con il gabinetto separato dal lavandino e dagli altri servii, e le altre due porte sono le due diverse stanze che dovremmo occupare.

Questa disposizione ci fa capire che la grande stanza "lux" che ci hanno fatto vedere pochi minuti prima altro non e' che l'unione di questi mini-appartamenti.

Decidiamo di prendere due stanze: Manu, io e Marco, e Adriano e Ombretta.

Fortunatamente le stanze sono grandi e Marco si sistema nel "salotto" della nostra camera, mentre noi occupiamo la grande e bellissima stanza da letto.

Il giorno è domenica, ci svegliamo con la solita calma, trovando come sempre i nostri amici già svegli e attivi.

Rapidamente siamo pronti per andare in centro.

Kiev mi attira molto, soprattutto perchè non so bene come aspettarmela, dalle foto che ho scaricato durante l'inverno sembra una città bellissima, ma come sempre le foto di stampo turistico si concentrano su pochi soggetti, lasciando inesplorato il resto.

Riprendiamo sotto un bel sole lo stradone della sera prima. Ripenso alla dura giornata di ieri, conclusa con l'aggressivo intervento dei miliziani, e spero il meglio per il futuro. Questa Ucraina è ancora un mistero.

La strada a 6 corsie continua perennemente divisa dal guard-rail (chissà come si fa l'inversione di marcia!!) fin dentro la città, quando finalmente si trasforma in un bel viale alberato a quattro corsie, separate centralmente da un'ampia isola verde, che ci segue per qualche chilometro.

Le città sovietiche hanno indubbiamente molti difetti, riescono ad avere i difetti delle randi metropoli occidentali anche nei piccoli centri, come i palazzoni prefabbricati e l'abbandono di molte strutture. Però il verde ha sempre una presenza predominante. I giardini pubblici sono sempre ben tenuti (anche se mi verrebbe da dire "ancora", visto il progressivo decadimento di certe attenzioni e consuetudini) e le strade sono quasi sempre alberate. Spesso si aprono piccoli riquadri di verde tra un isolato e l'altro, con panchine sulle quali si siedono gli anziani a giocare a scacchi o ad osservare i passanti.

Il viale sfocia in una grande piazza, occupata quasi per intero da un grande mercato coperto. Alla fine del viale, proprio di fronte al mercato, si erge una grande statua del fondatore della patria sovietica, il cosiddetto Padre della Rivoluzione: Lenin.

Rimango affascinato, ho visto statue di Lenin anche la scorsa estate, ma ogni volta l'effetto è lo stesso. Sicuramente reagisco in questo modo perchè per me continuano a rappresentare una novità e soprattutto una specie di materializzazione di un sogno, come se un grande appassionato di star Trek trovasse un posto in cui tutti conoscono il dottor Spock, l'Enterprise, ecc.

Stessa cosa: marziani! Inoltre subiscvo l'effetto della novità anche perchè non ho mai ricevuto, come loro, un bombardamento mediatico durato più di settant'anni, incentrato sempre sugli stessi soggetti.

Infatti la chiave è proprio questa: sia l'Unione Sovietica che  l'occidente erano bombardati di messaggi. L'URSS aveva i vari "Gloria al lavoro", "Salve partito comunista", "il comunismo è la nostra bandiera" e così via. L'occidente con i vari deodoranti "per l'uomo che non deve chiedere mai", "ritorni alla natura" di tutte le specie, amari che "digestimolano" e così via. Però a mio avviso la chiave della differenza è proprio su questo aspetto: accanto all'amaro che "digestimola", c'è l'"amarissimo che fa benissimo", mentre loro hanno sempre avuto un unico tema di propaganda, e su quello hanno insistito per più di settant'anni.

L'unco cambiamento significativo dopo lo scioglimento dell'URSS è che ora anche loro sono bombardati da pubblicità di ogni tipo, sistemate ovunque.

Che bello osservare le vecchie fotografie sovietiche e stupirsi per la totale assenza di cartelloni pubblicitari osceni, sistemati ovunque, abusivi, kitsch, ingombranti e a volte pericolosi, quando coprono la visuale di certi incroci!

Siamo perennemente sommersi di messaggi pubblicitari, in ogni luogo e situazione, tanto da non farci nemmeno più caso e non scandalizzarci che si trova un messaggio promozionale anche sul cartone inserito all'interno della carta igienica (giuro, l'ho trovata!!), e non c'è nulla di cui compiacersi in questo continuo indottrinamento al consumo.

Mi abbandono a questi pensieri mentre circumnavighiamo il grande mercato che funge da rotatoria, e compiamo un giro di 360 gradi per entrare in un vialone che sembra proseguire verso il centro storico.

Arrivati in corrispondenza di un incrocio, un poliziotto esce fuori dal gabbiotto e col solito manganellino ci fa cenno: siamo bloccati per l'ennesima volta.

Inizio subito a lamentarmi con lui, quando in realtà la prima cosa hce ci chiede è dove siamo diretti. Dopo avergli risposto che stavamo cercando il centro città, ci indica che il vialone che volevamo imboccare è quello giusto, ma che essendo domenica è chiuso in quanto isola pedonale. Come da noi, le domeniche ecologiche. Solo che da noi sono una conquista sofferta e recentissima, mi piacerebbe sapere da quanto tempo esiste da loro questa abitudine.

Fortunatamente il poliziotto è gentilissimo e ci indica una strada in cui possiamo addentrarci ancora un po' verso il centro città e enlla quale troveremo, a suo dire, un posteggio in cui lasciare le moto.

Passiamo a fianco del grande viale che volevamo prendere, ci accorgiamo che è transennato per impedire l'accesso ai veicoli, ed è invaso da una moltitudine di persone a passeggio, altri in bicicletta o coni pattini.

Non vedo l'ora di infilarmi tra la gente, imbocchiamo la strada indicataci dal poliziotto e parcheggiamo le moto nel punto consigliatoci.

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