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Diario di viaggio Marocco 2003 |
Diario |
Pagina 1 (di 9) (Preparazione, partenza, traghetto Genova-Tangeri, Al
Hoceima, verso Figuig) |
Pagina 2 |
Quello riportato di seguito lho scritto in presa diretta durante il
viaggio. Essendo molto lungo ho cercato di eliminare le parti di minore interesse.
Buona lettura! :)
Giornate:
14 ottobre 2003
15 ottobre 2003
16 ottobre 2003
17 ottobre 2003
18 ottobre 2003
19 ottobre 2003
20 ottobre 2003
21 ottobre 2003
22 ottobre 2003
Prima di tutto riporto il chilometraggio della moto con cui ho fatto il viaggio: Suzuki DR 600
Djebel 89, da ora in poi Zukkina oppure Zukki!
Contachilometri alla partenza da Roma 33.500 |
Contachilometri allarrivo a Torino 41.200 |
Chilometri percorsi 7.700 |
Marocco 2003 - Il viaggio del Fato
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La vittima innocente (24 KB) |
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14-10-2003 Primo contatto con Zukki: Torino - Roma
Torino. Inizia il viaggio: ieri ho preso la Zukkina; oggi, dopo pranzo, la carico e parto.
Sulle statali si vedono poche auto e molti veicoli da lavoro, inizio a sentire la sensazione di
privilegiatezza che sicuramente proverò spesso nelle prossime settimane.
Vado via bene, il tempo è brumoso. Man mano che mi avvicino ad Alessandria il cielo sfuma
gradatamente dal grigio scuro al chiaro, fino a trasformarsi in un azzurro tiepido.
Ironia della fabbrica Profumi ... immersa in un intenso odore di letame.
Sbaglio strada e invece di andare a Chiavari finisco dentro Genova. Labirinti di tunnel annodati,
sopraelevate intrecciate, fiumi di macchine.
Approfitto dello scherzo del Fato che mi ha fatto arrivare qui per prendere il libro di Jan Potocki.
Nelle scorse settimane lho cercato a lungo a Roma fino a trovarlo nella catena Feltrinelli,
ma solo nelle filiali di Genova e Modena.
Telefono per il lavoro che mi aspetta domani a Roma. Riparto verso le 20 viaggiando lento, intorno
ai 100/110 km/h. Zukki sembra andare bene e faccio poche soste.
Arrivo all1 di notte, alle 3 vado a dormire distrutto. Il primo impatto sulla lunga distanza
con la Zukkina è impegnativo: la guida è completamente diversa rispetto a Nelik, come si piega,
si frena, si correggono le traiettorie. La parte che soffre di più è il collo, il resto va bene.
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15-10-2003 Riflessioni pre - partenza
Sveglia h. 7:30. Non conosco il lavoro che mi aspetta, ma sono tranquillo. La moto invece mi preoccupa,
non la conosco e ho pochissimo tempo per fare alcuni lavori e preparare il viaggio.
La giornata scorre tranquilla. In serata porto la moto davanti allofficina: domani alle 9
mio padre porterà le chiavi; ci sono solo giovedì e venerdì per sistemarla.
Davanti al meccanico mio padre ed io parliamo un po del viaggio.
Quanto starai via?
Un mese.
Un mese?
Sì.
Chi verrà con te?
Credo nessuno, hanno tutti da fare.
Mi dispiace...
In che senso?
Mah, tutto questo tempo, da solo...
Andrà tutto bene!
In realtà sono preoccupato anchio: mi annoierò? Mi caccerò nei guai? La moto si romperà? Farà
freddo? Queste domande girano di sottofondo nel mio cervello sempre più insistentemente.
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16-10-2003 Ultimi preparativi
Sono assalito dai miei appena sveglio: sono preoccupatissimi. Troppo tempo, da solo, nella stagione
sbagliata.
Alterno momenti di entusiasmo allidea del viaggio in solitaria, a stati ansiosi di preoccupazione.
Negli ultimi giorni questi ultimi prevalgono e lidea di essere vincolato dal biglietto già prenotato
per il ritorno mi infastidisce, non mi sento libero di decidere.
Questo è il mio primo viaggio da solo. Per anni sono sempre stato in compagnia di altre persone,
in primis di Emanuela. Questanno è tutto cambiato con lei e in ogni caso parto in un momento
in cui non potrebbe.
Ricordo ancora nel 2000 il panico che mi prese poco dopo aver salutato gli altri poco prima di Varsavia.
Mi convinsi addirittura di aver forato poi dopo qualche ora, andando verso Danzica, mi calmai. I giorni
seguenti furono belli e girai a lungo negli splendidi dintorni della città. Poi Berlino, coinvolgente
e tremendamente interessante, infine lItalia.
Oppure la settimana trascorsa in solitaria al ritorno da Samarcanda, nel 2001. La meravigliosa ed
affascinante Istanbul, il viaggio verso la Grecia, Kassandra, il riposo in riva al mare, il ritorno in
traghetto.
Momenti molto belli e diversi da quelli cui sono sempre stato abituato. Usando le parole di Potocki,
la campagna più bella, non è così bella se non hai qualcuno a cui raccontarlo. Spero che questo
diario sopperisca a questa mancanza.
Fine mattinata: telefono al meccanico e gli spiego meglio cosa mi serve e soprattutto per quando.
Faccio il conto dei giorni: 31, esclusi quelli del traghetto. Quando avevo fissato le date mi sembravano
pochi, ora li vedo come uninfinità.
Nel tardo pomeriggio ritiro i biglietti, faccio le fotocopie da un libro sulle tecniche di orientamento
imbarcandomi in una discussione politica con il gestore della copisteria, nato nel 1923.
Io lho vissuto il fascismo! Non sono fascista, ma quando cera lui, nessuno aveva mai fame!
In fondo nemmeno adesso.
Cera dignità, rispetto!
Questo non posso saperlo, ma sicuramente lei era dal lato giusto della barricata, ma se fosse stato
nel ghetto forse non parlerebbe così.
Oggi gli extracomunitari hanno preso tutto! Sono diventati i padroni!
?!
Vai al mercato, guarda ai banchi chi cè: tutti extracomunitari!
Ma i banchi sono loro o di italiani che gli danno 10 sacchi e li fanno stare là al posto loro
per tutto il giorno?
Non lo so... Non sono razzista, ma quando me ne entra uno in negozio lo caccio a calci in culo!
Non hanno rispetto!
Grazie, arrivederci!
Arrivederci!
In serata inizio a fare i bagagli. Ho una marea di roba e cerco di scartarne un po. Lo spazio è
poco e male organizzato visto che è tutto buttato in uno zaino enorme. Per tenere ordinate gli oggetti
metto tutto nei sacchetti, vedremo se funzionerà anche in viaggio.
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17-10-2003 Sera prima della partenza: amici, preparazione del bagaglio
Per venire al lavoro passo in periferia, vicino Corviale. Resto colpito da un cavallo nero che bruca
placido e immobile in un prato, vicino ad un albero. È nella stessa identica posizione di ieri!
In questi paesaggi rivedo la Roma di Pasolini, la periferia del Riccetto, i campi, i casali, i ruscelli,
la campagna viva, ruvida, difficile, scuola di vita.
Sorpresa: al lavoro incontro un mio collega di Torino!
La giornata scorre veloce, ritiro la moto, compro un paio di libri per il viaggio.
I miei non sembrano più molto preoccupati o almeno non me lo fanno pesare come ieri.
Finisco di fare i bagagli. Un terzo della roba che avevo messo da parte rimane fuori, non so dove
metterla.
Viene a salutarmi Zeno che inizia a fare la cernita del bagaglio. Mi sento sotto esame.
Avanti, tira fuori tutto e fammi vedere!
Gli mostro ogni singolo capo dabbigliamento. Se ride lo scarto subito, se tentenna lo metto da parte
in attesa di giudizio, se annuisce lo rimetto, sollevato e soddisfatto, nello zaino.
Ma che ci fai con un maglione pesante, uno di cotone e un giubbetto jeans?
Dipende dalla temperatura che cè, no?
Ma li metti a cipolla, uno sopra laltro! Lascia almeno quello di
cotone!
Riesco a spuntarla su tutti e tre. Arriva il turno della camicia di lino.
E questa??
È la mia splendida camicia di lino!
E che ci fai?
La metto la sera, quando esco!
Ci sono troppo affezionato, la spunto anche su questa, in fondo è sottile. Però sulla lampada a gas e
un raccoglitore da 25 CD devo cedere. Ora me ne restano altri 25.
Arriva anche lo Zio e verso le 23 Valerio. Mi fanno compagnia, si scherza e si spartiscono i miei averi
in previsione della mia dipartita! Mi fa veramente piacere che siano qui, mi aiutano in un momento di
tensione.
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Zio e nipote (40 KB) |
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Verso mezzanotte scendiamo in garage e cerchiamo di montare tutto. È
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Pochi bagagli, lo stretto indispensabile (38 KB) |
tantissimo! Se sopravvivo, tornerò
con un fisico da palestrato. Lo zaino pesa più di 25 kg, poi cè la tenda, la valigetta dei ricambi
e altro. in 3 fissiamo il bagaglio alla moto in meno di unora: quanto mi ci vorrà quando sarò
solo?
All1 vado a dormire, sveglia puntata alle 4: devo essere a Genova alle 9, ora dellimbarco sul
traghetto.
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18-10-2003 Partenza! Roma - Genova ibernato
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Ci siamo quasi! (34 KB) |
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Mi sveglio, è ancora notte. Doccia, ultime raccomandazioni dei miei. Alle 4:30, davanti
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Pronti, partenza, VIA! (30 KB) |
al garage,
trovo Adriano con cinepresa e macchina fotografica. Di nuovo, sono felice di non essere solo nella
partenza.
Il cielo è molto nuvoloso, poco dopo Civitavecchia inizia a piovigginare. Passano le ore e sento
sempre più freddo, il vento è violento: Zukki sembra una bandiera, alta e sventolante.
La centrale di Montalto di Castro, con la sua illuminazione notturna, sembra un fantastico transatlantico,
immagino feste e balli.
Inizia ad albeggiare, il cielo si svela tingendosi di grigio tono su tono, con venature dal bianco al
nero.
All'orizzonte si scorge uno squarcio nel cielo che mi saluta con un rosso intenso che, in pochi minuti,
sfuma in rosa pallido fino a fondersi con l'azzurro. Le montagne appaiono sempre più nette.
Sono investito da un turbine di rose: il furgone che mi precede ha chiuso male lo sportello che,
aprendosi allimprovviso, mi accoglie con un tappeto di petali!
Il vento continua ad essere molto forte e fa sempre più freddo. Laria che entra dagli spifferi
del casco è così violenta che schizza il mio muco sulla parte interna della visiera.
Arrivo a Genova, sono congelato. Mi perdo tra i terminal poi trovo il mio: trabocca di auto, caricate
nei modi più incredibili e fantasiosi. Bici, tavoli, materassi, pneumatici, di tutto di più,
come prometteva una vecchia pubblicità.
Sono lunico non marocchino, penso alla mia sistemazione in quadrupla. Di altre moto nemmeno a
parlarne.
Faccio il check-in e scopro che a causa del maltempo la nave è in ritardo di 4 ore. La pioggia almeno
spegnerà il grave incendio che da alcuni giorni assedia alcune zone liguri.
Alle 13 arriva la nave. Me laspettavo più grande e più bella: non devo più fidarmi della mia
fantasia!
Compro dellolio motore per Zukki: in 500 km. ne ha mangiato mezzo kg! La signora algerina
che incontro nel supermercato mi solleva: ieri stava facendo il bagno a Tunisi. Per ora il sole e il
caldo sono miraggi inimmaginabili.
Smonto il cadavere issato la notte con i miei amici: come nelle barzellette, mi avanza un elastico e
una cinghia!
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La fantasia... (32 KB) |
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Scrivo in un vuoto locale molto ampio, asciugandomi dalla pioggia. Arrivano alcuni poliziotti. Continuo
a scrivere. Un istante dopo un rombo rotola e riempie
la sala e la mia testa. Un fiume in piena di persone riempie tutto, travolgendomi. Mi lascio trascinare
dalla corrente, la pressione è spaventosa, ci spintoniamo senza ritegno. Nessuno sembra infastidito.
Londa di piena si infrange sul banco dove si sono sistemati i militari: è il controllo passaporti,
lultima pratica da effettuare prima dellimbarco. Primo assaggio del Marocco.
Lo sbarco procede col contagocce. Mi defilo nei pressi e faccio amicizia con Ali e suo cugino. Mi
spiegano alcune abitudini e tradizioni marocchine, mi regalano una moneta da 10 dirham. Dopo qualche
minuto il cugino dichiara la sua omosessualità: si materializzano alcune dicerie sentite nei giorni
scorsi!
Incontro Lara e Andrea, due simpatici ragazzi di Trento. A metà pomeriggio mentre parliamo nel
salone dei controlli, inizia il concerto di clacson delle decine di auto in coda. Non è entrato ancora
nessuno!
Alle 18 il termometro segna 9 gradi. Sicuramente stamattina ero in frigorifero, vicino allo 0.
Zukki recalcitra, non vuole salire sulla nave. Fatica ad accendersi e continua a spegnersi. La convinco
ed entriamo nella pancia della nave, alla quale viene assicurata, a quadrupla mandata, da due
marinai croati.
Si ballerà molto!, mi anticipano la bella notizia.
Lo zaino è un macigno e non posso nemmeno appoggiarlo nella mia cabina: preghiera in corso, ingresso
vietato.
Dopo una decina di minuti entro nel claustrofobico loculo a 4 piazze che mi imprigionerà per le prossime
48 ore.
Metto lorologio indietro di unora, sullo stesso fuso di Rabat. Mi sento in Marocco!
La nave è piuttosto piccola. Per certi versi somiglia allaereo: sali in una realtà ambientale,
climatica, linguistica e sbarchi in una completamente diversa. Chissà come sarà: avrò tempo per
fantasticare, siamo in ritardo di oltre 9 ore sulla tabella di marcia. Sorrido della mia fantasia
guardandomi intorno: non so chi mi aveva parlato della piscina su questi traghetti. Nulla è più
lontano dalla realtà!
I marocchini non berranno alcolici, ma fumano in continuazione. In pochi minuti tutti sono forniti
del bicchierino regolamentare di tè verde. I miei amici trentini, sprovvisti di qualsiasi
sistemazione, si sono accampati in un angolo del salone principale, già trasformato in camera a gas.
Appena ci siamo seduti per la cena, alle 20 ora marocchina, si parte: 10 ore di ritardo.
Fuori laria è gelida ma limpida. La costa ci saluta sfavillando nella notte.
Cerco di dormire. Si balla molto. Assisto per la prima volta alla preghiera di un musulmano, la fa
il ragazzo che dorme nella mia cabina, avrà sui 12 anni. Si concentra brevemente stando in piedi poi si
genuflette ripetutamente come a baciare il terreno mentre sussurra le orazioni. Una volta in ginocchio
continua a recitare le preghiere chiedendo di tanto in tanto consiglio al padre che lo osserva dal
suo giaciglio scatarrando ripetutamente.
La nave scricchiola, geme e trema oscillando come unaltalena. A volte sembra inclinarsi senza fine
dallo stesso lato, come se dovesse capovolgersi. I miei sogni si popolano di traghetti
che si rovesciano ma che poi si raddrizzano per proseguire e passare in mezzo alle case,
a mò di enorme autobus.
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19-10-2003 Primo giorno di traghetto
Un rantolo strozzato mi sveglia di soprassalto nella notte. Non riesco a decifrarlo, forse pregano o forse
è la tosse che tormenta tutti i miei compagni di cabina.
Mi alzo piuttosto presto. Ho voglia di una doccia ma non mi azzardo. Mi guardo le mani: ho la pelle
spaccata dal freddo preso ieri. Sopra le unghie la carne sanguina facilmente e dolorosamente.
Salgo sul ponte a leggere. Tuttintorno non si vede altro che mare, color piombo per lassenza di
sole. Allorizzonte si distingue la curva lieve ma costante della Terra. In questo deserto marino
mi sento nuovamente carovana. Anche uscendo da Roma, oasi caotica ma familiare, ho avuto la stessa
sensazione.
Ripenso al dialogo avuto ieri con un marinaio durante lattesa infinita. Il traghetto su cui ieri
ci siamo imbarcati nel tardo pomeriggio è arrivato da Tangeri con quasi un giorno di ritardo a causa
del mare in pessime condizioni. Poichè poco prima dellora di pranzo erano ancora tutti a bordo,
i passeggeri hanno preteso il pranzo. Da qui lulteriore ritardo per attendere i rifornimenti,
preparare i pasti e consumarli! È proprio vero che pancia piena non pensa a pancia vuota!
Se erano italiani col cazzo che gli davano da mangiare: giù a calci nel culo! Invece loro no,
pure il pranzo gli danno!
Un uccellino arrivato chissà dove fa la sua comparsa volando incontenibile tra una scialuppa e il ponte.
Forse cerca un appiglio dove riposarsi. Lo sguardo si posa sulle piccole imbarcazioni che dovrebbero
salvarci la vita in caso di affondamento. Sono piene dacqua e hanno un aspetto malconcio. Credendo
alliscrizione verniciata allinterno, contengono 65 persone, ma fatico ad immaginarla contenerne
più di 40.
Una nuova formalità burocratica mi distrae dai miei pensieri di naufragio. Mi accomodo in un salotto
insieme a decine di marocchini che mi traducono le varie indicazioni, date soltanto in maghrebino.
Il pensiero torna incontrollabile alla nostra minuscola scaglia di ferro che solca il mare, sconfinato
e immutabile. La confronto con i minuscoli gusci con i quali i navigatori dei secoli passati
intraprendevano traversate transoceaniche.
Inizio a pensare al nostro ritardo e allarrivo: se sbarchiamo a Tangeri in piena notte, cosa farò?
Potrebbe non essere facile trovare da dormire.
Nota a margine: ho dimenticato lo spazzolino! Dopo due giorni inizio a sentire la bocca cementificata. Nel
duty free, come al solito, vendono solo profumi, sigarette, stereo, sigarette e cioccolata, compresa
una forma di Toblerone dalle dimensioni minacciose.
Dopo unora di attesa per la consegna i documenti di Zukki, mi addormento. Sono risvegliato dalle
urla di alcuni passeggeri che discutono con il doganiere. Chiedo spiegazioni al mio vicino, che parla
solo arabo. In attesa cè anche una ragazza bionda vestita alloccidentale. Quando si alza
è sfacciatamente scrutata da TUTTI. Il salottino trabocca di persone, arriva anche un italiano che avevo
già notato ieri. Anziano, molto alto, asciuttissimo, brizzolato, dal portamento elegante e sicuro di
sè, quasi sprezzante. Sembra il protagonista di un romanzo davventura, emigrato chissà quando e
perchè, che si è costruito un piccolo mondo autoreferenziante.
Riesco a capire che le discussioni sono per lordine di arrivo, alcune persone mi indicano, credo
soltanto per dire che anchio sono in fila. Per chiarire meglio il concetto tiro fuori anchio,
come gli altri, il libretto di circolazione e il foglio verde da compilare.
Poco più in là è seduto il doganiere, lavora con un portatile. Si illumina di significato la frase
sentita ieri, circa lo scaricamento del computer che aveva interrotto le operazioni rimandate,
appunto, ad oggi.
Le persone che mi precedono ricominciano ad indicarmi. Mi dicono di passare avanti. Rifiuto, ma insistono
anche se alcuni protestano. Fortemente imbarazzato finisco seduto accanto al funzionario che, come se
nulla fosse, continua a prendere i documenti delle persone in fila. Dopo due o tre pratiche si
rivolge a me, liquidandomi in un paio di minuti.
Laria sul ponte inizia ad essere molto più calda, il tempo sta migliorando. Pranzo abbondante,
poi di nuovo sul ponte al sole. Sottofondo musicale. Inizia a girare bene!
Conosco unaltra coppia di italiani in 4x4 in viaggio verso la Mauritania. Lei ha un aspetto molto
elegante e sofisticato. Lui parla della loro grande passione per il deserto, lei ascolta
e tace, senza nemmeno annuire. Hanno un cane, lei si ostina cercando di farlo sedere, premendogli il
posteriore e poi il muso verso il basso. Le salta addosso leccandola. Passa il tempo.
Il mare si punteggia di rare imbarcazioni. Incrociamo tre pescherecci in poco tempo, nonostante non vi
sia traccia di terra. Il cielo torna a coprirsi, spumeggiante di grigio. Inizia a piovere.
Provo a tornare in cabina, ma la trovo chiusa: chissà chi ha la chiave!
Continuo lesplorazione della nave e trovo il ponte di prua. Si affaccia direttamente sul mare.
Onde a perdita docchio mi ipnotizzano.
Infreddolito torno nel salotto dei documenti, ci sono ancora una quindicina di persone. Il barman di
servizio funge anche da coordinatore, controllando la fila e disponendo le persone. Alcune indossano
dei bellissimi caffetani, altri il tipico burnus. Lunghi fino ai piedi, i secondi dotati di cappuccio
alcuni colorati altri in tinte più discrete di marrone o bordeaux molto scuro.
Proseguo nella lettura della Warthon che osserva come i marocchini e i nordafricani in generale
venerando la cultura e la saggezza, paradossalmente vivano nellignoranza e nella
rozzezza. A parte lespressione piuttosto forte,
salta comunque subito allocchio come nessuno, assolutamente nessuno, legga nulla. Nè un libro,
nè una rivista, nè un giornale. Prediligono una vita comunitaria in cui stringono amicizie e
dialogano in continuazione. Sono molto lontani dalla riservatezza e dallindividualità occidentali.
Mi trovo a mio agio. Penso alleconomia del saluto che osservo quotidianamente in
Italia. Incrociare una persona, guardarla negli occhi e salutarla è uno sforzo che non vale la pena
compiere. Ognuno tira dritto per la propria strada, il vicino diventa invisibile, indegno persino
di un semplice sguardo, che potrebbe obbligare allo sforzo del saluto o, addirittura, di un sorriso.
La vita di traghetto mi stordisce. Uno snack e un tè verde dolcissimo scombussolano il mio stomaco.
Sulle poltrone di prua conosco un signore che vive a Marta, vicino al lago di Bolsena! Con una punta di
malinconia nominiamo a raffica tutti i paesini di quelle zone fantastiche.
Con chi viaggi?
Da solo, starò fuori un mese..., nei miei occhi si deve leggere una leggera preoccupazione
perchè mi tranquillizza:
In Marocco ci sono persone buone e persone cattive, ma basta stare attenti. E soprattutto,
non ci sono zingari!
Questultima precisazione mi stupisce e mi diverte, anche se amaramente. Cerco di richiamare
alla mente qualcuno che abbia parlato bene degli zingari. Lunico che mi viene in mente è Jan
Potocki nel suo Manoscritto trovato a Saragozza (della fine del 700!) che descrive
poeticamente e con invidia una colorata carovana di nomadi e il loro carismatico signore. Ancora in
Spagna anche Hemingway accenna agli zingari nel passionale Fiesta!, pur se solo a titolo di
cronaca, annoverandoli tra le migliaia di altri partecipanti. Ma tantè, non ci sono gli zingari
e posso stare tranquillo! Mi chiedo ancora se lha detto per farmi piacere, conoscendo
lo spirito medio italiano, oppure se ci crede veramente.
Il mio stomaco è ancora sottosopra. Mi torna alla mente un consiglio di Manu e parto alla ricerca
di un po di pane.
Il cuoco, unico rimasto nei locali della mensa, mortifica le mie speranze:
Non è rimasto nulla!
Ah... e indugio guardandolo, cercando di impietosirlo.
Riflette un attimo, poi apre uno spiraglio: Aspetta qui.
Torna con una pagnotta.
Ottimo! Sai, mi hanno detto che quando uno inizia ad avere mal di mare è meglio che mangi
qualcosa!
Stai poco bene?
Nulla di grave, ho solo un po di nausea
Sparisce di nuovo e torna con una pera.
Ringrazio e mi accomodo, solo nella batteria di tavolini verdi.
Mi raggiunge di nuovo il cuoco:
Questo è quello che fa per te! e mi allunga una ciotola di macedonia.
Mangio tutto bevendo poca acqua. Mi rimetto in sesto quasi subito. Alzo lo sguardo e curioso nel
ristorante V.I.P., destinato alla classe confort e separato dal resto della mensa. Ha
pacchiane decorazioni in ottone, pesanti drappeggi di velluto; è quasi tutto in legno, ampi tavoli con
tovaglie di cotone e non di carta e sedie vere, non come le nostre, ancorate ai tavoli. Allinterno è
seduto laltero italiano che ho osservato stamattina, luomo di Tangeri. Non mi
stupisco che sia seduto in prima classe.
Prima di coricarmi studio la cartina: mi viene una voglia incredibile di andare a Figuig! È nascosta
nella punta più a est del Marocco, verso sud: è a un passo dallAlgeria. Se vado però stravolgerò
il programma deciso; deciderò nei prossimi giorni.
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20-10-2003 Secondo giorno di traghetto; arrivo a Tangeri nella notte
Come sempre, luomo finisce per adattarsi a qualsiasi condizione. Nel mio piccolo, la cabina ha
perso laspetto di loculo per apparire ai miei occhi come normale; lampio e continuo
rollio è stato inglobato nel mio meccanismo di equilibrio e gli scricchiolii della nave, con il forte
rombo del motore non li avverto più come minacciosi.
Si vocifera che larrivo a Tangeri avverrà intorno alle 22, poi ci saranno le operazioni di
sbarco e quelle di frontiera. Continua a non piacermi per nulla lidea di arrivare al porto a notte
fonda.
Ascolto lennesimo annuncio diffuso per tutta la nave da piccoli altoparlanti e rido di me stesso.
Fino a ieri ero convinto che tutte le frasi pronunciate sommessamente dalla voce femminile fossero chiuse
da chocolat. Mi ero persuaso che fosse un codice marittimo, sullo stile dellaeronautico
roger (sempre che esista al di fuori dei film!). Riferisco questosservazione a
Lara, che inizia a ridere di gusto.
Ma non dice chocolat!!, mi guarda quasi incredula.
Come no, ascolta bene! insisto.
Ascoltiamo. Effettivamente la parola è un po confusa, ma la mia convinzione la storpia nuovamente
in un distinto e sonoro chocolat.
Dice shukran! Significa grazie in arabo!. Mi rivolge uno sguardo
di attesa, si aspetta che le dica che scherzavo.
Salgo in coperta. Il vento è ancora molto forte. Il cielo è diviso a metà. A destra, sulla Spagna, è sereno
mentre a sinistra, verso il mare aperto, è nero e minaccioso.
Il tempo scorre lento. Mi sono abituato al pigro ritmo di colazione - giro sul ponte - pranzo - giro
sul ponte - sonnellino - cena - notte. Cerco di spezzare la routine leggendo, scrivendo e chiacchierando
con qualche passeggero.
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Carrivo a nuoto! (20 KB) |
Costeggiamo la Spagna da molte ore, del continente africano ancora nessuna traccia.
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Il cane
mangia-marocchini (26 KB) |
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Parlo un po con Peter e Brigitte, austriaci, che vanno con Ugo e Tiziana in Mauritania. Hanno un
cane che non sopporta i marocchini: se qualcuno gli si avvicina lo aggredisce.
A metà mattina scopro il mistero dei miei compagni di cabina. In questi giorni ho provato spesso a
tornarvi per riposare o prendere qualcosa. Immancabilmente la trovavo chiusa a chiave; provavo a bussare
senza ottenere risposta. Li cercavo in giro per la nave senza mai trovarli, tranne allora di cena.
Per questo ho preso labitudine di portarmi dietro fin dal mattino un mucchio di roba. Poco fa,
trovando per lennesima volta la porta chiusa, in uno scatto di nervosismo busso energicamente.
Nessuna risposta. Mi appoggio alla parete con sguardo vuoto, esausto per la noia e linattività.
Meccanicamente picchio di nuovo sulla porta, voltandomi per tornare sul ponte. Dopo qualche istante sento
dei rumori, la porta si apre. Erano chiusi dentro! E tutte le volte che provavo ad aprire la porta e
bussavo, non hanno mai risposto! Entro con unespressione incredula e sorpresa, non ricordo più
cosa mi serviva. Frugo casualmente nello zaino, prendo un pacchetto di fazzoletti mentre la mia
fantasia mi mostra tutti gli scenari possibili, dai più innocui ai più perversi. Esco salutandoli
imbarazzato, quasi scusandomi.
Abbordo luomo di Tangeri. Vive a Casablanca da quattro anni, organizza spedizioni
aeree con lItalia, è originario di Genova e si chiama ... Mario. La mia fantasia, delusa da un
nome tanto banale completamente inadatto al suo forte e misterioso carisma, mi spiega che si tratta
di un nome di copertura. Maltratta con arroganza il marocchino che lo accompagna, che viceversa ride
spensierato, sembra non farci caso.
Si cena prima del solito, in previsione dello sbarco imminente.
Appena posso esco sul ponte di prua. Notte. La Spagna si rivela per poche flebili luci in corrispondenza
dei rari paesini. Il Marocco è punteggiato da numerosi piccoli gruppi di luci, probabilmente sono
villaggi piuttosto vicini. Davanti a noi si indovina lo stretto di Gibilterra: è una sorta di buco nero,
oscuro e misterioso; porta verso limmensità delloceano. Anche il cielo, solcato da nubi
striate che si aprono a raggiera a partire dallo stretto orizzonte, conferma la sensazione data di
punto di passaggio. Tutto quello visto finora è poca cosa rispetto a quello che cè
là fuori. Gli occhi si abituano alloscurità, si distinguono decine di luci che scivolano
silenziose sullacqua in ogni direzione.
Tangeri si avvicina lentamente, siamo nel porto.
Tutti i passeggeri si precipitano nel garage, decine e decine di motori si accendono trasformandolo in una
nebbiosa camera a gas le cui esalazioni invadono persino i piani superiori del traghetto. Inizia un
carosello di clacson, mi bruciano gli occhi, non riesco a respirare. La pancia del traghetto si apre,
sofferente, come in un gigantesco e frenetico parto. Finalmente guadagno la libertà. Fuori mi attendono,
sotto la pioggia, Lara e Andrea. Fisso malamente il bagaglio a Zukki e,
su indicazione di un doganiere, salto una buona parte della fila di auto in attesa per il controllo dei
documenti e del carico. Mi innervosisco immediatamente, memore delle impegnative frontiere sovietiche,
ma in pochi minuti sono fuori.
Siamo subito agganciati da un tizio che ci segue, sotto la pioggia. Guido in una posizione impossibile.
Il bagaglio è scivolato in avanti occupando tutta la sella. Mi ritrovo seduto sopra al serbatoio, a
malapena arrivo alle pedanine; posso fermarmi solo appoggiandomi a un marciapiede molto alto.
Continua a piovere fitto. Usciamo dal territorio del porto. Subito fuori cè un bar lurido con molte
facce da coltello in attesa di qualcuno. Sono abbordato da un barbone che riesce a seguirmi visto che
vado al passo aspettando Lara e Andrea che mi seguono a piedi. Se ne aggiunge un altro, completamente
sdentato esclusi due mozziconi di denti.
Siamo confusi, spaesati e irritati; non riusciamo a seguire la cartina della guida turistica. Ci perdiamo
un paio di volte, seguiti e disturbati in continuazione dai due mendicanti. Siamo costretti ad accettare
il loro invadente e fastidioso aiuto. Appena gli diciamo il nome dellalbergo dove vorremmo andare,
ci precedono mostrandoci la strada. Ci fermiamo a discutere in un piccolo slargo alla base della medina.
Si avvicinano alla spicciolata altre persone attratte dal succulento boccone di noi turisti stanchi,
spaesati e soprattutto danarosi. Uno dei nostri protettori li allontana a
male parole, mentre laltro mi rassicura:
Quelle sono cattive persone, dovete trattare solo con noi! Siete stati fortunati ad averci
incontrati.
Uno dei nuovi arrivati resiste e risponde per le rime. Iniziano a litigare, si aggrediscono verbalmente
in modo duro. Sono sconcertato. Resiste fino alla fine e ottiene lautorizzazione ad
unirsi al gruppo, in posizione defilata. Ora ognuno ha il suo angelo custode, anche se tutti
ne faremmo volentieri a meno. Lara e Andrea si arrampicano su una lurida scalinata invasa di
spazzatura alle spalle di due delle nostre guide, mentre la terza, lo sdentato, resta con me.
Tiro fuori il tabacco e inizio ad arrotolare una sigaretta.
Me ne dai una? mi chiede in un italiano approssimativo e rivolgendomi un deformato e forzato
sorriso di cortesia. Nonostante tutto mi ispira una certa simpatia, o quanto meno comprensione.
Ok. Come ti chiami?
Mohammed. Come per dare più credibilità alla risposta e alla sua stessa persona estrae dalla
lisa giacca un vecchio documento. Nella piccola foto ha tutti i denti, uno sguardo sereno e forte. Lo
squadro, faccio i conti con lanno di nascita: ha poco più di 40 anni, ma ne dimostra 20 di più.
Lavoravo in un circo famoso! mi confida con una nota dorgoglio.
E adesso?
Ormai sono vecchio, non posso più fare nulla... Vuoi del kif?
Rifiuto decisamente. Finiamo di fumare in attesa che torni il terzetto andato a informarsi per la
stanza.
Me ne fai unaltra? chiede con il solito disgustoso sorriso fasullo.
Torna Lara. Hanno trovato lalbergo mentre in fondo allo slargo dove ci troviamo è stato ricavato un
piccolo parcheggio allaperto sorvegliato da un guardiano cacciato in fondo a una poltrona sfondata,
in una piccola baracca a lato.
Lalbergo è lurido e puzzolente, costa 5 euro a testa. La guida più intraprendente vuole 5 euro di
mancia. Provo a dargliene 2, ma insiste. Accenna alla moto nel parcheggio e in un lampo ottiene la
cifra richiesta. Pago in dirham cambiando in nero alla reception.
A che ora vi svegliate domani? Verso le 10? mi chiede viscidamente.
Non prima di mezzogiorno!; mento spudoratamente. Voglio partire il prima possibile.
Va bene, ci vediamo qui domani mattina allora. e si dilegua.
Porto i bagagli nella camera, ma dopo mezzora esco per controllare la moto. Tutto tranquillo.
All1:30 finisco di riorganizzare zaino, buste e sacchetti per riuscire a portare tutto da solo.
Tento di dormire nonostante il fetore della squallida stanza.
Torna allinizio
21-10-2003 Tangeri - Al Hoceima; prime piogge
(ora locale = 2h in meno rispetto allItalia)
Me lo aspettavo: improvviso, nella notte, si alza acuto e potente linvito alla preghiera del muezzin.
Dura uninfinità, nella mia mente assonnata e desiderosa di pace. Alle 5:30 mi sveglio nuovamente,
piove a dirotto.
Sono disgustato, mi pento amaramente di non essermi infilato nel sacco a pelo, ma di aver dormito
in mutande nelle lenzuola. Quella di sotto è appiccicosa e puzzolente, quella sopra è
corta, la coperta è lurida e intrisa di polvere.
Alle 7 mi sveglio definitivamente, continua a piovere. Abbandono il tavolino appiccicoso e mi preparo a
partire. Sono praticamente pronto quando incontro Lara e Andrea. Mi convincono ad andare con loro a
cambiare i soldi in banca.
La medina di Tangeri di prima mattina ha laspetto dimesso di alcuni paesini del Sud Italia. Strade
piccole, basse case prevalentemente bianche, indolenza. Le banche sono ancora chiuse, proseguiamo la
passeggiata. Il Petit Socco ha unaiuola al centro protetta da alte transenne. Così non serve a
nessuno e per di più linterno è ugualmente rovinato, privato delle panchine di cui restano dei
mozziconi che sbucano dal terreno, circondati da sporcizia. Ci infiliamo inconsapevolmente nel mercato
coperto: fantastico! Labirinto di vicoli, senza aperture nè sbocchi daria o finestre. La parte
più spettacolare è la zona dedicata al pesce. Un grosso pescespada viene fatto a pezzi, si vedono pile
di calamari, tappeti di sogliole e decine di altre specie ittiche.
Cambio i soldi e finalmente compro uno spazzolino: mi congedo definitivamente dai miei amici.
Monto i bagagli mentre ricomincia a piovere.
La periferia di Tangeri è ancora più triste delle periferie che ho visto negli ultimi anni. Palazzi
incompleti, distese di fango, spazzatura ovunque, gente che vaga senza meta, animali allo stato brado.
Nonostante la pioggia non cresce nulla, solo sterpaglia.
Allimprovviso dopo una curva cambia il panorama: possenti pini e profumata macchia mediterranea
fino allorizzonte.
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Che bel sole! (17 KB) |
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Zukki, dove
tho portato? (28 KB) |
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Un bel lago nebbioso (17 KB) |
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A Tetouan prendo la costiera. Spesso sono a picco sul mare. La montagna
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Posti affolatissimi... (22 KB) |
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Marocco o
pianura padana? (13 KB) |
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Chi mi aiuta
a scavallettarla? (42 KB) |
precipita nel mare sconfinato.
I paesini che attraverso sono miseri e deprimenti, tanto da serrare lo stomaco. La strada che collega la
costiera con la statale che attraversa il Rif a volte è disastrata, ma bella. Ampie vallate, aspre montagne
galleggianti sopra laghi sbuffanti di nebbia. Molte persone che incrocio mi offrono il kif facendo
strani gesti con le mani. In alcuni punti mi immergo nelle nuvole.
Arrivo ad Al Hoceima col buio, un poliziotto mi indica lHotel Marrakech, brutto e dispendioso: pessimo
consiglio. Dopo giorni faccio la doccia anche se con lacqua fredda: quella calda non cè.
Torna allinizio
22-10-2003 Al Hoceima - Figuig. Una caduta, alcuni guadi e tanta pioggia
Alle 6:20 mi sveglio. Il letto è corto, stamattina manca del tutto lacqua, il tempo pessimo. Penso
che me ne andrò, devo solo decidere se verso lAlgeria, a Figuig o verso il centro del Marocco, a Fes.
Stanotte non ho sentito il muezzin, ma mè venuto ugualmente linfarto per colpa della trousse
che è caduta in bagno, in piena notte. Naturalmente la gravità fa sentire il suo effetto solo nel cuore
della notte, mica alle 10 di sera!
Faccio i bagagli, studio la cartina: ho deciso! Punto allAlgeria! Faccio la manutenzione a Zukki che
continua a mangiare olio.
Uscendo dalla città intravedo la baia su cui si affaccia. Molto bella, purtroppo la vista è quasi
completamente ostruita da una serie di bar, da un albergo di lusso e da altre costruzioni.
Tra le insegne che mi colpiscono cè quella dello scrivano pubblico e quella del coiffeur Al Jazeera,
come la TV araba che trasmette i comunicati di Bin Laden. Mi torna in mente la copertina di una rivista
araba esposta nel duty free del traghetto, con il faccione sorridente di Osama. Ho la conferma che
qualsiasi concetto ha molte interpretazioni, ciascuna ineccepibile a seconda del punto di vista.
Seguo per Nador, la strada si incunea in strette vallate fertili e ben coltivate, circondate da basse
colline di terra prive di vegetazioni. Sembrano tante teste calve.
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Cime tempestose (26 KB) |
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Foto spia (21 KB) |
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Mi addentro tra le colline che si trasformano in montagne terrose. Il paesaggio
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Verso il bel tempo (22 KB) |
cambia rapidamente, ora le gole e i canyon si susseguono e si inseguono.
Raggiungo un lento convoglio militare scortato da una jeep della polizia che impedisce il sorpasso per non
interrompere la colonna. Mi sto affumicando con i gas di scarico. Vedo una specie di caravanserraglio
abbandonato. Decido di far andare avanti il convoglio, voglio divertirmi con Zukki tra le rovine. Il
fondo dellampio cortile in cui entro è cosparso di grosse pietre, ma mi districo senza problemi.
Sto prendendo le misure della moto, ma appena ci prendo gusto finisco con la ruota anteriore su un
ciottolo più grande degli altri. La moto si impunta, mi ritrovo in terra in un istante. Ecco le verità
fondamentali che mi illuminano altrettanto rapidamente:
1- se la moto carica cade, non ce la faccio a tirarla su da solo.
2- se cade dal lato della chiusura delle cinghie, non riesco nemmeno a smontare il bagaglio.
3- il bagaglio è ben legato, non si è mosso di un millimetro.
4- le pietre grosse sono pericolose.
5- sono un imbecille che cerca i guai gratuitamente.
Cerco di fermare una macchina: mi squadrano dallabitacolo e tirano dritto. Che Allah li mantenga in
salute! Ho ancora il casco addosso, provo a sfilarlo. Si ferma un camioncino che avevo sorpassato qualche
minuto fa. In due facciamo molta fatica, mi becco anche la ramanzina del mio salvatore. Danni subiti:
il mio orgoglio, un minuscolo bozzo scrostato sul serbatoio.
Riparto che ero un poco più saggio, con 3 soldi di dubbio e 2 di coraggio, come cantava una
vecchissima canzone di De Gregori.
Attraverso paesini-fotocopia, allungati ai lati della strada, senza un centro. Solo una lunga teoria di
case, negozi, officine. I fabbricati sono squallidi, spesso non intonacati, mentre le forme scimmiottano
larchitettura tradizionale orientale. Tra la carreggiata e le abitazioni cè sempre un
ampio spazio, mai asfaltato. Quando piove si trasforma in una distesa di fango. Quando cè il sole
è una fonte inesauribile di polvere.
Spesso incontro dei cani, contraddicendo una delle mie guide, che scrive del numero esiguo di questi
animali. Nulla di più falso, solo in Romania ho visto più cani randagi.
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Abusivismo edilizio (26 KB) |
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Nei pressi di Oujda consulto di nuovo la cartina. Mi lascio attrarre dalle gole di
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Va più veloce lei (32 KB) |
Zegzel, così cambio
improvvisamente itinerario. Mi arrampico sui monti Beni-Snassén. La pianura che ho attraversato finora,
uguale a sè stessa da decine di km, lascia il posto a basse montagne ricoperte di pini. Devio per Zegzel.
Mi ritrovo su una lingua dasfalto larga quanto una macchina che fiancheggia un torrente,
incrociandolo spesso. Mi diverto nei guadi, mentre sono quasi sommerso dalla vegetazione. Ogni tanto
riesco a scorgere basse case mimetizzate con la montagna. Mentre cerco la pista che arriva ad Oujda arrivo
in una strada chiusa da una catena, sorvegliata da un gruppo di ragazzi.
Ecco fatto! penso un po preoccupato, ma subito riprende il sopravvento il mio animo
fiducioso, ricordo le parole di Terzani e li saluto con un ampio sorriso. Ricambiano e mi invitano a
visitare una grotta lì vicino. Inizialmente rifiuto, ma mi lascio convincere. Abbassano la catena ed
entro. Trovo un operaio che sta costruendo un muretto, non si sa bene per cosa visto che intorno non
cè nulla. Mi dice che la grotta è chiusa e non si può visitare. Mi raggiungono i ragazzi.
Ma la grotta è chiusa! protesto.
Lo sappiamo! mi rispondono con laria più naturale del mondo.
Forse cè un modo per entrare comunque.
Non si può visitare in nessun modo?
No!
Mi chiedo perchè mi abbiano invitato ad entrare con tanta insistenza!
Riparto e, non trovando la pista per Oujda, finisco il giro delle gole di Zegzel e torno sulla strada
principale. Nel frattempo ho deciso di non fermarmi a Oujda, ma di proseguire per Figuig. Arriverò
col buio anche oggi.
File di barbecue inondano di fumo e profumo il mio orizzonte. Mi fermo per pranzare. Scelgo la carne, la
tagliano e la cuociono seduta stante.
Attraverso rapidamente Oujda e imbocco la lunga strada che punta a sud, verso Figuig.
Da Al Hoceima in poi la presenza della polizia si è fatta più sensibile. Ora la trovo allingresso
delle città e negli incroci tra grandi arterie, come in Russia.
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Curve e controcurve (13 KB) |
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Il tempo peggiora sempre più, la strada e il panorama si appiattiscono. Mi trovo su un altopiano desertico
a 1000 metri sul livello del mare, a volte 1500 metri.
Riprende a piovere, la temperatura si abbassa notevolmente. La pianura dà la sensazione di poter continuare
allinfinito, ma contemporaneamente cambia in continuazione.
I pochi paesi segnati sulla cartina sono effettivamente gli unici. Per il resto si snodano decine e decine
di km di nulla assoluto.
I km e il tempo passano. Diventa buio, la pioggia si infittisce. I cartelli segnalano lattraversamento
di molti torrenti, tutti secchi.
Ogni dieci o venti minuti incrocio un veicolo che mi fa sentire meno solo.
Lingresso di un villaggio è attraversato da un vero e proprio torrente in piena che sbarra la
strada, gonfio e fangoso. Mi diverto a guadarlo, mentre lacqua sfiora la parte bassa del motore.
La strada è larga e ben segnalata, sono tranquillo.
Bouarfa: lultimo paese, carino e ben tenuto, prima di Figuig. Altri 108 km di deserto e sono
arrivato!
Il faro illumina un enorme arco che sovrasta la strada. Appena lo varco la strada cambia repentinamente.
La larghezza si dimezza e scompare la segnaletica. La distinguo a malapena, nel buio assoluto in cui mi
trovo. Sento di essere completamente solo, sono a disagio. Sullasfalto si allungano
lingue di terra che, essendo bagnata, diventa pericolosamente scivolosa.
Il vento che mi accompagnava da qualche centinaio di km diventa ancora più teso e devo guidare di forza. La
pioggia continua incessante.
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Lincubo - 1 |
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Altro cartello che segnala il guado di un torrente. Proseguo incurante come sempre, ma stavolta la strada
è sbarrata dallacqua! Vado troppo veloce per riuscire a fermarmi e lo attraverso di slancio. È
piuttosto profondo ma lo attraverso senza problemi.
Divento nervoso: sono assolutamente solo, devo essere prudente.
Altro cartello, altro oued in piena. È più gonfio del precedente, stavolta sono preparato e lo attraverso
a velocità moderata. Lacqua è potente e mi spinge, ma riesco a passare anche questo.
Pioggia, vento, buio, terra sulla strada, torrenti in piena. Se continua così diventa un incubo. Sono
sempre più preoccupato e a disagio.
Lo stretto fascio di luce del faro illumina unampia zona scura davanti a me. Mi fermo per capire
cosa succede: la strada è sommersa dallacqua! È molto bassa, ma ne allaga talmente tanta da non
farmi più capire dove devo proseguire, sembra un grande lago.
Divento sempre più teso, intorno a me nessun segno di vita, solo nero.
Diminuisco ancora landatura.
Altro oued. Mi fermo. È un vero fiume in piena, lacqua forma gorghi mentre trascina dei rami
arrivati chissà da dove. La corrente è molto forte e lacqua alta: non so cosa fare.
Ci provo, non so bene perchè. Lacqua arriva a metà ruota. Sbando ma resto in piedi. Con la coda
dellocchio a destra vedo il salto dellacqua nel buio: cè un fosso! Il guado è molto
lungo, proseguo metro dopo metro a velocità costante, resistendo alla corrente che mi trascina verso
destra. Il motore fuma, spero non si spenga!
La strada risale, loued termina. Il cuore batte allimpazzata. Ce lho fatta, ma cosa mi
aspetta? 70 km così sono uninfinità.
Altro oued in piena, molto più piccolo del precedente.
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Lincubo - 2 (5 KB) |
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È un inferno, ogni cartello che vedo mi fa tremare. Quando vedo allorizzonte un segnale di pericolo
trattengo il fiato per esultare quando vedo che avverte di una curva pericolosa o per imprecare se
preannuncia un altro guado.
Sono pieno di fango. Vado avanti per inerzia.
Con la coda dellocchio, verso lalto, vedo una luce: è una stella!!
È indescrivibile la gioia profonda che dona, in queste situazioni, anche un segno così piccolo. Mi
tranquillizzo immediatamente anche se continua a piovere e a soffiare un vento potente.
I successivi torrenti segnalati sono asciutti, rimane solo il fango come segno del loro passaggio.
La stella mi accompagna, la guardo spesso e ogni volta mi apro in un sorriso.
Improvvisamente la strada si allarga, ricompare la linea di mezzeria. Sono felice.
Devo continuamente evitare il fango che invade la strada, in compenso di oued in piena non se ne vedono
più.
I km passano, continuo ad alzare di tanto in tanto la testa per controllare la stella. A volte scompare
e ricado immediatamente nello sconforto, che svanisce non appena ricompare la mia protettrice luminosa.
A 30 km da Figuig attraverso un villaggio spettralmente abbandonato, a parte una figura che cammina
nelloscurità a lato della strada, avvolta in un sacco di plastica nera per ripararsi dalla pioggia.
A 10 km da Figuig sono accolto dal solito blocco della polizia. Scarico la tensione, chiacchiero un po
con loro fumando una sigaretta. È FATTA!!
Gli parlo degli oued in piena, mi rispondono biasimandomi fortemente:
Tres dangereux: mortail!
Ormai è fatta, anche se non lo rifarei sicuramente.
Li saluto e mi avvio verso la città. Dopo una curva loscurità viene improvvisamente squarciata
da decine di luci che mi salutano.
Sono felice ed entrando in paese mi lancio in un carosello di clacson.
Vado al Figuig Hotel, lingresso è bellissimo. Sento di meritarmelo, anche se costa tanto.
È completo!
In un attimo sono di nuovo preda dellansia. In città ci sono soltanto due hotel e il primo è pieno.
Trovo laltro albergo con un po di difficoltà, poi capisco perchè. È completamente buio,
sembra chiuso.
Mi decido a piantare la tenda da qualche parte. Provo comunque a entrare e trovo una porta sotto cui
filtra della luce. Cerco la reception, ma non la trovo. Torno in strada, a fianco dellalbergo cè
un locale illuminato. Ci sono due ragazze che appena mi vedono rimettono il velo. Chiamano il guardiano
che si affaccia dal secondo piano della bassa casa dallaltro lato della strada. Mi fa segno che
cè posto e scende in un attimo. La stanza è obiettivamente squallida, ma in questo momento mi sembra
una reggia. Non ci sono le docce, fortuna che lho fatta ieri, fredda, ad Al Hoceima.
Mi lancio con gioia nellOperazione Casa per rendere la camera accogliente. Tiro fuori i
libri, il cd portatile con le casse e il diario.
Sono a pezzi, mi fanno male tutti i muscoli, spero nella nottata.
Non ho nemmeno la forza di cenare, mi infilo a letto facendomi bastare il pranzo luculliano di 8 ore fa.
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