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 Diario di viaggio Marocco 2003

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(Figuig, verso Erfoud, Erfoud, gole di Ziz, Cirque de Jaffar, Merzouga, Zagora)

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Giornate:
23 ottobre 2003
24 ottobre 2003
25 ottobre 2003
26 ottobre 2003
   

Il Marocco vissuto

 

La realtà...
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23-10-2003 “Figuig, in mezzo al deserto”
Dopo nemmeno 5 ore di sonno mi sveglio. Ho i muscoli a pezzi, dolori ovunque. Piove a dirotto. Cerco di non pensare alla strada che dovrò rifare, che peggiorerà sicuramente.
Per fortuna mi affaccio dalla finestra, in tempo per ricuperare Zukki che sta per cadere di lato, per colpa del fango che si è creato. Il maltempo mi disturba, non riesco a rilassarmi. Guardando la cartina con più attenzione scopro che l’altopiano che ho attraversato è ricamato da una fitta rete di sottili linee azzurre. Decine di torrenti secchi anche per anni che a volte riprendono vita.
Poltrisco a letto, mando dei segnali di fumo via SMS per sapere il tempo previsto in Marocco. Mi stupisco della mia ansia, quando viaggio normalmente non mi curo del tempo che fa. Mi sento a disagio per molti motivi, devo ancora abituarmi alla solitudine, prendere le misure con me stesso, la moto e ciò che mi circonda. Forse è anche il fatto che non conosco ancora le persone di qui e non so cosa aspettarmi.
Ripenso a quando dovevo decidere con quale moto andare: ringrazio il cielo e Manu per aver preso Zukki. Con Nelik già in questi primissimi giorni avrei avuto enormi difficoltà e una tensione infinitamente maggiore.
Mi affaccio: dove c’era Zukki ora mi specchio in una enorme pozzanghera.
Le notizie che arrivano sono sconfortanti: il Marocco è completamente coperto, piove ovunque. Sul traghetto mi avevano detto tutti che avrei avuto un gran caldo. Per il momento, infilato nel deserto come sono, dormo con due coperte di lana.
In camera non c’è il cestino. Come in tutti i posti che ho visto finora: spazzatura ovunque e discariche improvvisate. Le strade sono punteggiate dai vivaci colori di bottiglie di plastica, sacchetti, cartacce e quant’altro.
Studio un po’ di francese, poi accudisco Zukki come premio per la sfacchinata di ieri. Stavolta il livello dell’olio non è sceso per niente. La guardo ed è veramente bella! Nonostante la semplicità delle linee trasmette un senso di forza e potenza.
Finora non ho visto altre moto, solo qualche motorino e, soprattutto, frotte di Mercedes, dalle più vecchie (quasi tutte) alle più nuove (rarissime). Ripenso alle parole della Wharton che, nel ’17, definiva le auto come i “giocattoli dei ricchi”. Questo è vero in parte ancora oggi, anche se nei Paesi benestanti il giocattolo è diventato proprio la moto! Anche se personalmente non la vedo assolutamente così.
Nel primo pomeriggio vado a fare un giro in moto per l’oasi. Figuig è costituita da diversi ksar, villaggi fortificati. Alcuni sono abbandonati, altri pieni di vita. Sono stupefatto dal numero di persone in giro e di negozi aperti. Quando sono arrivato ieri alle 9 di sera non c’era anima viva in giro!
   

Figuig

 

Cielo amichevole...
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Figuig

 

...e natura ospitale
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Figuig

 

Perdete ogni speranza...
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Figuig

 

Apriti cielo!
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Giro a caso seguendo l’ispirazione. In alcuni punti posso ammirare centinaia di palme
   
 

Figuig

 

Torre di Figuig
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Figuig

 

Veicolo da lavoro
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Figuig

 

Campetto da tennis
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Figuig

 

Qualche palma
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ammassate in piccole conche e circondate da basse case di terra. Tutto intorno si stendono a perdita d’occhio basse montagne completamente spoglie, color dell’argilla, dalle punta tagliata come tanti cappelli poggiati su un tavolo.
Seguo un paio di piste ma diventano presto impraticabili per il fango. Proseguo per un paio di km tra slittamenti e sbandate, poi due cani mi convincono definitivamente a tornare indietro.
Torno nel labirinto di Figuig. Le persone sono amichevoli. Quando non mi salutano per primi, rispondono sempre ai miei cenni di saluto.
Le donne mi colpiscono. Molte ragazze sono vestite all’occidentale, quasi tutte hanno un velo che copre distrattamente i capelli. Con l’età, aumenta anche il rigore nel vestire, fino ad arrivare a delle spettrali figure monocole avvolte in lunghe e candide tonache che le ricoprono fino a terra. L’unico occhio libero è vigile attento e curioso, mi sento scrutato con insistenza. È il vantaggio di essere pressochè invisibili: guardare senza essere visti. Questi Polifemi femminili sono abbastanza rari, la norma è un velo che copre capelli e collo, su ampie vesti avvolgenti.
I ragazzi sono vestiti in modo sportivo, spesso con giacche di pelle, jeans e scarpe da ginnastica. Gli uomini, specie se in là con gli anni, indossano ampi caffetani oppure bournus dai colori tenui.
Dopo la passerella in moto fatta nella via centrale torno per un giro a piedi. Si vede ben poco artigianato, a testimoniare che da anni questa cittadina non è più una meta turistica.
Acquisto qualche oliva dall’aspetto appetitoso, un paio di frittelle, delle cartoline: il perfetto turista! Mi tornano in mente alcuni passi del “Tè nel deserto” di Paul Bowles riguardanti l’annosa (e noiosa) diatriba turista vs viaggiatore. Il termine “turista” ha comunemente un’accezione negativa e caratterizza un modo di viaggiare superficiale, inconsapevole, noncurante. Di fronte a questa spiegazione, leggo spesso brani in cui l’etimologo di turno si cuce addosso una definizione che lo includa nella nobile e acculturata categoria dei “viaggiatori”, relegando i turisti nella massa caciarona e rumorosa dei viaggi organizzati e delle escursioni guidate tra un museo e un negozio di souvenir. Personalmente non vedo la necessità di queste discussioni. Vivo il viaggio come un modo per vedere il mondo, come funziona fuori dagli schemi in cui sono immerso. Negli ultimi anni ho cambiato modo di viaggiare, attratto sempre più dal vivo lato umano più che dalla mummificata architettura. Sono un turista? Un viaggiatore? È importante?
Finito il giro tra i negozi entro in una sala da tè dove studio, sorseggiando un aromatico e dolcissimo tè alla menta, la cartina. Domani vorrei partire e dirigermi verso Erfoud per partecipare agli ultimi giorni della festa dei datteri, prima dell’inizio del Ramadan.
Mentre ragiono così il cielo diventa di colpo nero, si alza un vento violento che spazza l’interno del caffè e inizia a cadere una fitta pioggia. Domani deciderò cosa fare in base al cielo. Ripenso a ieri notte e all’ennesimo momento critico dei miei viaggi. Anche stavolta mi sono ritrovato a pregare. Strano il mio rapporto con Dio... A testa sgombra e animo sereno affermo con sicurezza il mio agnosticismo. Invece, quando sono in grande difficoltà mi ritrovo inconsapevolmente a pregare per trovare coraggio e ulteriore forza per superare l’ostacolo che sto affrontando. Non ricordo chi affermava che gli atei sono i credenti più fervidi!
Spero soltanto che il maltempo cessi mentre, ottimisticamente, preparo lo zaino.
Sono rimasto l’unico cliente dell’albergo, i corridoi sono bui e forti correnti spirano tra le finestre senza vetri. L’intero caseggiato è senza luce, mi aggiro spezzando le tenebre con la torcia. Fuori è tutto chiuso e, come quando sono arrivato ieri, le strade sono deserte. Il vento agita le serrande con un clangore spettrale.
Anche stasera non ho fame, anche se so che dovrei tenermi in forze.
La pioggia leggera e costante che prosegue da alcune ore lascia il posto a violenti scrosci di pioggia accompagnati da violenti raffiche di vento. Non posso fare a meno di preoccuparmi per domani. In fondo sono all’inizio del viaggio, ho molto tempo davanti e posso aspettare che il tempo si sistemi. Forse è il fatto di trovarmi bloccato, forse è che mi sento a disagio, non mi sono ancora abituato al Paese, forse mi sto accorgendo di avere una istintiva diffidenza, forse mi sento solo, nel senso ampio del termine. Forse tutto questo o forse nulla; forse non sono ancora riuscito a lasciarmi andare e prendere dal viaggio, ma con tutta questa pioggia non ci riesco.
Continuo a rimuginarci sopra e mi accorgo di stare con la mente in Italia. Sono tormentato da tutto il dolore che ho causato negli ultimi mesi. Sogni infranti, un mondo distrutto. Per cosa? Per ora nulla, solo il tempo potrà dirlo. Come si supera un dolore così grande? Semplicemente non si supera, il meglio che si può fare è imparare a conviverci. Conoscerlo bene, i lati negativi e quelli positivi (anche i dolori hanno i loro aspetti positivi), trovare le parole giuste per ridurli alla ragione quando alzano di nuovo la voce e vogliono sommergerci con il loro carico di ricordi, rimpianti, rimorsi. Devi fartelo amico, anche se è un amico pericoloso, da trattare sempre con rispetto. Un amico da cui imparare, ecco perchè non si può e non si deve dimenticare!

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24-10-2003 “Figuig - Erfoud. Sole, deserto e oasi”
Mi sveglio di soprassalto avvolto nel rumore tuonante di potenti raffiche di vento. Sono le 3 di notte, il sonno stenta a riprendere anche se ho preso la serafica decisione di attendere, anche per giorni, che il maltempo cessi.
Il freddo è intenso e devo avvolgermi accuratamente nel bozzolo di due coperte di lana.
Mi sveglio nuovamente di colpo dopo qualche ora, ma stavolta per... un raggio di sole! Spalanco le finestre, sono euforico! Il cielo è azzurro intenso, profondo e luminoso come nelle fresche mattine estive del Sud Italia.
   

Figuig

 

Villaggio vacanze
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Verso Bouarfa

 

Sì, viaggiare!
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Estasi suprema: partire sotto un cielo amico immerso in un paesaggio maestoso e infinito
   
 

Verso Bouarfa

 

Fango eri
e fango ritornerai
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Verso Bouarfa

 

Arco di trionfo
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di deserto e montagne e terra rossa all’orizzonte e “Where the streets have no name” sparata nel casco.
Faccio la strada dell’altra notte col sole. Mi accorgo solo così di QUANTO ho rischiato.
Il pezzo “amico”, con la stella che mi seguiva benevola e gli oued asciutti, ora è invasa da mucchi di terra trasportati dalla violenza delle piene. Alcuni torrenti invadono ancora con forza la carreggiata. In un punto la strada è letteralmente esplosa e un cippo di pietra, usato come pietra miliare, è coricato in mezzo alla via. Sono senza parole, se avessi ritardato di qualche ora o di un giorno, non sarei riuscito a passare, nella migliore delle ipotesi. Meglio non pensarci.

   

Verso Errachidia

 

Traffico intenso
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Verso Errachidia

 

Campi di sabbia
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Verso Errachidia

 

Cammello moderno
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Verso Errachidia

 

Autostrada 6 corsie
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Verso Errachidia

 

Chi ha allagato la strada - 1?!
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Verso Errachidia

 

Fitta vegetazione - 1
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Dopo Bouarfa la strada si allarga nuovamente per poi restringersi nuovamente. Questo semplice cambiamento dona ancora più maestosità allo scenario che mi circonda. Mi sento un essere microscopico che si addentra in un ventre atavico,
   
 

Verso Errachidia

 

Fitta vegetazione - 2
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Verso Errachidia

 

Sosta in doppia fila
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Verso Errachidia

 

Pericolo: cammello a due ruote
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Verso Errachidia

 

Dov’è il cielo?
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Verso Errachidia

 

Chi ha allagato la strada - 2?!
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Verso Errachidia

 

Nella fossa delle palme - 1
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origine di tutto il Mondo.
La sottile lingua di asfalto si snoda sinuosa in una sterminata e brulla vallata. È allagata in gran parte, scopro veri e propri laghi che a volte sommergono la strada. Affrontando i guadi spero che sotto l’acqua ci sia ancora l’asfalto.
Dopo oltre 100 km. di spettacolare vuoto arrivo al primo villaggio. La benzina è finita. Mi rimetto in cammino, altri 80 km. Il benzinaio è chiuso. Mangio qualcosa e mi rimetto in cammino.
Un miraggio: due motociclisti! Ci salutiamo al volo, peccato!
Poco prima di Errachidia la strada si allarga nuovamente, trovo la benzina. Vado verso Erfoud. Anche qui incontro molti torrenti in piena.
Improvvisamente il massiccio alla mia destra si apre. Sembra un titanico pozzo sul cui fondo verdeggia un’immensa oasi con migliaia di palme da datteri sotto le quali si indovinano decine di villaggi di terra. Mi fermo rapito dallo spettacolo. All’altezza del mio sguardo c’è una rossa pianura desertica che si apre d’improvviso, tagliata dalla profonda fenditura del fiume Ziz. Alcune decine di metri più in basso, sotto pareti perfettamente verticali, esplode la vita, brulicante e miracolosa.
Mi fermo pochi km. dopo in un belvedere. “Erano due anni che non cadeva una sola goccia d’acqua in
   

Verso Erfoud

 

Nella fossa delle palme - 2
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Verso Erfoud

 

Capanne con parabola
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Verso Erfoud

 

Ridente vallata
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Verso Erfoud

 

L’ombelico del mondo - 1
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Verso Erfoud

 

L’ombelico del mondo - 2
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questa zona! ” mi spiega Assid.
“Avete avuto molti danni per le inondazioni?”
“Sì, ma ora c’è lavoro! Vedi quelle tende laggiù?” mi chiede indicando le
   
 

Verso Erfoud

 

Serpente di palme
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Verso Erfoud con Assid

 

Erano anni che non pioveva così!
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Verso Erfoud

 

Geyser d’acqua dolce
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Verso Erfoud

 

Quasi quasi faccio il bagno
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colline alle mie spalle, “Sono dei nomadi venuti dalle montagne a raccogliere i datteri!”
Mentre parliamo arriva un moderno pullman che vomita decine di ragazzi vestiti all’europea, all’ultima moda, con cellulari, macchine fotografiche digitali e videocamere.
“Brutta gente” mi dice Assid indicandoli.
“Perchè?”
“Sono studenti dell’università di Ifrane, gente che paga 48.000 € per 4 anni, sono i più ricchi del Marocco!”
A Ifrane, piccolo centro a sud di Fes c’è il college più prestigioso del Paese. Americano, tanto per cambiare.
“Dove vai a dormire?”. Assid riprende a lavorare...
“Non lo so.”
“Poco prima di Erfoud c’è un albergo fantastico, con piscina e tutti i comfort!”
“Tu lavori lì?”
gli chiedo pleonasticamente.
“Sì!” mi conferma, allungandomi la brochure.
Posto fantastico, ma fuori budget.
Riparto attraversando nuove zone allagate.
L’albergo dove prendo la stanza ha la doccia in comune, fredda. Il gestore mi fa un’altra doccia fredda quando mi dice che la festa dei datteri, per la quale sono venuto qui, è finita da quattro giorni! Mi consola regalandomi un piccolo canestro di datteri.
Decido di fermarmi comunque qualche giorno per fare qualche escursione nei dintorni. Entrando in paese ho notato molte moto da fuoristrada che affittano per esplorare l’Erg Chebbi, le uniche dune di sabbia del Marocco di una certa dimensione, dove conto di andare nei prossimi giorni.
Sento già la nostalgia dei giorni scorsi, quando incontravo una macchina ogni 10/20 minuti.
Quando il bar dell’albergo chiude parcheggio Zukki all’interno e vado a dormire.

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25-10-2003 “Le gole dello Ziz e l’imponente Cirque de Jaffar”
Il posto non è per niente tranquillo. La prima sveglia la dà il muezzin alle 5. Mi torna in mente quando un paio di giorni fa l’ho sentito a Figuig, in mezzo all’indifferenza generale.
Mezz’ora dopo un fuoristrada attende per diversi minuti a motore acceso, tenendomi sveglio, i turisti per andare ad ammirare l’alba sull’Erg Chebbi. Poi qualche camion. Infine apre il bar, con un frastuono simile a un terremoto.
Sono le 6:30 e rimpiango la pace di Figuig.
Scendo e trovo Zukki per strada insieme ad Hassan, che mi aggancia in un istante. Ha 19 anni, studia arabo e berbero e vive a Merzouga. Dopo pochi minuti parte all’attacco con l’offerta di “ospitalità” a casa sua.
“A casa tua?” gli chiedo provocatorio.
“Sì, la mia famiglia ha un albergo!” mi risponde in modo scontato.
   

Il souk di Erfoud

 

Ingresso nascosto
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Il souk di Erfoud

 

Di tutto un po’
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Mercato dei datteri

 

Vorrei l’asino, grazie!
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Mercato dei datteri

 

Ombre nere - 1
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La massiccia presenza di turisti fa sì che più o meno tutti si siano gettati
   
 

Il souk di Erfoud

 

Che hai da guardare?!
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Mercato dei datteri

 

Ombre nere - 2
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Mercato dei datteri

 

Montagne di datteri - 1
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Mercato dei datteri

 

Montagne di datteri - 2
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nell’affare. Ovvio, ma quello che mi mette a disagio è l’insistenza e il fatto che gli unici contatti che riesco ad avere riguardano il mio essere turista, ossia un portafoglio ambulante da cui attingere in qualche modo. Non sono abituato a questa situazione, fino ad oggi non mi era mai capitato.
Dopo colazione faccio un giro nel souk. Botteghe di ogni tipo, tutti sono al lavoro, c’è gran fermento. In una traversa c’è un grande assembramento: vendono chili e chili di datteri!
Decine di persone, per terra, con davanti grandi coperte e cesti piene dei preziosi frutti. Molte sono donne, vestite o per meglio dire avvolte di nero. Non vedo nessuna donna coperta fino a lasciare libero un solo occhio come avevo visto a Figuig, però spesso la parte libera è la minima indispensabile per evitarle di andare a sbattere. Ho la sensazione che se esistesse un modo per evitarlo ugualmente, le obbligherebbero a coprire anche l’ultimo faro residuo.
Provo a fare alcune fotografie, ma sono tutti molto restii se non apertamente ostili. Rubo qualche immagine, ma dubito siano venute bene.
Al contrario delle zone visitate finora, noto una certa mescolanza di razze. Non più solo maghrebini, ma anche molti africani sub-sahariani dalla pelle nera e forte.
Il souk non è nulla di eccezionale, qualche bancarella, alcune botteghe d’artigiani, molti datteri.
Torno in albergo, preparo lo zaino e parto con Zukki verso le gole dello Ziz. Queste, dopo Errachidia, si spalancano grandiose, all’improvviso. Come per l’oasi di Erfoud, anche stavolta sembra che un abile scenografo abbia progettato l’entrata in scena di una tale meraviglia. Prima dalla pianura si innalzano le prime montagne, poi il paesaggio si allarga, si perde completamente il senso delle dimensioni e tutto diventa titanico. Le montagne crescono ancora, o forse sono io a rimpicciolire. Con un eccezionale effetto a sorpresa la vallata si allarga a dismisura aprendosi come uno scrigno e svelando il vitale tesoro che nasconde. Una serie di palmeti e di campi coltivati tingono di verde il fondo della fenditura e in mezzo scorre il benefattore, l’artefice di tanta abbondanza: il fiume Ziz.
   

Gole dello Ziz

 

Grand Canyon marocchino - 1
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Gole dello Ziz

 

Grand Canyon marocchino - 2
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La strada corre a mezza costa di una montagna. La parte più
   
 

Gole dello Ziz

 

Laghetto alpino
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Gole dello Ziz

 

Torrente alpino
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spettacolare delle gole viene chiusa dal tunnel del Legionario costruito dai francesi durante la loro occupazione del ’900.
Punto verso Midelt. Anche stavolta non ho fatto il conto dei km. Mi accorgo che è molto lontana: pazienza!
Il sud del Marocco è eccezionale: spazi immensi apparentemente identici, invece sorprendentemente diversi. Immani altopiani coronati da alte montagne, ora di terra rossa che sembra sgretolarsi poco a poco, ora di argilla modellate e sagomate da mani esperte.
Arrivo a Midelt nel primo pomeriggio. Vorrei andare al Cirque de Jaffar, ma non trovo la strada. Mi fermo per guardare la cartina e dopo pochi istanti vengo apostrofato con un: “Ciao! Dove andare?”. È arrivato Idriss!
“Voglio andare al Cirque de Jaffar”.
“La strada è chiusa, molta piuva!”, mi scoraggia subito.
“Mh...”, muggisco scettico.
“Però c’è una pista aperta 15 km a nord, per Ait Ohmmar”. Sulla cartina non c’è la strada di cui parla.
“Come mai parli italiano?”
“Lavoro per Avventure nel Mondo!”, mi spiega con un tono da notizia ovvia e risaputa.
“Quelli di Roma!”
“Ci sono anche a Milano e Bologna.”
“E bravo...”
“Se vuoi ti accompagno per 30 dirham!”.
“No no, grazie... ... ... ... ok sali!”, mi lascio convincere in pochi istanti.
   

Verso il Cirque de Jaffar

 

Panettone marocchino
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Idriss sale in un attimo, indossando il mio zaino.
   
 

Verso il Cirque de Jaffar

 

Nel blu dipinto di blu - 1
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Verso il Cirque de Jaffar

 

Nel blu dipinto di blu - 2
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Quindici km a nord prendiamo una deviazione sulla sinistra e la strada si riduce come al solito ad una stretta e malridotta lingua di asfalto in mezzo a campi allagati.
“Qui coltivano?”.
“Sì, ma in primavera. Adesso molta ’piuva’”.
“Lo so...”, rispondo rassegnato.
Fa molto freddo. Sono giorni che mi muovo su un altopiano sterminato sul quale non si ha mai la sensazione di salire, poichè ci si trova già ad oltre 900 metri di altitudine. Le volte in cui la strada si inerpica su qualche montagna ci si trova in un attimo a 1500 metri e anche di più.
L’asfalto termina ed inizia lo sterrato in una vasta prateria punteggiata da una bassa vegetazione. Puntiamo dritti al massiccio incappucciato da nuvole nere.
“Non preoccuparti, dentro è pulito, vedrai che è bellissimo”, mi rassicura Idriss.
La pista peggiora, pietre sempre più grandi, poi molto fango e alcuni passaggi difficili dovuti alle recenti piogge. Zukki si spegne un paio di volte, ma andiamo avanti.
Incrociamo un 4x4 con una guida del posto e alcuni olandesi a bordo.
Arriva un gregge con il cane pastore molto interessato a noi. Mi blocco. Idriss non capisce. Gli dico che ho paura.
“Ma non fa niente, guarda!!” e gli lancia alcune pietre.
Il cane si innervosisce e inizia a ringhiare, abbaiare e correrci intorno, anche se a debita distanza. La mia paura continua ad aumentare.
“Idriss, così si incazza ancora di più!”
“Ma no, quando fa così è perchè ha paura anche lui!”
’Sì, eh?’ penso tra me e me mentre rimango bloccato sulla moto poco più indietro.
“Tu fai come se non ci fosse. Se vede la paura nei tuoi occhi allora è pericoloso, ma tu fai finta di niente!”
È una parola. Passiamo.
Arrivano altri due cani.
“Vai piano, più piano... Non c’è problema”.
Passiamo. Un altro cane, vicino a due grandi tende circolari.
“Sono i nomadi. Vengono qui a passare l’inverno, poi l’estate tornano a nord”.
Hanno molte greggi. Idriss si ferma a parlare con due di loro, a dorso d’asino.
“Idriss, sei arabo o berbero?”
“Berbero! Arabi tutti figli di puttana!”
“Perchè?”
“Perchè sì, per economia, politica, tutti figli di puttana!”
Non sono soddisfatto dalla risposta, ma non insisto. Arriviamo all’imboccatura delle gole. Mi trovo a passare sul fondo di un torrente ora in secca, ma la “piuva” dei giorni scorsi ha distrutto la pista, ora invasa da massi e pietre molto grandi. Zukki si impunta come un mulo e si spegne.
“Proseguiamo a piedi, ti faccio vedere un punto bellissimo poi torniamo indietro”
Lascio casco ed altro sulla moto, ma Idriss torna a prenderli.
“Sai, nomadi prende, poi chi li trova più...”
Anche a piedi è difficile, si inciampa in continuazione.
   

Cirque de Jaffar

 

Cime tempestose
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Cirque de Jaffar

 

Speriamo non piova! - 1
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Entriamo nella gola, è spettacolare. Pareti a picco sempre più alte e più
   
 

Cirque de Jaffar

 

Speriamo non piova! - 2
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Nomadi nel Cirque de Jaffar

 

Mi date un passaggio?
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strette man mano che si avanza. Alcuni alberi mi stupiscono, aggrappati tenacemente a mezza costa.
Mentre camminiamo, parliamo.
“Tra poco inizia il Ramadan” mi avverte.
“Avrò difficoltà a trovare da mangiare?”
“No, no problema” mi rassicura.
“Ma tu lo fai?” lo provoco.
“Certo, come tutta la gente! Non tutti lo fanno, è vero, ma è solo un mese!”
Solo un mese?” chiedo stupefatto. Tutto è relativo. Per la nostra cultura un mese è un’eternità.
“Non vado alla mezqueta, ma faccio il Ramadan” mi confida.
“Perchè non vai in moschea?”
“Non so...”
“E mangio anche il pork!” mi confessa, quasi con tono di sfida.
“NO!!!”
Ci addentriamo in una discussione interessante sui principi enunciati secoli e secoli fa e su alcune forzature per attuarli e attualizzarli ancora oggi.
“Sai, il pork era vietato perchè c’era una parte che faceva male. Nessuno sapeva quale, allora hanno detto ’tutto il pork è cattivo!’. Ma oggi non è più così!”
Mi sembra una giustificazione a metà tra la verità storica e l’alibi personale.
Tocchiamo anche l’attualità.
“È una merda quando si mischia religione e politica!”
Verissimo...
Parliamo degli USA come padroni del mondo, delle guerre come motivi economici, della Palestina:
“Lì ci sono casini perchè non gli danno la terra, la religione non c’entra nulla!”
Dopo mezz’ora incrociamo altri due nomadi su un asino. Gli chiedo se posso fotografarli. La ragazza dietro subito esclama:
“Argent!” sfregando in modo inequivocabile il pollice e l’indice.
Restano perennemente in mezzo ai monti, ma hanno capito subito come comportarsi con i turisti! Gli dò 5 dirham, ma la ragazza non cambia espressione: sorriso paretico e dita in movimento. Gliene dò altri due. Lei insiste, ma mi allontano per fotografarli. Si mettono in posa e dopo il “click” ripartono.
Usciamo dalla gola e arriviamo al villaggio di Jaffar, annidato sotto un costone a strapiombo, all’ombra per metà giornata, in qualsiasi stagione.
“Sì, ma che vita è sempre nel tuo villaggio, senza sapere cosa c’è nel mondo!” osserva meditabondo Idriss.
Non so, sento di essere d’accordo, ma non sono del tutto convinto.
È tardi ed inizia a far freddo, torniamo.
Giriamo la moto, tremo per un paio di passaggi molto difficili, ma con un po’ di fortuna ce la faccio. Ormai è buio, non vedo più la pista, ma sono tranquillo, in due persone è tutt’un’altra cosa!
Pista, asfalto stretto, asfalto largo, Midelt. Idriss è congelato.
Lungo la strada parliamo ancora.
“Sono sposato con Ingrid, di Freiburg in Germania” mi confida Idriss.
“Come l’hai conosciuta?”
“Da guida, è facile fare Casanova nei gruppi!”
“Lei è ancora in Germania?”
“Sì, l’anno prossimo vado anch’io.”
“Lasci il Marocco?”
“Sì.”
“Anche se qui hai lavoro?”
“Sì.”
“Perchè?”
“Vuoi la verità per davvero?”
“Sì!”
“Marocco non mi piace!”
“Perchè?!?”
“La gente non mi piace...”
“Ma in Germania sono chiusi!”
“Sì, ma quando te li fai amici, poi si sta bene!”
Decidiamo di scaldarci con un tè. Mi porta in un locale che conosce, che prepara anche panini ed altro. “Vuoi mangiare qualcosa?” mi chiede.
Chiedo un panino e arriva una frittata, del manzo alla piastra, patate fritte, patate bollite, pomodori, olive e un po’ di cipolla sminuzzata.
Lo saluto come un amico, ci scambiamo email e telefono.
Mi aspettano più di 200 km di notte, ma sono in forma e vado tranquillo.
Mi fermo un paio di volte per ammirare il cielo. È bello da togliere il fiato, anche ai pensieri. Silenzio assoluto, sono completamente rapito dallo spettacolo. Tutto è silenzio, fuori e dentro me. La Via Lattea si spande con ampie pennellate di polvere pallida sul cielo nero, trafitto da migliaia di stelle.
Arrivo alle 22 a Erfoud, parcheggio dentro il bar salendo in velocità l’alto gradino dell’ingresso e mi fiondo a letto.

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26-10-2003 “Erg Chebbi con cammello”
Oggi punto alle dune dell’Erg Chebbi. Siccome è tutto su piste, se mi perdo posso sempre tornare indietro.
   

La teiera

 

Mission Impossible
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Mentre faccio colazione dal quaderno del diario cade il disegno della teiera che mi ha chiesto mia madre come regalo. Lo raccoglie il tizio dell’albergo ridendo.
“È la teiera che vorrebbe mia madre!” gli spiego.
“La trovi a Rissani oppure nel souk di qui”.
Subito però confabula con l’amico e propone
“Stasera ti porto da un amico che te ne fa vedere qualcuna”.
Incredibile, non si fanno sfuggire una occasione che sia una! Lì per lì si è fatto sfuggire una indicazione “sincera!”, poi è scattata subito la molla del commercio.
“Ok, se mi piace la compro!”.
“Insciallah!”.
Una mia amica venuta in Marocco in moto qualche anno fa è andata fino a Merzouga con il GPS. Non ho, nè voglio avere questo attrezzo! Parto a caso, poi troverò una soluzione, Insciallah!
Per prendere la pista dal souk si deve guadare lo Ziz. La spianata di cemento che lo attraversa è invasa da decine e decine di persone a piedi o con carretti, biciclette, motorini. Lavano i panni, portano della merce, chiacchierano. Mi infilo nella mischia e tra i vari “Bounjour!” e qualche “Salam alekum!” sono dall’altra parte.
   

Verso Merzouga

 

Il deserto dei Tartari
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Verso Merzouga

 

Castello nel deserto
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Vado verso le dune, la strada è asfaltata. Mi addentro in un nero deserto
   
 

Verso Merzouga

 

Per andare dove dobbiamo andare...
per dove dobbiamo andare?
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pietroso. Spero di incrociare qualcuno che faccia la stessa strada. Vedo un 4x4 dietro di me. Rallento per farmi superare, ma anche la macchina rallenta. Mi segue. In pratica mi ritrovo a fare da guida, mentre ne sto cercando una! Faccio cenno di passare e inizio a seguirli. Prendono una pista laterale e scompaiono in una nube di polvere. Devo trovare qualcun altro che vada verso Merzouga. All’orizzonte vedo un’altra macchina. Mi lancio all’inseguimento e li raggiungo in pochi km. Mi metto alle loro spalle alla chetichella. Sicuramente si sono accorti che li sto seguendo. La Lonely Planet diceva di seguire i pali del telegrafo, ma non ce n’è traccia. Proseguiamo per diversi km. Si fermano, fanno inversione e mi aspettano.
“Vai a Merzouga?”
“Sì”
“La strada diventa difficile tra poco, ti guidiamo noi per 50 Dh, poi se vuoi facciamo un giro in cammello”
“OK!”
Anche stavolta il Fato ha risolto il mio problema!
   

Merzouga

 

Beduino - 1
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Merzouga

 

Beduino - 2
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Cammello

 

E questo chi è?
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Merzouga

 

Carovana dispersa
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Merzouga

 

Miraggio
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Merzouga

 

Squame di sabbia
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Al volante c’è Jean Pierre, francese. Da come mi risponde non deve essere
   
 

Merzouga

 

Resti di viaggiatore
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Merzouga

 

Meglio 4 zampe che 2 ruote!
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Merzouga

 

Oceano di sabbia - 1
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Merzouga

 

Oceano di sabbia - 2
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Merzouga

 

Posso unirmi a voi?
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Merzouga

 

Cammello disperso
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contento di avere trovato un compagno di viaggio. Li seguo e dopo parecchi km arriviamo all’albergo della nostra guida.
Entro in un’ampia stanza e, naturalmente, scatta il momento del tè alla menta! Jean Pierre è simpatico anche se vagamente arrogante e con uno spiccato senso di superiorità verso il mondo intero. È nato a Marrakech, ma ha sempre vissuto in Francia, ora vorrebbe di nuovo trasferirsi a Marocco perchè lo ama. Ecco subito trovato l’opposto di Idriss!
Inizia la contrattazione per la gita in cammello: 300 Dh. Troppo! Jean Pierre vuole tornare a Erfoud, io nicchio e rilancio:
“Ho solo 220 Dh, quindi per me massimo 200 Dh, sennò nisba!”
Una vigorosa stretta di mano suggella l’accordo.
Le dune sono fantastiche. Arrivando da Erfoud le si vedono sorgere dalla linea dell’orizzonte. Spiccano, beige, sul nero circostante.
Mi conciano come un tuareg e salgo sul dromedario che inizia a dondolare all’ambio. La nave del deserto, vero e unico mezzo di colonizzazione per millenni, si muove lento ma inesorabile. Sotto alla duna più alta scendiamo. Proseguiamo a piedi. È un vero muro di sabbia, sputo i polmoni nell’arrampicata. Lo spettacolo dalla cima è superbo. Alle spalle dune a perdita d’occhio. Di fronte alcuni ksar. Merzouga ancora non si vede.
Tornati nell’albergo parlo un po’ con Ahmed. Anche lui collabora con Avventure nel Mondo. Mi racconta delle sue avventure con le turiste italiane, in particolare con una di Firenze e una di Bolzano. Il mio sarcasmo mi fa immaginare che una volta in Italia queste siano le stesse ragazze che prima di darti anche solo il numero di telefono ti fanno faticare 2 mesi!
Altro tè, poi si riparte per Merzouga. Del telegrafo ancora nessuna traccia. In compenso ci sono decine di piste!
Arrivati a Merzouga facciamo l’ennesima sosta in un caffè di amici della nostra guida. Ennesimo tè. Stanotte la passerò a fissare il soffitto!
Da Merzouga parte una nuovissima strada asfaltata che porta fino a Rissani. Mentre torniamo ammiro un tramonto da Mille e una notte. Il cielo sfuma in tutte le tonalità del rosso, dell’arancio e del blu. All’orizzonte le nere sagome delle palme si stagliano contro il cielo rosato.
Traffico infernale di Rissani, poi Erfoud, sempre al seguito della nostra guida. Arrivati a Erfoud la guida ci fa fermare in un negozio di souvenir di suoi amici. Altro tè alla menta. Lunga e dettagliata esposizione di tappeti in mio onore. Alcuni sono davvero molto belli. Uno mi piace in particolare: 320 euro. Rido, faccio per uscire. Il ragazzo mi trattiene. Gli spiego che sono in moto, non ho spazio nè soldi. Sembra convinto, ma mi chiede quanto posso spendere al massimo.
“100 euro!”
Dopo un lungo tira e molla cede.
“Va bene 100 euro, poi dall’Italia mi manderai gli altri 200 euro, Insciallah!”
“100 euro andrebbero anche bene, se solo li avessi...”
“Va bene, prossima volta, Insciallah!” e con questo chiudiamo la trattativa.
Fuori c’è un ragazzo che sale sulla moto, vuole fare un giro. Non se ne parla nemmeno. Glielo dico a brutto muso e diventa a sua volta aggressivo. Saluto Jean Pierre e mi levo dai piedi in fretta. Il ragazzo mi urla dietro che ha conosciuto molti italiani, che sono aperti mentre io sono chiuso come un siciliano!
Arrivo all’albergo. Doccia per togliermi la sabbia che è entrata ovunque. Cena con un ottimo kilia. Parcheggio la moto nel bar dell’albergo. Anche per oggi è finita, Insciallah!
Sono indeciso se andare a Ouarzazate oppure nelle gole del Dades o in quelle del Draa. Studio la cartina e la guida, poi scelgo l’ultima ipotesi. Domani andrò a Zagora, poi deciderò in seguito come proseguire il viaggio.

 
 

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