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Giornate: 28/08/2008 - “Incommensurabile Delfi”
In realtà ieri sera ci eravamo addormentati con l’idea che, se il mare fosse stato ancora mosso, saremmo andati a Delfi. Vedremo. Leggo un po’, poi riprovo a dormire. Ci svegliamo verso le 9:30. Decidiamo di lasciare il mare, finiamo i bagagli.
Volos è brutta, ma ci sfama con dei rustici rimediati in una panetteria. Compriamo qualche pensiero per gli amici e poi di corsa verso Delfi. Per accelerare i tempi mi butto in autostrada, soporifera come poche cose al mondo, tanto più che attraversiamo un paesaggio piatto e brullo. Finalmente usciamo e la strada decolla, sembra di stare in aereo! Dallo svincolo inizia una salita piuttosto ripida che dura ininterrota per molti km, emozionante! Il paesaggio si fa grandioso, circondato da montagne imponenti ma a notevole distanza tra loro, di grande respiro, esaltante.
Lo passiamo e ci fermiamo alle rovine. É pomeriggio inoltrato, manca poco all’orario di chiusura. Come tempo non resta molto, ma è il momento che preferisco, essendosi dileguati i pullman carichi di gente. Siamo in pochi e lo spirito del luogo si sprigiona ancora dalle rovine e dalle rocce circostanti. Il paesaggio sulla vallata sottostante e le montagne intorno è incredibile, grandioso. É impossibile restare sani di mente in un luogo del genere, le suggestioni rapiscono il cervello, comanda solo il cuore che vola nel passato, tra delegazioni cariche di offerte e doni preziosi che vengono ad interrogare l’Oracolo più famoso del regno. Giorni di marcia in mezzo ai monti, nulla davanti e nulla dietro, se non fatica e pericoli. E poi il colpo di scena impressionante, che annichilisce nella sua elegante grandezza. Se si ignora la strada asfaltata che corre più in basso, il resto è immutato da millenni, a parte le rughe del tempo sui templi, in parte crollati, ma quanto fascino emanano ancora! É il crepuscolo, la luce calda sulle pietre e le rocce mi toglie il fiato mentre ammiro i raggi del sole che dipingono di scarlatto le montagne. Il museo è altrettanto emozionante pieno com’è di opere d’arte: sculture, bassorilievi, lavorazioni sapienti e preziose, statue e statuine per ringraziare e ingraziarsi gli Dei. Usciamo scossi per tanta bellezza e ci avviamo verso Arachova. Per riprenderci respiriamo l’aria fresca della prima sera, senza casco. Cerchiamo in un paio di alberghi, alla fine ne troviamo uno un po’ vecchio, con tanti particolari in legno ed una bella vista sulla città vecchia. Passeggiamo sulla strada centrale, piena di negozi prevalentemente di abbigliamento sciistico. In uno di questi trovo una felpa Dainese identica a quella che possiedo da anni, ormai usurata. La ricompro a prezzo stracciato, visto che è fuori catalogo da anni, a 40 €. Ci arrampichiamo sulla lunghissima scalinata (200 gradini!) che si chiude in faccia alla cattedrale, per chiedere subito la grazia dopo tanta fatica. Durante l’arrampicata sprechiamo ulteriore fiato nell’ennesima discussione su di noi, la stessa da ... anni. Ceniamo lì vicino ed il proprietario, non so se per consolarci o per consuetudine, ci regala vino e gelato. Ci corichiamo alla mezza, senza una parola. 29/08/2008 - “Lefkada perduta”
Subito fuori del monastero c’è un’ampia terrazza con vista sulla vallata, fino all’orizzonte. Sotto uno dei monumentali alberi, un monaco chiacchiera pacificamente con un uomo. Queste scene di tranquillità immerse nella natura mi rilassano e suscitano in me una leggera invidia o quanto meno un desiderio analogo di pace e serenità, di cui non vedo concrete possibilità di realizzazione. Dal momento in cui siamo scesi dalla moto ho perso di vista Caterina. Mi chiedo se abbiamo fatto bene a partire insieme. Forse una breve separazione ci avrebbe aiutato a capire meglio i nostri sentimenti. Così invece ci stiamo logorando e basta. Una potente colica mi costringe nei bagni per lunghissimi minuti. Forse è la Punizione del Lukum rubato a San Luca poco fa. Uscito dai bagni torno alla moto, Caterina arriva quasi subito. Parlando con lei mi accorgo di aver saltato un’ampia parte del monastero. Torno indietro e imbocco la porta sulla destra nel primo cortile interno. Mi godo il supplemento di visita, poi ripartiamo.
Non so come mai inizio a pensare ad una frase della cerimonia del matrimonio: “L’uomo non osi dividere ciò che Dio ha unito!”, ma penso sia vero anche il contrario! Finalmente raggiungiamo l’altra strada secondaria che avevo puntato sulla cartina. Caterina prosegue il silenzio stampa. Viaggiamo di nuovo a picco sul mare, su una strada ancora più panoramica che dopo parecchi km scende a livello del mare. La costa si apre su piccole cale e spiaggette idialliache dove qualcuno si ferma a fare il bagno e prendere il sole. In lontananza le isole. Viaggiamo immersi nella profumatissima macchia mediterranea. Arriviamo al bivio per Lefkada. Attraversiamo il ponte di barche che unisce l’ormai ex isola alla terraferma. Iniziamo a girarla a caccia di un posto che ci piaccia. Spiagge bianche invase da batterie di ombrelloni. Non vediamo nulla che ci colpisce. Decidiamo di andare a Itaca, ma per il traghetto se ne parla domani. Per il momento l’unica cosa da fare è avvicinarci il più possibile quindi andiamo a Nidra, da dove partono i traghetti per Itaca. La strada è tortuosa e piuttosto trafficata, piena di villeggianti che portano barche, canotti, ombrelloni, persone, animali. La vacanza, nel senso più letterale del termine. Arrivati, passiamo subito al porto per chiedere gli orari. Domattina alle 9:30 ci sembra un orario praticabile, così come il prezzo: 5 € la persona, 8 la moto. Penso subito all’Italia, dove per una distanza simile verso l’Elba si paga 7 volte tanto. Risolto il viaggio di domani, passiamo alla notte: ci serve una stanza dove dormire. La chiediamo ad una signora raffinatissima che sbocconcella il mais da una pannocchia con la stessa eleganza di una vecchia gallina, cui somiglia. Si consulta con un’amica, ci indica un platano alla fine del porto dove dobbiamo andare e attendere una sua sodale. Andiamo. Altra signora, stessa simpatia. Ci chiede 40 euro per una stanza orrenda in uno stabile simile ad un riformatorio. “30 vanno bene?” le chiede Caterina col tono che non lascia spazio ad ulteriori trattative. “Ok”, risponde dopo un attimo di esitazione. Deve aver pensato alle altre stanze vuote, a parte due ragazze che escono di corsa urlando felici e ubriache ancora prima dell’inizio della serata. Torniamo al porto dove avevamo lasciato la moto. Troviamo un ragazzo con cui poco fa avevamo scambiato qualche parola. Parla italiano, è albanese, di Saranda! Accompagna i turisti nei giri in barca, 30 € per due persone, tutta la giornata. Ci mostra il giro, con enfasi e impeto da venditore. Scopriamo dove si trova Porto Katsiki, che avevamo cercato, senza successo, quando siamo arrivati, su indicazione di amici di Caterina. Ormai abbiamo deciso per Itaca, speriamo non ci deluda! Mi riavvicino parzialmente con Caterina, la serata scorre lenta anche se Nidra è terribile, devastata completamente dallo sviluppo turistico. Guardo con orrore quello che mi circonda, una sequenza ininterrotta di locali e ristoranti con insegne sgargianti, musica ad alto volume, neon lampeggianti, arredamenti pacchiani e lo confronto con le immagini serene, forti, essenziali, orgogliose che emergono vividamente dalle immagini in bianco e nero raccolte in un libro in vendita nell’ennesimo mini - market. Sono foto che risalgono agli anni ’60 e ’70, quindi nemmeno a dire secoli fa: solo 30 anni fa. Mentre scorro lentamente le foto, mi passa davanti, con passo malfermo, un’anziana signora chiusa nel tradizionale vestito nero che la copre interamente. Chiude, sulla testa, un velo nero. Ha sicuramente assistito ai cambiamenti, da un anno all’altro e mi chiedo cosa ne pensa, come li ha vissuti. Se si sente in qualche modo derubata del suo ambiente, delle tradizioni, della natura, della serenità, in una parola, della spiritualità oppure se ha vissuto lo sviluppo come una benedizione, un’opportunità di sviluppo che ha dato lavoro a figli e nipoti. Di fatto, però, il posto è orribile, non c’è un minimo di “anima”, di carattere, tutto è anonimo e uniformato, dai ristoranti che offrono gli stessi piatti ai negozi che vendono gli stessi souvenir. Arriviamo alla fine della lunga passeggiata di fronte al porto, quasi una Via Crucis catartica, a espiare non sappiamo quale male assistendo a tutto quello scempio. Veniamo però premiati da una trattoria, l’ultima della lunghissima sequenza, che sembra popolare, cosiddetta “autentica”, anche se gli esperti di marketing turistico hanno ormai derubato, sfruttato e svuotato di ogni significato anche questo termine. Di sicuro è “vecchio stile”, ma non nel senso opportunista del termine, ma proprio perchè è evidente che non rinnovano l’arredamento da decenni e anche l’atmosfera è quella di trattoria di paese. Mangiamo abbastanza bene, poi è il turno dei souvenir. Vengo smentito di nuovo e cercando attentamente riusciamo a trovare qualche (pochi) negozi che si discostano dagli oggetti comuni e offrono qualcosa di artistico e unico. Caterina sceglie degli orecchini splendidi, creati a partire da due foglie dalla forma simile al ventaglio e ricoperte d’argento, io compro alcuni souvenir in ceramica per la casa e gli amici. Ci fermiamo a parlare con il tipo dei souvenir: “Bè, ormai il grosso dei turisti è ripartito ...”, ci racconta. “Come ripartito??”, chiediamo increduli, guardando il fiume umano che scorre e in parte si infrange sulle vetrine del negozio. “Sì, ormai il grosso è andato, ora è tranquillo!”, ribadisce. Mah, sarà ... Per noi già così, è troppo! Figuriamoci nei giorni di pienone! É l’1 e mezzo di notte, quando torniamo nel riformatorio arriva nitida una Macarena da qualche locale nei dintorni e la musica ad alto volume dalla radio delle ragazze che dormono poche camere più in là. Esco, busso, si spaventano, spengono la radio. Quando torno a dormire, le sento uscire. Mi metto i tappi, buonanotte! 30/08/2008 - “Itaca, arriviamo!”
Siamo eccitati, il solo nome di Itaca (che si pronuncia col “th”, all’inglese) ci suggestiona. Ci allontaniamo dal porto e vediamo chiaramente come alle spalle di Nidri stiano continuando a costruire senza pietà. Zigzaghiamo tra gli isolotti, non riusciamo a capire quale sia Skorpios, l’isola di Onassis originario di queste parti. C’è un suo busto sulla passeggiata del porto e nelle librerie spopola. Belle baie e calette, incrociamo tante barche e canotti. Mi accorgo di un altro motociclista, solitario. “Perchè non vai a conoscerlo, magari sa darci qualche dritta sull’isola!”, mi invita Caterina a ripetizione. Andiamo a conoscerlo ... Mi avvicino e mi presento. Conosco così Michael, tedesco ex figlio dei fiori. Negli anni ’70 vennero in Grecia, all’epoca incredibilmente economica, per comprare una terreno dove stabilirsi. Si definisce “event manager”, è venuto a Roma recentemente, nei giorni della visita di Bush. Anni fa ha vissuto a Itaca e la conosce piuttosto bene. “All’epoca era tutto sterrato, ora no, è quasi tutto asfaltato”, mi dice col comprensibile senso di nostalgia provocato da questi cambiamenti. Ha degli amici che vivono là, lo stanno aspettando. “Se volete vi aiuto per trovare un posto dove dormire, non preoccupatevi! Andiamo a Vathi, i miei amici stanno là!” Restiamo in silenzio a guardare il mare davanti a noi, avvolti dal vento e dal sole. Viaggia con una vecchissima Yamaha che gli ha prestato un amico. Ha dovuto rimetterla in sesto, ma “Ora è ok!”, esclama allargandosi in un sorriso. Torno da Caterina, poi si unisce anche lui. Scopro così che si chiama Thomas, non Michael come diosolosa avevo capito. Ma ancora più strano è che mi viene istintivo chiamarlo Viktor! Se non mi concentro lo chiamerei così.
Le strade sono molto strette. In realtà tutto è stretto, incastrato tra case, piante, rocce. Finalmente la strada si divincola e corre sul fianco della montagna, a strapiombo sul mare. In basso piccole baie e spiagge paradisiache. Arriviamo velocemente a Vathi, la capitale dell’isola. Ritroviamo Thomas che, non fermandosi a fare foto, ci aveva preceduto. Ci accordiamo per incontrarci più tardi. Prendiamo dei rustici in un forno e ci avventuriamo a caccia di una spiaggia. Finiamo a Sarakiniko, spettacolare! Poca gente e acqua incredibile. Non faccio in tempo a svestirmi che telefona Thomas. Tra un’ora in paese, sperando di trovare una camera per i prossimi giorni. Ci buttiamo in acqua di corsa, felici. Lungo la strada di ritorno mi fermo a chiedere informazioni a una signora. “50 euro a notte, ma è libera da domani!”, mi dice al volo dal balcone. Nell’ipotesi che non riusciamo a risolvere, almeno sappiamo dove andare e comunque abbiamo un parametro iniziale per i prezzi. Incontriamo Thomas. Percorriamo la strada che costeggia la baia di Vathi, un porto naturale eccezionale. Ci presenta a Andreas, che sembra un po’ sorpreso nel vederci, come se non se lo aspettasse. É sposato con una tedesca di Berlino. Ci mostra la casetta da affittare. É semplicemente stupenda, vuole 40 euro. Non ce lo facciamo ripetere due volte e ci piazziamo. Posiamo tutto al volo e scappiamo di nuovo a Sarakiniko! L’acqua è cristallina, i pesci mi nuotano intorno. Arriva anche Thomas, sta andando a trovare dei suoi amici che stanno in barca, attraccati su un lato della baia. Noi ci rilassiamo sulla spiaggia, dove dopo un po’ ci raggiunge. Parliamo del mondo, la politica, la droga, la vita, i viaggi, la moto. Alle 20 ci muoviamo, fissiamo un mezzo appuntamento per la sera e domani, quando vorremmo fare un giro in moto. Lui per vedere come è cambiata l’isola in questi anni, noi per scoprire questo gioiello. Lungo la strada del ritorno ci fermiamo a fare la spesa. Forse improvvisiamo una pasta al tonno. Nell’appartamento c’è la cucina e vorremmo risparmiare sulla cena. Quando arriviamo a casa, il cielo ci stupisce con un tramonto di mille colori che si riflette sulla baia, proprio davanti alla nostra finestra! Salutiamo Andreas che vive nel suo appartamento, poco più in basso. Gli dico del nostro progetto di pasta al tonno. “Un attimo, uno di voi venga con me!”, esclama rientrando di corsa.
Doccia, relax in questo piccolo spaccato di Ikea germanico sulla terra di Ulisse. Itaca è meravigliosa e ringrazio le guide che ho letto, che la descrivono piuttosto male e in modo scialbo. Passeggiata serale, incrociamo altri italiani, ci fermiamo alle vetrine dei negozi di artigianato, che offrono in molti casi begli oggetti. Andiamo a dormire a mezzanotte. 31/08/2008 - “Alla scoperta dell’isola”
Le nuvole di ieri sera sembrano scomparse, per fortuna. Colazione 100% cioccolato, tra biscotti comprati ieri e altro ad alto tasso di cacao trovato in casa. Arriva un messaggio di Thomas, andiamo ad incontrarlo sulla stessa spiaggia di ieri. Il cielo sopra la baia è velato e sulla spiaggia non c’è nessuno, a parte un uomo nudo. Arriva Thomas disteso su una tavola da surf, nuotando con le mani. Anche lui è nudo. Lo seguiamo a nuoto per salire sulla barca dei suoi amici. Conosciamo Harold, avvocato e la moglie, psicologa, infine Bettina, un’artista che vive a Itaca, con il suo vecchio catamarano attraccato a pochi metri, su cui saltella un cane. Ci offrono un ouzo. Erano tantissimi anni che non lo bevevo, mi torna in mente l’estate dell’Inter Rail quando venni in Grecia con altri amici e l’ouzo era, assieme alla birra, quasi l’unica cosa che bevevamo. Chiacchieriamo con i nostri nuovi amici che ci mostrano gli ambienti sottocoperta. Cucinotto, bagno con tazza sopraelevata, cuccette. É bellissima, ha molti dettagli e strutture in legno ed è arredata con un gusto “familiare”, mi sento a mio agio anche per quanto è piena di libri e cartine. Torniamo a riva e riprendiamo le moto. Iniziamo ad aggirarci sulla collina alle spalle della baia a caccia di altri amici di Thomas. Scopriamo così l’esistenza di una folta comunità tedesca che ha colonizzato l’isola fin dagli anni ’70, costruendo case che spaziano dalla semi baracca alla villa con giardino. Dopo essere entrati in un paio di posti, salutato e conosciuto persone, bevuto quanto ci veniva offerto, decidiamo di proseguire il giro dell’isola. Riprendiamo la costiera fatta ieri per arrivare a Vathi. Lungo la strada puntiamo a una spiaggia decine di metri più in basso. Le curve per scendere sono strettissime e la strada è molto ripida. Bagno rapido nell’acqua cristallina e poi via, si prosegue!
Ci arrampichiamo verso il piccolo borgo di Exogi. Salendo il panorama si allarga sulle baie e le insenature di Itaca, fino alle isole vicine. Ci fermiamo a fianco di una chiesa con cimitero annesso. Il cancello è aperto e mi aggiro tra le tombe, alcune delle quali risalenti all’800. Continuiamo la salita, la strada diventa (o dovrei dire torna?) sterrata fino ad un grande cancello che chiude il perimetro di una chiesa. Entriamo in quella che è una terrazza che offre un panorama spettacolare a 360° sull’isola e l’arcipelago circostante. La chiesa è alta, giochiamo a fotografarci attorno e in cima al campanile. Arriva il tramonto, la giornata è volata e alla fine non siamo più andati al mare. L’aria rinfresca, ci avviamo verso Vathi. Mentre rientriamo ci fotografiamo e filmiamo in movimento, riprendendoci a vicenda tra Thomas e noi. Caterina perde la custodia della nuova macchina fotografica. A Vathi andiamo tutti insieme a trovare Bettina. Ha una casa meravigliosa in legno e pietra, decorata con maioliche colorate a mo’ di mosaico. É tutto disegnato, ideato e creato da lei. Lampade ricavate dai tronchi, paralumi in vetro colorato, terrazza di legno con vista su Vathi. Beviamo una birra, poi ci diamo appuntamento per domani mattina. Prima di lasciarci, però, Thomas ci mostra la strada verso Perahori. Doccia, vestiti più pesanti e di nuovo in moto verso Perahori, dove degli amici ci hanno consigliato sia la vista su Vathi e la sua baia, sia l’ottima cucina. La vista è splendida, ma non riusciamo a trovare il ristorante che ci avevano indicato alla base del paese, ma soltanto quello in alto, meno consigliato e soprattutto specializzato solo in brace. Lo troviamo infatti seguendo l’immensa nube di fumo denso che si alza da un locale pochi tornanti sopra le nostre teste. La cena è pessima: “melantsana” salatissima, fredda e acetosa, involtini di vite, freddi di frigorifero e pieni d’aceto anch’essi, spiedino di pollo marinato in milioni di spezie. Solo il vino è decente, forse per nascondere il resto. Il fumo del grill ci soffoca. 23 euro buttati. Torniamo delusi a Vathi. Caterina spera di recuperare assaggiando un dolce locale di riso e miele. Il tipo del bar lo estrae dalla vetrinetta poggiandoci un dito sopra, a far leva. Pessimo anche questo. Me lo fa assaggiare, sembra un risotto col miele, invece del solito riso dal sapore neutro e la consistenza dura. Mi lascio andare alla nostalgia italiana e senza sperimentare altre specialità locali, mi butto su un gelato senza infamia e senza lode. Anzi, visti i precedenti della sera, direi decisamente buono. Lo mangiamo seduti su una panchina vista baia. Dopo qualche minuto di contemplazione ci accorgiamo che la panchina è anche di fronte ad una barca a vela attraccata piena di italiani. Anche stanotte andiamo dritti di filato a dormire a mezzanotte. 01/09/2008 - “Nel paradiso di Gidaki”
Usiamo la solita tavola da surf abbandonata con cui portiamo borse e ... noi stessi! Saliamo a bordo e Bettina in un attimo, in totale autonomia, molla gli ormeggi e mette in moto un vecchio motore fuoribordo Mercury da 4 CV. Mare aperto, superiamo numerose calette battute dalle onde. Vediamo la casa di Jacob sulla collina. Aguzziamo la vista e nella bassa macchia mediterranea intravediamo altre abitazioni. Alcune hanno forme strane e Thomas ci spiega che cercano di somigliare a delle tende (consentite) piuttosto che a case “normali” (vietate). Arriviamo alla spiaggia. Si chiama Gidaki ed è un paradiso di sabbia bianca e acqua turchese, cristallina. Ci facciamo subito un bagno, Thomas ed io da “naturisti”, via i costumi! Arriva un grande yacht più simile ad un traghetto. La pace comunque resta, ci sono poche persone. Andiamo al bar, l’unico, quello dove lavora il figlio di Bettina. Dopo un po’ arrivano anche Harold con la moglie e le due figlie. Ci sediamo ai tavolini, sotto un tetto di foglie di palma che rendono il tutto ancora più tropicale. Giochiamo a backgammon, un gioco che ritrovo nelle parti più disparate del mondo. Purtroppo non c’è nulla da mangiare perchè il figlio di Bettina ha litigato con la fidanzata, che non ha fatto la spesa. É un paradiso, peccato per la musica commerciale ed il rumore del generatore, per fortuna abbastanza lontano. Alla fine spuntano da non si sa dove due tzatziki, due insalate greche, due calamari fritti, un’insalata di polpo, due ouzo. Offre Bettina, nonostante le nostre proteste e, visto che suo figlio lavora lì, le fanno pagare solo gli ingredienti. Ci divertiamo, il tempo vola ridendo e scherando tutti insieme. All’improvviso si materializza la Guardia Costiera. Controllano i documenti ad una barca. Bettina è spaventata perchè non ha i documenti con sè e la multa è molto pesante. Fino ad oggi non l’hanno mai controllata, ma adesso ... puntano alla sua barca! Sparisce. La polizia aspetta. Hanno agganciato il catamarano e guardano verso il bar. Conoscono Bettina, suo figlio e gli amici, ma senza Bettina non possono far nulla. Aspettano 5, 10 ... 15 minuti. Alla fine ripartono. Dopo poco torna anche Bettina, ha preso un bello spavento! Un suo amico con la faccia da indiano pellerossa, le dice però che le hanno lasciato un numero di telefono, che deve chiamare entro stasera per pagare la multa. Si guarda intorno impaurita, non sa se crederci o no. Le dicono che sono 600 € di multa! Scoppiamo tutti a ridere e la tensione si scioglie! Torniamo a Sarakiniko verso le 17:30, lungo il tragitto di ritorno un piccolo calamaro chissà come salta a bordo. Faccio l’ultimo bagno nella “nostra” baia, mentre Caterina e Thomas giocano a racchettoni. Domani dovremmo partire, ma non solo non abbiamo i biglietti, ma non sappiamo nemmeno cosa parte da Itaca nè le destinazioni precise tra qui, Cefalonia e l’Italia! Questo viaggio è così, niente di pianificato e tutto vissuto giorno per giorno. Non riesco nemmeno a pensare che in pochissimo tempo sarò di nuovo in Italia e addirittura in ufficio! Torniamo a Vathi verso le 19. Andiamo in un’agenzia di viaggio, ma riusciamo a prendere solo i biglietti per Cefalonia. Quelli da lì all’Italia dovremo farli domani sul posto. Bene, è già qualcosa. Domani partiremo per Sami, ho pagato 12,6 € in tutto: persone e moto.
Facciamo il pieno di benzina, poi andiamo da Andreas a pagare la casa. Chiacchiero con lui del mondo, della politica ... Anarchia, unica via! Iniziamo a chiudere i conti, in tutti i sensi, con Itaca. Isola che ci è entrata nel cuore, se penso che non eravamo nemmeno sicuri di venire! Andiamo nel nostro mini appartamento. Mi faccio la doccia e ... vengo assalito improvvisamente dalla tristezza.
Torniamo verso casa e nel bar sotto incontriamo Jacob, l’indiano (Nicholas), Marios e Nik the Greek. Salgo da Andres e trovo Thomas e Bettina, la quale mi dice che dal primo settembre, cioè oggi, da Sami non partono più le navi verso Brindisi, ma solo per Bari, tre volte alla settimana e non sa se domani è uno dei giorni con la nave oppure no! Nemmeno io lo so, Bettina! Pensavo che ci fossero partenze giornaliere. In ogni caso domani lo scopriremo. Torno al bar, i 4 sono ancora attorno a Caterina, tutti ubriachi a fare i cascamorti, una bella scenetta! L’indiano mi sfida a picchiarci all’ultimo sangue per la conquista di Caterina: “Lassù in montagna!” urla con la voce sfatta, indicando un punto imprecisato nell’oscurità. É ubriaco marcio. Bettina nel frattempo è scesa e si è unita al gruppetto. “É un artista!” mi dice, accennando all’indiano, “molto creativo e bravissimo a intagliare il legno. Dipinge anche, ma spreca la sua vita al bar e ad ubriacarsi con questi amici senza talento. L’hanno rovinato.” Se ne vanno, l’indiano ed i suoi amici, dopo un tempo infinito passato ad augurarci la buona notte. Prima di sgommare a razzo, l’indiano mi prende da parte e mi rassicura che stava scherzando e mi dice che Caterina è bellissima, di tenermela cara. Thomas accompagna a casa Bettina in moto, poi torna e restiamo a chiacchierare fino alle 2 di notte. Non ho sonno, forse la tazza di caffè bevuta a inizio serata da Andreas. Ci salutiamo alle 2:30, facciamo i bagagli fino alle 3, poi scrivo e leggo. Alla fine, finalmente, mi addormento. 02/09/2008 - “Arrivederci Itaca”
Il traghetto salpa alle 15:20 dall’altro lato dell’isola. Sono le 14:45 e siamo ancora in spiaggia! Corriamo verso Vathi, montiamo i bagagli, l’ombrellone e qualche pezzo fuori dai bauli, salutiamo Andreas, corriamo verso il paesino di Pirso Aetos, da dove parte il traghetto. Arriviamo pochi minuti dopo le 15. Perfetto! Tanto più che la nave ancora non si vede all’orizzonte.
Arrivamo a Cefalonia senza rendercene troppo conto. Abbiamo alcune ore prima della partenza di stasera. Andiamo a caso con l’idea che ci sarà pure una spiaggia qui vicino! Difatti arriviamo ad una lunga distesa di sabbia in pochi minuti. Bella, ma affollata e minimamente senza l’atmosfera di Itaca. Facciamo l’ultimo bagno bello per ... quanti mesi? Le ore corrono e verso le 18:30 torniamo a Sami. Cerchiamo qualcos’altro da comprare e organizzare la cena. Nel forno dove entriamo per comprare i rustici lavora una ragazza. É albanese, di Berat. Nella mia mente è già lontana nello spazio - tempo, ma parlando con lei mi ritrovo in un attimo sulle sponde del fiume, sotto le file di case scintillanti di finestre. Lei però diprezza l’Albania, ma anche qui non sta bene: “A scuola mi isolano perchè sono albanese”, ci racconta sconsolata. Il razzismo è ovunque, anche se penso spesso sia più una difesa dello “status quo” che non una questione razziale. Compro dei sandali in pelle che ricordano i calzari degli antichi romani. Ci muoviamo alle 20:15, con la nave che parte alle 20:30, ma confidiamo nel solito ritardo. Corriamo comunque verso il porto. Non capisco dove si entra nella zona delle banchine. Trovo sbarrati tutti i vicoli che portano verso il mare, hanno organizzato una sorta di isola pedonale senza segnalarla minimamente. Mi innervosisco, i minuti passano mentre tento viuzza per viuzza. Alla fine trovo la via giusta nel labirinto, ma ci tranquillizziamo subito. La nave non è ancora arrivata! Facciamo il check in, pagando 30 € di tasse. Nave, imbarco. Entro nella pancia della nave. Arriva un tipo dell’equipaggio bianco vestito dalla testa ai piedi, che mi apostrofa: “E questa moto? Chi la lega? Io forse?” e si guarda intorno con aria stupefatta, ridendo alla sua battuta, “l’equipaggio? No!” Non capisco la scenetta, in ogni caso gli dico di fare come gli pare, tolgo le cose che mi servono dalla moto, lego i caschi alla sella e me ne vado. Ci fermiamo in un salottino, ma appena proviamo a mangiare ci invitano a spostarci. “No pic-nic!” esclama in continuazione il tipo, mentre ci spinge fuori. Saliamo di un piano e troviamo altri tavolini. Cena con tonno, salat e souvlaki. Chiudiamo le tende del salottino in previsione della luce di domani. Uno dell’equipaggio passa e le riapre. Nelle ore che passano, prima di abbandonarci all’oblio chiedo ad una signora a che ora arriveremo a Bari. Scopro così che arriveremo domattina alle 10. Pensavo prima, tipo alle 8. Peccato. Continuando a parlare scopro che in realtà il tragitto che fa la nave non è diretto, bensì Sami - Igoumenitsa - Bari. Mi accorgo che, nella tensione di quella stupida discussione col cretino dell’equipaggio, non ho preso nè una felpa nè il lenzuolo. Avrò freddo stanotte, con quest’aria condizionata sparata a manetta! Non trovo le chiavi, spero di averle lasciate attaccate alla moto! Ovviamente non mi fanno scendere nei garage.
“E quando arriveremo?” “A mezzanotte e mezzo.” Sono le 22:30 e già cado dal sonno. Leggo e scrivo sul materassino, almeno questo l’ho preso! Che tristezza tornare in Italia! Era tanto che non provavo un’amarezza simile, forse perchè abbiamo fatto solo poco più di due settimane di ferie. Mi addormento alle 23:15, ora greca. Ho freddo. 03/09/2008 - “Purtroppo a casa”
Scendiamo, ci divincoliamo dal traffico in uscita dal porto. Colazione in un bar con fichi d’India e focaccia pugliese presa in un forno vicino. Strada noiosa fino a Benevento. Incrociamo tanti camion carichi di pomodori. Pranziamo come dei re dai genitori di Caterina: pasta coi funghi, fiori di zucca, frittura di calamari, dolci siciliani e molto altro. Ripartiamo alle 15:30, noia mortale fino a Roma. Andiamo prima a casa nostra per scaricare i bagagli, poi dai miei di corsa per vedere in un negozio un divano per la casa nuova. La città è piena, stress, ho già il lavoro in testa. Sembra ieri che siamo sbarcati a Dürres, l’emozione di un paese nuovo. Itaca è davvero a poche ore da noi, ma così lontana ... si ricomincia! |
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