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Diario di viaggioIn questa pagina parlo delle mie “avventure” e delle sensazioni provate durante il viaggio; inoltre, fornisco un po’ di consigli e di informazioni relative ai posti in cui ho dormito. Buona lettura! Prima di tutto riporto il chilometraggio di Nelìk!
La vera storia . . . (cronaca del viaggio)N.B. Cliccando sulle immagini inserite nel testo si aprono le foto più grandi. Tutti i prezzi riportati si riferiscono al 2002. Manu stavolta mi raggiunge a Roma e partiamo prestissimo, come sempre: verso le 16 usciamo dal parcheggio di casa e ci avviamo tranquillamente verso la A1. Il viaggio è noioso ma ci teniamo svegli chiacchierando grazie all’interfono che finalmente ho ricomprato, dopo un anno di astinenza (era stato distrutto da ragazzini assai vivaci di Samarcanda durante il viaggio del 2001). All’altezza di Orte usciamo verso Perugia, poi imbocchiamo la E45 per risparmiare un po’ di soldi. Una deviazione per lavori in corso ci fa uscire dalla E45 poco prima di Sarsina. Ormai è notte, ma la penombra ci fa apprezzare un bel paesaggio fatto di colline che si infilano l’una dietro l’altra a perdita d’occhio. Ho fatto questa strada molte volte, ma non ci avevo mai fatto caso! Arriviamo a Cesena che ormai è notte, decidiamo di fermarci appena possibile. Proseguendo però ragioniamo che ora è notte e il traffico è praticamente nulla, mentre domani troveremmo tutte le auto di chi va al mare o va in giro per riposarsi in auto, nelle code. Superiamo quindi Ravenna e ci immettiamo nella 16, verso Ferrara. La stanchezza è molta e decidiamo di fermarci nella prima locanda che incontriamo. Sarà ad Argenta in un motel non troppo grazioso, ma abbastanza economico (40 € in due: notte e colazione) verso le 2 di notte. Ripartiamo abbastanza presto, verso le 11: la giornata è fantastica, completamente serena e ancora fresca. Da Argenta è facile raggiungere Ferrara, anzi, DOVREBBE essere facile! Riesco a perdermi in stradine microscopiche che si destreggiano tra gli appezzamenti di terreno, poi riusciamo finalmente a ricongiungerci alla 16 e poi all’autostrada. Noia mortale e caldo intenso fino a Trieste quando usciamo dalla pallostrada per entrare nelle strade più umane e godibili della Slovenia. Passiamo da Koper e andiamo verso Portorose (Portoro) mentre mi abbandono ai ricordi di quando, bambino, venni da queste parti per molti anni di seguito insieme ai miei genitori. Non è un viaggio della memoria, perchè ero troppo piccolo per avere oggi dei ricordi precisi, ma i nomi sono scolpiti nel cuore: Rovigno soprattutto, poi l’Isola Rossa, Capodistria, le isole Brioni, le gite in gommone, i pomeriggi infiniti passati tra la pineta e gli scogli. Quanti anni... Vorrei deviare verso Portosose, ma sbglio strada e rimango sulla 11, ancora troppo veloce per i miei gusti. Finalmente trovo un’altra deviazione verso Portorose e mi ci infilo. Arriviamo in questa cittadina molto elegante e ben tenuta, non mi entusiasma particolarmente. Il mare sembra bello, ma non vogliamo fermarci, altrimenti non arriveremmo più a Pola, meta finale della tappa. Mangiamo un boccone in una pizzeria, unico posto in cui poter mangiare in mezzo a decine di gelaterie, negozi di souvenir e gioiellerie. Torniamo sulla 11, passiamo il confine con la Croazia molto rapidamente e usciamo subito dalla 21 per andare verso Umag. Qui il mare è bello e i posti molto curati, si vede che ormai sono aperti al turismo internazionale, soprattutto quello esigente tedesco ed europeo in generale. In ogni caso sto vivendo la strana delusione dei ricordi mitici dell’infanzia, di un mare e una costa stupendi, infranti davanti a coste belle, ma per nulla eccezionali. Finora il mare italiano, nelle coste pugliesi, sarde o calabresi (parlo per quello che conosco, sicuramente anche la Sicilia è fantastica in molte zone, per non parlare delle decine e decine di isole che costellano la costa italiana). Proprio mentre mi abbandonavo a queste riflessioni, poco dopo Novigrad passiamo su un lungo ponte sospeso sul mare che offre una vista su una piccola cala davvero bella: allora qualcosa è rimasto, il ricordo prende forma! Continuando a percorrere la costiera, che purtroppo spesso passa all’interno quel tanto che basta per non far più vedere la costa, arrivamo a Poreč. Dai cartelloni pubblicitari e dai siti Internet che avevo visitato durante l’inverno sapevo già che era una specie di Rimini croata, molto vivace e piena di divertimenti. Vedendola dal vivo ricevo conferma della mia sensazione, con la differenza che qui almeno c’è un bel mare, a differenza di Rimini e dintorni (Cesenatico, ecc) che trovo squallide da ogni punto di vista. Ogni volta che ci passo mi chiedo come faccia la gente ad andarci... Continuiamo verso sud e improvvisamente la strada scarta verso l’interno: dalla cartina capisco che siamo arrivati al Limski Kanal, di cui ci aveva parlato benissimo un mio amico a Roma. Purtroppo non abbiamo il tempo di fermarci e assaporare la lenta vita dei pescatori, come aveva fatto lui un paio di anni prima. Risaliamo il canale, nascosto da un fitto bosco finchè non ci ricongiungiamo nuovamente con la 21, che arriva diretta da Koper e che avevamo abbandonato in direzione di Umag per prendere la costiera. Pochi metri dopo l’incrocio, in direzione Pola, si apre un bellissimo scorcio sul canale. C’è una torretta a pagamento che sicuramente offre una vista ancora più ampia, ma scendendo di pochi metri lungo la strada si apre ugualmente un ampio panorama che mi fa capire che risalirlo in barca dev’essere davvero bello! Ci facciamo rapinare per una bottiglietta da mezzo litro di acqua minerale e ripartiamo sulla 21, superando Rovigno, la regina dei miei ricordi d’infanzia, con le sue strette vie lastricate, i gelati artigianali fatti a palline (non con la paletta come da noi), il campanile illuminato. Pochi flash di molte estati, una ventina di anni fa. Voglio fare la costa, quindi usciamo nuovamente. La cartina che ho, abbastanza dettagliata (Freytag & Berndt - Croazia - 1:500mila) mostra una strada che parte Bale, va verso Barbariga e prosegue sulla costa fino a Pola. A Bale quindi abbandoniamo la trafficata 21 e andiamo verso Rovigno. Il paesino, che dalla statale non si nota, è grazioso e raccolto. Salto l’incrocio per Barbariga (è il primo grande incrocio che si incontra dopo la deviazione per Rovigno e si deve girare a sinistra, arrivando dalla 21) in quanto non è segnalato, ma tornando indietro si riconosce visto che è l’unica deviazione verso la costa. Dopo pochi km rimaniamo di sasso. La strada finisce dentro a un campeggio! Per fortuna c’è un custode e chiediamo della deviazione per Barbariga. Sfrutto il mio russo per chiedere informazioni ma temo di non aver capito. Infatti indica una stradina sterrata che si infila nel bosco e dice che di là si arriva a Barbariga. Malfidato come sempre torniamo indietro di un bel po’, quasi fino a Bale, ma senza trovare nessuna deviazione verso il mare. Mi ostino a non prendere la grossa statale e torniamo dall’omino. Stavolta parliamo in italiano: lo capisce piuttosto bene! Avevo capito bene: la strada per arrivare a Barbariga è quella sterrata che passa nel boschetto, dice che sono pochi km e che è bella, si fa pure in motorino, figurarsi in moto! Come un incubo mi tornano alla memoria i momenti di panico passati l’anno scorso in Kazakistan quando ci eravamo persi nella steppa e dei locali ci avevano indicato una strada “sterrata ma molto buona, si fa persino con le macchine!!” per tornare alla strada principale che avevamo perso. L’anno scorso ci eravamo infilati in una distesa di sassi, sabbia, argilla e cenere, vediamo stavolta. Imbocco il sentiero: è sassoso ma tutto sommato non è male. Nelìk, la mia Honda CBR che come una beffa porta scritto sulle fiancate SuperSport, come ogni anno, ringrazia! Passiamo a fianco di abitazioni private, ogni volta temo di entrare in casa di qualcuno però incrociamo qualche auto che mi tranquillizza sull’esattezza della strada. Finalmente, dopo una decina di km di montagne russe, avvistiamo un paesino: Barbariga! In pratica usciamo da quello che sembra un cortile privato e riguadagnamo l’asfalto. Iniziamo a guardarci intorno per cercare un posto dove dormire, ma a furia di dire “qui no, proviamo lì” arriviamo a Pola. Che si fa? Guardo le note che avevo scritto dopo aver letto alcuni articoli turistici sulla Croazia e decidiamo di andare verso Premantura, pare ci siano delle belle spiagge. Percorriamo la tengenziale di Pola, vengo preso dalla nostalgia della Russia visto che la periferia somiglia molto a quelle russe e dell’Est in generale. Per fortuna finiti questi pochissimi giorni in Croazia il programma è di fare da guida per Stella Russa fino a Mosca, attraverso l’Ucraina all’andata e i Paesi Baltici al ritorno. Seguiamo le indicazioni per Premantura e ci inoltriamo su una lunga penisola. La strada termina proprio a Premantura. Ormai è sera, dobbiamo trovare da dormire. Ci fermiamo in un ufficio turistico per chiedere informazioni, ma in realtà più che informazioni lì danno direttamente le camere, dopo aver detto in quanti si è e quanti giorni ci si ferma. La cosa non mi piace e ancora meno piace a Manu che preme per andare via e arrangiarci da soli chiedendo informazioni nelle varie case che affittano le camere. Un certo imbarazzo mi spinge a farla tornare nell’ufficio turistico (dove gli avevo fatto perdere parecchio tempo per cercare la camera) per dire che ci avremmo pensato e che saremmo tornati più tardi. Alleggerito nella coscienza e curioso di vedere il paesino iniziamo a girare alla ricerca della casetta che più ci ispira. Dopo settimane di lontananza questi sono i primi, pochissimi giorni in cui staremo insieme, per cui vogliamo trattarci bene. Adocchiamo una casetta, ci fermiamo e cerchiamo di chiedere informazioni, ma non c’è nessuno. In compenso dalla casa a fianco sbuca una sognora che capisce immediatamente cosa cerchiamo e ci offre una stanza. La figlia ci guida al primo piano e ci mostra una stanza abbastanza squallida, senza bagno, per 80 € a notte. È la prima casa in cui ci fermiamo, dobbiamo prima chiarirci le idee! Ringraziamo e ci rimettiamo in moto. Vediamo altre case, ci inoltriamo nei vicoli, finiamo nelle strade sterrate alle sue spalle. Ok, ora sappiamo com’è fatto, ricominciamo! Chiediamo in diverse case ma è tutto esaurito, come nel bellissimo albergo con una vista (immagino) bellissima sul mare oppure è brutto. Purtroppo l’iniziale stanza squallida si ripresenta alla mente come l’unica soluzione, ma non molliamo. Decidiamo di esplorare la parte a valle del paese. Qui è più residenziale, di gente del posto che ci abita ma non affitta. Vediamo l’ennesimo cartello Zimmer e ci fermiamo. La casa sembra deserta e ne approfittiamo per osservarla bene. Sembra carina. Dal nulla sbuca una vecchietta rubizza, dal viso ampio, slavo e mezza ubriaca. Pare sia la padrona di casa. Proviamo a parlarle italiano, senza risultato. Provo col russo, pare capire, ma poi si vede che non sta capendo nulla. Stranamente non capisco nemmeno cosa dice, sebbene il russo sia parente abbastanza stretto del croato. Forse sta parlando la lingua universale degli ubriachi, così comune, ma incomprensibile a tutti perchè ognuno parla la propria. Saliamo al primo piano, ci accorgiamo che in realtà la casa è ancora in costruzione. Ci porta in una stanza buia, in avanzato stato di disordine. La signora non mi fa nemmeno rilassare perchè non riusciamo a capirci in nessuna lingua: le chiedo della colazione in 6 lingue ma non ci capiamo. Guadagnamo l’uscita nonostante le resistenze della signora e un po’ anche di Manu che inizia a stancarsi. Il sole sta per tramontare, ma ci rimettiamo in moto e proviamo a battere la zona a nord del paesino, ossia i due vicoli che sbucavano sulla parte sterrata alle spalle del paese. Primo cartello Zimmer. Ci fermiamo, suoniamo al campanello ma non si affaccia nessuno. Veniamo accalappiati da un anziano signore dall’altra parte della strada che parla una specie di esperanto tra croato italiano e russo, quando scopre che lo parlo. Vuole farci vedere la sua offerta. Rimango senza parole quando mi fa vedere un mini-appartamento su due piani con due cucine, il bagno, un lettone e un sacco di altro mobilio e pentolame. Il tutto per 60 € al giorno! Penso di aver capito male il prezzo, chiedo nuovamente, ma è giusto: 60 € al giorno, in tutto! E non per una stanza ma per una vera casa, piccola ma in cui possiamo fare quello che ci pare, quando ci pare! (v. Info utili) Affare fatto! Ci sistemiamo poi usciamo per mangiare un boccone in uno dei ristorantini che avevamo visto nei nostri giri. Incontriamo degli italiani a cui chiedo come si raggiunge il mare e ci dicono che le strade sterrate che iniziano vicino casa nostra vanno verso il parco naturale e da lì si possono raggiungere molte spiaggette. Ottimo! Ci fermiamo in una specie di birreria/ristorante vicino la piazza principale di Premantura e prendiamo uno di quegli hamburger speziatissimi che mi ricordavano molto da vicino i miči rumeni, che qui si chiamano čevapčiči (altro ricordo dell’infanzia). Torniamo a casa distrutti dalla lunga giornata. Mi sveglio abbastanza presto come mi capita spesso ultimamente e vado a comprare degli strüdel caldi in una pasticceria in centro. Sono OTTIMI, lo ricordavo sempre dall’infanzia... man mano che passa il tempo mi stupisco di quanti ricordi affiorano alla mente, con nostalgia di vacanze serene passate prima in Trentino con la mia amatissima nonna e poi, quando prendevano le ferie, i miei arrivavano da Parigi per portarmi al mare in Croazia. Prendiamo tutto il necessario e svegliamo anche Nelìk. Prendiamo la stradina sterrata che dopo qualche centinaio di metri è sbarrata da un cancello dove chiedono una piccola somma per entrare con la moto nel parco naturale. Siccome non sappiamo quanto è grande, decidiamo di non andare a piedi e paghiamo il biglietto. In pratica l’ingresso è a pagamento solo per i veicoli. Per fortuna siamo in moto: il parco è enorme e avremmo dovuto camminare per chilometri su una strada bianca che ci avrebbe impolverato del tutto (non che in moto siamo molto più protetti!) È un grande parco giochi: stradine sterrate che si avventurano in tutte le direzioni, fino alla punta estrema della penisola. Sentieri a sinistra e a destra, tutti da provare, che nascondono segreti e promesse di scorci più belli di quelli che li precedono. Mi lascio prendere la mano e scorazziamo un po’ poi mi faccio ispirare dal colore dei pini e dagli squarci di azzurro intenso che vedo alla mia sinistra: per oggi si va di qua, poi nei prossimi giorni vedremo... La strada è sempre più accidentata, ma sono poche centinaia di metri. L’angolo in cui sbuchiamo è bellissimo, finalmente riconosco in pieno il mare che vedevo da bambino: pinete fin sul bordo dell’acqua, begli e ampi scogli e un’acqua cristallina. Fantastico!
Prendiamo il sole da tutti i lati, ci tuffiamo e rituffiamo, nuotiamo, giochiamo a carte e leggiamo: VACANZA!!! Sia Manu che io veniamo da mesi intensi. Io ho finito gli esami all’università e lei ha lavorato fino a poco prima della partenza, siamo entrambi molto stanchi e cerchiamo proprio questo: riposo assoluto! Il sole tramonta dall’altra parte della penisola, per cui non lo vediamo sparire dietro la linea dell’orizzonte, bensì dietro la pineta: domani proviamo l’altro lato! Torniamo a casa, ci laviamo e andiamo alla ricerca di un ristorantino molto promettente che avevo intravisto il giorno prima durante le peregrinazioni alla ricerca di una stanza da affittare. Anche la giornata dopo si svolge più o meno sullo stesso copione, soltanto che cambiamo lato della penisola, stavolta andiamo verso il mare aperto, sulla destra. Il mare e la costa sono ancora più belli, si riconosce il mare aperto rispetto a quello più calmo e placido che avevamo trovato ieri. Il problema (soprattutto per me che non sopporto molto il caldo e il sole a picco sulla testa) è che non ci sono pini sotto cui ripararsi: è tutto esposto al sole e al vento. Decidiamo di spostarci più in là dove in lontananza vediamo una pineta. Ci incamminiamo e mentre ci avviciniamo vediamo che i pochi posti sono tutti occupati, ma alla fine troviamo un angolino perfetto! Altra giornata di svacco, tra bagni di sole e di mare, partite a carte, letture e, per me, ripassi di russo. Infatti la partenza per Stella Russa si avvicina e, in quanto guida, dovrò parlare spesso e devo rinfrescare le nozioni, abbandonate ormai da due mesi. In serata altro ristorantino, stavolta tutto a base di pesce: buono! Non economico, ma molto buono. Decidiamo di trattarci bene anche perchè oggi è il nono aniversario da quando ci rimettemmo insieme, nel ’93. Oggi è prevista una gita nel paese natale di Mario, il padre di Manu. È proprio destino che questo breve viaggio sia anche nella memoria! Seguendo le indicazioni di una rivista turistica che avevo, ci dirigiamo di nuovo verso Pola, poi seguiamo la statale principale, la 21, verso Koper e dopo 10 km da Pola giriamo, all’altezza di Vodnjan, sulla 3, fino a Svetvinčenat.
Appena abbandonata la 21 ci immergiamo in un’altra Croazia, lontana dai rigidi e asettici standard europei, con tutto che la Croazia non è certo (per fortuna!!) plastificata come la Costa Azzurra e altre cartoline europee. Paesaggi agresti e rurali sinceri, con altri ritmi, mi verrebbe da dire d’altri tempi, se solo avessi potuto conoscere questi altri tempi, considerata la mia giovane età. Comunque da quello che ho visto e conosco posso dirlo ugualmente. Svetvinčenat è davvero grazioso, talmente tranquillo da sembrare deserto, a parte poche persone radunate nei due bar che si affacciano nella piazza del castello. Abbiamo scelto la giornata ideale per fare una gita in moto. Infatti ci gira intorno un temporale terribile, scuro come la notte e tuoneggiante come mille cannoni: se fossimo stati al mare avremmo perso la giornata, mentre così possiamo girare freschi e senza rimorsi per i bagni perduti. Ci aggiriamo nelle strette vie deserte, cambiamo un po’ di soldi in una banca. Ogni volta mi stupisco di come le banche, all’estero, siano praticamente dei negozi normali: si entra, si fanno le proprie operazioni e si esce. In Italia c’è la guardia armata, le telecamere, le porte blindate, il metal detector e a volte anche gli sportelli corazzati. Ormai il temporale è sopra di noi, però non voglio tornare indietro. Non solo: rilancio! Invece di scansare le minacciose nuvole, gli vado incontro, visto che la strada che vorrei fare è proprio in direzione dell’occhio del ciclone. La temperatura cala bruscamente, l’aria è pregna di umidità, si respira acqua. La luce è scomparsa, la strada è zuppa, vediamo l’acqua cadere poco distante da noi e le prime goccine sulle visiere. Quando ecco il bivio: lo imbocco precipitosamente! Ricominciamo ad allontanarci dal fronte del nubifragio! Dopo pochi chilometri l’asfalto torna asciutto e ricominciamo a goderci serenamente le dolci curve e il paesaggio. In lontananza continua a minacciarci il temporale, continua a ricordarci che non l’abbiamo ancora fregato, vuole darci una lezione. Continuiamo a ignorarlo e proseguiamo nell’itinerario previsto. Arriviamo a Barban, altro paesino molto grazioso, ma stavolta la fame impellente e la Minaccia Piovosa ci fanno proseguire senza fermarci. Ci ricolleghiamo alla strada principale, la 21, che arriva fino a Fiume (Rijeka). Ci addentriamo di nuovo nelle montagne, in direzione del temporale. Strette gole si alternano ad ampie pianure coronate da montagne verdi e disabitate. Arrivati a Labin siamo di nuovo a un passo dal temporale: stavolta ci prende. Freneticamente cerchiamo un posto dove fermarci a mangiare. Vengo attratto da un basso locale tappezzato di adesivi della Coca Cola. L’esperienza mi dice che è uno di quei ristorantini assolutamente non turistici dove fanno da mangiare in modo semplice e rustico. Purtroppo mi sbaglio ed è semplicemente un bar dove non si mangia, ma il tipo ha indicato a Manu un paio di ristoranti poco oltre. Mentre Manu esce dal locale iniziano a precipitare grosse gocce, tiepide. È Lui, finalmente ci ha colpiti! Ride forte, sembrano tuoni, ma è la Sua risata che si compiace della vittoria e del nostro panico, mentre ci infiliamo alla ben’e meglio i caschi schizzando in mezzo alla strada per trovare uno di questi ristoranti. Fatti pochi metri vedo un’insegna: non mi interessa se fa o meno da mangiare. Mi fiondo nel parcheggio, appoggio la moto sul cavalletto e ci precipitiamo dentro. Troviamo tutta la famiglia che gestisce il ristorante a mangiare. Guardiamo l’ora: sono le 16! Ora si spiega la fame... Ci dicono che appena finiscono di mangiare sono tutti per noi. Nel frattempo ci asciughiamo e iniziamo a rimettere in moto l’organismo sbavando davanti all’imponente frittura di pesce che si stanno spartendo. Il coordinamento è perfetto: finiamo di asciugarci e cambiarci quando loro si presentano, sazi e rilassati, al nostro tavolo, menù alla mano. Questo promette sogni di carne e pesce. Rapido consulto: per oggi pesce! Zuppa di cozze, paella istriana, spaghetti ai frutti di mare, altre specialità di cui ormai non ricordo più i nomi ci aprono gli stomaci. Deciso: zuppa di cozze per me, poi un mega-piatto che ci consiglia il tipo. La zuppa è favolosa poi arriva il famoso piatto che non avevamo ben compreso nella precedente spiegazione. Arrivano in due spingendo un carrellino sul quale troneggia una grossa pentola da pasta, chiusa da un coperchio di pane. Orgoglioso per la sua opera il cuoco rompe la crosta di pane che scopre, tra sbuffi di vapore e odori fantastici, una montagna di spaghetti annegati nel pomodoro e nei frutti di mare: gamberi, scampi, cozze e altri che non riconosco. Manu ed io ci guardiamo increduli, è fantastico! Ci avventiamo sugli spaghetti che terminano rapidamente tra schiocchi di lingua e mugugni soddisfatti. Anche il pane che chiudeva la pentola, cotto insieme agli spaghetti e intriso di profumi, fnisce nelle nostre pance piene ma non ancora soddisfatte. Ci sono certi dolci... Decido per un gelato con una crema ai frutti di bosco fatta dalla moglie del cuoco mentre Manu si lascia tentare da uno strüdel caldo e vaporoso, delicato ma gustosissimo. Anche stavolta la parte più bella della giornata è quella meno attesa e totalmente non programmata! Prendiamo l’indirizzo del ristorante, sicuramente ci torneremo se mai dovessimo ricapitare da queste parti. Il nubifragio, deluso dalla nostra mossa improvvisa, se n’è andato. Ottimo: tutto si è risolto con poche gocce! Riprendiamo ad arrampicarci sulle montagne, in lontananza, su un picco, vediamo i segni di una vecchia scritta inneggiante a Tito.
Pennelliamo le curve sognanti, in pace col mondo e con i nostri sensi, quando, fiancheggiando una profonda vallata vediamo sul fondo una immane ciminiera arrivare fino alla nostra altezza e superarci: ma quanto è grande?? Aggiriamo la vallata e arriviamo dall’altra parte. Da qui, a ridosso di Plomin, abbiamo piena vista sull’obbrobrio che deturpa la vallata mentre rivediamo finalmente il mare che si incunea nella vallata come a voler distruggere quella ferita che offende il paesaggio. Da qui in poi (superata Brestova) la strada costeggia il mare, ma dall’alto. Infatti le spiagge e gli scogli hanno lasciato il posto a ripidi fianchi scoscesi accessibili soltanto dal mare. Lentamente ricominciamo ad entrare nella civiltà. I paesini si fanno sempre più frequenti man mano che ci avviciniamo a Fiume. Le abitazioni signorili di una volta sono molto eleganti, per molti versi il tutto mi ricorda la costa ligure. Ormai è tardi, decidiamo di limitarci alla visita di Abbazia ignorando il capoluogo. La “missione” che abbiamo, oltre che osservare il luogo in cui è nato il padre di Manu, è di chiedere, “nella tabaccheria nella piazza principale” di un certo signor Branco, un loro lontano parente. Per questo motivo, dopo aver fatto un giro per capire dove inizia e dove finisce il paese, parcheggiamo e ci dirigiamo in un grande bar che affaccia in quella che pare la piazza principale, anche se priva del tabaccaio indicatoci. Ci rilassiamo sorseggiando un succo di frutta dopodichè iniziamo la nostra ricerca chiedendo alla cameriera. Ci indirizza in una tabaccheria poco oltre. Entriamo e chiediamo di nuovo del signor Branco, ma anche stavolta, dopo aver pensato più a lungo, ci mandano da un’altra parte: nella gelateria seguente dove solitamente si fermano alcuni anziani del luogo, memoria storica di fatti e persone. Formuliamo nuovamente la nostra domanda e il cameriere ci devia verso un tavolo a cui sono seduti tre uomini di una certa età. Tutti parlano italiano, quindi riusciamo a spiegarci piuttosto bene, ma nessuno pare ricordare la persona di cui stiamo chiedendo, tranne uno che forse ha capito chi è e ci indica un paesino poco lontano in cui chiedere informazioni. Purtroppo è tardi, ci piacerebbe indugiare ancora in questa insollita caccia al tesoro, ma sia l’ora tarda che l’eventuale imbarazzo di trovarsi di fronte all’agognato signor Branco senza saper spiegare bene chi siamo, ci convincono a tornare verso Pola. Stavolta la strada che prendiamo è una rapida arteria che taglia in due la punta meridionale dell’Istria e permette una media abbastanza alta, soprattutto se confrontata con le ridotte velocità consentite dalle altre strade. Un lungo tunnel, vicino Fiume. è a pagamento. (v. Info utili) Proprio al termine della giornata, quando ormai ci rallegravamo di come avevamo gabbato il terribile temporale che ci aveva minacciato per tutto il giorno e colpito per pochi istanti, il cielo in lontananza si copre nuovamente, ma solo per poco. La sera incontriamo il nostro padrone di casa che, tra un bicchiere di “medicina” e l’altro, come usa chiamare l’ottima grappa distillata da lui stesso, mi consiglia di parcheggiare la moto dentro alla sua veranda poichè la notte precedente avevano rubato lì vicino un’auto tedesca.
La parte finale della vacanza passa tra nuove ricerche di spiagge nascoste e ozii prolungati fino al tramonto, ma ormai la partenza per la Russia è vicina, e domani dobbiamo tornare. L’itinerario per il rientro non è stato stabilito, come tutto il resto d’altronde. Soltanto la meta finale è stabilita: Tarvisio. Infatti il viaggio con i ragazzi di 2000Moto partirà da lì. Mentre osservo la cartina noto con grande interesse una piccola strada che si arrampica tortuosa all’interno della Slovenia, fiancheggiando il confine italiano, fin dentro Tarvisio. È un’alternativa validissima all’immobile e noiosa autostrada italiana. Al mattino salutiamo i nostri ospiti, davvero simpatici, che si commiatano da noi con un altro bicchiere di “medicina”, ricordandoci come, appena passato il confine, le dosi minime di questi alcolici aumenti vertiginosamente. L’arteria che da Pola arriva fino a Koper, la statale 21, non offre particolari suggestioni, tranne che in pochi punti. È proprio vero che, come in moltissimi casi, Italia compresa, i luoghi vanno scoperti attraverso le piccole strade, gli itinerari lenti e meditati. Arriviamo al confine con la Slovenia verso l’ora di pranzo e, memori dei ristoranti che avevamo visto pochi giorni prima, nel tragitto d’andata, cercavamo quelli che sul retro arrostivano un maialino. Purtroppo tutti quelli che vediamo sono normali osterie senza però il “porcetto”, come lo chiamiamo tra noi. Dopo un po’ di tentativi andati a vuoto decidiamo di fermarci alla prima locanda. Eccola! Anche questa non ha il porcetto che rosola sullo spiedo, la supero, poi ci ripenso e inverto la moto: la fame è tanta, il porcetto sarà per un’altra volta! E invece ecco, proprio mentre inverto, che vediamo sul retro del ristorante l’agognato animaletto che cuoce! Che fortuna! Anche stavolta siamo baciati dalla fortuna e facciamo un ottimo e abbondante pranzo con il secondo arricchito dai funghi porcini che ci ha consigliato la padrona del posto, dicendoci che li aveva colti la mattina stessa. Nuovamente soddisfatti, pieni di amore verso questo Paese, arriviamo alla frontiera, che superiamo rapidamente come all’andata e torniamo in Italia per il breve tratto che da Trieste arriva a Gorizia, dove tagliamo nuovamente il confine con la Slovenia per risalire verso Tarvisio. Questa strada passa attraverso Kobarid, l’italiana Caporetto e, come molti altri nomi, ricordano i luoghi e i massacri della Grande Guerra.
Poco dopo Kobarid entriamo nel Parco Nazionale Triglavski. I panorami e la strada diventano fantastici, nelle cuffie dell’interfono è un alternarsi di esclamazioni e di silenzi rapiti dalla bellezza maestosa delle montagne. I chilometri passano lenti, ma purtroppo arrivano al termine di una delle strade più belle che ho percorso nei miei viaggi. A Tarvisio purtroppo non troviamo nulla e decidiamo di provare un po’ prima, possibilmente vicino all’ingresso dell’autostrada visto che l’appuntamento per domani mattina è nell’ultima area di servizio della A23. Troviamo da dormire a Pontebba, a 300 metri dal casello dell’autostrada, in un alberghetto di cacciatori, a giudicare dal numero di teste mozzate che pendevano dalle pareti della sala ristorante. Il mattino dopo ci alziamo con calma e come sempre arriviamo leggermente in ritardo, ma stavolta il peso del mio ritardo è maggiore in quanto facente parte dell’organizzazione. Lì riceviamo la meravigliosa notizia che per entrare in Ungheria non serve più il passaporto, così Emanuela decide di accompagnarmi fino a Budapest per poi tornare in moto con Nanni, il capo di 2000Moto. La notizia mi riempie di gioia, infatti sono molto teso per la responsabilità che mi attende: guidare 42 persone su 27 moto e un furgone, attraverso Ungheria, Ucraina, Russia, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, repubblica Ceca, Germania e Austria. Ma questa è un’altra storia... |
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