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Diario di viaggio |
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Pagina 3 (di 4) (Uzbekistan (Tashkent, Samarcanda, Bukhara, Khiva) |
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10-8-2001
Partenza tardi, Nevskij ha problemi con il baule post. Lungo
dialogo con due ubriaconi, uno è stato in Afghanistan per un anno. Occhi
sofferenti, rassegnati. Gli è caduto addosso tutto, sia prima che dopo lo
scioglimento dell’URSS.
Cambio effettuato in un grande magazzino, ci danno un paccone di banconote senza
senso!
Con l’equivalente di 50 dollari riempiamo un marsupio.
Pare che in UZB la benzina 93 ottani non esista, dobbiamo mettere la 76/80.
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Salvador Dalì (32 KB) |
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La felicità (31 KB) |
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Lo sponsor (31 KB) |
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Mi sono stufato, torno indietro! (12 KB) |
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Il sorriso (32 KB) |
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’ndo sto? (28 KB) |
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Squadra di calcio in erba (26 KB) |
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Mi sono stufato, torno indietro! (14 KB) |
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Quando accelero molto Nelìk batte in testa. Fa molto caldo.
E’ pieno di post GAI, ci fermano solo per guardare le moto e intonare la canzone
“Kudà vieni, kudà vai, skolka costa, skolka fa, ecc ecc”!
Pranzo in una locanda, la signora è molto bella e gentile. Mangiamo come maiali
spendendo
4mila a testa, ci regala una portata di melone ottimo.
Per strada vediamo montagne dicocomeri, meloni bianchi ed altra frutta.
Ci avviciniamo lentamente a Samarcanda, per assaporare meglio la meta.
Non riesco ancora a realizzare bene.
La parte prima di Samarcanda è meravigliosa, la strada passa in mezzo a gole
tra montagne antichissime, spoglie e imponenti.
Case di fango.
Dopo l’ennesimo post GAI con foto che Adriano dovrà
spedire, arriviamo al monumento sovietico che segna l’inizio della regione di
Samarcanda.
Foto e ripresa di rito, festeggiamenti.
Entriamo in città, un taxi ci guida fino all’albergo.
La strada è disastrata, in una zona priva di illuminazione.
Ci aspettiamo una bettola, come quella descritta da Nevskij di Tashkent.
La facciata è anonima.
L’interno è da sogno! C’è un patio in stile arabo, nei porticati ci sono i
tavoli.
Piante, fiori, tutti i particolari in legno. La stanza è stupenda, enorme, con
un letto gigantesco e un bagno grande in stile occidentale!
Tutto per 50 dollari a notte, la doppia!
11-8-2001
Sveglia, abbondante colazione. Passiamo la mattinata in
albergo mentre gli altri riparano le moto. Tutti fanno qualcosa: Fedro ha
perdite d’olio, due frecce e un paraolio rotto. Andrea T ha avuto problemi al
freno posteriore che si era bloccato, ruota storta, raggi rotti. Nevskij ha il
portabagagli post con molti pezzi rotti. Fedro me la tira dicendomi “Ma
almeno stringi un bullone!!”
Facciamo la vita dei papponi, ho dato praticamente tutti i miei vestiti alla
lavanderia.
Oziamo tutta la mattinata nel patio.
In questo viaggio stiamo provando tutti gli eccessi, gli stati d’animo.
Dal dormire in piena notte sotto a un cartello stradale in mezzo alla steppa a
questo albergo di lusso, dalle autostrade europee a 6 corsie agli sterrati di
sabbia e sassi in KAZ, dai 45 del deserto ai 5 gradi della steppa, dai banchetti luculliani nei vari
ristoranti incontrati negli ultimi giorni alle
giornate passate in moto senza mangiare, dalla tranquillità familiare e pacifica di Samarcanda o
alla gioia e allegria amichevole di Stalingrado all’angoscia di rimanere un secondo di più in un
paesino con la peste, dalle persone che ci schivano a
quelle che ci offrono pasti dentro baracche al confine RUS-KAZ.
Chiusura riflessione!
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Lavoro da samarcandino (16 KB) |
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Primo incontro con italiani. Sono di TO, esordiscono con un “Qui è tutto
un disastro!”
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Ma che razza di bestie ci sono qui?? (24 KB) |
Solito fastidio pungente di incontrare questo tipo di persone da pacchetto tutto
incluso che non vuole nemmeno impolverarsi le scarpe.
Pranzo luculliano a base di merluzzo, patate lesse e una montagna di riso pilaf
con pezzi di montone, peperoni, ceci e altro.
Sonnellino.
h. 16 Si va dal meccanico per riparare i pezzi del portapacchi di Nevskij.
Il ragazzo guida come un pazzo. Un cartello recita “Non correte! Vi
aspettano a casa!”
Sono in almeno 5 persone a lavorare sui pezzi di Nevskij.
Saldature belle e veloci, chissà quanto dureranno.
Ci offrono dell’ottimo tè verde.
Saldano senza riparazioni nè per mani, nè per occhi.
Sembra che gli uzbechi non sputino per terra continuamente come i kazaki.
Un colpetto di vernice spray argento e i segni delle saldature scompaiono.
Perfetto. Andiamo a comprare dell’olio motore per tutti.
Ozio in albergo mentre gli altri rimontano le moto.
Tornano gli italiani e fanno finta di non vederci. Classico. E’ questo che cerco
nei miei viaggi: i contatti umani. In Europa è faticoso riuscire ad averli.
Alle 19 andiamo a prendere Maria.
Passiamo in centro, vediamo per la prima volta il Registan.
E’ vero, siamo proprio a Samarcanda!
Arriviamo in fretta all’aeroporto, è praticametne in città.
Mentre aspettiamo siamo circondati da bambini. Li facciamo giocare con i caschi
e le moto. Sono bellissimi!
Troviamo quasi subito dove dobbiamo aspettare. Le scritte sono invertite. Una
volta era: russo, uzbeco, a volte inglese. Oggi sono: uzbeco, inglese, russo.
In UZB non usano più ufficialmente il cirillico, ma i caratteri latini, anche
se l’arabo sta lentamente riprendendo piede e si vedono sporadiche scritte in
arabo.
La scelta dell’arabo mi pare assurda: finirebbero per tagliare nuovamente (e
stavolta in modo autonomo e non obbligato dall’esterno come fu con i russi) i
ponti con l’Occidente, cui tendono con entusiasmo.
In realtà il loro modello rimane quello turco, a metà tra l’Oriente e l’Occidente. Paradossalmente la Turchia proprio in questo periodo sta
attraversando una grave crisi economica, con una inflazione galoppante, tale che
la lira turca ha perso molte decine di punti percentuali di valore.
Torniamo alle moto perchè c’è ancora molto da aspettare. Troviamo un’orda di
bambini intorno alle moto, uno cammina poco lontano con il mio casco in testa. C’è un bambino piccolissimo, di un paio
d’anni, che ha in testa l’altro mio
casco, è buffissimo.
Accendo il motore, uno sgassa e il motore arriva in zona rossa. Fumata nera
dallo scarico. Faccio fare un giro dietro di me a un bambino.
Troppa confusione, torniamo in sala d’aspetto lasciando gli altri in balia dei
nuovi barbari.
Arriva Maria, tutto ok.
I barbari hanno di nuovo staccato le frecce di Fedro, il mio casco puzza di
saliva, linterfono è andato.
Ritorno in città, incontro con italiani Nouvelle Frontiers, cena.
Brindisi (a base di vodka io, e Sprite e menta Aziz) sull’amicizia
uzbeco-italiana davanti al cesso.
Cena abbondante a base di shashlik. Passeggiata notturna fino al Registan.
Manca l’illuminazione, un vero delitto.
Notte quasi in bianco per il mio raffreddore.
12-8-2001
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Via del Corso (29 KB) |
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Delle belle signorine! (30 KB) |
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La mattina decidiamo di andare a vedere il bazar di Urgut, a 40 km da Samarcanda.
Lungo la strada vediamo una parte del mercato di Samarcanda, mi colpiscono le
macellerie che
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Quando arrivano i NAS? (33 KB) |
espongono le carni appese a dei chiodi, all’aria aperta vicino
alla strada, come qualunque bancarella di mercato. I pezzi appesi sono preda di
decine di vespe che girano impazzite attorno al macellaio, prima impassibile,
poi rapito dai 4 astronauti.
Il tempo è variabile, la temperatura perfetta.
Troviamo subito il bazar di Urgut.
E’ buffo che a un post GAI di pochi km prima ho chiesto al poliziotto se c’era
il bazar e quello prima ha detto sì, poi ci ha ripensato e ha detto che oggi non
c’era il mercato. Contemporaneamente il suo vicino ha detto che il
mercato c’era e di andare tranquillamente.
In UZB capita relativamente di frequente di avere simili contraddizioni, e
nessuno dei due fa una piega.
Al bazar siamo letteralmente circondati da decine di persone di tutti i tipi:
bambini, ragazzi, adulti, vecchi, tutti rigorosamente uomini.
In UZB specialmente fuori dalle grandi città, ogni traccia dell’URSS è
scomparsa, tranne in rare costruzioni.
Ormai non hanno più nulla dell’Homo Sovieticus e probabilmente non l’hanno mai
avuto. Di sicuro russi e uzbechi sono agli antipodi. Rigorosi, misurati, precisi
i primi; approssimativi, confusionari e “colorati” i secondi.
Entriamo nel bazar. Esplosione di colori e odori. Le persone si fanno
fotografare e riprendere molto volentieri. Vendono le cose più disparate,
compresi pezzi di sale, in roccia. Chissà come si usa!
La parte dei vestiti mi delude. Fantasie banali, tessuti di scarsa qualità.
Rare eccezioni.
Torniamo alle moto. Ormai saranno una 50ina di persone.
Tutto questo, stavolta, a Fedro è costato un pezzo di carena posteriore.
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Sogno o son desto? (33 KB) |
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Che brutto posto! (28 KB) |
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Un po’ di riposo (30 KB) |
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Che bella la clausura! (38
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Una scialba decorazione (55 KB) |
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Questo è un labirinto... (30 KB) |
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Un baldo giovine (34 KB) |
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Per Roma sempre dritto (21 KB) |
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Che colori orribili... (47 KB) |
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Partiamo inseguiti in ogni modo: a piedi, in bici, in auto, in pulmino.
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Voglio fare il muezzin (33 KB) |
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Sempre più in alto! (31 KB) |
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Tappeti volanti (26 KB) |
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4 chiacchere tra amici (35 KB) |
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Accattatev’ill! (29 KB) |
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Una chiesetta (22 KB) |
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Sempre la solita chiesetta (22 KB) |
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Facciamo un po’ di cross? (17 KB) |
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E ora una bella suonata! (43 KB) |
Samarcanda. Giro al Registan.
E’ impressionante, imponente, meraviglioso.
Purtroppo è solo un museo all’aperto, le scuole coraniche che erano ospitate in
questi complessi sono chiuse da decenni.
Ora all’interno è pieno di negozi di souvenir, alcuni molto belli.
Dopo un po’ chiudono il Registan per fare delle prove di un festival di danze
folkloristiche.
Persone da ogni parte del mondo.
Giro in cima a un minareto, ottenuto con una mancia a un poliziotto.
Mausoleo di Gur Emir. Tombe di Tamerlano e parenti.
Albergo. Febbre a 38.
Cena in un ristorante per turisti: pessimo.
Torno in albergo da solo, mentre gli altri fanno un giro in centro.Ascolto i
Dead Can Dance nella penombra: bellissimo!
13-8-2001
Dormito abbastanza bene. Tosse, raffreddore, catarro. Sudato
molto, tempo coperto.
Ultimo giorno a Samarcanda. Ricerca della banca, DHL per Nevskij che manda un
baule in I (supporto bauli rotto) pagando 200 dollari.
Cerchiamo per 40 minuti un Internet Cafè. Impossibile navigare, la linea è
sempre giù e quando c’è è lentissima.
Mausoleo di Bibi Khanum. Imponente, solo le dimensioni incutono timore, di
respiro religioso non c’è traccia.
I pochi venditori di souvenir sembrano moltiplicarsi tanto sono insistenti.
Cambio posto ma mi seguono.
Compro un copricapo tradizionale in lana.
Per arrivare al mausoleo abbiamo attraversato il bazar principale.
Meno vivo di quello di Urgut, meno tradizionale, più ordinato, ma per certi
versi più bello. Sfilate di spezie, nuvole di odori, venti colorati dalle
spezie disperse.
Compro coriandolo, anice, pomodori essiccati e altre droghe che non capisco.
1200 lire. Una bustina di tè intorno ai 3 etti. 1000 lire.
Ci sono i giocatori delle 3 carte, come a Roma a Portaportese.
Qui si fa con 3 bicchieri che il croupier muove per terra, in ginocchio. Gli
scommettitori li bloccano con i piedi.
Andiamo allo Shar I Zinda, una sfilata di antiche tombe. Molto bello, stradine
strette, intricate. Non c’è praticamente nessuno.
Andiamo all’appuntamento con il direttore degli scavi archeologici di Afrasiab,
l’antica Marakanda, luogo iniziale in cui sorgeva Samarcanda.
E’ un amico di Maria, si chiama Anvar. Parla francese, inglese, russo, uzbeco.
E’ troppo presto, dobbiamo tornare dopo un’ora e mezzo.
Andiamo a mangiare.
Troviamo un ristorante tipico. Ci sediamo sotto un pergolato. Ci portano una
zuppa fredda (non assaggiata, aspetto terribile, mi dicono che non è granchè),
un’insalata di cipolle e pomodori (buona), un piatto colmo di riso pilaf
(meraviglioso!!) e vari piatti colmi di pezzi d’anguria (dolcissima). Il tutto
accompagnato da ottimo tà verde. 1200 lire a testa.
Dopo un pò stacca un grappolo d’uva dal pergolato che ci protegge. E’ un po’
acerba, ma ugualmente ottima.
Torniamo al sito archeologico. Facciamo un paio di km in moto tra le colline
spoglie sotto cui si nascondono le rovine.
I punti scavati sono pochi. Parcheggiamo le moto. Dal nulla spuntano una
quindicina di bambini. Alcuni sono pastorelli, avevano fatto fuggire all’impazzata le loro protette mentre arrivavamo.
I resti sono pochi e confusi. Sembra che facessero tutto in fango. Bisogna
lavorare molto di fantasia per immaginare cosa ci fosse qui.
Con stupore vedo il prof tirare fuori un numero de I Viaggi di Repubblica che ho
lasciato a Roma, con un articolo sull’antica Samarcanda.
Il posto è comunque bellissimo, offre una vista davvero insolita sui monumenti
più famosi di Samarcanda.
Accompagnamo a casa il prof, ci mettiamo d’accordo per un cambio in nero per
domani mattina.
Tornando a casa compriamo un’anguria enorme: 12 kg.
La mangiamo con birra e tè verde sotto al pergolato dell’albergo.
Piove. Tempo strano, dovrebbe fare caldissimo, invece stiamo col maglioncino.
Domattina: Bukhara.
14-8-2001
Ci svegliamo con un cielo azzurrissimo, aria fresca.
Bagagli sulle moto, pronti, partenza, VIA! Alle 11.
Prima di abbandonare la città, visita all’osservatorio di Ulug Bek. Rimane poco
dell’originale, imponente sestante. Vittima di lungimiranti e progressisti
ministri della fede islamica.
Cambia il dio, non cambiano i modi e l’apertura mentale.
Direzione Shahrisabz.
Il passo per arrivarci è meraviglioso. Da settimane non facevamo così tante
curve!
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Finalmente delle curve! (18 KB) |
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I panorami sono stupendi, montagne che sembrano fatte da sabbia e pietra.
Sembra che il deserto stia cercando di conquistare anche la dimensione che è
solo della pietra.
In realtà sono rocce granitiche che escono quà e là da terra argillosa.
In cima al passo ci fermiamo. Siamo sicuramente a più di 1000 metri, forse 1500
chissà.
Stiamo evitando le nuvole, vediamo fin quando dura la fortuna.
Come sempre, ogni volta che ci fermiamo nel giro di pochi minuti si forma un
gruppo di persone. Solite domande, si riparte.
Inizia la discesa, il panorama è sempre bellissimo. Si vede in lontananza la
vallata: è offuscata da una nube di polvere.
Man mano che scendiamo il vento diventa sempre più forte. Alla base della
montagna c’è un posto di blocco in una gola molto stretta, che si apre nella
pianura che abbiamo visto dall’alto. Il vento è particolarmente forte,
carico di sabbia.
Soliti controlli, solite domande, si riparte.
Il vento è potente, ci sposta di peso per poi mollarci d’improvviso.
Nuova raffica, nuova sbandata.
Si procede senza particolari problemi, ci addentriamo nella vallata soffocata
dalla polvere.
Quindi funzionano così le tempeste di sabbia nel deserto! Un potente vento,
incontrastato e non imbrigliato da nulla, che solleva immense nubi di sabbia.
Mentre scavalcavamo la montagna ho visto le prime case costruite con il fango.
Mi accorgo che non erano casi isolati.
Superata la catena montuosa che separa la zona si Samarcanda da quella di
Bukhara, in quest’ultima il fango prende progressivamente il posto dei mattoni.
Arriviamo a Shahrisabz, città natale di Tamerlano.
Prima mangiamo in una locanda sulla strada.
Solito abbondante pasto, solito salasso”: 3mila lire a testa.
Verso la fine del pasto il proprietario, grosso come un montone, diventa molto
insistente: vuole fare un giro sulle nostre moto.
E’ bellissimo: da quando c’è
Maria, lei funge da parafulmine di tutte le domande ripetitive o strampalate che
ci rivolgono. Mentre Maria è impegnata a respingere gli attacchi del montone,
fotografo la figlia: ha degli occhi mervigliosi.
E’ incredibile come da queste parti tutti, dai bambini piccolissimi agli
anziani, sostengano lo sguardo senza il minimo tentennamento di timidezza o
imbarazzo.
Abbiamo finito, ci alziamo e andiamo alle moto.
Il bisonte insiste.
Adriano gli fa fare un giro come passeggero, a momenti cadono per quanto si
muove il nostro amico.
Insiste anche con Andrea T. Afferra la moto, cerca di salire, la butta per
terra.
Leva storta, incazzatura generale.
Il bisonte molla la presa, ride e chiede scusa.
Ci avviamo verso il centro della cittadina.
Di colpo, grazie ai viali alberati e alle cotruzioni, il vento si calma e la
polvere cessa di entrare negli occhi, nel naso, nella bocca.
Il centro è carino, ben tenuto.
Solito carosello di clacson quando ci vedono.
Piazza con statua, moschea, mausoleo con lapide miracolosa per il mal di gola.
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Sosta - preghiera (23 KB) |
Ripartiamo di corsa perchè ormai ci sovrastano nuvole nerissime.
Il tizio che ci ha scortato e fatto da guida ci invita a casa sua, ma dopo il
nostro rifiuto ci indica la direzione che dobbiamo prendere per Bukhara e se ne
va.
Man mano che usciamo dalla città il vento aumenta. Inizia a piovere.
Ci fermiamo sotto una fila di alberi per mettere le cerate.
E’ una bufera, un vento così forte non l’ho mai trovato in tutti questi anni.
Scuote la moto, per fortuna l’ho parcheggiata controvento.
Ripartiamo. L’asfalto è bagnato, molto scivoloso, ho paura che il vento faccia
scivolare la ruota anteriore facendoci cadere.
Per fortuna prendiamo solo qualche sbandata, nulla più.
Smette di piovere, il vento cala notevolmente anche se rimane forte.
Ormai i paesini che incrociamo sono tutti in fango.
Si mimetizzano perfettametne, sembra che le case siano ricavate “dal
pieno”, scavando la terra intorno.
Viaggiamo in una nebbia costante, la visibilità è molto ridotta per la terra
alzata dal vento.
Le persone che incrociamo non sembrano affatto infastidite dalla situazione,
devono essere abituate.
Mi chiedo come si possa vivere respirando e mangiando terra.
Al tramonto arriviamo a un posto di blocco in grande stile. Una doppia porta,
monumentale, enorme, sovrasta la strada. Due sbarre, una per carreggiata,
bloccano completamente il traffico.
Arriva un poliziotto molto su di giri che ci invita a fare la registrazione.
Mentre attendo il mio turno fuori dal gabbiotto, uno dei poliziotti mi dice che
questo è uno dei punti di passaggio di tonnellate di droga dalle altre
repubbliche centroasiatiche , Afghanistan, ecc verso l’Europa. Tonnellate?!?
Bloccano la strada in questo modo e riescono a farsi sfuggire migliaia di kg di
droga?!?
Mi indica un cane sonnacchioso che è stravaccato da un lato: “Cane
antidroga!“
Intanto un agente sta perquisendo da solo un camion. Inizio a capire come mai
passa tanta roba.
Della poca che sequestrano secondo me una metà la “pippa” il
poliziotto che ci ha fermato. E’ completamente folle!
Gli scoppio a ridere in faccia, per fortuna non si offende.
Ripartiamo.
500 metri.
Altro posto di blocco in cui chiudono completamente la strada. Nuova
registrazione. Pazzesco.
Mi avvio verso il gabbiotto per aiutare Maria e Fedro.
Sbuca un cane dal nulla che abbaiando e ringhiando arriva a pochi cm dalla mia
caviglia.
Paura folle, mi tremano le gambe.
Dentro al gabbiotto si chiacchera. Ok, finito.
Maria riprendendo il passaporto fa cadere il manganello luminoso (soprannominata
“spada laser”) con cui i poliziotti fermano le macchine.
Si è rotto, non si illumina più!
Il proprietario fa una facciotta tristissima, si è rotto il giocattolo.
Andiamo via ridendo.
Luci e fiamme nella notte.
Passiamo a fianco di raffinerie sterminate.
Il cielo è meraviglioso, la luna non c’è e si vedono una quantità incredibile
di stelle.
All’orizzonte una serie di bagliori somigliano a tanti soli che tramontano.
Bellissimo. Deve essere una zona ricca di petrolio.
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Ma quanta bella roba! (27 KB) |
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Un castelletto (18 KB) |
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Le mura sono malate (19 KB) |
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Come la nostra università (25 KB) |
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Uguale a La Sapienza! (27 KB) |
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Ma chi è quel beduino?? (35 KB) |
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Si confonde col cielo... (24 KB) |
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Sono dei discreti
falegnami (28 KB) |
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Pensa se arriva un tarlo! (29 KB) |
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Qui hanno solo chiesette... (44 KB) |
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...e non sanno
nemmeno decorarle! (58 KB) |
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Un bel tuffo ristoratore (27 KB) |
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Ora si ragiona!! (28 KB) |
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È tutta terra... (20 KB) |
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...terra colorata! (14 KB) |
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Come la torre di Pisa! (18 KB) |
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Ma là fuori c’è il deserto! (25 KB) |
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Non si mettono
le dita nel naso! (17 KB) |
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Mi dà un passaggio? (33 KB) |
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Miraggio all’orizzonte: le luci tremolanti di una città.
Dopo 40 minuti entriamo in città.
Ci facciamo guidare da un taxi fino in albergo. Non vuole essere pagato.
Ci presentiamo. Non hanno mai ricevuto prenotazioni, nè tantomeno soldi a
nostro nome.
Mi incazzo parecchio, faccio una delle mie scenate, Maria fa da paciere.
Ci danno le camere in attesa di verificare meglio la domani mattina.
15-8-2001
Sveglia, colazione, giro in città.
Bukhara è meravigliosa, più bella di Samarcanda. E’ più raccolta, uniforme e
meglio tenuta.
Purtroppo il centro storico è un unico grande negozio di souvenir. Siamo
fermati in continuazione da venditori di tutte le età oppure da bambini che ci
chiedono gomme o penne.
Qui i turisti sono solo turisti, persone da cui ricavare qualunque cosa, mentre
a Samarcanda le persone sono più genuine, più sincere.
Incontro con i torinesi di Samarcanda.
Duello tra Andrea T e una bambina per un berretto, che tra l’altro ha già
comprato a Samarcanda. 40 minuti di inseguimenti, sguardi, tentativi.
Vince la bambina, Andrea T paga la sconfitta 2 dollari.
Giro al tramonto nell’Arc, la residenza dell’emiro. Compro da una bancarella
all’interno, che una signora apre appositamente per me, un libro di ricette
uzbeche.
Per riconoscenza ci fa da guida, spiegando le funzioni dell’Arc, con Maria che
traduce.
L’emiro pagava le tasse ai russi, poi i bolscevichi l’hanno cacciato.
Cena in un ristorante vicino all’aeroporto.
Tornando ci fermiamo in un locale.
Matrimonio tradizionale uzbeco.
Siamo subito gli ospiti d’onore. I vestiti degli sposi sono ricchi all’eccesso,
si sistemano in un gabbiotto che sembra quello delle sagre di paese, con
centinaia di luci colorate intermittenti, pizzi, colori, luci da discoteca.
Balli sfrenati, vodka a volontà. Dopo un paio d’ore riusciamo a sfuggire,
albergo, buonanotte.
16-8-2001
E’ il giorno in cui parte Maria, Manu è felice perchè è
molto gelosa.
Giro mattutino al bazar. Non è bello come quelli di Urgut o Samarcanda, ma ha
cose più interessanti.
Tornando in albergo chiediamo dei bagni pubblici. Sostituiamo l’immagine di
splendidi bagni turchi con allucinanti salette sbrecciate e lerce.
Passeggiata pomeridiana nella zona dell’Arc.
Albergo, aeroporto, Maria parte.
Il parcheggiatore ci invita a casa sua per la cena.
Alle 21 abbiamo appuntamento con Pierfelice nella Labi Hauz.
Troviamo altri motociclisti italiani, uno odia i russi.
Alle 21:30 arriva Pierfelice, sono felicissimo di incontrarlo.
Chiacchere fino a mezzanotte, saluti, a domani.
Notte agitata.
17-8-2001
Mi sveglio, venerdì 17, con un bel febbrone.
Giornata in albergo, in tarda mattinata passa Pierfelice a salutarmi.
h. 18 ho di nuovo la febbre alta: 39.
Propongo agli altri di partire per Khiva domani, ma non vogliono più separarsi.
Penso con tristezza che tra pochi giorni dovrò separarmi da Manu, che tornerà
in aereo a Torino da Ashgabat.
A mezzanotte torna dalla cena, sono contento.
Ho di nuovo 39, mi è venuta anche la diarrea. Domani si sta qui.
In camera si soffoca dal caldo, ma mi avvolgo nel sacco a pelo: ho molto freddo.
Mi sveglio nel cuore della notte, ho la maglietta fradicia di sudore.
18-8-2001
Mi sveglio alle 9:30, mi sento bene.
Decidiamo di partire per Khiva come da programma.
La strada è buona, dopo qualche decina di km siamo in mezzo al deserto.
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Un po’ desolato (17 KB) |
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Quando s’arriva? (18 KB) |
A perdita d’occhio si vedono piccole dune, alte qualche metro, coperte di pochi
sterpi in gran parte secchi.
Ai lati della strada c’è solo sabbia increspata dalle piccole onde solide
modellate dal vento.
La moto passa veloce in arabeschi disegnati dalla sabbia sull’asfalto, spinta
dal vento.
Ci perdiamo nel primo paesino che incontriamo.
Ci ricongiungiamo al secondo posto di blocco (al primo abbiamo chiesto ma dicono
di non aver visto passare nessuno!)
Spuntino in un caffè, cesso pittoresco: il buco nero è ricavato da una pila di
copertoni di camion infilati nella sabbia.
A volte si vedono delle depressioni nel terreno, coperte da un sottile strato
bianco salino: ricordo di specchi d’acqua, chissà quando.
Versoil tramonto vediamo in lontananza una curva dell’Amu Darja. La vita esplode
tutt’intorno verdissima.
Andiamo perfettamente a ovest, il sole tramonta davanti a noi.
E’ notte, sbagliamo strada.
Per fortuna l’errore è di pochi km.
Un camionista ci fa strada, il bivio che ho saltato è completamente non
segnalato.
Arriviamo al ponte sull’Amu Darja. E’ un ponte di barche. Nell’oscurità più
completa ci troviamo a sgambettare su lastre d’acciaio in movimento.
Di tanto in tanto ci sono dei buchi molto grandi nella lamiera, sotto c’è il
nulla. Le lastre sono raccordate da mucchi di terra, a volte da altre lastre.
Fuori da questi raccordi le lastre si affiancano in scalini insormontabili.
Il tutto dura circa 1 km, vogliamo tornare a farlo di giorno.
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Somiglia molto
al paradiso (22 KB) |
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Sgabello da passeggio (19 KB) |
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Minareto tracagnotto (21 KB) |
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Minareto snello (16 KB) |
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Panorama
da un minareto (27 KB) |
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Meglio dell’Holiday Inn (25 KB) |
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Mercato delle Pulci asiatico (25 KB) |
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Veniamo a vivere qui? (28 KB) |
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Oggi mi sento un lupo! (27 KB) |
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Aaauuhh che caldo! (29 KB) |
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Tra un posto di blocco e l’altro arriviamo a Khiva.
Ci portano davanti all’albergo che mi avevano indicato a Bukhara.
E’ completo, ma c’è posto in balcone.
In balcone??
Mi portano a vedere. Mi ritrovo in una specie di comune”, ci sono diverse persone
accampate su un grande balcone.
Domani non ci sono problemi, stanotte è così. Ok!
C’è un vento teso, fresco. Ci danno delle coperte sottili ma incredibilmente calde.
19-8-2001
Dall’1 alle 7:30 dormo benissimo, accarezzato dal vento.
La giornata è meravigliosa.
Ieri sera abbiamo visto un pezzetto delle mura del centro storico, ora mi
accorgo che ci abbiamo dormito all’interno, poco sotto.
Colazione abbondante, per la prima volta in questa vacanza cedo e mangio uova e
patate fritte appena sveglio. Forse è perchè ho dormito poco.
Ci danno le camere. Inizialmente cercano di metterci in 5 in una camera, faccio
una delle mie scenate e magicamente sbucano due camere.
La nostra è un loculo: senza finestre, con due ventilatori perennemente accesi
puntati sul letto.
Anche il bagno è piccolo, il water ha una tavoletta imbottita, sconcertante.
Manu è nervosa. Se ripenso a questa vacanza ricordo molti momenti di tensione e
bisticciate. Sono anche state molte le situazioni di grande stress e fatica.
Giro in città. Khiva è bellissima, un gioiellino.
L’effetto che rischia di fare è quello della finzione, come tutte le città
museo.
Anche qui il ritornello non cambia: i bambini ci chiedono sum, foto, bon bon,
penna.
Giro al bazar.
Due donne in un museo: nostalgiche dell’URSS. Finora ne ho incontrati parecchi.
Notte.
L’assenza di illuminazione pubblica rende tutto magico: ci muoviamo tra torri e
minareti che si stagliano su un cielo scuro trafitto da migliaia di stelle
luminosissime.
In questo momento mi sembra davvero di essere in una favola.
20-8-2001
Giornata a Urgenc per:
1. internet (non trovato)
2. cambio e ritiro dollari
3. telefono
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Ponte avveniristico (13 KB) |
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4. tanica benzina.
Sono easurito dalla folla, qui sono fastidiosissimi.
Torniamo all’Amu Darja. Il ponte di barche perde il suo fascino: è quasi tutto
in secca.
Barche arenate.
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