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 Diario di viaggio Marocco 2003

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(Zagora, pista Tagounite - Foum Zguid, Guelmin)

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Giornate:
29 ottobre 2003
30 ottobre 2003
31 ottobre 2003

29-10-2003 “Il souk di Zagora; una piscina provvidenziale”
Mi sveglio abbastanza tardi, intorno alle 8. Il cielo è luminoso, con poche nuvole sparse.
L’aria è frizzante come le mattine estive in sud Italia prima che spunti con decisione il sole ad avvolgere tutto di canicola e foschia.
Mi piacerebbe essere al mare, ci andrò nei prossimi giorni. Per ora devo decidere dove andare stasera e come proseguire il viaggio senza annodare troppi itinerari. Infatti, andando nel deserto e arrivando ad Erfoud da sud ho saltato la zona centrale di Fes e Meknes e, con le poche strade presenti, è difficile trovare un giro non troppo arzigogolato.
   

Souk di Zagora

 

Oreficeria in tenda
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Souk di Zagora

 

Prelibatezze asinine
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Souk di Zagora

 

Verdure on the road
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Souk di Zagora

 

Fieno per tutti!
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Souk di Zagora

 

Pecora motorizzata
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Souk di Zagora

 

Chiacchiere in libertà
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Souk di Zagora

 

Pecoraro svaccato
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Souk di Zagora

 

Quando passa la
nettezza urbana?
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Souk di Zagora

 

Contrattazione di verdure
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Souk di Zagora

 

Montagne di datteri
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Souk di Zagora

 

Testa prelibata
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Souk di Zagora

 

Calzolaio asinino - 1
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Souk di Zagora

 

Macelleria asettica
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Souk di Zagora

 

Calzolaio asinino - 2
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Souk di Zagora

 

Pecora double-face
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Souk di Zagora

 

Animali di tutto un po’
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Souk di Zagora

 

Donne al banco - 1
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Souk di Zagora

 

Donne al banco - 2
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Souk di Zagora

 

Foto ricordo
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Souk di Zagora

 

Donne al banco - 3
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Il Fato ha ripreso a girare, ricevo in questo momento un invito di Katia a fare un giro al mercato.
Si tiene in un vastissimo spazio che degrada sconfinato verso le colline circostanti, alle spalle del muro che delimita una buona parte del viale principale di Zagora.
Donne bardate di nero fino agli occhi, carretti trainati da asini che spingono, si divincolano tra la folla, venditori urlanti, mucchi di verdure, colori, spezie, polvere, sole, caldo, teste di pecora buttate in terra, zampe, carne appesa all’aria, mi vengono opposti rifiuti decisi a qualsiasi tentativo di foto, contrattazioni a oltranza per una spilla per Katia e una ciotola (antica?) di legno per me, pile di cassette strabordanti datteri ma nessun acquirente, mercato degli animali con compravendite di pecore e capre.
Ci fermiamo a parlare con un signore molto espansivo. Ha una casa a Parigi e commercia in datteri con Casablanca e Rabat. Ammette che è un problema l’assenza di acquirenti.
“È il Ramadan! Altrimenti comprano molti datteri”
“Ma la sera si può mangiare, potrebbero comprarli ugualmente!”
“Durante il Ramadan si mangiano pochi datteri...” è la laconica risposta.
Katia vorrebbe comprarne pochi, ma nessuno li vende sfusi, solo cassette da alcuni kg.
“Che ci faccio con tutti questi datteri?!”
Gli unici sfusi sono molto brutti e sorridendo gli dice che sono “pour les animeaux!”.
Il suo atteggiamento volitivo e battagliero riscuote molto successo tra gli uomini, che ammiccano verso di me scambiandomi per il suo compagno come a dire “Che forza! Hai una gran donna!”
Assistiamo al cambio degli zoccoli di un cavallo. In due, uno tiene la zampa e l’altro pianta 6 chiodi per ciascun lato del ferro. L’animale cerca di ribellarsi, ma sono molto abili nel bloccare a turno, usando la sua stessa coda, le zampe posteriori. Il “cambio gomme” completo costa 20 dirham, 2 euro.
Fa caldissimo, il mercato ci ha stancato. Idea! Bagno in piscina!
Ci cambiamo andando prima nel mio albergo poi nel suo, infine arriviamo a quello con la piscina, tanto elegante da mettermi in imbarazzo.
Katia inizia subito a contrattare sul prezzo, è infaticabile! Da 50 Dh a testa riesce a spuntare 60 per tutti e due!
L’acqua è fredda, ma è troppo bello! Il sole ci asciuga in pochi minuti.
Di nuovo in acqua, di nuovo sulla sdraio.
Passiamo così il pomeriggio, fin quando il sole non scompare e andiamo a contrattare il prezzo del suo nuovo albergo. Vuole andare in uno più bello del suo attuale, dovendo fermarsi per un mese. È una docente volontaria d’inglese che insegnerà ad alcuni membri di un’associazione.
L’albergo è molto bello, ha la piscina, il patio, un ristorante e altro ancora. Spunta, per il momento, 50 Dh a notte, quello che pago io in un albergo molto più brutto!
Torniamo verso il centro di Zagora, voglio informarmi su una pista che porta a Foum Zguid: sto pensando di andare verso il Sahara Occidentale. Poco sotto Dakhla passa il Tropico del Cancro, il mio segno zodiacale. Però non vorrei fare la pista da solo.
Mi dicono che la pista è buona e ben segnalata, ma non mi fido molto. Torniamo verso il mio albergo.
Siamo di nuovo invitati nel negozio di Ali per prendere la zuppa del dopo Ramadan.
Fuori dal negozio c’è una coppia di inglesi.
Incredibile, ma il Fato ricomincia a far girare la sua Ruota...
 

Cielo di Zagora

 

Ventaglio luminoso
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Sono due motociclisti e domani vogliono fare la pista per Foum Zguid! Chiedo se posso aggregarmi.
“OK!”
Domani si parte. Accompagno Katia al suo incontro con gli alunni del corso di inglese. Sono tutti professori di letteratura araba.
Andiamo all’hotel di oggi, quello con la piscina. È ricolmo di cat-cat di francesi.
Ci concediamo il lusso proibito di una birra, altrove introvabile. Chiacchieriamo di musica, politica, viaggi poi a mezzanotte chiude tutto. Buonanotte!

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30-10-2003 “Pista Tagounite - Foum Zguid; notte in tenda nel deserto”
I miei nuovi amici, Bruce dalla Scozia e Angela dalla Nuova Zelanda, sono puntuali. Katia viene a salutarmi. Per un pelo non dimentico il mio cellulare in albergo!
   

Karate a Tagounite

 

Mohamed Lee
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Dobbiamo arrivare fino a Tagounite, dove parte la pista.
Non troviamo subito l’inizio della pista, anche perchè ce ne sono diversi. Più o meno tutti la conoscono e ognuno ci indica il punto d’ingresso che conosce.
Il fondo è pietroso, riconosciamo la pista guardando il fondo: si riconosce dove passano le macchine e dove no, ma non ci sono altri tipi di segnale come pietre, bastoni o altro.
La cartina della Michelin , pur essendo in scala teoricamente inutilizzabile in un contesto del genere, in mezzo al deserto senza segnalazioni, è precisa, basta saperla leggere. Ci orientiamo con la bussola e le tracce più o meno colorate della cartina che corrispondono, o almeno dovrebbero, ai rilievi più o meno alti che avvistiamo nei dintorni.
Anche gli ouadi che incrociamo sono riportati sulla cartina e ci aiutano perchè, proprio quando iniziamo a temere di aver perso la traccia, ci confermano la direzione.
Ad un tratto la pista si sdoppia: in corrispondenza di una grande pietra, a sinistra punta decisamente verso i rilievi che si ergono in lontananza a qualche km, mentre a destra prosegue, incerta, nella pianura.
Dove andare?
Osserviamo con calma la cartina o meglio i vaghi cenni di colore riportati, confrontiamo con quello che vediamo e la bussola. La pista di destra sembra quella giusta anche se il dubbio principale è che, senza accorgercene troppo, iniziamo a deviare in tutt’altra direzione.
Zukki ha un baricentro molto alto per come l’ho caricata, ma prendo la mano abbastanza rapidamente e tengo il passo di Bruce, su Dominator ben attrezzato e Angela, su XR400 ancora più specialistico. Entrambi hanno il bagaglio ridotto al minimo, a parte i copertoni di ricambio. Io invece ho un buon terzo di roba superflua e nemmeno una camera d’aria!
Lungo la strada incrociamo alcune volte 3 cat-cat di tedeschi che fanno la stessa pista.
   

Pista Tagounite - Foum Zguid

 

Trova l'intruso
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Ci fermiamo per mangiare sotto un albero isolato. È a fianco di uno ouadi disseccato, come a sperare in qualche vapore. Il paesaggio è desolato, pietroso. Il letto del torrente disseccato è ampio, più dei precedenti, e irto di pietre anche molto grandi, come i precedenti.
Il pranzo è frugale: qualche dattero, delle olive e una scatoletta di tonno. L’acqua è razionata, non so quando usciremo dal deserto. L’intenzione è di farla in giornata, ma non si sa mai...
I tedeschi ci superano in una nuvola di polvere, anche se loro sono ben chiusi negli alti abitacoli.
Il deserto come sempre cambia spesso e rapidamente. Nero e pietroso, beige e sabbioso, grigio e compatto.
La pista in alcuni tratti è molto difficile, non si sa dove passare.
Attraversiamo lunghi tratti di paesaggio lunare con pietre perfettamente sferiche di dimensioni variabili da piccoli ciottoli a palloni. Impossibile coltivare un terreno del genere.
Superiamo un paio di villaggi e una scuola per berberi, esattamente a metà della pista: 80 km di deserto da entrambe le parti per poter raggiungere l’aula!
In 5 ore abbiamo percorso 120 km. È meglio fermarci per non essere colti dall’oscurità.
Se non abbiamo sbagliato strada ci mancano più o meno 70 km. L’ipotesi di essersi persi è presente a tutti, visto che non abbiamo più incrociato i tedeschi e che in un paio di bivi abbiamo quasi tirato la moneta per decidere se prendere da una parte o dall’altra.
Un paio di ore fa abbiamo sorpassati i tedeschi mentre erano in totale empasse visto che il satellitare non riusciva a calcolare il punto e nonostante l’ausilio delle carte topografiche (!) hanno chiesto a noi conferma della direzione. Abbiamo guardato la bussola e ce la siamo cavata con un:
“Sì... più o meno dovrebbe essere di là.”
Il massimo che potessimo permetterci...
Comunque ci tranquillizziamo dicendoci che hanno fatto sosta prima di noi oppure hanno preso un’altra pista.
Ci fermiamo in un vasto altopiano di terra e sabbia.
Vediamo in lontananza delle dune di sabbia, proviamo a raggiungerle fuori pista. Il fondo è spaccato, ampie crepe si sono aperte dopo le recenti piogge e al di sotto di un leggero strato asciutto il terreno è umido e fangoso.
Per le ruote è come una morsa: il motore sforza al massimo, ma non riesce a spingere oltre la terza, a volte devo mettere addirittura in seconda!
Lascio un profondo solco scuro alle mie spalle, quando mi fermo affondo.
Decidiamo di tornare sulla pista, anche Bruce e Angela hanno gli stessi problemi, pur essendo più leggeri.
Ci accampiamo vicino le montagne.
   

Pista Tagounite - Foum Zguid

 

Un piccolo passo
per l'uomo...
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Facciamo un altro fuori pista per allontanarci dal villaggio e dal tracciato dove potrebbero passare altri
   
 

Pista Tagounite - Foum Zguid

 

Villette a schiera
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Pista Tagounite - Foum Zguid

 

Technicolor
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veicoli.
Notte in tenda. Il cielo impressiona per la limpidezza e la ricchezza di stelle. Sono commosso.
Proviamo a chiacchierare un po’, ma non riesco a capirli molto, parlano un inglese molto stretto e biascicato.
Stormi di zanzare risvegliate in massa, forse a causa delle piogge.
Domani non sappiamo bene dove andare.
Intanto cerchiamo di arrivare a Foum Zguid, poi si vedrà!
Alle 18 è già buio, alle 20 andiamo a dormire. Fa molto caldo, chissà se e quanto scenderà la temperatura durante la notte.
Mi sveglio di soprassalto a mezzanotte in punto per un incubo: alcuni berberi macilenti graffiavano la tenda chiedendo la carità mentre iniziava a piovere.
Per tranquillizzarmi tiro fuori la testa. La luna è sparita, ma diffonde ancora un vago chiarore che permette di distinguere gli oggetti. Il cielo è trapuntato da migliaia di stelle.
Effettivamente ci sono dei rumori inspiegabili sul telo della tenda, come quando in campeggio vi cadono sopra foglie, insetti o altro dagli alberi soprastanti. Peccato che qui non ci sia nemmeno un arbusto nel raggio di centinaia di metri!

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31-10-2003 “Fine della pista Tagounite - Foum Zguid; l’arrivo a Guelmin”
Alle 5 mi sveglio con le ossa rotte, non sono abituato a dormire con lo stuoino di neoprene. Fa un po’ freddo.
Alle 7 mi sveglia una macchina che ci passa molto vicino: per allontanarci bene da una pista, siamo finiti a fianco di un’altra!
Il sole è già alto, tra poco inizierà la preparazione, chissà dove finiremo oggi.
Sono un po’ preoccupato per la pista, spero sia migliore di quella fatta ieri e, soprattutto, che sia quella giusta.
Fuori la tenda sento volare decine di mosche.
Penso che oggi mi separerò da Bruce e Angela.
La vita da pista è molto dura e soprattutto la loro vicinanza mi fa sentire troppo la mancanza di Emanuela.
Forse proseguirò fino a Guelmin per vedere il mercato dei cammelli settimanale che ci sarà proprio domani mattina.
Alle 9:30 il caldo è già insopportabile, non oso pensare come sia in agosto.
Rivedo in Bruce e Angela la calma mia e di Emanuela quando prepariamo i bagagli prima della partenza. Mi immedesimo in Adriano, già pronto con abbondante anticipo che, senza fretta o irritazione, aspetta gli amici.
Mi va bene e spero di incontrare altri viaggiatori lungo la strada, ma non sono pronto a fare gruppo con altre persone, accentua ed esacerba la mia solitudine.
Passano i tedeschi di ieri. Tutto sommato mi tranquillizza.
Proviamo a tagliare per tornare sulla pista, ma finiamo in un punto fitto di grandi pietre.
Procediamo lentamente, con difficoltà. Alla fine decidiamo di tornare indietro e raggiungere la pista da dove l’avevamo abbandonata ieri.
Nel fare inversione mi impunto su una pietra e cado. Angela mi aiuta a rialzarmi.
Finalmente torniamo sulla pista.
   

Pista Tagounite - Foum Zguid

 

Ampio parcheggio - 1
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Pista Tagounite - Foum Zguid

 

Ampio parcheggio - 2
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Viaggiamo sul fondo di uno sterminato lago salato, l’Iriki. È impressionante.
   
 

Pista Tagounite - Foum Zguid

 

Ampio parcheggio - 3
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Pista Tagounite - Foum Zguid

 

Ampio parcheggio - 4
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In alcuni punti viaggiamo come sull’asfalto, in altri il terreno si rivela una trappola di fango sotto un sottile strato asciutto.
Le gomme si trasformano in enormi ciambelle di fango. Angela fa due o tre piroette nel tentativo di non cadere, ma alla fine non ce la fa e si accascia.
Andiamo verso le sponde del lago, sotto le colline. Il fondo è migliore.
Un posto di blocco ci conferma che la pista che seguiamo è quella giusta!
Chiacchierando col poliziotto scopro che ha studiato matematica. Dò fondo ai miei ricordi e scrivo la struttura del gruppo dei numeri naturali.
Si illumina e iniziamo a discutere di logaritmi, esponenziali, spuntano grafici di funzioni e relazioni.
Saluti e abbracci, “au procheme fouis!”
   

Pista Tagounite - Foum Zguid

 

Ayers Rock marocchina
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In un passaggio molto difficile tra grandi pietre, come un’apparizione intravedo
   
 

Pista Tagounite - Foum Zguid

 

Strano gregge - 1
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Pista Tagounite - Foum Zguid

 

Strano gregge - 2
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un dromedario alla mia destra.
Perdo la concentrazione e sto quasi per cadere!
C’è un branco di dromedari in libertà, il paesaggio è meraviglioso. Mi fermo ad ammirarlo mentre Bruce e Angela proseguono.
Li raggiungo qualche km dopo, Angela è stesa a terra. Ha fatto una brutta caduta e la caviglia è dolorante ma sembra ok.
Dopo un’ora riesce a risalire in sella.
Siamo vicini a Foum Zguid, la raggiungiamo in 20 minuti.
Decidono di fermarsi in città, mentre io inizio ad andare verso Tata. Lungo la strada decido di arrivare a Guelmin: domani c’è il mercato dei cammelli, non voglio perderlo.
   

Verso Guelmin

 

Paesaggio lunare - 1
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Verso Guelmin

 

Paesaggio lunare - 2
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Verso Guelmin

 

Cartolina
dal deserto
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Un vento potente allunga sull’asfalto eteree e sinuose dita sabbiose che si dissolvono al mio passaggio. Si alzano nuvole di sabbia che creano un’atmosfera irreale. L’aria diventa giallastra e incontro nuvole simili a banchi di nebbia. Visibilità quasi a zero, non vedo la strada.
Continuo a correre, prevedo di arrivare verso le 21.
Tramonto meraviglioso. Immediatamente sopra l’orizzonte c’è una striscia blu profondo che degrada in fucsia, poi bianco, di nuovo azzurro via via più intenso verso l’alto.
Posto di blocco. Entro nella casupola in muratura dei poliziotti, stanno mangiando per la fine del Ramadan.
Ho una fame nera, ma mi offrono solo alcuni datteri e un tè.
Verso le 20 raggiungo Birzikane, ma la guida non segnala alberghi.
Decido di arrivare fino a Guelmin come previsto, mi aspettano altri 40 km.
Arrivo che sono stravolto dalla stanchezza. Mi fermo all’inizio del viale di accesso e il Fato riprende in mano il mio destino.
Si ferma una grossa Mercedes con dentro un ragazzo elegante e alcune ragazze.
È Lhassen:
“Hai bisogno di aiuto?”
“Cerco un albergo...”
“Seguimi!”
Arriviamo all’Hotel Salam dove mi chiedono 100 Dh.
“È troppo?” mi chiede Lhassen preoccupato.
“Bè, sì...”
Lhassen mi offre ospitalità: “No pasa nada por la noche!”
Finisco a parlare un po’ in spagnolo, ogni tanto in francese e in inglese mentre, essendo all’estero, mi viene spontaneo usare il russo.
Mi sento come Jorge, il frate dolciniano de “Il nome della rosa” che parlava tutte le lingue del mondo senza saperne una!
Arriviamo a casa di Lhassen.
Il rituale dell’accoglienza consiste, dopo esserci tolti le scarpe, nel metterci seduti sui tappeti e i cuscini.
Viene portata una ciotola e una brocca per lavarci le mani. L’acqua è versata da uno dei tanti fratelli di Lhassen.
Suo padre ha 4 mogli.
Poi si prepara il tè. Si scalda l’acqua con un braciere portatile con alcuni carboni ardenti sopra cui si appoggia direttamente la teiera.
Quando l’infusione è pronta, si posizionano in fila i bicchieri, li si riempie uno alla volta, versando poi immediatamente il contenuto nuovamente nella teiera. In pratica, dopo il primo giro, tutti i bicchieri sono bagnati di tè, ma vuoti.
Il secondo giro è quello decisivo.
Il tè viene versato inizialmente vicino al bordo del bicchiere, poi rapidamente si alza la teiera fino a mescere da una certa altezza. Più il cerimoniere è bravo, più l’altezza aumenta.
Dal vertice raggiunto, poi, con un gesto secco e deciso del polso si interrompe il getto per passare al bicchiere successivo. L’intera cerimonia dura parecchi minuti.
Chiacchieriamo un po’, poi usciamo. Le ragazze restano a casa, Zukki anche.
Iniziamo una serie di giri tra parenti e amici.
Lhassen è un ex immigrato clandestino. È arrivato in Spagna 5 anni fa su una barca con altre 21 persone, pagando 500 euro. Poi ha trovato lavoro, ora possiede l’agognato permesso di residenza e soggiorno.
È ricco, continua caoticamente a mostrarmi gadget come cellulare, portafogli pieno di banconote e altro per dare forza alle sue parole.
Guida una grossa Mercedes, probabilmente rubata in Olanda, che rivenderà in Mauritania, dove andrà nei prossimi giorni.
A causa del Ramadan le attività fervono ovunque, come in pieno giorno.
I marciapiedi sono pieni di bancarelle che vendono scarpe, magliette, cibo e così via. Lavorano anche i falegnami, i fabbri, tutti.
Rapida cena in ristorante, offre Lhassen!
Dormo in stanza con lui, steso su alcuni tappeti tirati fuori per l’occasione da un armadio che sembra essere immenso tanti ne sono usciti!
Si toglie il suo caffetano bianco e me lo presta per la notte, a mo’ di pigiama.
L’ulteriore aspetto incredibile della sua vita è il fatto che conosce bene inglese, francese, spagnolo e svedese, ma è analfabeta! Non sa nè leggere nè scrivere e ne è molto addolorato.
Alle 4 suona la sveglia: va a mangiare qualcosa prima che inizi la nuova giornata di Ramadan.
Alle 5 si alzano le voci dei muezzin. Lhassen torna a dormire.

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