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Agosto 1999 - San Pietroburgo, Paesi Baltici, Polonia

Tragitto seguito nell'Agosto 1999
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Diario di viaggio dell'Agosto 1999
Diario

Fotografie dell'Agosto 1999
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 Diario di viaggio RIDOTTO

Questo è la sintesi di quello che ho raccontato nella versione completa. Mi scuso per il carattere sconclusionato che hanno certe frasi: è dovuto al fatto che ho preso il diario completo e l’ho brutalmente tagliato! Per cui in alcuni punti il risultato non è granchè: la soluzione sta nel leggere il diario completo! ;)

Buona lettura!

Prima di tutto riporto il chilometraggio di Nelìk!
 

Contachilometri alla partenza
83.160

Contachilometri all’arrivo
93.194

Chilometri percorsi 10.034

 

 Sommario

Finalmente si parte!
 
Considerazioni tecniche del viaggio
 
Cartografia (guide, cartine, ecc)
 
Conclusioni

 

N.B. Tutti i prezzi riportati si riferiscono al 1999.

 Finalmente si parte!

Innanzi tutto faccio una premessa: partivo da Roma col grosso interrogativo di come sarebbe stato Adriano alla guida. Infatti, nei mesi precedenti alla partenza avevo fatto qualche gita in cui c’era anche Andrea e avevo visto a grandi linee l’andatura, mentre Adriano per un motivo o per l’altro non aveva mai partecipato. Avremmo avuto la prima esperienza comune di moto andando in Russia! Le perplessità, quindi, erano molte e penso anche giustificate.

Il 28 luglio parto alla volta di Torino per andare a prendere la mia fidanzata, mentre con Adriano e Andrea avevamo appuntamento a Vienna il 30 luglio, un venerdì. Il viaggio d’andata è andato benissimo, con un cielo parzialmente coperto e una gradevole temperatura semi-autunnale, soprattutto sulle montagne che dividono la Liguria dal Piemonte.

Il viaggio del 30 alla volta di Vienna è stato piuttosto duro: erano ben più di 1000 km e credevo fossero tutti di autostrada. Ma andiamo con ordine.
Arrivati dalle parti di Udine iniziano i primi messaggi minatori di Andrea. Infatti, tutti avevamo portato il cellulare e mi sono arrivati messaggi che annunciavano la rottura della moto di Adriano. Precisamente, il 30 luglio alle 14:23 Andrea e Adriano uscivano a Padova per un guasto alla VFR. Tra mille stenti e nuove fermate sono riusciti ad arrivare a Villach, appena dentro l’Austria. Noi intanto seguivamo con ansia questa specie di telenovela arrivando a Vienna a un’ora indecente.
Tornando al viaggio verso Vienna, pochi km dopo essere entrati in Austria, e aver fatto il bollino autostradale del costo di circa 11mila lire, la strada è tornata a due corsie ed ha iniziato a passare in mezzo a molti paesini, proseguendo poi tra tratti rapidi e tratti con lavori in corso per molti km. Quando è ricominciata l’autostrada in maniera definitiva questa si è rivelata praticamente una strada di montagna a 4 corsie, con curve molto accentuate.
Siamo arrivati a Vienna alle 21 passate, mentre i campeggi chiudono inderogabilmente alle 22 (gli austriaci sono molto precisi...). Ci dirigiamo immediatamente verso il campeggio in cui pernottammo nel ’97 e potete immaginare la nostra faccia quando l’abbiamo trovato chiuso e dismesso (era anche un po’ inquietante!). Dopo aver girato parecchio siamo riusciti a trovare il Camping “Rodaun” (Wien-sud, 1238 Rodaun, An der Au, 2; 2 persone, moto e tenda veniva 221 scellini per notte, circa 33mila lire), alle 21:57. Dopo averci fatto entrare il custode ha chiuso il cancello automatico!!
Adriano e Andrea, nel frattempo, si erano fermati nei dintorni di Villach sperando di risolvere il problema il giorno dopo. Per quanto ci riguarda era inutile che rimanessimo a Vienna, città che tra l’altro sopporto pochissimo, quindi il mattino dopo ci siamo avviati verso la Polonia.

La strada che da Vienna va verso la Slovacchia è a 4 corsie fino a pochi km dal confine. Il passaggio di frontiera è stato molto agevole anche perchè, essendo in moto, abbiamo saltato una lunga fila arrivando direttamente al posto in cui controllavano i documenti. Questa è una manovra che abbiamo fatto spesso durante il viaggio e complessivamente penso di aver risparmiato tranquillamente una decina di ore di coda!!

Abbandonata Bratislava abbiamo preso l’autostrada (le moto non devono fare il bollino, al contrario delle auto), che per fortuna ci ha accompagnato molto a lungo, fino a Zilina. Per questo motivo la lunghezza del viaggio, in termini di tempo, fortunatamente si è notevolmente ridimensionata. Poco dopo Martin (a Kral’ovany, si segue per Dolny Kubín) abbiamo fatto una deviazione su una strada poco battuta che ci ha fatto risparmiare una ventina di km e ci ha fatto ammirare un paesaggio a dir poco stupendo. Dopo aver attraversato una parte dei bellissimi monti Tatra siamo entrati in Polonia che ormai era quasi buio. Il passaggio di frontiera è stato rapido e indolore, tranne per il solito cambio svantaggioso, tipico dei cambiavalute di frontiera (vedi anche la parte Considerazioni tecniche del viaggio).
La parte sud della Polonia, nei 150 km che ci sono fino a Cracovia, è costituita da una campagna bellissima fatta di dolci colline che circondano vallate coltivate in modo molto pittoresco. In questo paesaggio bucolico ci siamo fermati perchè avevamo un appuntamento telefonico con Andrea alle 20. Il punto era che, gli avevano assicurato, la moto sarebbe stata pronta nel giro di un paio di giorni (diventati in seguito 5) e non se la sentiva di lasciare andare Adriano da solo in Polonia. Infatti, in quei primi due giorni di ferie lo avevano già chiamato da Firenze dicendogli che sarebbe dovuto tornare immediatamente. Anche sulla definizione “immediatamente” ci sarebbe da parlare, visto che  è stata quantificata prima in 2 giorni, poi 5, alla fine sono diventati 10, ma quando noi ormai eravamo lontani e lui girellava nella più rassicurante Germania.
A parte questo, Andrea diceva di non voler lasciare andare Adriano da solo verso la Polonia, temendo che la moto appena riparata lo potesse lasciare nuovamente appiedato. In breve, voleva sapere come erano le strade per arrivare in Polonia. A quella domanda così precisa, ho iniziato a descrivere il tipo di strade e a dare un po’ di consigli pratici per evitare brutti tratti e risparmiare un po’ di km, ma lui insisteva a chiedermi, sempre più nervosamente, come erano le strade. Alla fine, esasperato perchè era un po’ che stavamo al cellulare e io continuavo a non capire, mi ha chiesto esplicitamente: “Senti, ma non è che lì mi sparano dietro a una curva??” Io ho riferito la frase a Emanuela, che mi stava a fianco, ci siamo guardati intorno, col trattore che saltellava in mezzo al campo, i bambini che ci salutavano, gli uccelli che facevano allegre acrobazie e il sole che ci stupiva con colori fantastici, e ci sono cadute le braccia. La prima cosa che ho pensato è stato come sia possibile che una persona che dice di voler arrivare in Russia sia così spaventato da una nazione come la Polonia. Comunque, quella frase ha finito di aprirmi gli occhi, gli ho dato una risposta rapida e ci siamo rimessi in cammino verso Cracovia.

Siamo arrivati in città che era notte fonda, ma nei paesi dell’est non c’è da preoccuparsi perchè è sempre tutto aperto! Infatti abbiamo trovato il campeggio (purtroppo non ho ritrovato nessuna ricevuta, per cui non so dire nè l’indirizzo nè i prezzi) e abbiamo piantato la tenda in un batter d’occhio.
Cracovia è molto bella, purtroppo c’erano alcuni restauri in corso dato che il prossimo anno, nel 2000, la città sarà una delle 4 capitali della cultura europee. L’atmosfera che si respira è molto familiare, tranquilla e rilassante, e l’ho trovata molto cambiata rispetto a quando ci andai nel ’94. Stavolta l’ho vista più benestante, valorizzata in modo migliore con una buona illuminazione notturna dei monumenti e, sostanzialmente, più occidentale, con mio grande dispiacere. Il termine “occidentale” purtroppo si traduce in un gran numero di fast-food, ristoranti per turisti, negozi di grandi catene americane e altre oscenità del genere. Continuo a non capire cosa ci sia da gioire nel vedere un paese perdere rapidamente la propria identità, cultura ed economia cedendola a multinazionali piene di soldi ma povere di scrupoli. MAH!!

I dintorni sono assolutamente imperdibili. Poco a nord di Cracovia c’è il bellissimo parco nazionale “Ojcowski”; a 15 km a est c’è Wieliczka, con le sue stupefacenti miniere di sale, e 50 km a ovest c’è Oswiecim, nome originale di quella che i tedeschi, durante l’occupazione della seconda guerra mondiale, chiamarono Auschwitz.
Andando con ordine, Wieliczka ha questo enorme tesoro che sono le miniere di sale, iscritte nel patrimonio mondiale dell’umanità dell’UNESCO. Gli interni sono arricchiti da meravigliose sculture e bassorilievi, fatti interamente di sale. Lo spettacolo è incredibile e lascia davvero a bocca aperta.
Auschwitz meriterebbe un libro a parte. Anche qui ho voluto tornarci non solo per farlo vedere alla mia ragazza, ma anche per rinnovare il tragico ricordo di quella visione e di quegli avvenimenti. Il campo di concentramento è agghiacciante, non ci sono altre parole per descriverlo: toglie il fiato e dal momento in cui si entra, fin quando si esce, l’angoscia è il sentimento che ti attanaglia continuamente.
A pochi km da Auschwitz si trova il campo di Auschwitz II/Birkenau, il cui ingresso è stato ripreso anche dal recente film di Spielberg “Schindler’s list”.

Nel frattempo continuavano ad arrivarci messaggi da parte di Adriano e Andrea che erano fermi a Villach e avevano ordinato il pezzo alla Honda (non caricava più la batteria della moto). L’alternativa era aspettare altri 3 giorni a Cracovia oppure andare a Varsavia come previsto. Il problema di rimanere a Cracovia altri 2 giorni era che se, per un motivo qualsiasi, e potevano essercene a decine, il meccanico austriaco non fosse riuscito a riparare la moto per il 5 agosto, Emanuela ed io avremmo dovuto fare un’unica tirata da Cracovia a San Pietroburgo in 5 giorni, pregando che non accadesse nulla nemmeno a noi. Infatti, in quel modo avremmo bruciato i due giorni “cuscinetto” previsti a Vilnius e quindi non avremmo più avuto margini di sicurezza. Quindi, pensando a non metterci troppo nei guai anche noi, siamo partiti come previsto per Varsavia, decisi ad aspettare un giorno in più lì.

Sulla strada per Varsavia era prevista una visita al bel monastero di Jasna Gora, a Czestochowa, sede della celeberrima Madonna Nera, icona idolatrata in tutta la Polonia come in tutta l’Europa cattolica.
Lungo la strada, però, all’altezza di Katowice mi sono accorto che la moto aveva un comportamento molto strano, tipico di una....foratura! Purtroppo era proprio così! Inconsapevolmente avevo raccolto un grosso chiodo ricurvo. Nonostante il grosso foro, siamo riusciti a proseguire per 4/5 km fino ad un’area di servizio, che però era sfornita del minimo servizio di assistenza meccanica. In quel momento ho usato un kit antiforature che porto con me da 6 anni, ma ho avuto una brutta sorpresa: il tubetto di colla, perfettamente integro ed asciutto, era completamente secco, come se la colla fosse evaporata! Quindi, ci siamo dovuti accontentare di infilare nel buco una strisciolina gommata del kit, senza avvolgerla nel mastice, e siamo ripartiti. Proprio nel momento in cui la gomma iniziava ad essere nuovamente a terra, ho visto sulla destra una specie di officina con pile di gomme ammucchiate all’esterno. Senza pensarci due volte mi sono fermato e sono entrato. Effettivamente era un gommista: un signore sulla quarantina molto simpatico che con fare molto professionale mi spiega che lui non ha idea di come si faccia a smontare la ruota, ma che se io gliela avessi data in mano, lui l’avrebbe riparata. Siccome era un’operazione semplice, ho tirato fuori gli attrezzi da sotto la sella, ho issato Nelìk sul cavalletto centrale (davvero vitale...) e ho smontato la ruota. Nel giro di 15 minuti, mentre noi pranzavamo nell’osteria immediatamente sopra l’officina (ottima carne con patate fritte, spendendo poco più di 5mila lire!), la gomma era a posto.
Arrivati a Czestochowa, siamo subito entrati nel monastero dato che eravamo in discreto ritardo sulla tabella di marcia e abbiamo visitato il bel monastero di Jasna Gora.

Siamo partiti di gran fretta da Czestochowa alla volta di Varsavia arrivando, come al solito, nel tardo pomeriggio. Abbiamo trovato immediatamente il campeggio (“Camping 123”, ulica Bitwy Warszawskiej 1920 roku, 15/17; purtroppo ho perso la ricevuta e non so dire quanto abbiamo speso; è privo di piazzole, prato rinsecchito, bagni vecchi, brutti e sporchi, ma non indecenti) e da lì abbiamo chiamato Adriano.
Varsavia è una città che adoro, molto bella e ben curata, davvero non capisco chi continua a descriverla come poco significativa e povera di monumenti. Personalmente la trovo splendida: le vie del centro storico, completamente pedonalizzate, sono curate nei minimi dettagli e vale la pena soffermarsi su ogni finestra, facciata di palazzo, balcone o abbaino, per scoprire decorazioni stupende.
All’interno della città va assolutamente visitato il meraviglioso parco pubblico Lazienkowski, dedicandoci almeno un paio d’ore per fare una splendida passeggiata.
Invece, poco fuori città va vista la bella residenza di Wilanow; in particolare il parco merita una visita attenta.
Alla sera del terzo giorno avremmo dovuto incontrare Adriano, al quale avevamo dato per telefono le indicazioni precise per raggiungere il campeggio. Come un’apparizione lo vediamo appoggiato alla sua moto all’interno del campeggio. L’impressione avuta è stata reciproca perchè anche lui, non appena mi ha visto, ha detto: “Nelìk, in questo momento per me sei come un miraggio!!”. Finalmente riuniti, lo aiutiamo a montare la tenda e mangiamo abbastanza presto, dato che il giorno dopo ci aspettava una tappa piuttosto lunga alla volta di Vilnius.

Il viaggio verso la Lituania è stato buono, finalmente ci eravamo ricongiunti con il nostro compagno di viaggio e, con grande soddisfazione, ho immediatamente notato che non avevamo assolutamente problemi di andatura: riuscivamo entrambi a tenere lo stesso passo! La strada che porta verso la Lituania è in pessime condizioni, profondamente segnata dalle tracce dei camion, i quali creano dei solchi piuttosto pericolosi. Inoltre, l’asfalto è in cattive condizioni, sporco e molto usurato.
La frontiera con la Lituania (non ricordo il nome, ma si trova sulla strada che collega la città polacca Suwalki a quella lituana Kaunas) è stata preannunciata da una lunghissima fila di camion (almeno 6 km!), altro “panorama” al quale avremmo assistito diverse volte da lì in poi. Il passaggio di dogana è stato molto rapido e in un attimo ci siamo trovati in quella che era l’Unione Sovietica.

Le strade e il paesaggio sono cambiati in un batter d’occhio: le prime sono diventate ottime, lisce e di buona qualità, e il secondo è diventato meno agricolo e occupato dall’uomo, più in mano alla natura.
Arrivati a Marijampole decidiamo di fare una strada interna che ci avrebbe fatto risparmiare una cinquantina di km. Dopo pochi km, mentre ero in preda a un’ammirazione estatica della natura che mi circondava, ho visto uscire da dietro un cespuglio un tizio che agitava le braccia: era un temutissimo poliziotto che prendeva la velocità con le altrettanto temute pistole radar. Ho rallentato immediatamente e mi sono fermato dopo pochi metri. Il poliziotto ci ha raggiunto di corsa e ha subito preso i documenti, invitandomi a seguirlo (Adriano era dietro, quindi l’infrazione veniva contestata solo a me). Dopo minacce più o meno velate, mi ha chiesto espressamente quanto potevamo lasciargli. Emanuela ha mostrato con faccia sofferta i pochi soldi che aveva lasciato nel portafogli (circa 50mila in valuta locale!). Come ci aspettavamo, il poliziotto con gesto rapido ha tolto tutti i soldi: a quel punto Emanuela ha completato il capolavoro. Dato che ci avevano tolto tutti i soldi, con faccia ancora più sofferta gli ha chiesto, in inglese: “Può lasciarci almeno i soldi della benzina per arrivare fino in Lettonia?” E il poliziotto, con fare magnanimo, ci ha restituito un paio di banconote, tenendo per sè e il compare l’equivalente di 27mila lire!
Da quel momento in poi, e per molti giorni a seguire, abbiamo iniziato a rispettare i limiti di velocità, che erano davvero bassi: anche su strade a 4 corsie era di 90 km/h, ma lì tutti li rispettavano, ostaggi della polizia.

A pomeriggio inoltrato siamo arrivati a Trakai, a una ventina di km da Vilnius. Sapevo che c’era un campeggio che dava proprio sul lago di Trakai, il quale ospita anche un bellissimo castello. Il campeggio (“Kempingas Slenyje”, Totoriškiu Kaimas, tel./fax 370-38-51387; 2 persone, moto e tenda 66 lita per notte, circa 30mila lire) era molto grande, ma sfruttato in maniera irrazionale, così che lo spazio utile risultava minimo. Inoltre i bagni erano appena sufficienti: bruttini e non molto puliti.

Il mattino dopo, per un caso assolutamente fortuito, Nuccio Acone è riuscito a telefonarmi. Infatti, tenevo il cellulare quasi sempre spento in quanto non sapevo dove ricaricarlo. Nuccio è un ragazzo di Avellino conosciuto tramite il mio sito internet e pochi giorni prima di me era partito verso San Pietroburgo. Quella mattina mi ha telefonato dalla Finlandia, dandomi notizie freschissime e precise sulla situazione russa, e mi ha molto tranquillizzato, dicendomi che l’albergo era bello (pernottava anche lui al Moskva) e la situazione era tranquilla.

Rincuorati siamo partiti alla volta di Vilnius, decisi a fare un giro rapido in città per poi ripartire immediatamente verso Riga. In periferia abbiamo visto la prima chiesa ortodossa del viaggio, caratteristica nelle sue cupole a cipolla e nelle decorazioni interne.
Il centro di Vilnius è piuttosto povero di costruzioni di rilievo e non colpisce particolarmente. Alcune vie centrali nei pressi dell’università sono graziose, ma nulla di più. Da segnalare, invece, la presenza dell’unico monumento al mondo dedicato al mitico Frank Zappa.

Da Vilnius abbiamo imboccato l’autostrada A2 (gratuita e con un ottimo asfalto) in direzione di Riga, e per fortuna abbiamo deciso di fare immediatamente benzina, dato che successivamente le aree di servizio sono praticamente scomparse per un buon numero di km. Lungo la strada ci ha colto la prima pioggia del viaggio e quindi anche il freddo.
Arrivati a Panevezys abbiamo svoltato sulla A9 in direzione di Šiauliai; una volta arrivati abbiamo preso la A12 in direzione di Riga. Questa deviazione è dovuta al fatto che, pochi km dopo Šiauliai, si trova la famosa Collina delle Croci (in lituano Kryziu kalnas), un posto che ha semplicemente dell’incredibile. Si tratta di una piccola collina letteralmente ricoperta di croci di tutte le fogge, dimensioni ed età.

Dopo aver ripreso la A12 abbiamo proseguito verso Riga, arrivando al posto di frontiera con la Lettonia.
Anche stavolta abbiamo avuto numerosi problemi per trovare da dormire. Per fortuna abbiamo trovato una stazione di servizio fantastica della Shell in cui abbiamo avuto un po’ di informazioni per raggiungere un secondo indirizzo che avevo, fortunatamente rivelatosi esatto.
L’ostello in questione (“Balta Kaza”, Eveles, 2; la camera per 2 persone veniva 20 lati per notte, circa 60mila lire) era molto bello, in un quartiere leggermente periferico di Riga e costava 30mila a testa per notte, però la camera era molto bella e grande, con televisore satellitare e bagno enorme. Per la notte abbiamo parcheggiato le moto in un vicino parcheggio a pagamento, al prezzo di 3mila la notte per ciascuna moto (il pezzo era di 1 lati).

Il mattino dopo siamo partiti immediatamente alla volta dell’Estonia, dato che una sosta prolungata a Riga era prevista durante il tragitto di ritorno.
Arrivati a Sigulda abbiamo fatto una breve sosta per andare a vedere due castelli.
Riguadagnata la A2, non senza qualche difficoltà, abbiamo proseguito e poi svoltato per Cesis, tagliando per una strada provinciale di grande bellezza. I paesaggi sono meravigliosi, in tutte le repubbliche baltiche, e si passa molto spesso in mezzo a dei maestosi e suggestivi boschi di conifere.
Arrivati a Valka, posto di frontiera lettone con l’Estonia, abbiamo avuto grandi difficoltà a capire dove diavolo era la dogana. Purtroppo al posto di blocco non cambiavano le lire, ma solo dollari e marchi.

L’Estonia ci ha subito dato l’impressione di un paese più benestante e questa impressione è stata confermata nelle varie città che abbiamo visitato. Sulla statale 3 siamo arrivati a Tartu, stranamente, ad un orario in cui l’ufficio del turismo era ancora aperto, così abbiamo potuto fare espressa richiesta di un ostello economico in cui poter dormire. Ci è stato indicato l’ostello (“Tartu Joostuskool”, Pollu, 11; la camera per 2 persone veniva 180 kroon per notte, circa 23mila lire), molto grazioso, con bagni puliti e camere carine, ma col difetto di essere al 4° piano e non avere l’ascensore.
Tartu è una città carina e ben tenuta, ma con un centro storico piccolissimo che si gira in meno di un’ora. Degna di nota è la fontana nella piazza del municipio, che va vista di notte in quanto rende molto di più grazie alla bellissima illuminazione.

Bene, il grande giorno era finalmente arrivato, era il 10 agosto e la tappa da affrontare era Tartu-San Pietroburgo. L’eccitazione era discreta e ci siamo avviati con calma (anche a causa della paura dei posti di blocco della stradale) lungo la statale 3 alla volta di Narva. Come annotazione importante, va detto che le indicazioni parlano tutte del minuscolo paese di Jõhvi, ma la direzione è quella giusta, che porta verso Narva.
Lungo la statale 3 ci ha tagliato la strada, all’improvviso, un cucciolo di alce, o di cervo (i cartelli parlavano di “attraversamento alci”)!

Arrivati a Jõhvi abbiamo svoltato a destra sulla numero 1 alla volta di Narva. In pochi km la temperatura e il tempo si sono trasformati. La prima si è abbassata notevolmente e il secondo si è coperto in maniera uniforme, aggiungendo anche una leggera nebbia al paesaggio che, da ricco di boschi e foreste, era diventato nudo e piatto. In una parola, inquietante!

Finalmente eravamo arrivati alla frontiera con la Russia. Confesso che in me mancava un pochino la solennità di quella frontiera. Probabilmente sognavo ancora le mitiche frontiere dell’URSS, ma ormai tutto è cambiato e dovrò farci l’abitudine. In compenso, la frontiera tra l’Estonia e la Russia è in assoluto il più bel posto di frontiera che abbia mai attraversato. Le due nazioni sono divise dal fiume Narva e il ponte ospita la fila dei veicoli che devono passare. Sulle sponde del fiume ci sono due fortezze bellissime: una dal lato di Narva e una dal lato russo di Ivangorod. Il tutto assume le forme della vera Frontiera, coi due castelli che si guardano minacciosi ricordando sfide di altri tempi, il fiume che passa sotto e il ponte che rappresenta l’unico punto di passaggio! Davvero suggestivo! A causa del ponte, che non poteva sopportare pesi eccessivi, l’afflusso era regolato dai posti di blocco sulle due sponde. Grazie alle moto, invece, abbiamo aspettato solo 10 minuti, contro le 4 ore (ripeto: 4 ore!) passate da due ragazzi di Torino in macchina.
Oltre al rapido cambiamento meteorologico e al posto di dogana così suggestivo, un forte temporale ha contribuito ad enfatizzare il passaggio di frontiera. Hanno controllato i visti e ci hanno dato una dichiarazione legata alla moto, che avremmo dovuto consegnare all’uscita dal paese. Anche in questo caso, le voci (quelle maledette voci che durante l’inverno mi avevano tolto il sonno!) si erano rivelate del tutto infondate e il passaggio è stato rapido e facile, senza farci nemmeno compilare la dichiarazione della valuta posseduta.

Eravamo entrati! Finalmente iniziavo a realizzare che ci trovavamo in Russia e il vedere le scritte in cirillico mi ha esaltato notevolmente!
Lentamente ci siamo  avviati verso il centro di Ivangorod, seguendo le indicazioni per San Pietroburgo. Continuava a piovere, ma dopo pochissimi km un arcobaleno che andava da un capo all’altro dell’orizzonte ci ha accolto, mentre la strada riprendeva ad essere circondata da boschi di conifere.
Purtroppo avevamo un forte ritardo, incrementato anche durante il passaggio di frontiera durante il quale avevamo perso un’altra ora dovuta al fuso orario, avanti di un’ora rispetto all’Estonia, cioè avanti di due ore rispetto all’Italia.
  Lungo la strada tutti i cartelli sono bilingue e riportano San Pietroburgo, tranne due cartelli, che riportano stranamente ancora la vecchia indicazione di Leningrado.
I 150 km che ci separavano da S.P. sono diventati lunghissimi e molto impegnativi, anche a causa dello stress mentale dovuto a molti fattori: la pioggia battente, l’oscurità che non mi faceva vedere bene dove andavo, la paura di percorrere le strade russe in piena notte (maledette voci....mai viste strade più tranquille!), l’ansia di arrivare in una grande città sconosciuta in piena notte e di dover trovare l’albergo.

Dopo aver percorso numerosi km siamo arrivati al cartello che segnalava l’inizio della città. Sulla cartina mancavano ancora un buon numero di km, però il cartello mi ha molto sollevato e speravo di essere arrivato.
In realtà, S.P. è una città enorme e quel cartello si trovava ancora nel bosco! Poco dopo è iniziata la periferia, che ci ha accompagnato per più di 20 km.
I cartelli che indicavano il centro erano totalmente assenti e siamo dovuti andare a intuito per molto tempo. Quando abbiamo ritenuto di trovarci abbastanza vicini al centro, che comunque è immenso, abbiamo chiesto indicazioni a un ragazzo. Fortunatamente la direzione era giusta e nel giro di pochi incroci siamo entrati nella cartina della F.M.B. di S.P. che avevo comprato a Roma. Emanuela anche in questa occasione è stata eccezionale e si è destreggiata con i nomi in cirillico delle strade in modo egregio. Il tutto, inoltre, era reso ancora più difficile dai numerosi cantieri che bloccavano del tutto diverse strade, ma nel giro di pochissimo tempo è riuscita a farci attraversare un buon pezzo di città, guidandoci in modo perfetto fino alla mitica prospettiva Nevskij. A quel punto, a meno di 5 km dall’albergo, finalmente ho iniziato a rilassarmi e a godermi gli ultimi minuti di quel viaggio non lungo, ma emotivamente molto intenso e impegnativo.

Verso mezzanotte siamo finalmente arrivati all’albergo Moskva. Appena arrivati siamo stati letteralmente assaliti dalle persone della sicurezza dell’albergo. In inglese continuavano a ripeterci di stare attenti, che potevano rubarci le moto in qualunque momento, ecc. Il loro scopo era terrorizzarci con l’idea dei furti per spillarci quattrini per una loro guardia attenta e permanente.
La signora della reception (in ogni caso piuttosto sgarbata), per fortuna ci ha indicato un garage a pagamento che si trovava nell’isolato subito dietro a quello dell’albergo.
L’albergo era sterminato, come tutte le cose in Russia: non hanno le mezze misure, altro che gli Stati Uniti! La camera che avevamo prenotato era molto graziosa, ben arredata, pulita, con TV satellitare in cui si prendeva anche la RAI (lo dico per le persone che guardano la TV, personalmente in viaggio la odio), mentre il bagno era un po’ vecchiotto, ma perfettamente funzionante e pulito.

S.P. è una città semplicemente magnifica, che ti stupisce ad ogni angolo. Nonostante le sue dimensioni eccezionali è una città che va percorsa a piedi, come tutte le grandi città, con “grandi” stavolta non inteso come misura d’estensione.
Il primo giorno abbiamo fatto a piedi tutta la Prospettiva Nevskij, un nome che da solo suscita un brivido. Arrivati in fondo alla prospettiva, dalle parti della piazza del Palazzo d’Inverno, ci siamo spinti fino sul lungofiume.
Tornando alla Prospettiva, tutti i palazzi che vi si affacciano sono splendidi e alcuni sono dei veri capolavori. E’ da fare a piedi in tutta tranquillità, godendo di tutti gli angoli e gli spunti che offre. In più, abbiamo trovato divertentissimo fermarci nei negozi che si affacciano, girandoli un po’.
Un altro aspetto che mi ha molto colpito è l’efficienza e la razionalità della viabilità urbana e di quella pubblica in generale. La segnaletica è sempre presente (a parte i cartelli con le indicazioni per uscire dalla città, del tutto assenti!) e perfettamente funzionante, così come la stupenda metropolitana, che consiglio vivamente di prendere in quanto è un’esperienza divertentissima: cercare di capire la direzione utile e la stazione alla quale scendere non sono operazioni così immediate! Anche i tram sono onnipresenti, così come i filobus.
La Piazza del Palazzo è una delle piazze più belle che abbia mai visto, e secondo la mia esperienza gareggia con la piazza della città vecchia di Praga, sicuramente tra le più belle d’Europa. La caratteristica di S.P. è che le dimensioni di tutto sono doppie rispetto alle nostre. Tutto è incredibilmente vasto, ma talmente proporzionato che non ci si accorge delle reali dimensioni della piazza fin quando non si prova a percorrerla da una parte all’altra. In quel momento, quando ci si accorge di camminare da un paio di minuti buoni, ci si rende conto che si stanno percorrendo centinaia di metri.
Dalla piazza del Palazzo si può proseguire verso l’Ammiragliato, dalla caratteristica cupola acuminata, purtroppo in rifacimento. Accanto all’Ammiragliato c’è uno splendido parco in cui si trova la statua equestre di Pietro I il Grande, il fondatore della città, e altre statue interessanti.
Dalla Prospettiva si arriva in un attimo alla Cattedrale del Salvatore sul Sangue Versato, una splendida chiesa ortodossa sullo stile della più celebre San Basilio di Mosca. La chiesa è meravigliosa, da togliere il fiato; in più ti cattura dal profondo, calandoti all’improvviso nella realtà russa: davanti a lei ti rendi davvero conto di essere entrato in un’altra cultura. L’interno si  visita a pagamento, ma è inutile che vi mettiate in fila al botteghino all’esterno: quello è per i russi, che pagano un’inezia, mentre la cassa per occidentali danarosi è all’interno, e il rapporto tra i due prezzi  è di 1 a 10.
Tornando alla città, sulla Prospettiva Nevskij si affaccia la bella Cattedrale di Kazan, molto interessante, con un ampio colonnato che ricorda San Pietro. Alle spalle della Cattedrale c’è un canale molto carino, sul quale si getta un ponte bellissimo, chiamato Ponte della Banca.
A partire dall’Ammiragliato, invece, si arriva facilmente alla bellissima cattedrale di Sant’Isacco. Anche questa ha delle dimensioni stupefacenti.
Poi abbiamo fatto un lungo giro sull’isola Vasilievskij e, dopo aver attraversato un bel ponte, sull’isola Petrogradskij, arrivando alla splendida fortezza dei SS. Pietro e Paolo. Proseguendo sul lungofiume Petrovskaja, dal quale si godono dei panorami semplicemente incredibili, si arriva fino al mitico Incrociatore Aurora.
Intorno all’Incrociatore ci sono molte altre costruzioni interessanti, come l’accademia navale o la prima casa in legno che abitò Pietro I il Grande durante la costruzione di S.P..
Parlando di aspetti più pratici di S.P., posso dire che trovare i distributori di benzina non è facile e bisogna sapere dove sono, altrimenti non si trovano, quindi chiedete indicazioni.
L’Hermitage è semplicemente incredibile: a parte le notevolissime collezioni d’arte, gli interni del palazzo sono assolutamente meravigliosi. E’ necessario consultare una guida che descrive il museo e le sue collezioni prima di entrare, per decidere fin da subito il percorso che si intende seguire. In caso contrario, ci si troverà a vagare in un museo sterminato che vanta centinaia di migliaia di pezzi, esposti in centinaia si sale, saloni, corridoi e sotterranei!
Concludendo la parte relativa alla città, va detto che la situazione della criminalità è perfetta: siamo stati in metropolitana, nei giardini pubblici, abbiamo girato alle 3 di notte per vedere i ponti mobili che si alzavano sul fiume, abbiamo girato la sera per fare foto notturne, ecc., e non abbiamo mai avuto il minimo problema. Questione di fortuna, certo, ma allora è anche questione di Sfortuna quella che ha visto protagonisti dei turisti scippati o altro.
Passiamo alle regge degli zar: abbiamo visto Petrodvorec e Puškin. La prima è quella più celebrata (c’è un servizio sul numero di Bell’Europa di ottobre 1999), ed è semplicemente stupefacente. Si affaccia sullo splendido Golfo di Finlandia, tramite dei giardini che da soli basterebbero a lasciare a bocca aperta; se poi aggiungete delle fontane da favola, il gioco è fatto! Decine di cascatelle con scivoli di marmo, fontane con statue allegoriche di personaggi mitici ed animali fantastici, il tutto condito con ampi spruzzi d’acqua. Sono da vedere anche i giardini alle spalle del palazzo e gli interni del palazzo.
Infine, arrivando a Petrodvarec si incontra una splendida chiesa ortodossa, sullo stile della celebre San Basilio di Mosca e della bellissima Cattedrale del Salvatore sul Sangue Versato di Leningrado.
Puškin è meno appariscente di Petrodvorec, ma non meno bella. Nei suoi meravigliosi giardini si trova un lago molto pittoresco, e la reggia è enorme. 
Riguardo le regge, c’è da dire che mentre Puškin ha un minimo di segnaletica che ti guida (ma molto, molto minima), Petrodvorec non ha nemmeno quella.
La parte esterna della città è analoga al centro per dimensioni, soltanto che qui i palazzi diventano casermoni piantati in mezzo al nulla. Va ripetuto, però, che non hanno nulla da invidiare alle periferie delle grandi città europee, e che in confronto alle favelas che ho visto in un sobborgo di Lisbona sono molto più dignitose.
Raccontando qualcos’altro di S.P., posso parlare un po’ meglio dei ponti mobili della Neva: lo spettacolo, anche se a notte fonda, va assolutamente visto. E’ impressionante vedere questi ponti enormi, a 6 corsie, più quelle del tram, che si alzano di novanta gradi. Poi bisogna parlare delle navi: una sequenza senza soluzione di continuità di navi enormi, silenziose e nere come la notte che passano dove prima c’era un ponte e ora c’è un varco largo quanto basta. A rendere il tutto ancora più inquietante, ci sono queste navi che in molti casi sono fatiscenti.
L’ultimo aneddoto riguarda una multa che ci hanno fatto in pieno centro a S.P.. Ho fatto un’inversione dove non si poteva e un vigile gentilissimo ci ha contestato una multa di “ben” 40 rubli, cioè 3200 lire!
Per quanto riguarda le condizioni meteorologiche, abbiamo trovato sempre nuvoloso e la temperatura era assolutamente confortevole, tanto che potevamo camminare per ore senza sentire la pesantezza del caldo che lo scorso anno ci ha tormentato in Spagna. Gli ultimi due giorni, fortunatamente, abbiamo avuto il cielo sereno e un bellissimo sole che ha messo in evidenza dei colori fantastici, normalmente spenti.

Il giorno della partenza verso Tallinn, invece, era di nuovo nuvoloso, ma per fortuna non pioveva. Sono arrivato al confine con un attacco di malinconia, la Russia mi era prepotentemente entrata nel cuore e stavamo per abbandonarla. Il doganiere mi ha fatto aprire il baule posteriore (scontrandosi con il fornelletto, lo scolapasta e gli spaghetti!) e dopo avermi chiesto candidamente se portavo armi o droga, ci ha fatto passare. Anche stavolta, i “terribili” doganieri russi se la sono cavata con 5 minuti di controlli.

Tornati in Estonia, abbiamo percorso tutta la statale 1 verso Tallinn. La temperatura si è abbassata notevolmente, e in quel momento mi sono pentito di non aver portato l’imbottitura della giacca.

Andando verso Tallinn abbiamo assistito all’ennesimo tramonto meraviglioso di questa vacanza. Per fortuna non abbiamo avuto eccessive difficoltà nel trovare da dormire. Il campeggio (“Kloostrimetsa Camping” in località Pirita; purtroppo non ho ritrovato la ricevuta, per cui non so dire quanto abbiamo speso) si trova all’interno di un fitto bosco. Alla fine siamo arrivati in questo campeggio che, per quanto avesse dei begli spazi, tanto aveva dei bagni osceni: vecchi, brutti e sporchi!
Tallinn è una città davvero bella, il cui centro storico è pressochè intatto nelle sue atmosfere medievali. Il giro di mura è praticamente completo e movimentato da torri cilindriche con i caratteristici tetti a cono fatti di tegole rosse: davvero pittoresco. Il centro si inerpica sulla collina di Toompea, fino al castello e alla cattedrale ortodossa dedicata a Alessandro Nevskij (sì, sempre lui!). Anche questa cittadina è da girare a piedi in tutta calma: ci vorrà una giornata intera, non di più. E’ assolutamente da vedere il panorama che si gode dalla torre del municipio.

Da Tallinn siamo partiti abbastanza preso alla volta dell’isola di Saaremaa. Ero molto eccitato all’idea di prendere il traghetto e l’isola mi attraeva molto. Infatti, avevo voglia di andare in un posto non battuto dal turismo di massa.
Riguardo Saaremaa avevo visto giusto: il traghetto, che per un passaggio costava 80 kroon (circa 10mila lire) per 2 persone e la moto, è stato molto divertente, l’isola è stupenda, anche perchè fino a pochi anni fa era chiusa in buona parte al pubblico in quanto zona militare sovietica, e di turisti ce n’erano davvero pochi (gli stranieri non c’erano e i turisti locali sono ancora una razza rara: le vacanze costano).
Avevo letto alcuni articoli sull’isola, e sapevo che c’erano dei mulini a vento in legno e altre attrazioni di questo tipo. Quello che non avevo letto e che ho impiegato un po’ a capire del tutto, anche una volta sull’isola, è che le strade asfaltate sono una eccezione, rispetto alla regola delle strade sterrate.
Il campeggio “Mandjala Puhkeküla” (località Mandjala, 11 km a sud di Kuressaare; il bungalow per 2 persone veniva 290 kroon per notte colazione inclusa, circa 36mila lire) che abbiamo trovato è stato uno dei più belli del viaggio: i bungalow erano bellissimi, forniti di termosifone elettrico, il tutto immerso in una pineta splendida, a due passi dal mare (purtroppo brutto) e i bagni erano belli e puliti, anche se un po’ vecchi.
Il giorno dopo ero deciso a fare un bel giro a sud, lungo una penisola e tornare al campeggio dopo un giro di circa 80 km, forse qualcosa in più. Pochi km dopo Kuressaare la strada è diventata sterrata, ed è rimasta così finchè non siamo tornati sulla strada principale, dopo circa 60 km di sterrato ininterrotto. Il giro è stato molto eccitante, la sensazione era di essere arrivati dove pochi erano arrivati (e secondo me nessuno su due moto come le nostre...), i paesaggi erano spettacolari, abbiamo visto finalmente i mulini a vento e tutto andava per il meglio. All’improvviso ha iniziato a piovere: non una pioggia leggera, ma un acquazzone di quelli molto tosti: eravamo a circa 40 km dal campeggio, di cui 30 di sterrato. Abbiamo iniziato ad andare sui 50, poi 60 km/h; alla fine sfrecciavamo a 80 km/h su strade sterrate, bagnate e molto strette. Dopo questa bella cavalcata sotto la pioggia battente (in mezz’ora di pioggia si erano inzuppate anche le mutande!), siamo arrivati al campeggio dove la ragazza della reception ci ha accolto con una tazza di caffè rovente molto simile a quello italiano che ci ha confortato molto.
Siamo partiti dal campeggio in tutta fretta perchè rischiavamo di perdere il traghetto, mentre noi dovevamo arrivare fino a Riga! Quindi, dopo esserci coperti per bene (per fare la gita avevamo lasciato i bagagli al campeggio e ora li avevamo ripresi per partire) abbiamo fatto un’altra corsa folle verso il porto, sempre sotto una pioggia battente. Siamo arrivati 5 minuti prima della partenza, tagliando anche stavolta un bel pezzo di coda (tanto il posto per due moto si trova sempre!). Per non parlarne più, dico subito che la pioggia torrenziale ci ha accompagnato fino al confine con la Lettonia, dove siamo stati accolti da un arcobaleno bellissimo e da un cielo incredibile, ricco di nuvole dalle forme inimmaginabili!

Stavolta la frontiera con la Lettonia è stata molto rapida, in quanto eravamo sulla famosa via Baltica, che unisce le tre capitali baltiche.

Come al solito siamo arrivati a Riga molto tardi e, come la prima volta, anche stavolta abbiamo patito molto per trovare da dormire. Infatti non volevamo tornare nell’ostello della prima volta, dato che costava 30mila lire a testa per notte. Dopo aver provato i 3 ostelli del centro, tutti completi, siamo riusciti a trovarne un altro che ci avevano indicato degli italiani a Tallinn.
L’ostello (“Placis Youth Hostel”, 2a Laimdotas iela; la camera per 2 persone veniva 6 lati per notte, circa 30mila lire) era davvero splendido, le camere nuovissime, molto grandi e arredate con gran gusto, avevano letti comodissimi, moquette, piante e TV satellitare. Insomma, era un vero albergo a 15mila lire a testa per notte! I bagni erano, come al solito, vecchiotti ma puliti.
Riga è molto graziosa, personalmente mi ha colpito meno di Tallinn, in quanto ha meno caratteristiche originali nell’architettura. In ogni caso mi è piaciuta perchè nel panorama conserva molte caratteristiche sovietiche: linee severe, razionali e comunque affascinanti. Il centro storico ha degli angoli davvero belli che vanno visti con calma; anche in questo caso la città va girata a piedi, prendendosi una giornata intera.
Riga, e la Lettonia in genere, mi ha dato l’impressione di vivere un periodo abbastanza difficile, non so se sono in ascesa o in discesa, so solo che ho visto numerosi mendicanti, molti di più di quelli che ho visto a Vilnius o a S.P., mentre a Tallinn non ne ho visti per nulla.

La tappa successiva ci avrebbe portato a Neringa, in Lituania. Avevamo la possibilità di seguire una strada diretta, verso Liepaja, oppure di puntare verso nord allungando di oltre 100 km (e non avevo idea di quello che avrei trovato...) per passare all’interno di un parco nazionale.
L’intenzione era di fare una strada litoranea ma, come avremmo dovuto capire già in precedenza, nelle repubbliche baltiche, se ci sono 10 metri di terra, ci crescono degli abeti secolari che coprono il panorama. Per questo motivo, passare su una litoranea o in mezzo a un bosco è esattamente la stessa cosa!
Arrivati a Kolka, nell’estrema punta nord della Lettonia, avremmo dovuto proseguire il giro nel parco dirigendoci verso Ventspils, per poi arrivare fino a Liepaja. Il problema è stato che a Kolka è iniziata la strada sterrata. Siccome sulla cartina, il colore della strada non cambiava e ci trovavamo all’interno di un parco nazionale piuttosto frequentato, ho avuto l’ingenuità di pensare che si trattasse di uno sterrato molto breve e ci siamo incamminati. Stavolta, al contrario della strada fatta a Saaremaa, eravamo carichi. Quei pochi km si sono trasformati in 50 km misurati di strada sterrata, piuttosto difficile in alcuni punti poichè si accumulava uno spesso strato di sassi, dando una sensazione molto simile alla sabbia. Il panorama, per lo meno, ha ripagato la nostra fatica.

Non pago dei 50 km di sterrato e con ancora un bel pezzo di strada da fare prima di Neringa, abbiamo fatto una deviazione all’interno per vedere un paesino di nome Kuldiga. Quando siamo arrivati, ci siamo ritrovati in un paesino come quelli che si vedono nei film di cow-boy di qualche anno fa.
Come una beffa del destino, andando via dal paese e cercando di ricongiungerci alla statale A9 che ci avrebbe portato fino a Liepaja, siamo passati in una strada in rifacimento: altri 20 km di sterrato, in alcuni tratti molto brutto. Non ce la facevo davvero più, quella è stata una giornata molto impegnativa e faticosa, forse la tappa più faticosa di tutto il viaggio.

Finalmente l’asfalto è tornato, siamo arrivati a Liepaja e abbiamo proseguito fino al confine con la Lituania lungo la statale A13.
Siamo arrivati alla dogana in piena notte, con un freddo piuttosto pungente. Il passaggio di frontiera è stato rapidissimo, nonostante la lunga attesa all’ufficio di cambio, alle spalle di un tipo che stava cambiando non so quanti milioni (uno dalla faccia molto losca!).

In breve tempo siamo arrivati a Klaipeda, dove sapevo esserci un porto dal quale partivano i traghetti per Neringa. Infatti, la penisola di Neringa è una lingua di terra sottilissima che inizia nell’enclave russa di Kaliningrad e finisce in territorio lituano. Quindi, dal lato lituano è necessario prendere il traghetto, che costa per 2 persone e la moto, andata e ritorno, 12 lita, circa 6mila lire.
Anche stavolta abbiamo vissuto un’esperienza divertentissima e insolita! Incredibilmente, alle 23 (forse era anche più tardi) il traghetto era ancora in funzione e in 5 minuti eravamo a bordo di una zattera un po’ cresciuta. Nel cuore della notte abbiamo attraversato uno stretto braccio di mare, nero come la pece, sotto un cielo incredibilmente stellato.
Non avevamo idea di come fosse Neringa: in pratica, si attraversa una fitta foresta senza incrociare mai nemmeno una casa, tranne quando si arriva al posto di blocco che regola l’ingresso al parco. Una volta pagato il biglietto si piomba nuovamente nella foresta, il tutto a mezzanotte passata.
Arrivati a Juodkrantè, per chiedere informazioni per dormire, siamo entrati in un locale piuttosto squallido in cui c’erano 4/5 persone per lo più ubriache, che ridevano e scherzavano. A gesti abbiamo fatto capire che cercavamo da dormire in un posto economico. Una signora sembrava aver capito e ci invita a seguire lei e un tipo del tutto ubriaco. Dopo pochi metri entrano in un vialetto buio e parcheggiano in un cortile circondato da una capanno, un orto e una casa a un piano. Lì le persone sono diventate 3 o 4, non ricordo, e una di queste apre il capanno. In pratica, ci stavano offrendo da dormire in una stanza microscopica, tutti insieme. Avendo visto che Emanuela spingeva per farci andare via, uno dei tipi ci ha detto di aspettare un attimo. Dopo un paio di minuti arriva dalla casa accanto una signora visibilmente insonnolita che ci chiede di salire in casa. Un po’ titubanti abbiamo seguito la signora, che ci ha mostrato una camera con due letti rifatti e dicendo che avrebbe liberato la camera dove stava dormendo per far posto ad Adriano. La casa, che esternamente era un po’ malridotta, all’interno era nuovissima e molto bella. Abbiamo accettato immediatamente la proposta della signora, che per l’equivalente di 15mila lire a persona ci metteva a disposizione la camera, la cucina, il bagno e il parcheggio nel cortile.

Il giorno dopo abbiamo fatto una lunga gita verso Palanga, dove finisce la parte lituana di Neringa e inizia la parte di Kaliningrad, l’enclave russa stretta tra Lituania e Polonia.
Il parco nazionale di Neringa è davvero stupefacente e ancora una volta ci siamo stupiti per la totale assenza di turisti, probabilmente sono attratti da mete più pubblicizzate. Neringa è famosa per essere una lingua interamente sabbiosa, ancorata dalla foresta che cresce rigogliosa, impedendo alla sabbia di disperdersi sommergendo i villaggi presenti. In alcuni punti, però, la sabbia la fa ancora da padrona, dando vita al cosiddetto “Sahara lituano”.
Palanga è un paesino molto grazioso dall’aspetto svizzero, tanto è ben pulito, ordinato ed elegante.

Il giorno dopo siamo partiti alla volta di Olsztyn, in Polonia, decisi ad unire due tappe in un’unica tirata di più di 500 km. Così facendo abbiamo perso un paio di escursioni carine che avremmo potuto fare avendo più tempo e in più ci siamo stancati moltissimo, cosa che ha portato poi a una triste conclusione di giornata. Ma non anticipiamo gli eventi.

Siamo partiti la mattina da Juodkrantè, prendendo il traghetto che ci avrebbe riportato sulla terraferma. Dopo aver cambiato altri soldi a Klaipeda siamo partiti verso Kaunas. La cittadina è molto graziosa e merita un giro nella parte vecchia, che si gira in meno di 2 ore.

Da Kaunas abbiamo proseguito verso il confine polacco. Dopo aver passato la dogana, la giornata era ormai al termine e abbiamo visto l’ennesimo tramonto da favola. Il resto della strada l’abbiamo fatto al buio.
La cartina della F.M.B. che avevo traduce le carte della Euro Cart, è del 1996 e riporta la strada numero 16, che va da Augustow ad Olsztyn, come una strada di grande scorrimento.
Purtroppo è molto difficile spiegare com’era questa strada, e rendere l’idea dell’angoscia, della fatica, dello scoraggiamento e dell’arrabbiatura che ho provato nel percorrerla. In realtà, quella che doveva essere una statale era poco più, senza esagerare, di una nostra interpoderale.

Dopo un bel po’ di tempo, nei pressi di Olsztyn, la strada ha finalmente ripreso delle dimensioni normali e siamo arrivati rapidamente in città. Per l’ennesima volta abbiamo avuto il problema del pernottamento, solo che stavolta era notte fonda e non avevamo idea di dove andare.
In tutto questo girovagare, stravolti dalla stanchezza, per una curiosa congiunzione astrale, proprio mentre Nelìk compiva 90mila km, Adriano è caduto durante l’ennesima inversione ad U. Purtroppo la caduta si è rivelata più grave di quanto sembrasse inizialmente e a Danzica, un paio di giorni dopo (in un ospedale ortopedico bellissimo), abbiamo scoperto che si era rotto un paio di ossicini del piede.
Dopo aver cercato inutilmente questo campeggio, siamo tornati in un albergaccio che avevamo visto nei pressi della stazione di servizio. Prima di tutto abbiamo portato i bagagli di Adriano nella sua stanza. Quando il facchino ha aperto la porta, sono entrato subito e ho visto uno spettacolo piuttosto schifoso. Le pareti della camera erano affollate di piccoli scarafaggi, mentre il lavandino a muro era ricoperto di questi insetti biancastri. In pochi secondi erano scomparsi del tutto. Per evitare ad altri questa pessima esperienza riporto i dati dell’albergo: Hotel “Jantar”, ulica Ketrzynskiiego, 5 Olsztyn; la camera per 2 persone veniva 60 zloty per notte, circa 30mila lire.

Il mattino dopo alle 9 siamo stati svegliati da un Adriano più zoppicante che mai e siamo andati via da quel posto infame, dirigendoci in centro per rimediare qualcosa da mangiare.
Il centro di Olsztyn è carino, ma è tranquillamente trascurabile. Dopo esserci rifocillati siamo partiti verso l’ultima meta del viaggio degna di nota: Danzica!

Nella tappa verso Danzica erano previste due deviazioni. La prima era a Lidzbark Warminski, ed è stata eliminata a causa delle cattive condizioni fisiche di Adriano. Invece abbiamo fatto la seconda deviazione, e dopo un paio d’ore di viaggio siamo arrivati a Malbork, dove si trova uno dei più grandi e bei castelli teutonici d’Europa.

Ovviamente anche per Danzica avevamo il problema di trovare il campeggio, ma la ricerca è stata relativamente breve e quello che abbiamo trovato, tra l’altro, era davvero bellissimo (campeggio “Osrodek Turystyczny”, località Stogi, ulica Wydmy, 1; il bungalow per 2 persone veniva 50 zloty al giorno, circa 25mila lire), a due passi da una splendida spiaggia sul mitico Mar Baltico.
Come per S.P., anche a Danzica mi sono stupito: me l’aspettavo bella, ma non così bella. La città è stata perfettamente ricostruita con una cura e un dettaglio che definirei, a questo punto, tipici polacchi, avendo visto Varsavia e altre città polacche devastate dalla guerra. Danzica, infatti, è stata la prima città attaccata dalla Germania nazista, il 1° settembre del 1939. Le architetture sono splendide e il centro storico, piuttosto ampio e in gran parte pedonale, è un vero gioiello.

Dopo Danzica ci siamo diretti verso Poznan, fermandoci prima a Malbork (all’andata ci avevano fatto entrare nel castello all’ora di chiusura, per cui era già tutto chiuso!) e poi a Torun.
La cittadina di Torun è molto graziosa ed è famosa per aver dato i natali al celebre astronomo polacco Niccolò Copernico, il cui vero nome è Mikolaj Kopernik. Il centro storico si gira in meno di un’ora, ma vale la pena fermarsi perchè ha dei monumenti davvero belli.

Arrivati a Poznan abbiamo avuto il solito problema del dormire, ma come era capitato nelle altre città polacche, siamo riusciti a risolverlo abbastanza in fretta. Il campeggio (in località Strzeszynek, Camping “nr.111”, ulica Koszalinska, 15; 2 persone, moto e tenda 21 zloty, poco più di 10mila lire), poco fuori città, è grazioso per quanto riguarda il posto in cui mettere la tenda (ci sono prati ben tenuti, anche se le piazzole sono assenti), mentre i bagni lasciano un po’ a desiderare.

Dopo Poznan abbiamo fatto una lunga sgroppata verso Berlino per poi deviare decisamente verso sud alla volta di Ingolstadt.
La frontiera tra la Polonia e la Germania era preceduta da una fila davvero chilometrica, almeno 3/4 km di macchine ferme. Fortunatamente anche stavolta siamo riusciti a passare subito e nel giro di venti minuti abbiamo superato un ostacolo che ci avrebbe portato via diverse ore.
Arrivati in Germania ero sicuro di poter tenere medie degne di Nelìk grazie alla fitta rete di autostrade, per giunta gratuite. La realtà è stata notevolmente diversa. Per tutta la parte di Germania attraversata, dal centro-nord fino a sud al confine con l’Austria, c’erano decine di cantieri aperti e spessissimo viaggiavamo su un’unica carreggiata, con pericolosi cambi di corsia.
Morale della favola, ci siamo dovuti fermare nella temutissima Norimberga, un centinaio di km prima di Ingolstadt. Se da un lato sapevamo dov’era il campeggio (per cui abbiamo evitato la ricerca di un posto dove piantare la tenda), dall’altro sapevamo che si trattava del lager in cui ci eravamo fermati due anni fa.

Il mattino dopo, dato che Adriano voleva fare una tirata unica fino a Roma mentre noi ci saremmo fermati a Milano, ci siamo salutati, interrompendo così un mese di vacanza davvero piacevole. Apro una piccola parentesi su Adriano.
Questo è stato il primo viaggio in cui Emanuela ed io ci siamo uniti ad un’altra persona, e devo dire che è stato un compagno di viaggio assolutamente perfetto. A mio parere, poi magari lui ha tutta un’altra opinione di noi, ci siamo compensati piuttosto bene. Lui amava fare passeggiate mattutine, mentre noi preferivamo poltrire un po’ di più e per quanto riguarda i gusti in fatto di turismo e di foto ci intendevamo alla perfezione: a entrambi piaceva fare lunghe passeggiate a piedi nelle città che visitavamo, volevamo vedere nel modo più completo possibile i posti in cui ci fermavamo, ecc. In più abbiamo unito anche una buona dose di tolleranza reciproca. Il tutto si è concretizzato in un mese e in 10mila km passati senza il minimo screzio, cosa assolutamente rara per il sottoscritto. Di sicuro nelle prossime estate gli chiederò di venire con noi anche perchè, tra l’altro, è anche molto simpatico, intelligente e brillante. Ok, ora basta! :)

Il viaggio fino a Milano è passato abbastanza velocemente, anche perchè la situazione delle autostrade tedesche dopo Monaco è migliorata, e nei tratti austriaci e italiani non abbiamo avuto il minimo problema. Quest’anno il Brennero costava 14mila lire.

Il resto è privo di interesse... Siamo partiti da Milano nel tardo pomeriggio verso Torino, nella quale sono rimasto quasi una settimana per riposarmi e rimanere ancora un po’ con la mia ragazza.

Il mio rientro a Roma è stato veloce e penoso come al solito, per il fatto di dover lasciare Emanuela per un periodo indeterminato! :(

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 Considerazioni tecniche del viaggio

Come ho accennato in più punti del diario, le strade attraversate sono state piuttosto eterogenee. Si va dalla brutta autostrada Villach - Vienna in Austria alle belle strade slovacche (ben pavimentate e piacevoli per i paesaggi attraversati), per poi passare alle terribili strade polacche afflitte dagli immancabili solchi provocati dai camion e asfaltate in maniera pessima. Proseguendo, nei paesi baltici (Lituania, Lettonia ed Estonia) le strade sono sempre ben tenute e ben asfaltate. Unica eccezione sono le strade situate in posti particolari come in parchi nazionali o zone protette, che facilmente possono essere sterrate. Anche in Russia le strade sono ben tenute tranne nelle grandi città.

Un altro discorso riguarda la segnaletica. Facendo uno sforzo di memoria mi sembra che in Austria, Slovacchia e Polonia questa sia molto buona. Nelle repubbliche baltiche, invece, può capitare di trovarsi spaesati, soprattutto all’ingresso e all’uscita dalle città, ma in genere sono buone. In Russia, a parte la strada principale per arrivare a S.P., dotata di molti cartelli con la doppia trascrizione in cirillico e in caratteri latini, i cartelli sono del tutto assenti. Uscire dalla città è molto difficile, così come trovare località vicine come le residenze imperiali. Bisogna essere fortunati nel percorrere le 3/4 strade dotate di qualche raro cartello. Comunque, le persone sono molto disponibili a dare le indicazioni.

Passando all’argomento del rifornimento di benzina, nessun paese pone dei problemi. In tutti i paesi la frequenza è buona senza mai toccare i vertici italiani (credo che per numero di pompe di benzina il nostro paese sia tra i più dotati in Europa), ma senza nemmeno lasciare troppo a desiderare. Bisogna sempre essere sicuri, però, di avere almeno 60 km di autonomia per evitare spiacevoli contrattempi.
In posti particolari come l’isola di Saaremaa in Estonia, i parchi nazionali, ecc. i benzinai sono piuttosto rari, ma avendo un’autonomia di almeno 60 km si può stare tranquilli.

La benzina in Austria costa poco meno che da noi; in Slovacchia costa circa 1500 lire, così come in Polonia, mentre nelle repubbliche baltiche il prezzo scende a circa 1200 lire. Nella mitica Russia, infine, un litro di carburante costava poco meno di 500 lire al litro. I prezzi sono indicativi, cioè da leggere “100 lire in più, 100 lire in meno” e si riferiscono alla verde.
Nuccio mi aveva avvertito che la benzina russa aveva fatto battere in testa la sua BMW K 100, ma le nostre moto, Nelìk e Clelia Rita, hanno digerito perfettamente la bevanda!

Per quanto riguarda gli stili di guida, come al solito, è ben difficile trovare paesi con guidatori peggiori degli italiani, soprattutto per me che vengo da Roma (grande scuola-guida per affrontare serenamente il resto d’Europa!). Solo in Polonia ho trovato personaggi decisamente “allegri” che sfioravano la velocità della luce anche in condizioni limite.
Negli altri paesi, invece, c’è un grande rispetto sulle strade e guidano in modo attento e preciso. Come in tutte le grandi città, a S.P. si può incontrare qualche imbecille, ma più che altro bisogna stare attenti agli improvvisi scarti che le macchine fanno per evitare le voragini che si aprono nell’asfalto.

Per quanto riguarda le dogane, come ho già detto diverse volte nel diario, nessuna ci ha fatto perdere molto tempo, soprattutto perchè con la moto superavamo le file, talvolta lunghissime e i controlli sono sempre molto più rapidi.

A proposito delle dogane, merita un paragrafo a parte il cambiavalute delle frontiere. In tutti questi anni abbiamo visto che nell’80% dei casi applicano dei tassi pessimi, facendoci perdere anche il 10% sulla cifra cambiata.
Quello che facciamo ogni volta che possiamo (cioè quando non è il fine settimana in cui le banche sono chiuse), è di cambiare lo stretto necessario per arrivare al giorno dopo e cambiare in una banca.

I poliziotti fanno numerosi posti di blocco in Polonia e in Lituania: mentre nella prima per miracolo non siamo mai stati fermati (o perchè ci avvertivano in tempo i veicoli che incrociavamo, o perchè erano già impegnati con altre macchine), nella seconda, come ho già raccontato nel diario, siamo caduti nella trappola della pistola radar.
Il consiglio che do, oltre a quello di rispettare i limiti, soprattutto lungo le strade poco trafficate in cui difficilmente si incontra qualcuno che può avvertirci, è quello di temporeggiare il più possibile. Fate finta di non capire cosa dice, di non aver intenzione di pagare (sempre con modi estremamente tranquilli e mai irritati e/o irritanti), se propongono di seguirli in centrale dite di sì, tanto al 99,99% si tratta di un bluff per intimorirvi, se vi chiedono con quali soldi viaggiate dite che state tornando in Italia e avete finito il denaro, ecc.

Il clima, come ho accennato in modo più o meno implicito anche nel diario di viaggio, è stato tutto sommato buono. In Polonia, contrariamente a quando ci andai 5 anni fa, abbiamo trovato sempre un tempo eccellente: cielo perfettamente sereno e una temperatura piacevolissima. Nei paesi baltici abbiamo avuto un po’ di maltempo per cui la temperatura si è abbassata; era ancora accettabile, ma non al punto da farci dormire in tenda. A S.P. siamo stati bene, giravamo sempre con il giubbotto jeans e una felpa.

Un’ultima cosa che riguarda gli ostelli in cui abbiamo pernottato: non ho precisato che tutti avevano il bagno al piano, e mai in camera.
Al ritorno dal viaggio ho parlato con un po’ di amici del mio viaggio, e ho notato che molti erano convinti che gli ostelli, anche da quelle parti, seguissero il regolamento dell’associazione Hostelling International, quindi con uomini e donne separati, orario di rientro serale obbligatorio, ecc. In realtà, quando parlo di ostelli intendo delle pensioni economiche frequentate prevalentemente da giovani, ma che seguono le stesse regole dei normali alberghi, per cui è possibile dormire con la propria ragazza nella stessa camera, non ci sono limiti di orario di nessun tipo, ecc.

Se ci sono altre domande di carattere tecnico che volete pormi, scrivetemi pure al mio indirizzo e-mail, sarò felice di rispondervi! :)

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 Cartografia (guide, cartine, ecc)

Come ormai accade da 3 anni, anche quest’anno siamo partiti con le famose guide verdi del Touring Club. Anche quest’anno, però, sono stati numerosi i motivi per cui ci siamo arrabbiati, anche parecchio, a causa delle errate o mancanti informazioni riportate.
Per quanto riguarda le cartine stradali, abbiamo usato una cartina della Kümmerly & Frei di 10 anni fa (“Cecoslovacchia, Polonia e Germania Est”), che si è rivelata molto più attendibile di quella della Euro Cart, tradotta dallo Studio F.M.B. di Bologna (“Ucraina, Bielorussia, Crimea, regione russo-moscovita”) di pochi anni fa. Credo che questo sia in parte dovuto alla differenza delle scale utilizzate: 1:800mila nel primo caso, e 1:2 milioni nel secondo.
Per quanto riguarda la documentazione ricuperata negli uffici del turismo, i cui indirizzi sono riportati nella pagine delle informazioni utili, quella polacca era quella fatta meglio e davvero utile; anche quella dei paesi baltici era fatta piuttosto bene, mentre quella russa era praticamente inesistente.

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 Conclusioni

Durante il viaggio ho pensato diverse volte, con rammarico, al fatto di aver rinunciato ad arrivare fino a Mosca. L’unica “attenuante” è che in questi mesi diverse persone mi hanno spaventato fin troppo con racconti dell’orrore ambientati nelle città russe e nei paesi baltici, e parecchie volte avevo pensato che stessi esagerando. Fortunatamente la ragione e la razionalità si sono nuovamente impossessate di me, scacciando pregiudizi e paure inconsce, e sono riuscito ad arrivare almeno fino a S.P.. Di sicuro c’è che tornerò in Russia, spero a brevissimo.

Il viaggio è stato bellissimo, sicuramente il più bello che ho fatto finora. Questo sia per i posti incredibili che ho visto, sia per l’“assaggio” che ho avuto della Russia, nazione che mi piace moltissimo. Per far capire in che misura mi è piaciuto, posso dire che la Russia che ho visto quest’anno è stato come aver assaggiato un cucchiaino di Nutella: troppo buona per smettere e troppo poco per essere soddisfatto!

Concludo ringraziando ancora una volta Adriano, che con la sua ottima compagnia e il suo grande aiuto ha contribuito all’ottima riuscita del viaggio!

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