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Agosto 1999 - San Pietroburgo, Paesi Baltici, Polonia

Tragitto seguito nell'Agosto 1999
Tragitto

Informazioni utili per l'Agosto 1999
Info utili

Diario di viaggio dell'Agosto 1999
Diario

Fotografie dell'Agosto 1999
Foto

Vecchio programma: Mosca e San Pietroburgo
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L'importante è essere imparziali! ;)

 Diario di viaggio COMPLETO

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Diario

Pagina 1 (di 5)
(introduzione, organizzazione del viaggio, Polonia (prima parte))

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Pagina 2

Ecco la cronaca più o meno fedele di tutto quello che è successo dal momento della ideazione di questo viaggio, un paio di anni fa, fino alla sua conclusione avvenuta i primi di settembre del 1999.

Buona lettura!

Prima di tutto riporto il chilometraggio di Nelìk!
 

Contachilometri alla partenza
83.160

Contachilometri all’arrivo
93.194

Chilometri percorsi 10.034

 

 Sommario

Premessa (pag. 1)

Nasce l’idea... (pag. 1)

Cerchiamo di organizzarci! (pag. 1)

Finalmente si parte! (pag. 1)

Qualche riflessione più approfondita (pag. 5)

Considerazioni tecniche del viaggio (pag. 5)

Cartografia (guide, cartine, ecc) (pag. 5)

Conclusioni (pag. 5)

 

 Premessa

Nella parte Cerchiamo di organizzarci!, tra le altre cose, faccio una serie di considerazioni assolutamente personali sugli avvenimenti accaduti dal gennaio 1999 in poi. Per questo motivo ogni riferimento a cose o persone è puramente intenzionale, ma per ovvi motivi ho evitato di fare nomi e cognomi.
Un’altra nota che premetto è il fatto che, per più di un motivo, chiamerò San Pietroburgo con il vecchio nome di Leningrado. I motivi sono da ricercarsi nella grande storia di questa città, fatta di eroica resistenza durante la seconda guerra mondiale e nell’enorme fascino che in me suscita questo nome. Va inoltre annotato che buona parte dei pietroburghesi continua a chiamare la città come Leningrado: perchè andare contro queste abitudini? ;)
Infine, ricordo ancora che il racconto del viaggio vero e proprio è nella parte chiamata Finalmente si parte!

N.B. Cliccando sulle immagini inserite nel testo si aprono le foto più grandi. Tutti i prezzi riportati si riferiscono al 1999.

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 Nasce l’idea...

Occorre innanzi tutto dire che l’idea del viaggio in Russia non è venuta a me, bensì è stata una “leggerezza” della mia ragazza. Il giorno del mio compleanno di due anni fa, il 22/6/1997, tra le altre cose che Emanuela mi regalò c’era anche una cartina stradale di Mosca. Il regalo era tanto insolito quanto inaspettato. Lei stessa, successivamente, quando ha visto che la situazione prendeva una brutta piega, ha detto che la cartina era motivata semplicemente dal fatto di volermi dire che mi avrebbe seguito anche in capo al mondo! Quindi, dal suo punto di vista Mosca era un luogo ipotetico e irraggiungibile, simbolo di un qualcosa di molto lontano, ma in realtà non aveva intenzione di andarci! Invece, inconsapevolmente, aveva messo in moto una “macchina infernale” che fin dal 1997 ha iniziato a pensare a questo viaggio, ripromettendosi di iniziare i preparativi una volta tornati in Italia dopo l’estate del 1998.
Infatti, lo scorso anno ho passato gli ultimi giorni di vacanza pensando al momento del ritorno a casa, quando avrei iniziato a girare un po’ per ambasciate e consolati, scrivendo lettere a riviste e cercando di coinvolgere amici e parenti!
Confesso candidamente che lo scopo di coinvolgere altre persone era unicamente dettato dalla paura della situazione che avrei trovato in Russia; poi, per come è andata a finire, devo dire che l’aver avuto una compagnia, oltre a me e alla mia ragazza, ha contribuito in modo rilevante all’ottima riuscita del viaggio.

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 Cerchiamo di organizzarci

Fedele ai miei propositi, dopo poche settimane dal mio rientro in Italia, precisamente dall’ottobre 1998, ho iniziato l’organizzazione vera e propria del viaggio. Comprai un paio di guide turistiche, qualche cartina stradale e iniziai a informarmi presso le ambasciate sui documenti che sarebbero stati necessari. In quel periodo è nata anche l’idea di costruire un sito Internet tramite il quale pubblicizzare la mia idea. Incredibile ma vero, il presente sito, che nel frattempo si è ingrandito e tratta ormai diversi argomenti, è nato con il preciso intento di “reclutare” nuovi partecipanti per questo viaggio!

Il mezzo che più ha riscosso successo, in termini di contatti intrapresi, è stato ovviamente l’annuncio pubblicato sulla rivista Motociclismo. Dopo la sua comparsa sul numero di gennaio ’99 mi hanno chiamato diverse persone, anche nei mesi successivi, nonostante l’annuncio non sia più comparso fino a luglio ’99.
Come bilancio di questi contatti devo dire che un buon 80% si è rivelato di persone completamente inaffidabili. In tutta onestà sono rimasto piuttosto deluso dall’atteggiamento di diverse persone, che inizialmente si sono mostrate estremamente interessate all’idea e sembravano pronte a fare carte false pur di partecipare, poi si sono rivelate dei fuochi di paglia. A un certo punto ho avuto la netta sensazione che provavo quando, da adolescente, parlavo coi miei amici nei lunghi e oziosi pomeriggi di andarcene in qualche paese sperduto nel mondo. L’entusiasmo era lo stesso di quello mostrato dalle persone che mi hanno contattato e anche la rapida conclusione a cui arrivavano i nostri sogni era identica al modo in cui queste persone liquidavano il progetto. Il problema è che la partecipazione o meno di un certo numero di persone poteva impossibilitare lo svolgimento del viaggio, quindi la conseguenza di questa, chiamiamola così, leggerezza, poteva avere conseguenze piuttosto antipatiche!
Alla fine sono arrivato alla conclusione che, se mai dovessi mettere nuovamente un annuncio su una rivista, nel testo scriverei anche “Astenersi perditempo”. Infatti, e con questo concludo questo piccolo sfogo, molte persone mi hanno fatto perdere tempo e denaro in gite, telefonate e incontri. Il problema di queste persone, e con questo concludo davvero, è che alcune mi hanno tenuto in sospeso fino all’ultimo facendomi vivere davvero delle brutte giornate, poichè ormai sul viaggio avevo scommesso parecchio e ci speravo davvero.
 
Continuando a parlare della preparazione del viaggio, i primi mesi dell’anno sono trascorsi in telefonate in tutta Italia, dal Piemonte alla Campania, in gite in Abruzzo, Toscana, Lazio e Campania e a spedire lettere a un po’ di riviste.
Verso aprile/maggio ho raggiunto il massimo numero di adesioni, quantificabili in 10/11 moto e una quindicina di persone. L’entusiasmo era al massimo e il desiderio che luglio arrivasse presto era incontenibile. Poi la guerra con la Serbia ha iniziato a minare le (fragili) intenzioni di numerosi partecipanti e in breve tempo siamo rimasti nuovamente in 2/3 moto. Per concludere rapidamente questo penoso tira e molla, a giugno eravamo nuovamente un buon numero di moto (la guerra era finita, quindi altre persone si erano fatte vive!), allora è arrivato il momento fatidico. Ho spedito a tutti gli aspiranti partecipanti una bella mail in cui sollecitavo la prenotazione dell’albergo. La richiesta non era fine a sè stessa, poichè per avere il visto russo era necessaria la prenotazione alberghiera (voucher). Ero sicuro che nel momento in cui avessi chiesto di sborsare all’agenzia viaggi circa 600mila lire un po’ di persone si sarebbero defilate. Così è stato, ma anche stavolta mi sono dovuto sorprendere dal numero di defezioni, tale da lasciarci nuovamente in 2/3 moto. Inutile nascondere la delusione che provavo, insieme alla paura di dover rinunciare al viaggio.
Solo con due ragazzi, entrambi di Roma (Adriano “Mery Poppins” Lazzarini e Andrea “l’Ingegnere” Rescigno), continuava la preparazione. Abbiamo prenotato l’albergo e abbiamo iniziato a fare i documenti necessari (passaporto, patente internazionale, ecc.) tra fine giugno e inizio luglio, quindi decisamente all’ultimo momento. In quei giorni ho ricevuto le ultime defezioni e alla fine siamo rimasti definitivamente in tre, anche se Andrea verso metà giugno aveva rinunciato per poi ripensarci, mandando però costantemente una serie di messaggi non molto ottimisti! La mia ragazza, che in molte situazioni è più sveglia di me, già a inizio giugno, dopo aver incontrato Andrea per non più di 3 ore, aveva espresso dei dubbi sulla sua partecipazione, mentre io fino all’ultimo ci ho contato.
Uno dei miei grandi difetti è la scaramanzia. Ogni volta che Andrea si esprimeva nel suo tipico modo apocalittico, io prendevo le dovute precauzioni, ma evidentemente Adriano non faceva altrettanto, così il 4 luglio la sua moto lo lasciava appiedato dalle parti di Viterbo. Lo sconforto si è impossessato di me e realmente temevo che questo viaggio fosse stregato. Fortunatamente si è saputo dopo un paio di giorni che il danno era una fesseria.
A causa del grande ritardo con cui abbiamo iniziato a fare i documenti, ho vissuto giorni agitati anche per le varie consegne degli stessi. Riassumendo molto, dico solo che il

 

Le pagine del passaporto con i vistiLe pagine del passaporto con i visti

Le pagine del passaporto
con i timbri
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passaporto è arrivato due giorni prima della partenza, le gomme della moto le ho trovate il pomeriggio prima da un gommista in provincia di Viterbo (di questo “ringrazio” molto il mio (ex) meccanico di (s)fiducia, che mi ha tenuto in sospeso fino all’ultimo minuto per poi abbandonarmi senza troppi problemi), l’assicurazione Ingostrad per i paesi baltici e la Russia è arrivata la mattina della partenza (!) e il visto e il voucher dell’albergo sono arrivati il pomeriggio prima.
In altre parole, sono stati giorni piuttosto sincopati!

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 Finalmente si parte!

Innanzi tutto faccio due premesse: la prima è che partivo da Roma col grosso interrogativo di come sarebbe stato Adriano alla guida. Infatti, nei mesi precedenti alla partenza avevo fatto qualche gita in cui c’era anche Andrea e avevo visto a grandi linee l’andatura, mentre Adriano per un motivo o per l’altro non aveva mai partecipato. Avremmo avuto la prima esperienza comune di moto andando in Russia! Le perplessità, quindi, erano molte e penso anche giustificate. La seconda premessa, ed è stato un pensiero fisso che mi ha accompagnato per quasi tutta la vacanza, è stato il fatto che le gomme montate precipitosamente prima della partenza erano un paio di Avon piuttosto morbide, quindi il mio timore era che dopo 7/8mila km mi abbandonassero tra Lituania e Polonia. Era un pensiero che mi faceva gioire ogni volta che c’era brutto tempo (in modo che la temperatura fosse bassa e quindi le gomme si usurassero poco) e che mi ha aiutato a mantenere un’andatura bassa.
 
Alla fine sembra che sia tutto andato a posto e il 28 luglio parto alla volta di Torino per andare a prendere la mia fidanzata, mentre con Adriano e Andrea avevamo appuntamento a Vienna il 30 luglio, un venerdì. Il viaggio d’andata è andato benissimo, con un cielo parzialmente coperto e una gradevole temperatura semi-autunnale, soprattutto sulle montagne che dividono la Liguria dal Piemonte.

Il viaggio del 30 alla volta di Vienna è stato piuttosto duro: erano ben più di 1000 km e credevo fossero tutti di autostrada. Mi sbagliavo, ma andiamo con ordine.
Arrivati dalle parti di Udine iniziano i primi messaggi minatori di Andrea. Infatti, tutti avevamo portato il cellulare (anche io che non lo sopporto, ma i miei me lo hanno praticamente imposto) e mi sono arrivati messaggi che annunciavano la rottura della moto di Adriano. Precisamente, il 30 luglio alle 14:23 Andrea e Adriano uscivano a Padova per un guasto alla VFR. Tra mille stenti e nuove fermate sono riusciti ad arrivare a Villach, appena dentro l’Austria. Noi intanto seguivamo con ansia questa specie di telenovela arrivando a Vienna a un’ora indecente.
Tornando al viaggio verso Vienna, pochi km dopo essere entrati in Austria, e aver fatto il bollino autostradale del costo di circa 11mila lire, la strada è tornata a due corsie ed ha iniziato a passare in mezzo a molti paesini, proseguendo poi tra tratti rapidi e tratti con lavori in corso per molti km. Quando è ricominciata l’autostrada in maniera definitiva questa si è rivelata praticamente una strada di montagna a 4 corsie, con curve molto accentuate. In poche parole, un’autostrada davvero brutta.
Siamo arrivati a Vienna alle 21 passate, mentre i campeggi chiudono inderogabilmente alle 22 (gli austriaci sono molto precisi...). Ci dirigiamo immediatamente verso il campeggio in cui pernottammo nel ’97 e potete immaginare la nostra faccia quando l’abbiamo trovato chiuso e dismesso (era anche un po’ inquietante!). A quel punto abbiamo iniziato a cercare un altro campeggio che fosse vicino, visto che era molto tardi (il problema di trovare da dormire ci ha poi accompagnato un po’ per tutto il viaggio). Alla fine, dopo aver girato parecchio siamo riusciti a trovare il Camping “Rodaun” (Wien-sud, 1238 Rodaun, An der Au, 2; 2 persone, moto e tenda veniva 221 scellini per notte, circa 33mila lire), alle 21:57. Dopo averci fatto entrare il custode ha chiuso il cancello automatico per riaprirlo solo il mattino successivo!!
Adriano e Andrea, nel frattempo, si erano fermati nei dintorni di Villach sperando di risolvere il problema il giorno dopo. Il programma prevedeva che il giorno dopo ci spostassimo a Cracovia: più di 500 km di strada impegnativa. Per quanto ci riguarda era inutile che rimanessimo a Vienna, città che tra l’altro sopporto pochissimo, quindi il mattino dopo ci siamo avviati verso la Polonia.

La strada che da Vienna va verso la Slovacchia è a 4 corsie fino a pochi km dal confine. Il passaggio di frontiera è stato molto agevole anche perchè, essendo in moto, abbiamo saltato una lunga fila arrivando direttamente al posto in cui controllavano i documenti. Questa è una manovra che abbiamo fatto spesso durante il viaggio e complessivamente penso di aver risparmiato tranquillamente una decina di ore di coda!!
Personalmente tornavo in Slovacchia, e più precisamente a Bratislava, con un po’ di apprensione. Ci ero già stato nel mio primo viaggio in moto, nel ’94, e all’epoca trovai una situazione piuttosto pesante, con ragazzini tra i 12 e i 16 anni che ci offrivano, in perfetto italiano, nell’ordine: eroina, cocaina, e solo alla fine marijuana. In più, sempre a Bratislava, ci rubarono un casco, mettendoci in un bel guaio. Sull’esperienza del ’94 a Bratislava mi dilungherò quando riuscirò a scrivere il diario di viaggio di quell’anno.
Comunque proprio a Bratislava, anche quest’anno, abbiamo avuto un’esperienza piuttosto inquietante. Torno a ripetere che eravamo partiti alla volta di Leningrado pieni di interrogativi sulla situazione che avremmo trovato e con le orecchie ancora piene delle storie di scippi, stupri, assassinii e sparatorie  raccontatici da amici e conoscenti. Insomma, mentre attraversavamo Bratislava (nella piccola parte che ho percorso mi è sembrata migliorata, ma non di molto; la periferia è oscena, più di altre periferie che teoricamente avrebbero dovuto essere peggiori, come quelle delle città russe), ci ha affiancato una macchina con 3 persone a bordo, delle quali quella a lato del guidatore parlava molto bene l’italiano. Ci ha chiesto dove andavamo e gli abbiamo risposto che eravamo diretti in Polonia. Visto che insisteva gli ho detto che la meta ultima del viaggio era Leningrado. A quel punto è diventato serio e ci ha detto: “Fate attenzione che lì vi ....” e fa il classico gesto con la mano per indicare il furto. Bene! Proprio a Bratislava, la capitale dello spaccio e di tanti altri traffici, in cui ci rubarono un casco e in cui ci offrivano eroina come fosse aranciata, uno ci avvertiva di stare attenti! Ho pensato a quella frase per un paio di giorni, poi per fortuna me ne sono dimenticato.

Abbandonata Bratislava abbiamo preso l’autostrada (le moto non devono fare il bollino, al contrario delle auto), che per fortuna ci ha accompagnato molto a lungo, fino a Zilina. Per questo motivo la lunghezza del viaggio, in termini di tempo, si è notevolmente ridimensionata. Poco dopo Martin (a Kral’ovany, si segue per Dolny Kubín) abbiamo fatto una deviazione su una strada poco battuta che ci ha fatto risparmiare una ventina di km e ci ha fatto ammirare un paesaggio a dir poco stupendo. Dopo aver attraversato una parte dei bellissimi monti Tatra siamo entrati in Polonia che ormai era quasi buio. Il passaggio di frontiera è stato rapido e indolore, tranne per il solito cambio svantaggioso, tipico dei cambiavalute di frontiera (vedi anche la parte Considerazioni tecniche del viaggio).
Dopo essermi ricordato che era il giorno del 5° anniversario con Emanuela, ho assistito a un tramonto sinceramente incredibile, dai colori davvero fosforescenti: uno spettacolo! Inoltre, la parte sud della Polonia, nei 150 km che ci sono fino a Cracovia, è costituita da una campagna bellissima fatta di dolci colline che circondano vallate coltivate in modo molto pittoresco (non so che colture siano) e anche le cascine e le fattorie sono molto graziose. In questo paesaggio bucolico ci siamo fermati perchè avevamo un appuntamento telefonico con Andrea alle 20. Cinque minuti prima dell’appuntamento accostiamo. Eravamo i soli su quella strada, la giornata volgeva al termine e le uniche persone che vedevamo era una famigliola su un trattore che terminava dei lavori nel campo e i cui bambini ci guardavano come se fossimo dei marziani, continuando a salutarci come si fa con gli aeroplani! In questo scenario estremamente poetico ci arriva la telefonata di Andrea. Il punto era che, gli avevano assicurato, la moto sarebbe stata pronta nel giro di un paio di giorni (diventati in seguito 5) e non se la sentiva di lasciare andare Adriano da solo in Polonia. Infatti, in quei primi due giorni di ferie lo avevano già chiamato da Firenze dicendogli che sarebbe dovuto tornare immediatamente. Anche sulla definizione “immediatamente” ci sarebbe da parlare, visto che  è stata quantificata prima in 2 giorni, poi 5, alla fine sono diventati 10, ma quando noi ormai eravamo lontani e lui girellava nella più rassicurante Germania.
A parte questo, Andrea diceva di non voler lasciare andare Adriano da solo verso la Polonia, temendo che la moto appena riparata lo potesse lasciare nuovamente appiedato. In breve, voleva sapere come erano le strade per arrivare in Polonia. A quella domanda così precisa, ho iniziato a descrivere il tipo di strade e a dare un po’ di consigli pratici per evitare brutti tratti e risparmiare un po’ di km, ma lui insisteva a chiedermi, sempre più nervosamente, come erano le strade. Alla fine, esasperato perchè era un po’ che stavamo al cellulare e io continuavo a non capire, mi ha chiesto esplicitamente: “Senti, ma non è che lì mi sparano dietro a una curva??” Io ho riferito la frase a Emanuela, che mi stava a fianco, ci siamo guardati intorno, col trattore che saltellava in mezzo al campo, i bambini che ci salutavano, gli uccelli che facevano allegre acrobazie e il sole che ci stupiva con colori fantastici, e ci sono cadute le braccia. La prima cosa che ho pensato è stato come sia possibile che una persona che dice di voler arrivare in Russia sia così spaventato da una nazione come la Polonia. Comunque, quella frase ha finito di aprirmi gli occhi, gli ho dato una risposta rapida e ci siamo rimessi in cammino verso Cracovia.

Siamo arrivati in città che era notte fonda, ma nei paesi dell’est non c’è da preoccuparsi perchè è sempre tutto aperto! Infatti abbiamo trovato il campeggio (purtroppo non ho

 
 

Campeggio di Cracovia

 

Campeggio di Cracovia
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Castello di Cracovia

Castello di Cracovia
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Interno del castello, Cracovia

Interno del castello,
Cracovia
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ritrovato nessuna ricevuta, per cui non so dire nè l’indirizzo nè i prezzi) e abbiamo piantato la tenda in un batter d’occhio.
Cracovia è molto bella, purtroppo c’erano alcuni restauri in corso dato che il prossimo anno, nel 2000, la città sarà una delle 4 capitali della cultura europee. L’atmosfera che si respira è molto familiare, tranquilla e rilassante, e l’ho trovata molto cambiata rispetto a quando ci andai nel ’94. Stavolta l’ho vista più benestante, valorizzata in modo migliore con una buona illuminazione notturna dei monumenti e,

 

Piazza del Mercato, Cracovia

 

Piazza del Mercato,
Cracovia
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sostanzialmente, più occidentale, con mio grande dispiacere. Il termine “occidentale” purtroppo si traduce in un gran numero di fast-food, ristoranti per turisti, negozi di grandi catene americane e altre oscenità del genere. Continuo a non capire cosa ci sia da gioire nel vedere un paese perdere rapidamente la propria identità, cultura ed economia cedendola a multinazionali piene di soldi ma povere di scrupoli. MAH!! Questa volta, rispetto al ’94, ho visto la città in modo più approfondito, complice una maggiore “maturità turistica” e, soprattutto, l’ausilio di una buona guida.

I dintorni sono assolutamente imperdibili. Poco a nord di Cracovia c’è il bellissimo parco nazionale “Ojcowski”; a 15 km a est c’è Wieliczka, con le sue stupefacenti miniere di sale e 50 km a ovest c’è Oswiecim, nome originale di quella che i tedeschi, durante l’occupazione della seconda guerra mondiale, chiamarono Auschwitz.
Andando con ordine, Wieliczka ha questo enorme tesoro che sono le miniere di sale, iscritte nel patrimonio mondiale dell’umanità dell’UNESCO. Gli interni sono arricchiti da

 

Statue di sale, Wieliczka

Statue di sale,
Wieliczka
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meravigliose sculture e bassorilievi, fatti interamente di sale. Lo spettacolo è incredibile e lascia davvero a bocca aperta. All’ingresso si scendono più di 300 scalini su una stretta scala in legno, che da l’idea di scendere direttamente all’inferno ed è onestamente inquietante. Per risparmiare sul prezzo del biglietto, invece di aggregarci a una guida inglese ci siamo uniti a una guida polacca, ma dopo una mezz’ora ci siamo staccati unendoci di straforo a una guida inglese. Infatti, i gruppi si seguono a distanza di pochi minuti e noi siamo casualmente rimasti attardati! :) Finita la visita, la risalita è prevista in ascensore: è molto più inquietante della scala fatta all’inizio. Oltre a trasmettere un grande senso di precarietà, grazie al fatto di essere piuttosto traballante e privo di qualsiasi parete, ma solo con delle piccole inferriate che separano dalla roccia che scorre a grande velocità, a metà salita l’illuminazione è scomparsa! Quindi, si sale a grande velocità sperando che il tutto non crolli! In realtà è un sistema che va avanti da sempre, però è stato divertente rassicurare Emanuela, quando anch’io ero piuttosto, se non spaventato, almeno turbato!
Auschwitz meriterebbe un libro a parte. Anche qui ho voluto tornarci non solo per farlo

 

Ingresso di Auschwitz, Oswiecim

Ingresso di Auschwitz,
Oswiecim
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Reticolati di Auschwitz, Oswiecim

Reticolati di Auschwitz,
Oswiecim
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vedere alla mia ragazza, ma anche per rinnovare il tragico ricordo di quella visione e di quegli avvenimenti. Il campo di concentramento è agghiacciante, non ci sono altre parole per descriverlo: toglie il fiato e dal momento in cui si entra, fin quando si esce, l’angoscia è il sentimento che ti attanaglia continuamente. Fa un grande effetto vedere le baracche in cui c’erano gli uffici del campo e gli alloggi dei prigionieri. Fa ancora più effetto vedere la quantità impressionante di capelli umani ammassati dietro a una vetrina enorme, oppure le centinaia di paia di scarpe o di spazzole, o arti artificiali e protesi. Insomma, c’è veramente di tutto, e tutto ricorda anni di atrocità sostanzialmente impunita. A corredo di questa esposizione ci sono grandi pannelli con fotografie di deportati, spiegazioni che visualizzano lo sviluppo e l’espansione del campo nel tempo, le regioni dalle quali arrivavano i prigionieri, ecc.
A pochi km da Auschwitz si trova il campo di Auschwitz

 

Ingresso di Birkenau, Oswiecim

 

Ingresso di Birkenau,
Oswiecim
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II/Birkenau, il cui ingresso è stato ripreso anche dal recente film di Spielberg “Schindler’s list”. Anche qui è impressionante vedere la ferrovia e la stazione appositamente costruite dai nazisti per far arrivare i vagoni piombati da mezza Europa. Birkenau, a differenza di Aushwitz, era un campo di sterminio, quindi appositamente adibito al massacro dei prigionieri, fatto in diversi modi: gas nervino, il tristemente famoso Cyclon-B, forno crematorio o uccisi dai militari per i motivi più svariati. Auschwitz, invece, era un campo di concentramento, quindi solo adibito al pernottamento di prigionieri impiegati in lavori forzati. Questo non toglie che anche Auschwitz fosse dotata di 3 piccoli forni crematori e di uno spiazzo dedicato alle esecuzioni. Inoltre, i primi esperimenti con il Cyclon-B furono fatti proprio ad Auschwitz. Quello che mi ha maggiormente colpito, in questi due campi di concentramento (in realtà il complesso era formato anche dal campo Auschwitz III, ma non abbiamo fatto in tempo a vederlo), è stata la sensazione di onnipotenza che il tutto trasmetteva. Mi spiego meglio. I nazisti avevano messo in piedi un apparato che voleva essere permanente: costruzioni in muratura, una ferrovia, una stazione, centinaia di baracche in legno e muratura, ecc. Insomma, era come se avessero costruito una fabbrica come un’altra, ma soprattutto una fabbrica destinata a durare nel tempo. Erano convinti che avrebbero dominato per chissà quanto tempo e quindi hanno cercato fin da subito di installarsi in maniera permanente.

Nel frattempo continuavano ad arrivarci messaggi da parte di Adriano e Andrea che erano fermi a Villach e avevano ordinato il pezzo alla Honda (non caricava più la batteria della moto). Le soste previste erano 2 giorni a Cracovia, 2 a Varsavia, 2 a Vilnius, e poi 3 giorni di moto per arrivare a Leningrado, facendo Vilnius-Riga, Riga-Tartu e Tartu-Leningrado. Dopo i 2 giorni di permanenza previsti, i nostri due amici erano ancora a Villach e il meccanico aveva detto che il pezzo sarebbe arrivato il 5 agosto. L’alternativa era aspettare altri 3 giorni a Cracovia oppure andare a Varsavia come previsto. Tra l’altro, in quei giorni cruciali non riuscivo a contattare i miei amici perchè avevo terminato i soldi sul mio cellulare, mentre loro lo tenevano spento aspettando un mio messaggio SMS. Il problema di rimanere a Cracovia altri 2 giorni era che se, per un motivo qualsiasi, e potevano essercene a decine, il meccanico austriaco non fosse riuscito a riparare la moto per il 5 agosto, Emanuela ed io avremmo dovuto fare un’unica tirata da Cracovia a Leningrado in 5 giorni, pregando che non accadesse nulla nemmeno a noi. Infatti, in quel modo avremmo bruciato i due giorni “cuscinetto” previsti a Vilnius e quindi non avremmo più avuto margini di sicurezza. Quindi, pensando a non metterci troppo nei guai anche noi, siamo partiti come previsto per Varsavia, decisi ad aspettare un giorno in più lì.

Sulla strada per Varsavia era prevista una visita al bel monastero di Jasna Gora, a Czestochowa, sede della celeberrima Madonna Nera, icona idolatrata in tutta la Polonia come in tutta l’Europa cattolica.
Lungo la strada, però, all’altezza di Katowice mi sono accorto che la moto aveva un comportamento molto strano, tipico di una....foratura! Purtroppo era proprio così, avevo raccolto un grosso chiodo ricurvo. Nonostante il grosso foro, siamo riusciti a proseguire per 4/5 km fino ad un’area di servizio, che però era sfornita del minimo servizio di assistenza meccanica. Lì siamo stati aiutati da un camionista veneto molto simpatico, che diceva di parlare polacco, ma era poco più ferrato di me! In quel momento ho usato un kit antiforature che porto con me da 6 anni, ma ho avuto una brutta sorpresa: il tubetto di colla, perfettamente integro ed asciutto, era completamente secco, come se la colla fosse evaporata! Quindi, ci siamo dovuti accontentare di infilare nel buco una strisciolina gommata del kit, senza avvolgerla nel mastice. Il risultato, ovviamente, era una riparazione piuttosto grossolana che mi dava poca autonomia. Dopo aver pensato di lasciare Emanuela in quell’area di servizio, mentre io andavo a cercare un gommista, scarico e senza bagagli, abbiamo deciso di proseguire imperterriti verso Czestochowa. In fondo la strada che percorrevamo era piuttosto importante e speravamo di incontrare un gommista. Purtroppo, più i minuti passavano e più la speranza si stava rivelando vana. In una ventina di km avevamo incontrato diverse stazioni di servizio, ma tutte sfornite di gommisti o meccanici, nè nei dintorni sembravano essercene. Le carte a mia disposizione si stavano davvero esaurendo. Sotto la sella avevo un paio di bombolette di CO2 con cui rigonfiare la gomme, ma anche quelle avevano 6 anni e l’idea mi attirava pochissimo. Proprio nel momento in cui la gomma era praticamente a terra (tra l’altro il tutto mi preoccupava ancora di più perchè avevo paura che la gomma si rovinasse, ed ero ancora all’inizio del viaggio! Maledette gomme morbide...) e mi stavo apprestando a fermarmi per gonfiare la gomma con le bombolette, ho visto sulla destra una specie di officina con pile digomme

   
 

Gommista nei pressi di Katowice

Gommista nei pressi
di Katowice
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ammucchiate all’esterno. Senza pensarci due volte mi sono fermato e sono entrato. Effettivamente era un gommista, un signore sulla quarantina molto simpatico che sembrava non notare affatto che fossi in moto, cioè non si è lasciato andare in ammirazioni estatiche del mezzo come eravamo abituati a veder fare, ma con fare molto professionale mi spiega che lui non ha idea di come si faccia a smontare la ruota, ma che se io gliela avessi data in mano, lui l’avrebbe riparata. Siccome era un’operazione semplice, ho tirato fuori gli attrezzi da sotto la sella, ho issato Nelìk sul cavalletto centrale (davvero vitale...) e ho smontato la ruota. Nel giro di 15 minuti, mentre noi pranzavamo nell’osteria immediatamente sopra l’officina (ottima carne con patate fritte, spendendo poco più di 5mila lire!), la gomma era a posto, così ho rimontato il tutto e siamo ripartiti alla volta di Czestochowa non certo sereni, ma molto più sollevati. Da quel momento in poi, per tutta la durata del viaggio, ho controllato periodicamente la pressione delle gomme, ma per fortuna la riparazione era stata eseguita a regola d’arte!
Arrivati a Czestochowa, siamo subito entrati nel monastero dato che eravamo in discreto ritardo sulla tabella di marcia e abbiamo visitato il bel monastero di Jasna Gora. Ancora una volta (io l’avevo già visto nel ’94), sono rimasto profondamente colpito dalla

 

Madonna Nera, Czestochowa

 

Madonna Nera,
Czestochowa
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grande ricchezza con cui è decorata l’icona e anche stavolta ho pensato che se quei gioielli venissero venduti, la Polonia risolverebbe molti dei suoi problemi. Riconosco che questo è un pensiero da agnostico quale io sono, però è un dato di fatto. Certamente la funzione dell’icona di supporto morale per buona parte della popolazione è una ricchezza più duratura, ma effettivamente lo sfarzo mi è sembrato eccessivo.

Siamo partiti di gran fretta da Czestochowa alla volta di Varsavia arrivando, come al solito, nel tardo pomeriggio. Abbiamo trovato immediatamente il campeggio (“Camping 123”, ulica Bitwy Warszawskiej

 
 

Campeggio di Varsavia

 

Campeggio di Varsavia
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Notturna del campeggio di Varsavia

 

Notturna del campeggio
di Varsavia
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1920 roku, 15/17; purtroppo ho perso la ricevuta e non so dire quanto abbiamo speso; è privo di piazzole, prato rinsecchito, bagni vecchi, brutti e sporchi, ma non indecenti) e da lì abbiamo chiamato Adriano. Con mio grande sollievo ha accolto bene la notizia che ci eravamo ulteriormente allontanati, mi ha solo pregato di aspettarlo lì. In questo modo abbiamo bruciato l’ultimo dei giorni “cuscinetto”, e da lì ci avrebbero aspettato circa 2mila km da fare in 4 giorni filati, senza interruzioni. Pazienza!
Varsavia è una città che adoro, molto bella e ben curata, davvero non capisco chi continua a descriverla come poco significativa e povera di monumenti. Probabilmente si tratta di quei critici “puristi” per i quali il solo fatto di aver restaurato un monumento lo priva di valore e lo rende quasi una imitazione, piuttosto che un’opera d’arte quale rimane. Di fatto, il centro storico di Varsavia, come

 

Piazza del Castello, Varsavia

Piazza del Castello,
Varsavia
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buona parte della città, è completamente ricostruito a seguito dei rovinosi bombardamenti perpetrati dai nazisti e dagli alleati durante la seconda guerra mondiale. Personalmente, invece, trovo che sia un grandissimo punto a favore di Varsavia il fatto che l’intera città, e in particolare il centro storico, sia stata ricostruita con un amore, una cura nei dettagli e nei particolari che ha dell’incredibile. Gli abitanti di Varsavia, e i polacchi in generale, sono giustamente molto orgogliosi della loro grande forza di volontà, e questo traspare nelle mostre fotografiche, piccole o grandi, che sono organizzate un po’ dappertutto. Così può capitare di vedere una ventina di fotografie in cima allo splendido Palac Kultury i

 
 

Palac Kultury i Nauki, Varsavia

Palac Kultury i Nauki,
Varsavia
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Nauki (Palazzo della Cultura e della Scienza: stupendo grattacielo, stile anni ’30, donato negli anni ’50 dall’URSS alla Polonia e oggi sede di musei, cinema, negozi, teatri, palestre, uffici, ecc.), oppure di vedere un’altra mostra dedicata al presidente della Polonia di quel periodo all’interno del palazzo reale o, infine, di vedere altre foto all’interno della reggia di Wilanow che evidenziavano lo stato del palazzo principale alla fine dei bombardamenti e come era stato successivamente ricostruito. Davvero toccante e che, come molte altre cose viste in questo viaggio, fa riflettere, paragonando queste manifestazioni di orgoglio nazionale a quelle nostrane. Anche l’Italia, infatti, è uscita malconcia dalla guerra, sicuramente in modo non paragonabile alla Polonia, però dovremmo ugualmente ricordare quei giorni, anche perchè ci hanno visto nella tragica figura degli aggressori, o almeno di collaboratori attivi della Germania nazista. Invece, ormai, prevalgono il menefreghismo, l’indifferenza e il qualunquismo: a mio avviso un atteggiamento vergognoso.
Dicevo che Varsavia è davvero splendida: le vie del centro storico, completamente pedonalizzate (altra caratteristica comune un po’ in tutta Europa, in particolare nei paesi dell’Est, e quasi completamente assente nelle nostre maltrattate città), sono curate nei

 

Piazza del Mercato Vecchio, Varsavia

Piazza del Mercato Vecchio,
Varsavia
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minimi dettagli, e vale la pena soffermarsi su ogni finestra, facciata di palazzo, balcone o abbaino, per scoprire decorazioni stupende.
All’interno della città va assolutamente visitato il meraviglioso parco pubblico Lazienkowski, dedicandoci almeno un paio d’ore per fare una splendida passeggiata. I punti più pittoreschi si trovano nei pressi della palazzina Palac na Wodzie (ingresso a pagamento, da vedere), della palazzina del Belvedere, della Bialy Domek e dello splendido monumento a Chopin, altro illustre polacco (nome originale Fryderyk Chopin), attorno al quale si trova un enorme roseto nel quale sono inserite decine di panchine usate durante concerti all’aperto che vi si tengono durante i mesi caldi.
Invece, poco fuori città va vista la bella residenza di Wilanow. In particolare il parco merita una visita attenta, spingendosi fino al piccolo fiume che scorre subito dietro, bellissima scenografia di un paesaggio d’altri tempi (purtroppo deturpato in lontananza da un’orrenda ciminiera!).
Alla sera del terzo giorno avremmo dovuto incontrare Adriano, al quale avevamo dato per telefono le indicazioni precise per raggiungere il campeggio. Come un’apparizione lo vediamo appoggiato alla sua moto all’interno del campeggio. L’impressione avuta è stata reciproca perchè anche lui, non appena mi ha visto, ha detto: “Nelìk, in questo momento per me sei come un miraggio!!”. In due giorni aveva percorso più di 1200 km, buona parte dei quali su strade statali e, quel giorno, era in moto dalle 6 del mattino, cioè 13 ore filate di moto! Finalmente riuniti, lo aiutiamo a montare la tenda e mangiamo abbastanza presto, dato che il giorno dopo ci aspettava una tappa piuttosto lunga alla volta di Vilnius.
Il mattino dopo facciamo fare ad Adriano un breve giro in centro, andando anche a vedere la chiesa in cui è custodito il cuore di Chopin (si tratta della chiesa della Santa Croce, in polacco K. Sw. Krzyza). A quel punto avremmo davvero dovuto salutare Varsavia ma, raggiungendo la strada che portava fuori città, siamo stati fermati da alcuni poliziotti in moto: erano le staffette per una manifestazione di bikers! Lo stupore è stato notevole, accentuato ancora di più dal numero impressionante di moto che hanno sfilato, ben più di 100, generalmente custom, più o meno elaborate esteticamente e meccanicamente, ma c’erano anche moto sportive, enduro, ecc. In gran parte erano polacchi, ma c’erano anche motociclisti di altre nazioni. Noi abbiamo salutato per qualche minuto e, dopo aver ricevuto diversi inviti ad aggregarci, ci siamo uniti quasi in fondo al corteo. E’ stato bellissimo, non mi era mai capitato di sfilare in una così imponente colonna di moto, ma purtroppo ci siamo dovuti staccare quasi subito: noi eravamo diretti fuori città, mentre loro puntavano verso il centro.

Con questa visione negli occhi abbiamo affrontato serenamente i circa 300 km che ci separavano dal confine con la Lituania. Il viaggio è stato buono, finalmente ci eravamo ricongiunti con il nostro compagno di viaggio e, con grande soddisfazione, ho immediatamente notato che non avevamo assolutamente problemi di andatura: riuscivamo entrambi a tenere lo stesso passo! La strada che porta verso la Lituania è in pessime condizioni, profondamente segnata dalle tracce dei camion, i quali creano dei solchi piuttosto pericolosi. Inoltre, l’asfalto è in cattive condizioni, sporco e molto usurato. Infatti, dalle parti del confine con la Lituania hanno iniziato a rifare la strada a ritroso, e quindi abbiamo percorso i primi km di sterrato del viaggio, destinati successivamente ad aumentare moltissimo.

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