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Agosto 1999 - San Pietroburgo, Paesi Baltici, Polonia

Tragitto seguito nell'Agosto 1999
Tragitto

Informazioni utili per l'Agosto 1999
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Diario di viaggio dell'Agosto 1999
Diario

Fotografie dell'Agosto 1999
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Vecchio programma: Mosca e San Pietroburgo
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(paesi baltici (prima parte), Leningrado (prima parte))

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La frontiera con la Lituania (non ricordo il nome, ma si trova sulla strada che collega la città polacca Suwalki a quella lituana Kaunas) è stata preannunciata da una lunghissima fila di camion e T.I.R. (almeno 6 km!), altro “panorama” al quale abbiamo assistito diverse volte da lì in poi. Siamo arrivati subito nelle vicinanze della dogana, stavolta senza saltare nessuna macchina dato che ce n’erano molto poche. L’aspetto che mi ha immediatamente colpito era il lungo e meticoloso recinto che delimitava la strada, dando un’impressione piuttosto opprimente. Lì mi è venuta in mente la famosa “cortina di ferro”, ovviamente come battuta, dato che il significato di questa espressione è tutt’altro; come metafora, però, mi è sembrata azzeccata! Il passaggio di dogana è stato molto rapido e in un attimo ci siamo trovati in quella che fino a pochi anni fa era l’Unione Sovietica: un filo di nostalgia si è impossessato di me, nonostante in quei paesi i sovietici abbiano dato una delle peggiori dimostrazioni delle loro capacità.

Le strade e il paesaggio sono cambiati in un batter d’occhio: le prime sono diventate ottime, lisce e di buona qualità, e il secondo è diventato meno agricolo e occupato dall’uomo, più in mano alla natura. Principalmente il paesaggio è collinare, e lì sono meravigliose, dolci e con colori magnifici, davvero uno dei punti più belli che abbiamo visto.
Arrivati a Marijampole decidiamo di fare una strada interna che ci avrebbe fatto risparmiare una cinquantina di km. In più le strade erano ottime e il paesaggio tutto da gustare, quindi abbiamo deciso senza remore. Dopo pochi km, mentre ero in preda a un’ammirazione estatica della natura che mi circondava, ho visto uscire da dietro un cespuglio un tizio che agitava le braccia: era un temutissimo poliziotto che prendeva la velocità con le altrettanto temute pistole radar. Ho rallentato immediatamente e mi sono fermato dopo pochi metri. Un poliziotto ci ha raggiunto di corsa e ha subito preso i documenti, invitandomi a seguirlo (Adriano era dietro, quindi l’infrazione veniva contestata solo a me). Ero ancora in territorio urbano, benchè fossi già in campagna, quindi vigeva ancora il divieto dei 60 km/h, mentre loro mi contestavano una velocità di 106 km/h, in ogni caso superiore ai 90 km/h permessi nei tratti extra-urbani. Mémore delle ormai numerose esperienze che ho avuto in questi anni con i poliziotti dell’Est, ho iniziato a fare “resistenza passiva”, cioè a parlare inglese, ben sapendo che difficilmente mi avrebbero capito (ma questi lo parlavano un pochino) e a negare di avere soldi con me. La scusa ufficiale era che la Lituania era solo un paese di passaggio verso la Lettonia, e quindi avevamo pochi lita (la valuta locale). Nel più classico dei copioni, mi hanno immediatamente richiesto una cifra molto alta (comunque molto inferiore alle nostre multe). Nel frattempo, mentre io e Adriano (qui ha iniziato a far uso del suo stupendo e utilissimo russo) discutevamo con i poliziotti, Emanuela, sempre lì accanto, ha provveduto a togliere dal portafogli buona parte dei soldi lituani appena cambiati in frontiera (che donna incredibile!! :))), mémore anche lei delle esperienze passate. Infatti, di lì a poco, dopo minacce più o meno velate, ci hanno chiesto espressamente quanto potevamo lasciargli. A quel punto è entrata in scena Emanuela che ha mostrato con faccia sofferta i pochi soldi rimasti nel portafogli (aveva lasciato circa 50mila in valuta locale!). Come ci aspettavamo, il poliziotto con gesto rapido ha tolto tutto: a quel punto Emanuela ha completato il capolavoro. Dato che ci avevano tolto tutti i soldi, con faccia ancora più sofferta gli ha chiesto, in inglese: “Può lasciarci almeno i soldi della benzina per arrivare fino in Lettonia?” E il poliziotto, con fare magnanimo, ci ha restituito un paio di banconote, tenendo per sè e il compare l’equivalente di 27mila lire!
Da quel momento in poi, e per molti giorni a seguire, abbiamo iniziato a rispettare i limiti di velocità, che sono piuttosto bassi: anche su strade a 4 corsie era di 90 km/h, ma lì tutti li rispettano, ostaggi della polizia.

A pomeriggio inoltrato siamo arrivati a Trakai, a una ventina di km da Vilnius. Sapevo che c’era un campeggio che si affaccia proprio sul lago di Trakai, il quale ospita anche un bellissimo castello. Il campeggio (“Kempingas Slenyje”, Totoriškiu Kaimas, tel./fax 370-38-51387; 2 persone, moto e tenda 66 lita per notte, circa 30mila lire) è molto grande, ma sfruttato in maniera irrazionale, così che lo spazio utile risulta minimo. Inoltre i bagni sono appena sufficienti: bruttini e non molto puliti. Dopo aver contrattato un po’ siamo riusciti ad ottenere il permesso di piantare la tenda proprio in riva al lago, in una posizione panoramica meravigliosa che ovviamente è stata pagata il mattino seguente con gli schiamazzi dei bagnanti. Quando siamo arrivati al campeggio era in corso una festa di animazione e c’erano molte persone, almeno una cinquantina. La sera abbiamo scoperto con enorme gioia che stavano dando un banchetto con buffet in piedi. A quel punto abbiamo provato ad avvicinarci. Molti erano russi, ci ha poi detto Adriano il quale, mentre noi eravamo indecisi sul da farsi, ci è passato davanti col piatto pieno!! Proprio quando mi sono avvicinato alla tavolata (si vedeva lontano un miglio che ero occidentale e che non c’entravo nulla), uno degli invitati (parola un po’ grossa, in effetti era semplicemente un’ammucchiata intorno ai vassoi pieni di cibarie) mi ha incitato a prendere senza problemi e a bere insieme a loro! Mi sono commosso davanti a tanta ospitalità e, ovviamente, mi sono chiesto quante volte in Italia sarebbe successo che, per esempio al mare, alla classica grigliata sulla spiaggia, venisse invitato a mangiare un perfetto estraneo. Questo è un altro dei motivi per i quali amo le ospitalissime popolazioni dell’Est. Abbiamo iniziato ad assaggiare le pietanze che avevano preparato, nulla di eccezionale a dir la verità ma, come si dice, “a caval donato non si guarda in bocca”, per cui abbiamo mangiato a sazietà tra cibi salati e dolci. L’occasione sembrava un matrimonio, ma onestamente non ne sono sicuro. Abbiamo bevuto anche della birra russa, che era più acqua amara che birra vera e propria. Infatti, il contenuto alcolico era bassissimo e il sapore amarognolo, ma tutto sommato gradevole; dopo poco tempo ci si faceva l’abitudine e per pasteggiare andava più che bene. Verso la fine del banchetto, quando la roba da mangiare era completamente finita, alcune persone avevano già imbracciato le fisarmoniche e avevano dato inizio alle danzi e ai canti: è stato un altro momento bellissimo! Ormai anche noi eravamo piuttosto alticci e ci siamo timidamente uniti a loro, ma è stato davvero un attimo, abbiamo rinunciato quasi subito e ci siamo avviati alle tende. Successivamente, nel cuore della notte abbiamo sentito dei ragazzi cantare a squarciagola delle canzoni che mi hanno fatto tutto sommato felice, dato che erano “Bella ciao” e “Bandiera rossa”, cantate in perfetto italiano. La spiegazione che ci siamo dati è che avevano visto la targa delle moto, parcheggiate davanti alla reception, e che quindi avessero intonato le canzoni italiane che conoscevano, che fino a pochi anni prima erano di un certo orientamento politico. Confesso che le loro grida erano un po’ inquietanti, dato che eravamo praticamente in un bosco, facile preda di ragazzi ubriachi, ma tutto è andato perfettamente liscio: avevano solo voglia di cantare e probabilmente di farci un regalo.

Il mattino dopo, per un caso assolutamente fortuito, Nuccio Acone è riuscito a telefonarmi. Infatti, tenevo il cellulare quasi sempre spento in quanto non sapevo dove ricaricarlo. Nuccio è un ragazzo di Avellino conosciuto tramite il mio sito Internet e pochi giorni prima di me era partito verso Leningrado. Quella mattina mi ha telefonato dalla Finlandia, dandomi notizie freschissime e precise sulla situazione russa, e mi ha molto tranquillizzato, dicendomi che l’albergo era bello (pernottava anche lui al Moskva) e la situazione tranquilla.

  Rincuorati siamo partiti alla volta di Vilnius, decisi a fare un giro rapido in città per poi ripartire immediatamente verso Riga. Al nostro arrivo abbiamo avuto qualche difficoltà a capire la direzione da prendere per andare nel centro storico, ma alla fine ci siamo arrivati abbastanza rapidamente. In periferia abbiamo visto la prima chiesa ortodossa del viaggio, caratteristica nelle sue cupole a cipolla e nelle decorazioni interne.

 

Chiesa gotica, Vilnius

 

Chiesa gotica,
Vilnius
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Il centro di Vilnius è piuttosto povero di costruzioni di rilievo e non colpisce particolarmente. Alcune vie centrali nei pressi dell’università sono graziose, ma nulla di più. Da segnalare, invece, la presenza dell’unico

 
 

Monumento a Frank Zappa, Vilnius

Monumento a Frank Zappa,
Vilnius
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monumento al mondo dedicato al mitico Frank Zappa. Voci non confermate vogliono l’attuale sindaco di Vilnius grande amico del musicista scomparso pochi anni fa. Andando via da Vilnius abbiamo avuto parecchie difficoltà a trovare la strada giusta, dato che ci siamo persi nella periferia. Quest’ultima ci ha colpito per lo squallore di tutto l’insieme: palazzi enormi e squadrati, uno attaccato all’altro e senza spazi verdi a delimitare i vari cortili. Insomma, leggermente peggiori delle nostre periferie, anche se di pochissimo. Mi vengono in mente quartieri romani come il Laurentino, o Corviale, dove l’architettura popolare ha toccato gli abissi più profondi.

Da Vilnius abbiamo imboccato l’autostrada A2 (gratuita e con un ottimo asfalto) in direzione di Riga, e per fortuna abbiamo deciso di fare immediatamente benzina, dato che successivamente le aree di servizio sono praticamente scomparse per un buon numero di km. Lungo la strada ci ha colto la prima pioggia del viaggio e quindi anche il freddo, dato che la latitudine piuttosto nordica fa in modo che, in caso di pioggia, la temperatura scenda rapidamente di parecchi gradi.

Arrivati a Panevezys abbiamo svoltato sulla A9 in direzione di Šiauliai; una volta arrivati abbiamo preso la A12 in direzione di Riga. Questa deviazione è dovuta al fatto che, pochi

 

Collina delle Croci, presso Siauliai

Collina delle Croci,
presso Šiauliai
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Collina delle Croci, presso Siauliai

Collina delle Croci,
presso Šiauliai
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km dopo Šiauliai, si trova la famosa Collina delle Croci (in lituano Kryziu kalnas), un posto che ha semplicemente dell’incredibile. Si tratta di una piccola collina letteralmente ricoperta di croci di tutte le fogge, dimensioni ed età. Sono in numero impressionante, di alcuni milioni, dato che alle croci più grandi sono appese, spesso in modo confuso, altre decine, centinaia di croci più piccole, creando una visione suggestiva e inquietante allo tempo stesso. L’origine di questa collina affonda nei secoli, dato che la Lituania è sempre stata assoggettata a potenze straniere; anche durante la recente occupazione sovietica l’abitudine di mettere croci per ricordare morti e deportati si è mantenuta, nonostante il divieto delle autorità.

Dopo aver ripreso la A12 abbiamo proseguito verso Riga, arrivando al posto di frontiera con la Lettonia. Qui abbiamo assistito a dei “riti” davvero misteriosi! Va detto che quel posto di frontiera non è turistico, cioè non è molto frequentato, giacchè la dogana più trafficata è quella sulla via Baltica (la A10) che collega in modo diretto le tre capitali baltiche. Veniamo accolti da un doganiere che oltre a prendere i documenti delle persone e della moto, annota la targa su un foglietto, consegnandolo a me e facendomi cenno di proseguire. Dopo pochi metri c’era un altro doganiere che mi fa cenno di fermarmi e mi chiede il foglietto. Ricevutolo, va dietro Nelìk a controllare che il numero scritto coincida effettivamente con la targa, il tutto a pochi metri dal primo ufficiale che lo aveva annotato! Dopo aver controllato la corrispondenza mi fa cenno di proseguire. Dopo pochi metri vengo nuovamente fermato, e nuovamente confrontano il numero riportato sul foglietto con quello di targa, stavolta trattenendo il foglio! Il senso di tutta l’operazione onestamente mi è sfuggito, però è stato molto divertente (nel senso che è stato molto difficile per me ed Emanuela non scoppiare a ridere in faccia ai serissimi agenti léttoni!). Quello che mi ha stupito è come mantengano delle procedure piuttosto lunghe ed elaborate anche fra due paesi che dovrebbero essere praticamente “fratelli”, a causa di avventure e disavventure trascorse in comune.

A questo punto era prevista una deviazione verso Bauska, dove si trova un palazzo costruito dal grande Bartolomeo Rastrelli, l’architetto del mitico Palazzo d’Inverno di Leningrado, ma l’ora tarda ci ha impedito questa ulteriore visita. La rinuncia, tutto sommato, ci è costata poco dato che ci aspettavano decine di opere del grande architetto!
Andando verso Riga abbiamo assistito a un tramonto meraviglioso, e proprio nella città di Riga abbiamo ammirato un cielo stupendo di mille colori, con lo sfondo spettacolare dei ponti e delle torri della città. Anche stavolta abbiamo avuto numerosi problemi per trovare da dormire. Infatti, un indirizzo che avevo segnato (probabilmente preso da Internet), in cui doveva esserci un ostello, si è rivelato un normale palazzo. Ormai era notte fonda, in una città sconosciuta e con un buon numero di ore di moto sulle spalle. Per fortuna abbiamo trovato una fantastica stazione di servizio della Shell (la Lettonia è tipica per questo: non eccelle per “modernismi” vari, però ha delle stazioni di servizio futuristiche!), in cui abbiamo avuto un po’ di informazioni per raggiungere un secondo indirizzo che avevo, fortunatamente rivelatosi esatto.
L’ostello in questione (“Balta Kaza”, Eveles, 2; la camera per 2 persone veniva 20 lati per notte, circa 60mila lire) è molto bello, in un quartiere leggermente periferico di Riga e costa 30mila a testa per notte, però la camera è molto bella e grande, con televisore satellitare e bagno enorme. Per la notte abbiamo parcheggiato le moto in un vicino parcheggio a pagamento, al prezzo di 3mila la notte per ciascuna moto (il pezzo è di 1 lati) e Adriano si è messo a discorrere amabilmente con i due parcheggiatori, entrambi russi.
Nei paesi baltici, infatti, la minoranza russa è molto numerosa e in diverse città raggiunge e supera la metà della popolazione complessiva. Il problema è molto sentito perchè, oltre alla recente occupazione, ora è rimasto il problema della cittadinanza russa che, a causa delle costituzioni scritte al momento della liberazione (e quindi sull’onda della rivalsa e della vendetta), è privata del diritto di voto e di molte altre libertà.

Il mattino dopo siamo partiti immediatamente alla volta dell’Estonia, dato che una sosta prolungata a Riga era prevista durante il tragitto di ritorno. Con un po’ di difficoltà (soprattutto per colpa della cartina sbagliata riportata dalla guida del Touring Club) abbiamo trovato la strada (la A2) che portava fuori città. Questa strada statale è molto bella perchè, oltre ad essere ampia e ben asfaltata, attraversa marginalmente il parco nazionale Gaujas, quindi i panorami sono molto belli.
Arrivati a Sigulda abbiamo fatto una breve sosta per andare a vedere i due castelli. Il primo è moderno e ospita un ristorante (sic!), mentre il secondo, molto più antico, offre delle suggestive rovine all’interno delle quali, durante l’estate, vengono tenuti dei concerti di musica classica.
Riguadagnata la A2, non senza qualche difficoltà, abbiamo proseguito e poi svoltato per Cesis, tagliando per una strada provinciale di grande bellezza. I paesaggi sono meravigliosi, in tutte le repubbliche baltiche, e si passa molto spesso in mezzo a dei maestosi e suggestivi boschi di conifere.
Arrivati a Valka, posto di frontiera lettone con l’Estonia, abbiamo avuto grandi difficoltà a capire dove diavolo fosse la dogana. E’ evidente che quello non è un punto interessato dal flusso turistico, però mi è sembrato che si stesse esagerando! Infatti, le deviazioni che ci hanno portato al posto di blocco non sono affatto intuitive, ma molto articolate e, quel che più conta, non segnalate! Siamo arrivati in un posto di blocco assolutamente posticcio, tant’è che a fianco c’erano dei cantieri in piena attività per la costruzione di uffici più degni. Al momento le varie attività (uffici dei doganieri, cambiavalute, ecc.) sono ospitate in baracche di ondulati come quelle usate per riporre gli attrezzi nei nostri cantieri. Anche qui abbiamo fatto lo stesso giochetto dei fogli su cui annotavano la targa (abbiamo poi capito che era una esclusiva dei posti di blocco lettoni, sia in entrata che in uscita dal paese), ma stavolta l’altro doganiere che avrebbe fatto il riscontro era a non più di 3 metri dal primo doganiere che ha compilato il foglietto!! Viaggiare è bello anche per questo... Purtroppo al posto di blocco non cambiano le lire, ma solo dollari e marchi.

L’Estonia ci ha subito dato l’impressione di un paese più benestante e questa impressione è stata grandemente confermata nelle varie città che abbiamo visitato. Sulla

 
 

Nelìk stracarica accanto all'ostello di Tartu

Nelìk stracarica accanto
all'ostello di Tartu
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statale 3 siamo arrivati a Tartu, stranamente, ad un orario in cui l’ufficio del turismo era ancora aperto, così abbiamo potuto fare espressa richiesta di un ostello economico in cui poter dormire. Ci è stato indicato l’ostello “Tartu Joostuskool” (Pollu 11; la camera per 2 persone viene 180 kroon per notte, circa 23mila lire), molto grazioso, con bagni puliti e camere carine, ma col difetto di essere al 4° piano e non avere l’ascensore. A proposito dell’indicazione del piano, Adriano ci ha spiegato che è un’abitudine russa contare come primo piano quello che noi consideriamo terra, quindi il loro 2° piano per noi è il 1° e così via. Quindi, usando la numerazione locale, l’ostello si trovava al 5° piano e confesso che psicologicamente ha fatto effetto, dovendo trasportare tutti i bagagli lungo delle scale alquanto anguste!

 

Fontana degli amanti, Tartu

 

Fontana degli amanti,
Tartu
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Tartu è una città carina e ben tenuta, ma con un centro storico piccolissimo che si gira in meno di un’ora. Degna di nota è la fontana nella piazza del municipio, che va vista di notte in quanto rende molto di più grazie alla bellissima illuminazione.

Bene, il grande giorno era finalmente arrivato, era il 10 agosto e la tappa da affrontare era Tartu-Leningrado. L’eccitazione era discreta e ci siamo avviati con calma (anche a causa della paura dei posti di blocco della stradale) lungo la statale 3 alla volta di Narva. Come annotazione importante, va detto che le indicazioni parlano tutte del minuscolo paese di Jõhvi, ma la direzione è quella giusta, che porta verso Narva.
A causa del solito ritardo abbiamo rinunciato a una deviazione che ci avrebbe fatto fare un lungo tratto a fianco dell’immenso lago Peipsi, che divide l’Estonia dalla Russia. Probabilmente non abbiamo perso nulla, in quanto in quei paesi, anche in 5 metri di terra, crescono delle conifere alte 30 metri. Infatti il breve tratto di lungolago che abbiamo percorso era completamente occupato dagli alberi, che nascondevano la visuale su quello che, per dimensioni, è un autentico mare.

Lungo la statale 3 ci ha tagliato la strada, all’improvviso, un cucciolo di alce, o di cervo

 
 

Strada tra Tartu e il confine con la Russia

Strada tra Tartu e il
confine con la Russia
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(i cartelli parlavano di “attraversamento alci”)! Per fortuna il grande stupore e la sorpresa non mi hanno impedito di rallentare per evitare lo scontro con l’animale. Questa visione ha fatto ulteriormente aumentare l’amore che già nutrivamo per quelle terre fantastiche, fortunatamente ancora in mano alla natura. E pensare che avevano parlato in toni drammatici anche dei paesi baltici!!

Arrivati a Jõhvi abbiamo svoltato a destra sulla numero 1 alla volta di Narva. In pochi km la temperatura e il tempo si sono trasformati. La prima si è abbassata notevolmente e il secondo si è coperto in maniera uniforme, aggiungendo anche una leggera nebbia al paesaggio che, da ricco di boschi e foreste, è diventato nudo e piatto. In una parola, inquietante!
Poco prima di Narva ci “incontriamo” con un altro poliziotto. Teneva da solo un posto di blocco e, ovviamente, ci ha fatto cenno di fermarci. Mémori dell’esperienza vissuta tre giorni prima andavamo a velocità di codice, ma il poliziotto ha provato ugualmente a contestare un eccesso di velocità. Siccome non sfoggiava l’immancabile pistola radar, polemicamente ho iniziato a chiedergli, a gesti, come avesse fatto a capire che superavamo il limite, facendogli una faccia come a dire “Complimenti!”, indicandomi contemporaneamente gli occhi, come a dirgli che aveva una vista davvero invidiabile se riusciva a calcolare la velocità dei veicoli con il solo ausilio degli occhi. Lui si è prodotto prima in un elaborato disegno in cui riportava i cartelli dei limiti di velocità, dicendo: fuori città 70 km/h (e io: “OK!”), in città 50 km/h (e io ancora: “OK!!”), mentre noi eravamo a....qui ci pensa un po’, poi scrive 64 km/h, inventando una cifra ragionevole. Sembrava di avere a che fare con un bambino che, raccontando una balla ai genitori, la arricchisce di particolari per renderla più credibile! A quel punto ho chiesto nuovamente come avesse fatto a calcolare la velocità (sempre aiutato da Adriano in russo) e lui mi ha risposto che più indietro c’era un radar nascosto nella vegetazione. A quel punto la mia testardaggine e caparbietà hanno preso il sopravvento e, deciso ad andare fino in fondo, mi sono incamminato con passo rapido e sicuro verso il punto che mi aveva indicato. Dopo pochi metri Emanuela e Adriano mi richiamano indietro perchè il poliziotto, visto Adriano che parlava russo e quindi era poco raggirabile, e me che sono più zuccone di non so cosa, gli aveva restituito i documenti dicendo di toglierci di mezzo rapidamente.

 

Fortezza di Ivangorod, Russia

Fortezza di Ivangorod,
Russia
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Finalmente eravamo arrivati alla frontiera con la Russia. Confesso

 
 

Fortezza di Narva, Estonia

Fortezza di Narva,
Estonia
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che in me mancava un pochino la solennità di quella frontiera. Purtroppo sogno ancora le mitiche frontiere dell’URSS, ma ormai tutto è cambiato e dovrò farci l’abitudine. In compenso, la frontiera tra l’Estonia e la Russia è in assoluto il più bel posto di frontiera che abbia mai attraversato. Le due nazioni sono divise dal fiume Narva e il ponte ospita la fila dei veicoli che devono passare. Sulle sponde del fiume ci sono due fortezze bellissime: una dal lato estone di Narva e una dal lato russo di Ivangorod. Il tutto assume le forme della vera Frontiera, coi due castelli che si guardano minacciosi ricordando sfide di altri tempi, il fiume che passa sotto e il ponte che rappresenta l’unico punto di passaggio! Davvero suggestivo! Il tutto richiama alla memoria mitici luoghi di scambio di spie tra Est e Ovest descritti da numerosi film e libri, che così tanto hanno speculato sull’immaginario collettivo circa la contrapposizione “URSS-resto del mondo”. A causa del ponte, che non può sopportare pesi eccessivi, l’afflusso è regolato dai posti di blocco sulle due sponde. Grazie alle moto, invece, abbiamo aspettato solo 10 minuti, contro le 4 ore (ripeto: 4 ore!) passate da due ragazzi di Torino in macchina. Ormai, ai miei occhi l’unico mezzo per viaggiare è la moto, mentre trovo la macchina un mezzo completamente privo di senso, provare per credere!

 

Pioggia nella frontiera Estonia-Russia

 

Pioggia nella frontiera
Estonia-Russia
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Oltre al rapido cambiamento meteorologico e al posto di dogana così suggestivo, un forte temporale ha contribuito ad enfatizzare il passaggio di frontiera. Le premesse non erano affatto buone: stavamo entrando in Russia e venivamo salutati da un nubifragio nel bel mezzo del ponte, mentre facevamo la fila per passare! Incuranti, ci siamo vestiti da pioggia e abbiamo proseguito le formalità di frontiera sul lato russo. Hanno controllato i visti e ci hanno dato una dichiarazione legata alla moto, che avremmo dovuto consegnare all’uscita dal paese, per evitare che potessimo rivendere la moto in Russia (figurarsi!). Anche in questo caso, le voci (quelle maledette voci che durante l’inverno mi avevano tolto il sonno!) si sono rivelate del tutto infondate e il passaggio è stato rapido e facile, senza farci nemmeno compilare la dichiarazione della valuta posseduta.

Eravamo entrati! Finalmente iniziavo a realizzare che ci trovavamo in Russia e il vedere le scritte in cirillico mi ha esaltato notevolmente!
Lentamente ci siamo avviati verso il centro di Ivangorod, seguendo le indicazioni per Leningrado. Continuava a piovere, ma dopo pochissimi km un arcobaleno che andava da un capo all’altro dell’orizzonte ci ha accolto, mentre la strada riprendeva ad essere circondata da boschi di conifere. L’ho interpretato come un segnale positivo e ho avuto un buon presentimento, che fortunatamente si è avverato!
Purtroppo avevamo un forte ritardo, incrementato anche dal passaggio di frontiera durante il quale avevamo perso un’altra ora per il fuso orario, avanti di un’ora rispetto all’Estonia, quindi avanti di due ore rispetto all’Italia.
Ci siamo incamminati a una velocità molto ridotta, sia per vedere il paesaggio, sia per paura della polizia. Poco dopo è diventato buio pesto e le macchine ci sorpassavano a grande velocità. Per questo motivo, nonostante la pioggia, abbiamo aumentato un po’ l’andatura, anche se temevo di mettere eccessivamente in difficoltà Adriano, afflitto dalla visiera scura del suo casco. Che enorme fregatura la visiera scura, davvero un accessorio fastidioso in viaggio!
  Lungo la strada tutti i cartelli sono bilingue e riportano San Pietroburgo, tranne due cartelli, che riportano stranamente ancora la vecchia indicazione di Leningrado.
I 150 km che ci separavano da Leningrado sono diventati lunghissimi e molto impegnativi, anche a causa dello stress mentale dovuto a molti fattori: la pioggia battente, l’oscurità che non mi faceva vedere bene dove andavo, la paura di percorrere le strade russe in piena notte (maledette voci....mai viste strade più tranquille!), l’ansia di arrivare in una grande città sconosciuta in piena notte e di dover trovare l’albergo. Insomma, non è stata per niente un bella tappa quella dalla frontiera a Leningrado!

 

Dopo aver percorso numerosi km arriviamo al cartello che segnala l’inizio della città. Sulla cartina mancavano ancora un buon numero di km, però il cartello mi ha molto sollevato e speravo di essere arrivato.

 

Leningrado!

Leningrado!
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San Pietroburgo

San Pietroburgo
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In realtà, Leningrado è una città enorme e quel cartello si trova ancora nel bosco! Poco dopo è iniziata la periferia, che ci ha accompagnato per più di 20 km. Ormai ero esaurito e molto stressato, sebbene avesse smesso di piovere da un po’.
Purtroppo Leningrado è totalmente indifferente al turismo via terra, probabilmente perchè solo da pochi anni questo si sta sviluppando. Qualunque sia la motivazione, i cartelli che indicano il centro sono totalmente assenti e siamo dovuti andare a intuito per molto tempo. Quando abbiamo ritenuto di trovarci abbastanza vicini al centro, che comunque è immenso, abbiamo chiesto indicazioni a un ragazzo. Fortunatamente la direzione era giusta e nel giro di pochi incroci siamo entrati nella cartina della F.M.B. di Leningrado che avevo comprato a Roma. Emanuela anche in questa occasione è stata eccezionale e si è destreggiata con i nomi in cirillico delle strade in modo egregio. Il tutto, inoltre, era reso ancora più difficile dai numerosi cantieri che bloccavano del tutto diverse strade, ma nel giro di pochissimo tempo è riuscita a farci attraversare un buon pezzo di città, guidandoci in modo perfetto fino alla mitica prospettiva Nevskij. A quel punto, a meno di 5 km dall’albergo, finalmente ho iniziato a rilassarmi e a godermi gli ultimi minuti di quel viaggio non lungo, ma emotivamente molto intenso e impegnativo.

Verso mezzanotte arrriviamo finalmente all’albergo Moskva. Appena arrivati siamo letteralmente assaliti dalle persone della sicurezza dell’albergo. In inglese continuavano a ripeterci di stare attenti, che potevano rubarci le moto in qualunque momento, ecc. Il loro scopo era terrorizzarci con l’idea dei furti per spillarci quattrini per una loro guardia attenta e permanente. Ci hanno fermato e quasi ci hanno impedito di entrare, dato che volevano concludere immediatamente l’affare impedendoci di pensarci troppo sopra. Noi, intenzionati a non farci fregare, abbiamo temporeggiato, praticamente spintonando un paio di loro per entrare nella hall.
La signora della reception (in ogni caso piuttosto sgarbata), per fortuna ci ha indicato un garage a pagamento che si trova nell’isolato subito dietro a quello dell’albergo. A quel punto abbiamo continuato a rifiutare le proposte di quelli della sicurezza, che erano davvero molto invadenti e pedanti!
Per concludere il discorso della sicurezza dell’albergo, vorrei raccontare questo aneddoto. L’ottimo Nuccio, a Trakai, ci aveva preannunciato che quelli della sicurezza ci avrebbero offerto di tenere le moto; a lui avevano chiesto 20 dollari a notte e non dovevamo farci fregare facendoci chiedere di più. La cifra mi aveva molto spaventato, perchè avremmo dovuto passare 6 notti a Leningrado e l’idea di spendere 240mila per il parcheggio era semplicemente ridicola! Invece, arrivati all’albergo, quando quelli della sicurezza ci hanno letteralmente assalito, ci hanno chiesto 8 dollari a notte. Quello che era successo e che poi avremmo capito in altre occasioni, è che, quando devono chiederti dei soldi, cercano di capire prima quanti soldi “dimostri”, chiedendoti una cifra che puoi permetterti. Infatti, poichè mi aspettavo la richiesta di 20 dollari a notte, la cifra di 8 dollari mi tentava abbastanza e li avrei anche divisi con la mia ragazza. Davvero intelligenti, non c’è che dire! Un’altra ipotesi plausibile che giustifica una richiesta così bassa è che tutti i giorni i tipi si informano alla reception sui nuovi arrivi e, grazie alle informazioni dei visti, sanno con che mezzo arrivano e quanti giorni rimangono. Per cui, avendo saputo che ci saremmo fermati 6 notti, hanno pensato bene di chiederci una cifra più ragionevole. Per fortuna, comunque, abbiamo trovato il parcheggio a pagamento, che ci ha chiesto l’equivalente di 8 dollari, ma non per una notte, bensì per tutte e 6 le notti! In più era sorvegliato molto bene, ed ero di gran lunga più tranquillo rispetto al piazzale di fronte all’albergo in cui i nostri cari amici avrebbero fatto la guardia!

 

Albergo “Moskva”, Leningrado

 

Albergo “Moskva”,
Leningrado
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L’albergo è sterminato, come tutte le cose in Russia: non hanno le mezze misure, altro che gli Stati Uniti! La camera che avevamo prenotato era molto graziosa, ben arredata, pulita, con TV satellitare in cui si prendeva anche la RAI (lo dico per le persone che guardano la TV, personalmente quando viaggio la odio), mentre il bagno era un po’ vecchiotto, ma perfettamente funzionante e pulito. Le 150mila lire che pagavamo per notte erano un po’ eccessive per le nostre tasche, però effettivamente eravamo in una città molto turistica e l’albergo era bello, per cui la cifra ci è sembrata ragionevole! Ogni giorno rifanno le stanze, cambiando gli asciugamani e, per concludere la descrizione dell’albergo, posso dire che la colazione del mattino è a buffet, con una scelta sterminata di pietanze, da quelle dolci per la colazione mediterranea, a quelle salate per la colazione all’europea, quindi si trovano dai cornetti, alle salsicce, passando per macedonia e frittate, crêpes e uova sode! La qualità è ottima e, squattrinati come eravamo, al mattino ci abbuffavamo fino a scoppiare, mentre per gli altri pasti ci arrangiavamo in camera con il fornello da campeggio!

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