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Prima di tutto riporto il chilometraggio di Nelik!
Giornate: 10/08/2006
Usciamo immediatamente per godere della meravigliosa atmosfera di Barcellona. Serata alla cerveceria El Vaso de Oro con aperitivi di tutti i tipi (pesce, carne, verdura cucinata come nemmeno nei ristoranti!), nella zona del porto antico. 12/08
Compriamo delle pesche e del parotxa, giriamo un po’ nel grazioso centro storico. L’ottimismo imperante mi prende la mano e mi fa allegramente proporre: “Si va?”
Torniamo a Ripoll, telefono all’Europ Assistance, ma continua a cadere la linea. Caterina va a caccia di un meccanico, ma ovviamente è sabato, dove lo troviamo? Poi arriva Francisco. Sgommando sulla sua auto taroccata, guardandolo solleva tutti i miei pregiudizi relativi al coattello di turno. Invece si ferma, chiede cosa è successo, come può aiutarci. L’ennesima lezione...e dire che pensavo di essere vaccinato a questo genere di considerazioni superficiali! Ci porta in una mega area di servizio poco lontano, che comprende anche un meccanico, per auto. Smonto quasi del tutto la carena per rabboccare il liquido refrigerante, ormai praticamente esaurito. Francisco ci consiglia di andare ad Olot, a suo dire più attrezzato di Ripoll. Così sul tardi ripartiamo per fare questi pochi km. Non faccio tanto caso al paesaggio, preso come sono dal malore di Nelik e dalla pioggia intensa. Olot ci accoglie malamente, non riusciamo a capire dove possiamo dormire. Le pensioni e gli alberghi che troviamo sono tutti al completo, non sappiamo cosa fare. L’ultimo albergo che sentiamo ci segnala una pensione che dovrebbe aver posto, la PENSION PUJOL. Ci si presenta come il castello di Frankestein Junior, un po’ in alto, sinistra nel suo squallore. Cate resta fuori, io entro a chiedere informazioni nel bar annesso. Mi faccio largo in una cortina di fumo denso, la signora dietro al bancone è la versione anziana di Morticia della famiglia Addams. Ha delle movenze strane, limitate, sbieche, mi guarda in tralice. Chiedo se ha posto, risponde di no. Fuori intanto saetta come nemmeno negli incubi, mi lascio suggestionare e mi sento in un film di Dario Argento, mi aspetto che la serranda si chiuda di colpo, il pavimento sprofondi ritrovandomi nelle segrete di una rocca sperduta, umida, buia, ammuffita. Mi riconnetto con la realtà, la signora fa lo sforzo di darci una singola, l’unica stanza libera di questo hotel de charme, al prezzo di una doppia, bontà sua! Chiedo prima di vederla e il ragazzino che sembra essere il nipote mi accompagna e mi mostra uno stretto loculo con claustrofobico bagno annesso. L’ennesimo tuono mi strappa di bocca un Sì, torno giù, consegno i documenti alla signora, assieme ai soldi del pagamento, ovviamente anticipato!
Prima però voglio mangiare qualcosa, ma il nubifragio ancora una volta ci blocca. O meglio, mi blocca e nonostante la decisa contrarietà di Caterina, ci fermiamo nel bar/ristorante dove è iniziata la nostra avventura al Pujol. La nonna di Morticia ci porta un aperitivo di olive disgustose, Cate chiede un’insalata verde (solo verde, mi raccomando!), io delle uova. Ci porta un’insalata che sarà stata preparata settimane prima con mais, tonno, carote, lattuga e altro ancora. Le mie uova per fortuna sembrano fatte al momento. Divoro tutto, Cate non tocca nulla. Io allora spilucco un po’ del tonno, al momento del conto la simpatica vecchina ci addebita ovviamente tutto, tra le vibrate proteste di Cate.
Facciamo una passeggiata nella zona dei vulcani di Garrotcha. Cielo blu, destinazione Girona a caccia di un meccanico. Passiamo Banyoles, un piccolo borgo con castello. Arriviamo a Girona e, dopo aver girato un po’ inutilmente, finalmente troviamo posto all’albergo Condal, subito ribattezzato Condom (53,60 € la doppia senza colazione). Usciamo subito per fare un giro, città deserta. Vedo in lontananza un motociclista, mi butto quasi sotto le sue ruote, gli spiego il caso, mi indica Basoli.
Uno scroscio ancora più violento ci spinge in un grazioso bar proprio di fronte all’ingresso dell’università.
“Clara??” “Sì, clara!!”, esclamiamo felici. Scopriamo così che in Spagna la birra clara è una chiara, sì, ma allungata con un po’ di succo di limone. Per me disgustosa, per Cate una piacevole variante. Riprendiamo la passeggiata, l’immensa cattedrale è aperta, nonostante l’ora, per un matrimonio. Ne approfittiamo per visitarla, osserviamo gli sposi che spariscono subito alla fine della cerimonia. Gli invitati escono, dopo un tempo lunghissimo arriva lui, dopo mezz’ora di attesa della sposa ce ne andiamo noi. Ceniamo in un ristorante basco, primo contatto con i pintxos, gli elaborati aperitivi della loro cucina (1,25 euro l’uno). Purtroppo, siccome il conto è fatto in base agli stuzzicadenti rimasti nel piatto, uno per ciascun pintxos, ne perdiamo alcuni, con nostro sommo dispiacere. Scopriamo finalmente come si chiama la classica bionda alla spina: caña! Al momento di uscire, panico, mal di pancia, disperazione: Cate non trova più la carta di credito. È la terza o quarta volta da quando la conosco, ho già perso il conto. Si cerca ovunque, ritorno in albergo con tonificante corsa a perdifiato, la digestione ringrazia bloccandosi. La carta ci aspettava in albergo, non capisce la nostra apprensione. 14/8
Mollo l’osso, guardo un po’ di moto, soprattutto KTM, mi rifugio nel vicino Mc Donald’s dove posso rilassarmi nel cortile esterno, leggendo Orwell e il suo “Omaggio alla Catalogna”. Altri tempi, altre sensazioni, altri sentimenti (leggi la recensione nella Letture consigliate).
Alle 17 riusciamo a partire, ben forniti di liquido refrigerante per rabboccare eventuali perdite. Destinazione (sperata) Saragozza. Il paesaggio si apre, gli spazi della Spagna centrale ci accolgono con ampie discese, lontane colline, il cielo ci abbraccia. La stessa strada si apre, si divide: tra i due sensi di marcia c’è un’ampia fascia incolta che in Italia verrebbe riempita da almeno altre 2 corsie. Appena possibile l’occhio va sotto la moto, ma sembra tutto a posto. Il paesaggio desertico ci fa sognare l’Africa. Il sole ci lascia con colori caldissimi, vivaci, che tingono di porpora e viola prima le ultime propaggini montuose poi la periferia di Saragozza. Arriviamo nella piazza principale, parcheggiamo, Cate va a caccia di un albergo. Si ferma un motociclista scozzese, faccio fatica a capirlo. Viaggia con il figlio, vivono lì, ci consigliano un campeggio sotto ai Pirenei. Dopo alcuni minuti Cate torna, andiamo all’hostal Santiago, un ostello un po’ inquietante al primo palazzo di un palazzo fatiscente in pieno centro. I corridoi sono stati da poco ridipinti in un verde mela acido allucinante (nel vero senso della parola!). Rapida doccia, giro in centro, in piazza Santa Maria del Pilar, poi attraverso i vicoli nell’unica parte carina.
15/8
Nuove urla d’aquila si levano nel vicolo. Assieme a me, altre persone sono affacciate ad osservare la scena irreale. Evviva i devoti pellegrini! Visitiamo al volo la cattedrale, è ora di messa, il prete saluta un gruppo di fedeli da Napoli. A metà mattinata partiamo, direzione nord. A qualche decina di km a nord di Saragozza ci addentriamo nella zona delle Bardenas Reales, una serie di colline argillose erose dall’acqua e dal vento, una miniatura della Cappadocia, molto suggestiva. Il circuito sterrato è di una quarantina di km, imperdibili. Giro e pranzo a Tudela, carina, calda. Autostrada per Pamplona. Inizia a far freddo, il vento è potente, vuole portarci via. Continuiamo a salire nelle montagne verdi, il freddo aumenta ancora, piove. Suggestivo ma...gelido! Arriviamo a Donostia alle 21. cerchiamo disperatamente da dormire. Todo est lleno! Decidiamo dopo svariati ripensamenti di campeggiare sotto una chiesa in cima ad una collina in periferia, scoperta in uno degli ennesimi giri a caccia di un letto. Caterina è tranquilla, io per niente. Mi sento totalmente esposto, nel cuore di una città, a chiunque abbia voglia di rompere le scatole o ai poliziotti pignoli. Prima di tornare sulla collina vista poco prima, ceniamo in un bar vicino allo stadio, con pintxos di frittata, salumi ed altro. Ci sistemiamo meglio che possiamo alle spalle di un cespuglio, siamo quasi del tutto nascosti alla strada. Cate attacca un biglietto fuori dalla tenda: Hola! Somos turistas! Habemos buscado un habitacion pero estaba todo lleno! ...a las 8 mañana por la mañana desmontamos la tenda. Gracias! 16/8
Incontriamo Giammarco e Chiara a Placa de la Costitution, sotto la finestra 136. La piazza, infatti, ha tutte le finestre numerate, pare perché fossero in vendita come posti durante alcuni spettacoli. C’è uno spettacolo di musiche e danze tradizionali. Andiamo tutti insieme a caccia di uno dei ristoranti indicati dalla guida, nel quartiere di Gros. Il nostro obiettivo è Ramontxo, vincitore di diversi premi per i suoi pintxos. Ordiniamo: txangurro, sandwich di fegato d’oca, riso con setas, mousse di pescado, cigalas (con Giammarco che fa “cavolo, non pensavo che le cicale fossero così buone”!! dopo esserci tenuti la pancia del ridere per un quarto d’ora gli abbiamo spiegato che non sono quelle sugli alberi, ma quelle nel mare!) Gara di fuochi artificiali, magnifici, visti dal ponte tra Gros e il centro storico. Gelato, passeggiata, notte. Il cuscino basco (un cuscino alto e lunghissimo) mi perseguita e turba i miei sonni. 17/8
Finiamo in spiaggia, il sole è caldo, ma il forte vento tiene bassa la temperatura. È pieno di surfisti. Tanto per cambiare, un fronte viola-pioggia oscura in pochi minuti il cielo, il vento diventa tempesta, la spiaggia ed il mare si svuotano in un istante. Alte colonne di sabbia sollevate dal vento disegnano vortici nelle vie del lungomare. Decidiamo di guardare tutto dall’alto dal monte Igueldo, ci abbracciamo baciati da un tramonto di mille colori. Alla base della collina c’è un mini-quartiere godereccio, di locali, stand con spettacoli all’aperto, bar, centri fitness e molto altro. Ultime foto per il Peine de Viento, poi torniamo in centro per incontrarci con Giammarco e Chiara. Purtroppo è tardi, giriamo come trottole nel centro e nel porto, ma non troviamo nulla di aperto. Non ci resta che ingurgitare degli hamburger in una specie di Mac Donald’s locale. Stasera sono di scena i fuochi d’artificio italiani. Purtroppo l’assenza di vento fa ristagnare il fumo che copre a volte quasi completamente ed in ogni caso smorza i colori e gli effetti altrimenti spettacolari. |
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