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Giornate: 25/08/2009 - “Pure il rafting!”
Ultimo pezzo in totale rilassatezza nella corrente ora calmissima. Ci fermiamo nel punto raccolta finale, lunghissima risalita su centinaia di gradini. In cima alla scalinata infinita c’è un ristorante dove ci cambiamo e pranziamo, tutto incluso nel prezzo pagato. Rientro sempre scandito dalle chiacchiere dei quattro olandesi ritrovati. L’autista mi abbandona in auto davanti a un’agenzia viaggi all’ingresso di Ubud, aspettando non so cosa. Chiedo informazioni, ma inutilmente. Dopo una ventina di minuti mi spazientisco, saluto e torno a piedi. Pomeriggio di shopping al mercato, contrattando su tutto, fino all’ultima rupia. L’artigianato locale è davvero bello e molto vario, da utensili per la cucina, molti decorati con profumatissimi riccioli di cannella, a delicate sculture in legno o pietra, a spille e altri oggetti femminili e così via. Compriamo il biglietto del pullman per Sanur. Partiamo domattina alle 9 con l’idea di imbarcarci verso l’isola di Lembongan, dove trascorreremo in pace e rilassatezza gli ultimi giorni di vacanza. Nel tardo pomeriggio restituiamo definitivamente lo scooter e chiudiamo il pomeriggio da Mami, l’amica di Caterina proprietaria del centro estetico. Ceniamo in un waroeng fighetto, ma molto buono. Quando usciamo per tornare verso l’albergo, passiamo davanti ad un padoglione all’aperto dove si sta esercitando un’orchestra di gamelan. Restiamo ad ascoltare affascinati. Un ragazzo giovanissimo sembra guidare tutti gli altri, effettivamente è molto bravo e carismatico. Impacchettiamo i bagagli fino alle 23. 26/08/2009 - “I galli di Lembongan”
Sulla barca abbiamo il solito contatto traumatico con altri italiani: urlano, gesticolano, si agitano, impongono la loro conversazione a tutta la barca. Stiamo navigando nell’oceano verso l’isola di Lembongan, mare tropicale e mille stimoli da cui farsi rapire, l’isola di Bali e la sua magia e loro parlano di appalti, concorsi pubblici, lavoro, politica. Mi assale una doppia tristezza: una contingente, dovuta a queste conversazioni e l’altra in prospettiva, per il ritorno ormai imminente in Italia.
La gente è incredibilmente meno cordiale che a Bali: passiamo da un eccesso all’altro in pochi chilometri! Seguiamo le indicazioni di un amico di Aruna che incontreremo nei prossimi giorni. Ci ha indicato il Ketut Losmen, ma non ci convince, soprattutto per la spiaggia mediocre che ha di fronte. I prezzi sono tripli rispetto ad Ubud, per tutto: alberghi, scooter, benzina, cibo. Un tizio ci vede ciondolare dubbiosi nel cortile del Ketut Losmen e ci offre di accompagnarci alle spiagge a pochi chilometri da qui, molto più belle a suo avviso. Lascio Caterina con tutti i bagagli e vado col tipo, abbarbicato precariamente su un pezzetto di sella del suo motorino sgangherato. Mi porta a Mushroom Beach, dove interpello tre alberghi. Il tipo mi presenta nelle varie reception. Uno, bellissimo, ha posto, un altro solo per stanotte, il terzo è completo. Non sono convinto e in più ho il terribile morbo della curiosità: forse nella prossima spiaggia c’è il paradiso e io non lo so!
Torniamo al porto a riferire a Caterina. Lei ha provato a chiedere agli affitta-camere nei dintorni del porto, ma hanno prezzi alti e sistemazioni non entusiasmanti. Decido di rischiare convincendola ad andare a Mushroom Beach. Caterina va sullo scooter di un amico del mio “autista”, io con lui. Incredibilmente riusciamo a portare tutti i bagagli in equilibrio precario. Prima di andare, saluto una scimmietta dallo sguardo vispo, pronto e simpaticissimo. Le regalo una banana e lei, per risposta, scherza un po’ con me. Purtroppo è incatenata e continua a saltare e dimenarsi istericamente nel breve raggio d’azione consentito. Per fortuna il posto splendido a Mushroom Beach conquista immediatamente Caterina, facendo passare in secondo piano i 70 dollari a notte chiesti. La stanza è in realtà un bungalow tradizionale. Non ha la magnificenza di Villa Shanti, ma è comunque un posto splendido. In più, abbiamo la vista mare. Trascorriamo il pomeriggio sulla spiaggia, tra bagni, sole e passeggiate. La corrente in acqua è molto forte. A metà della spiaggia c’è un tempio all’ombra dell’immancabile albero monumentale e meraviglioso. All’interno un gruppo di donne sta pregando, sotto l’occhio severo di un anziano monaco. Devo ancora capire se piantano gli alberi dove c’è un tempio o se accade il viceversa. Se è più sacro il tempio o l’albero. Perchè davvero questi esemplari così immensi incutono rispetto e amore allo stesso tempo e palesano la forza della Natura a cui l’uomo dovrebbe rendere grazie. Proprio a fianco del tempio assisto ad una nuova battaglia di galli. Se devo credere al Fato, mi chiedo perchè sono stato impossibilitato ad assistere al rito conclusivo della cerimonia di cremazione, mentre invece sono stato esposto già due volte alle battaglie tra galli. Forse sono ancora troppo legato alla concretezza del mondo occidentale e non avrei comunque gli strumenti per apprezzare e comprendere più a fondo il significato profondo della cremazione e la cultura ad essa sottesa. Fatto sta che mi ritrovo in mezzo a decine di persone che si accalcano attorno ad una quindicina di galli, di cui uno ormai morto. Un altro perde il combattimento ed il padrone gli slega la lunga lama che aveva legata ad una zampa. Come tutti i galli che combattono, d’altronde.
Finalmente riusciamo ad ammirare il tramonto, con il sole che si tuffa nel mare, anche se ad essere pignoli, l’ultimissima parte è nascosta dal basso profilo di Bali, all’orizzonte. Il vulcano Agung ci saluta, imponente, magico e misterioso, alla nostra destra, oltre il braccio di mare che ci separa da Bali. Ceniamo in un ristorante vista mare poi, verso la fine della serata, si alza, lamentosa e monotona, la litania di una cerimonia. Andiamo al tempio e troviamo tre persone: due uomini e una donna, tutti anziani. Parlano al microfono e sembra che il monaco descriva la scena che poi la donna va a recitare, leggendo un libro. Il terzo uomo approva col capo, un po’ si guarda intorno e un po’ cerca di concentrarsi. Non capisco se si tratta di una pantomima o di un altro tipo di cerimonia. Dura una mezz’oretta, poi in lontananza sentiamo arrivare la stessa litania, probabilmente dal tempio che ho fiancheggiato stamattina col tipo, mentre andavamo alla Dream Beach. Andiamo a dormire presto, verso le 22:30. Spero che si dorma bene e che smettano queste voci lamentose di cui purtroppo non capisco la funzione. 27/08/2009 - “Snorkeling a Lembongan”
Nel conto dell’albergo è inclusa mezz’ora di snorkeling, da fare necessariamente la mattina presto per evitare il mare che, ci dicono, solitamente si ingrossa dalla tarda mattinata in poi. Lottiamo con degli spagnoli contendendoci le poche maschere a disposizione. Vanno prima loro, così decido di fare una passeggiata sulla scogliera. Dall’alto vedo delle calette meravigliose di acqua turchese, decido di andarci con Caterina nei prossimi giorni. Oziamo sulla spiaggia in attesa che tornino gli spagnoli. Finalmente arriva il nostro turno. Un gommone ci porta nell’ampia baia dove ieri abbiamo attraccato. Ci sono alcune piattaforme galleggianti dove la gente va a pescare, sdraiarsi, tuffarsi e così via. I pesci sono di mille colori splendidi, fanno concorrenza al primo snorkeling fatto appena arrivati a Bali. Mezz’ora dopo ci riportano a Mushroom Beach. Decidiamo di andare a pranzare in un waroeng visto arrivando con il motorino, leggermente nell’entroterra. Chiediamo se hanno pesce fresco. Purtroppo hanno solo piccoli tonni dalla carne scura e stopposa. Il resto del pranzo è godibile. Ozio sulla spiaggia. Incontriamo gli australiani del pulmino di ieri! Domani verranno a stare da noi, dietro nostro suggerimento. Sdraiato sulla sabbia sento arrivare, dal tempio, il tintinnio della campana cerimoniale. É un suono delicato ma continuo, ipnotico. Vado e mi metto in disparte. Qui mi sento meno ben accetto rispetto a Bali, ma forse sono meno abituati a vedere stranieri. All’interno del recinto del tempio ci sono molte donne sedute che parlano tra loro e sorridono. Intanto, continuano ad arrivare nuove offerte portate da altre donne: cibo (anche merendine, biscotti, riso), fiori in quantità, incenso e altro ancora.
Sono quasi tutte donne. Gli uomini sono sul fondo, quasi in secondo piano. Qui officia un uomo, ma nel tempio vicino Pemuteran c’era una donna ed in generale, a quanto visto fino a oggi, i ruoli sono piuttosto paritari, con una leggera preponderanza femminile. Le offerte, invece, sono fatte esclusivamente dalle donne. Mi piace molto anche la struttura dei templi, così aperti e sempre posizionati sotto alberi imponenti, sacri e saggi, invece di essere chiusi come le chiese o le moschee. Mi sembra che i riti e le preghiere siano molto più legate all’essenza vera della vita: l’acqua, la terra, il fuoco. Scattiamo un po’ di foto al crepuscolo. Ammiriamo il tramonto seduti sul ciglio di una roccia alta, a picco sul mare. Ci godiamo gli ultimi raggi del sole seduti ai tavoli del ristorante dell’albergo, sorseggiando un succo fresco di banana. Doccia, relax in camera, non andiamo nemmeno a cena. Anche stanotte sentiamo arrivare la litania di ieri sera dal tempio vicino e da quello in lontananza. Domani voglio scoprire di cosa si tratta! 28/08/2009 - “La benedizione dell’Agung”
E pensare che proprio ieri sera era coperto da nubi nerissime. Dopo qualche minuto si sparge odore di incenso. Arriva una ragazza che non mi rivolge nemmeno mezzo sguardo. Depone un’offerta di fronte al mare, a pochi centimetri dalle calme acque dell’oceano. Prega brevemente e si allontana per deporre un’altra offerta poco più in là. Sento un canto provenire dal tempio. Vi trovo il solito monaco dall’aria arcigna, immobile, mentre intorno molte donne si affaccendano ad ordinare le offerte e portare all’interno del tempio quelle deposte sui muretti del cortile antistante. A fianco a me c’è un vassoio con mele, uva e altra frutta, una merendina ancora incartata. Una donna, dall’interno del tempio, viene a prenderlo e portarlo sull’altare, dove l’altro officiante sta benedicendo tutto. Di fronte al tempio c’è una piccola folla, stavolta quasi tutta di uomini. Stanno aspettando il traghetto delle 7 per Sanur. Osservo di nuovo Bali, all’orizzonte. É ancora completamente sgombra dalle nuvole, contrariamente al solito. Torno alla mia postazione sotto un grande albero. Leggo e spero di riaddormentarmi.
Sono bellissimi e rimango rapito ad osservarli mentre zampettano sulla sabbia al limitare delle acque, sfiorano l’acqua in un rapido volo di perlustrazione per poi posarsi nuovamente a poca distanza da me, camminano ala contro ala come due vecchi amici che si scambiano le solite confidenze. Emozionante. Sarà il mio essere irrimediabilmente “cittadino” a farmi palpitare così di fronte agli animali, ma trovo che una vita a stretto contatto con la Natura sia l’unico modo davvero “umano” di vivere. Inaspettatamente, arriva Caterina verso le 8. Anche lei non riusciva a dormire.
Mentre torniamo agli asciugamani, camminando sul bagnasciuga, sento un forte bruciore al piede. Forse una medusa. Il dolore diventa sempre più intenso. Si attenua passandoci dell’aloe vera, ma poi aumenta di nuovo. Nel frattempo la cucina dell’albergo apre, andiamo a fare colazione. Torniamo in camera, chiedendo di nuovo se controllano l’acqua calda, che da ieri non arriva. Non ho voglia di fare anche stamattina la doccia con l’acqua fredda. Dopo un breve riposo, torniamo in spiaggia verso le 10:30. Ci dicono che esiste un traghetto che porta direttamente da qui, Mushroom Beach, a Sanur, quindi senza dover tornare indietro al porto principale di Lembongan dove siamo arrivati ieri. Purtroppo le informazioni che ci danno sono discordanti. Torniamo nell’entroterra, troviamo un’agenzia che finalmente sembra fare al caso nostro. Compriamo due biglietti per un motoscafo che impiega mezz’ora, dalle 10 alle 10:30, e costa 200mila rupie a testa. Il prezzo è altissimo, ma almeno non perdiamo troppo tempo in giri inutili.
Prendiamo anche un ananas, è un po’ aspro, ma ... continuerei così per giorni! Invece domani torniamo. Da un lato sono contento, perchè mi manca molto la casa e la moto. Dall’altro lato, ovviamente, vorrei restare altro tempo ed esplorare più a fondo Bali. La giornata trascorre nell’ozio più totale. Al tramonto ci concediamo un bagno, poi di nuovo albergo e cena in un ristorante piuttosto buono, con cameriere dallo stile “balinese”, ossia cortesissimo e efficiente. Andiamo a dormire prestissimo, verso le 22. Speriamo di non svegliarci di nuovo alle 5! 29/08/2009 - “Il triste rientro”
Non serve cincischiare, purtroppo arriva il motoscafo, i camerieri ci aiutano a portare i tanti bagagli tutto e partiamo. Mi si stringe lo stomaco abbandonando l’isola e iniziando il triste rientro verso Roma. Non riusciamo ad andare a piena velocità. Dopo alcune botte molto secche prese atterrando su alte onde, il pilota decide di rallentare anche per le rimostranze dei passeggeri. A bordo siamo una decina, tutti piuttosto preoccupati dalle onde sempre più alte. Arriviamo a Sanur, solita discesa tra le onde. Piccolo assalto al grido di “transport?”, “Ubud?”, “Hotel?” e così via. Caterina va a cercare Dani, l’amico di Aruna che lavora a Kuta e che oggi, finalmente dopo tanti sms e mail, incontreremo. Mi siedo ad aspettarla in un mercatino turistico, dove torna la quiete. Arriva Dani, molto simpatico e disponibilissimo, a bordo di un’auto noleggiata per l’occasione. Usciamo da Sanur e andiamo verso Kuta, senza uscire mai, in effetti, dal centro abitato. É tutto piuttosto caotico, ma sempre nulla in confronto a quanto visto a Java a inizio vacanza. Ci fermiamo in un supermercato di souvenir. É la prima volta che li vedo, ce ne sono diversi. Roba da giapponesi, da raptus da souvenir compulsivo, fatto sta che ci fermiamo quasi un’ora comprando oggetti per noi, amici e parenti a buoni prezzi, senza l’ansia di dover contrattare su tutto. Dai prezzi esposti capiamo anche quando, nei giorni scorsi, siamo stati fregati e quando, invece, abbiamo spuntato un buon prezzo. Buono a sapersi. Kuta si riconosce dal casino di traffico immobilizzato. Pranziamo in un ristorante indo-giapponese molto carino, vista mare.
Foto con Dani sulla spiaggia, poi via verso l’aeroporto. Il tempo stringe, purtroppo, e parecchio. Tra un ingorgo e l’altro arriviamo in aeroporto alle 16. Il volo decolla alle 16:40. Lasciamo i bagagli al check-in, corriamo ai metal detector, come al solito mi dimentico del coltello. Nuova corsa al check-in dove lo lascio, ritorno, controllo, tutto ok, riusciamo a salire e partire! L’aereo è pieno, i posti piccoli e fitti, il volo lungo e noioso. L’unico diversivo è il panorama che intravediamo dai finestrini. Voliamo sopra dei vulcani, non capiamo esattamente quali, ma un paio hanno il cratere occupato da un lago dal colore verde brillante, chimico. Finisco, con perfetto tempismo, il libro di Gherpelli. Bello! Ci aspettano molte ore a Jakarta, il volo partirà per Dubai alle 00:30. La mia vicina, dall’aspetto assolutamente asiatico, è nata a Java, trasferita in Olanda e poi in Svizzera, nel Canton Ticino. Parla e soprattutto capisce benissimo l’italiano e rischio una gaffe clamorosa. Non imparerò mai a misurare le parole davanti a persone che potrebbero capire l’italiano! A Jakarta veniamo accolti dalla solita cappa afosa soffocante. Al ritiro bagagli trovo anche il mio coltello, trasportato dal personale di bordo dell’aereo e riconsegnatomi in una busta sigillata. Aspettando lo shuttle bus conosciamo un ragazzo di Papua. Ha studiato la religione cristiana in Australia per un anno e mezzo. Ora sta tornando a casa per restarci, vorrebbe fare l’insegnante in una scuola di inglese per ragazzi poveri. Il mio piede continua a peggiorare. Secondo me l’ho messo sopra un’ape, alle quali sono allergico. Inizio la cura di cortisone con delle pastiglie che ho portato dall’Italia. Stavolta, contrariamente a tutti i viaggi passati, abbiamo usato diverse medicine: Ecoval, Bentelan, fermenti lattici, Polase, Efferalgan, Muscoril e forse ne dimentico ancora qualcuna. Iniziamo le pratiche per il volo. Al check-in scopriamo una tassa inattesa di ben 150mila rupie a testa. Siamo rimasti completamente senza soldi. L’addetto allo sportello ci propone un tasso di cambio con l’euro da vero ladro. Mi rifiuto e Caterina si precipita in un altro cambio, sempre all’interno del salone dei check-in. Le fanno un tasso un po’ meno da ladro, ma sempre terribilmente basso. Siccome cambiavano solo soldi interi, alla fine del gioco restiamo pure con 200mila rupie di cui non sappiamo che farcene e i vari cambiavalute si rifiutano di prenderli indietro. I negozi di souvenir dell’aeroporto propongono oggetti orrendi a prezzi stratosferici. Se penso ai bambini di Amed che chiedevano 10mila rupie per le loro scatoline, che non glieli abbiamo dati e che qui stiamo sprecando decine e decine di migliaia di rupie, mi viene il magone. Alla fine le 7 ore passano in un modo o nell’altro, trascinandomi ormai zoppo tra i lunghi corridoi. 30/08/2009 - “La tortura finale del volo”
Nonostante il volo di oltre 7 ore e la veglia quasi continua, ho poco sonno e solo un leggero mal di testa. Il piede è gonfissimo e prude da morire, nonostante le varie pastiglie di Bentelan prese. Forse non è la cura appropriata. Siamo arrivati con un leggero anticipo, sono le 5 del mattino e ci aspettano 5 ore di ozio, prima del volo per Roma e soprattutto di digiuno visto che abbiamo dimenticato i biscotti sull’aereo. Passano anche queste 5 ore e, anzi, quasi perdiamo il volo visto che siamo sdraiati lontano dal gate e non ascoltiamo gli annunci degli altoparlanti. A bordo finisco di vedere “The evil wears Prada” e guardo tutto “Bringin up, baby” in versione originale, un vecchissimo film molto divertente. Il sonno non vuole saperne di arrivare. Inizio a leggere “Cristo si è fermato a Eboli”, poi passo alle notizie sul monitor, ma di dormire nemmeno a parlarne. Alla fine usciamo anche da questo volo. Alle 14, fortunatamente in netto anticipo. In totale, da quando siamo partiti ieri alle 16:40, avrò dormito a malapena 3 ore, su varie poltrone più o meno scomode. Di nuovo a Roma. Senza moto, non ho la sensazione di aver fatto le vacanze, da sempre associate a Nelik. Mi sento come se fossi tornato da un viaggio invernale, di quelli che ho iniziato a fare negli ultimi anni, che ovviamente non sono quasi mai in moto. Non riesco a pensare che dovrà passare un anno prima di potermi permettere un viaggio lungo in moto. Recupero bagagli, accoglienza graditissima dei miei, casa, inizio sistemazione bagagli, prima visione delle foto scattate. Vacanze finite, purtroppo. |
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