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Agosto 1999 - San Pietroburgo, Paesi Baltici, Polonia

Tragitto seguito nell'Agosto 1999
Tragitto

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Diario di viaggio dell'Agosto 1999
Diario

Fotografie dell'Agosto 1999
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Vecchio programma: Mosca e San Pietroburgo
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A parte i miei “integralismi”, passiamo alle regge degli zar: abbiamo visto Petrodvorec e Puškin. La prima è quella più celebrata (c’è un servizio sul numero di Bell’Europa di ottobre 1999), ed è semplicemente stupefacente. Si affaccia sullo splendido Golfo di

 

Fontane di Petrodvarec

Fontane di Petrodvarec
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Scritta "Lenigrado città eroe"

Scritta
“Lenigrado città eroe”
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Finlandia, tramite dei giardini che da soli basterebbero a lasciare a bocca aperta; se poi aggiungete delle fontane da favola, il gioco è fatto! Decine di cascatelle con scivoli di marmo, fontane con statue allegoriche di personaggi mitici ed animali fantastici, il tutto condito con ampi spruzzi d’acqua. Anche in quell’occasione siamo rimasti senza parole. Inoltre, quello che va aggiunto è che a Petrodvorec, come a Leningrado e a Puskin, moltissime cose sono state ricostruite dal nulla. Questo vale particolarmente nelle regge citate, in quanto i

 

 
Giardini di Petrodvarec

Giardini di Petrodvarec
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Chiesa ortodossa nei pressi di Petrodvarec

Chiesa ortodossa nei
pressi di Petrodvarec
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bombardamenti della seconda guerra mondiale, durante l’invasione nazista eroicamente contrastata da Leningrado, hanno fatto danni incredibili. Durante l’aggressione, durata quasi 3 anni, i nazisti avevano occupato militarmente quelle splendide costruzioni, danneggiandole e derubandole di molti arredi. Anche stavolta troverete mostre fotografiche che ricordano quei giorni drammatici e che testimoniano l’incredibile opera di ricostruzione che hanno fatto i sovietici. Sempre a Petrodvorec sono da vedere i giardini alle spalle del palazzo e gli interni della reggia, molto belli.
Infine, arrivando a Petrodvarec si incontra una splendida chiesa ortodossa, sullo stile della celebre San Basilio di Mosca e della bellissima Cattedrale del Salvatore sul Sangue Versato di Leningrado.

 

Particolare della reggia di Puskin

 

Particolare della
reggia di Puškin
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Puškin è meno appariscente di Petrodvorec, ma non meno bella. Nei suoi meravigliosi giardini si trova un lago molto pittoresco, e la reggia è enorme.  A questo proposito racconto un altro aneddoto curioso. Quando siamo entrati nella prima sala, abbiamo sbirciato nella parte rimanente di corridoio e abbiamo visto un’infilata incredibile di stanze. Lì per lì abbiamo pensato a un gioco di specchi, di quelli che moltiplicano all’infinito un’immagine, sempre più piccola, come a simulare una cinquantina di stanze, a perdita d’occhio. Invece qui le stanze ci sono per davvero e non si riescono nemmeno a vedere tutte in quel primo colpo d’occhio!

Riguardo le regge, c’è da dire che mentre Puškin ha un minimo di segnaletica che ti guida (ma molto, molto minima), Petrodvorec non ha nemmeno quella. Fortunatamente lo spirito d’iniziativa non ci manca e siamo riusciti a trovarla abbastanza in fretta, ma vi assicuro che girare in una città sterminata senza cartina stradale (dato che quella della F.M.B. include solo il centro storico), senza un solo cartello (e se dico nessuno, intendo dire nessuno) e senza capire cosa dice la gente, non è facile! Però fa parte del gioco e mi sono divertito anche in quella occasione. Anche perchè ci siamo ritrovati a girare in

 
 

Periferia di Leningrado

Periferia di Leningrado
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periferia, cosa che volevo fare comunque.

 

Ponte mobile sollevato

 

Ponte mobile sollevato
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La parte esterna della città è analoga al centro per dimensioni, soltanto che qui i palazzi diventano casermoni piantati in mezzo al nulla. Va ripetuto, però, che non hanno nulla da invidiare alle periferie delle grandi città europee, e che in confronto alle favelas che ho visto in un sobborgo di Lisbona sono molto più dignitose.

Raccontando qualcos’altro di Leningrado, posso parlare un po’ meglio dei ponti mobili della Neva: lo spettacolo, anche se a notte fonda, va assolutamente visto. E’ impressionante vedere questi ponti enormi, a 6 corsie, più quelle del tram, che si alzano di novanta gradi. I cavi elettrici del tram si piegano sull’asfalto e quello che dovrebbe stare in piano lo ritrovi 20 metri sopra di te. Poi bisogna parlare delle navi: una sequenza senza soluzione di continuità di navi enormi, silenziose e nere come la notte che passano dove prima c’era un ponte e ora c’è un varco largo quanto basta. A

 
 

Tomba di Dostoevskij

Tomba di Dostoevskij
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rendere il tutto ancora più inquietante, in molti casi le navi sono fatiscenti, come quelle che si vedono nei telegiornali con le quali i clandestini cercano di approdare sulle coste italiane.

Vanno spese alcune parole anche per il monastero dedicato ad Alessandro Nevskij, situato davanti al nostro albergo. E’ molto bello ed è arricchito da due cimiteri monumentali che ospitano molti personaggi illustri; tanto per citarne alcuni, vi si trovano i monumenti funebri di Dostoevskij, Chajkovskij, Stravinskij.

 

Multa per divieto di inversione ad U

 

Multa per divieto
di inversione ad U
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L’ultimo aneddoto riguarda una multa che ci hanno fatto in pieno centro a Leningrado. Ho fatto un’inversione dove non si poteva (di tutte le porcate che avevo fatto nei giorni precedenti è stato curioso che mi beccassero proprio in un punto in cui l’inversione era tranquilla e priva di pericoli), e un vigile gentilissimo (altra voce: “attenzione alla polizia, sono tutti stronzi e violenti”) ci ha contestato una multa di ben 40 rubli, cioè 3200 lire: 3200 lire per una inversione a U, quando poteva chiedercene 10 volte tanto! Anzi, a questo proposito mi viene in mente un ultimo aneddoto che dovrebbe contribuire a gettare l’ottima luce che meritano i russi. A Petrodvorec ho lasciato la mia macchina fotografica da un milione e mezzo (roba da far mangiare una famiglia di 4 persone per 3 mesi e me ne vergogno, non credete...) sul serbatoio della moto, nel parcheggio dove passavano decine di persone in continuazione. L’ho lasciata in quel punto visibilissimo per 40 minuti d’orologio, e quando me ne sono accorto (con una scenetta del tipo “L’hai presa tu la macchina?”, “Ma come, non ce l’hai tu??”, ecc.), sono corso lì e c’era ancora. Incredibile!
Per quanto riguarda le condizioni meteorologiche, abbiamo trovato sempre nuvoloso e la temperatura era assolutamente confortevole, tanto che potevamo camminare per ore senza sentire la pesantezza del caldo che lo scorso anno ci ha tormentato in Spagna. Gli ultimi due giorni, fortunatamente, abbiamo avuto il cielo sereno, illuminato da un bellissimo sole che ha messo in evidenza dei colori fantastici (come quelli delle cupole delle chiese ortodosse), normalmente spenti.

Il giorno della partenza verso Tallinn, invece, era di nuovo nuvoloso, ma per fortuna non pioveva. Stavolta abbiamo percorso la strada verso il confine in scioltezza, sia perchè eravamo di giorno e non in piena notte, sia perchè avevamo capito che la Russia è tranquilla e non c’è nulla da temere.
Sono arrivato al confine con un attacco di malinconia, la Russia mi era prepotentemente entrata nel cuore e stavamo per abbandonarla. Arrivati al confine abbiamo visto una lunga fila di macchine completamente ferme, con gli autisti fuori dalle macchine che mangiavano, passeggiavano, ecc. Insomma, una fila di almeno 3/4 ore. Con la faccia di bronzo, abbiamo proseguito fin sotto le sbarre e, dopo aver scambiato un paio di battute con i doganieri (uno non voleva farci passare, l’altro sì), siamo riusciti a passare. Questa fila, però, era solo un assaggio! Dopo nemmeno un km, ce n’era un’altra ancora più lunga. Dopo aver fatto la mossa di fermarci per 10 minuti, ci siamo subito stufati e siamo ripartiti, arrivando fin sotto le sbarre. Anche stavolta ci hanno fatto passare senza aspettare nemmeno 3 minuti e siamo arrivati al controllo dei documenti. Visto che stavolta perquisivano le macchine, anche in questa terza fila di macchine abbiamo sorpassato quasi tutti, mettendoci dietro alle due macchine all’inizio della fila. D’altronde sapevamo per esperienza che i controlli alle moto sono molto più veloci. Fortunatamente è stato così, e dopo che il doganiere mi ha fatto aprire il baule posteriore (scontrandosi con il fornelletto, lo scolapasta e gli spaghetti!) e avermi chiesto candidamente se portavo armi o droga, ci ha fatto passare. Anche stavolta, i “terribili” doganieri russi se la sono cavata con un controllo di 5 minuti.

Tornati in Estonia, abbiamo percorso tutta la statale 1 verso Tallinn. Così come passando dall’Estonia alla Russia il tempo era peggiorato, stavolta nel passaggio inverso il tempo, per nostra fortuna, è migliorato. La temperatura, però, si è abbassata notevolmente, come nelle giornate invernali, quando il cielo è sereno ma le temperature sono gelide. In quel momento mi sono pentito di non aver portato l’imbottitura della giacca. Abbiamo nuovamente apprezzato le bellezze naturali dell’Estonia e la totale mancanza di abitazioni nella gran parte del territorio.

Andando verso Tallinn abbiamo assistito all’ennesimo tramonto meraviglioso di questa vacanza. Dei colori veramente incredibili, che se uno vede in foto non ci crede, pensando a un trucco del computer. Calato il sole, il freddo è diventato davvero pungente, credo come in febbraio a Roma (l’anno prossimo monto su Nelìk anche un termometro, perchè in certe occasioni mi incuriosisce sapere quanto sto soffrendo!). Per fortuna non abbiamo avuto eccessive difficoltà nel trovare da dormire, non senza aver girato un’ora buona. Il campeggio (“Kloostrimetsa Camping” in località Pirita; purtroppo non ho ritrovato la ricevuta, per cui non so dire quanto abbiamo speso) si trova all’interno di un fitto bosco, anche un po’ inquietante poichè, seguendo le indicazioni alla sua ricerca, non

 
 

Bungalow del campeggio di Tallinn

Bungalow del
campeggio di Tallinn
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abbiamo visto anima viva per un bel pezzo. Alla fine siamo arrivati in questo campeggio che, per quanto abbia dei begli spazi, tanto ha dei bagni osceni: vecchi, brutti e sporchi! Peccato. La prima notte, per risparmiare, abbiamo deciso di dormire in tenda, mentre Adriano ha preso un bungalow, in cui c’erano anche delle coperte. Abbiamo dormito completamente vestiti dentro al sacco a pelo, con due maglioni, i pantaloni e due paia di calzini, più una coperta di lana prestataci da Adriano e le giacche che ci coprivano i piedi: siamo morti di freddo! Non so che temperatura ci fosse, ma era davvero molto bassa. Fatto il sacrificio la prima notte, le altre due le abbiamo dormite in un bungalow simile a quello di Adriano.

 

Antica porta di Tallinn

Antica porta di Tallinn
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Panorama di Tallinn

Panorama di Tallinn
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Scorcio di Tallinn

Scorcio di Tallinn
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Antiche mura di Tallinn

 

Antiche mura di Tallinn
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Le "Tre Sorelle"di Tallinn

Le “Tre Sorelle” di Tallinn
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Bikers Pub, Tallinn

Bikers Pub, Tallinn
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Tallinn è una città molto bella, il cui centro storico è pressochè intatto nelle sue atmosfere medievali. Il giro di mura è praticamente completo e movimentato da torri cilindriche con i caratteristici tetti a cono fatti di tegole rosse: davvero pittoresco. Il centro si inerpica sulla collina di Toompea, fino al castello e alla cattedrale ortodossa dedicata a Alessandro Nevskij (sì, sempre lui!). Anche questa cittadina è da girare a piedi in tutta calma: ci vuole una giornata intera, non di più. E’ assolutamente da vedere il panorama che si gode dalla torre del municipio.
A Tallinn abbiamo ricominciato a vedere un po’ di moto, che non vedevamo ormai da parecchio tempo se non sotto forma di obsoleti sidecar. Addirittura abbiamo trovato un Bikers Pub, al quale siamo andati immediatamente. Come mi aspettavo eravamo gli unici motociclisti, anche se poco dopo è arrivato un ragazzo in sella a una custom giapponese. Il locale era molto carino, decorato con una serie di murales che celebravano le Harley Davidson, ma mi sono sembrati interessati anche alle nostre Honda! Abbiamo cenato lì assaggiando qualche piatto locale, molto buoni e saporiti.

Da Tallinn siamo partiti abbastanza preso alla volta dell’isola di Saaremaa. Ero molto eccitato all’idea di prendere il traghetto e l’isola mi attraeva molto. Infatti, avevo voglia di

   
 

Verso Saaremaa

Verso Saaremaa
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andare in un posto non battuto dal turismo di massa: venivamo da Leningrado in cui abbiamo incontrato moltissimi italiani, e anche a Tallinn ce n’erano parecchi. Purtroppo, in questo mi giudico abbastanza “snob”, poichè mi dà sempre un po’ fastidio incontrare gli italiani all’estero, probabilmente perchè quelli che vedo non mi piacciono mai e ho sempre il timore di assomigliargli.
Riguardo Saaremaa avevo visto giusto: il traghetto, che per un passaggio costa 80 kroon (circa 10mila lire) per 2 persone e la moto, è stato molto divertente (anche se Nelìk ne ha già presi un paio: uno per la Sardegna e uno per l’Elba), l’isola è stupenda, anche perchè fino a pochi anni fa era chiusa in buona parte al pubblico in quanto zona militare sovietica, e di turisti ce n’erano pochissimi (gli stranieri non c’erano e i turisti locali sono ancora una razza rara: le vacanze costano!).
Avevo letto alcuni articoli sull’isola e sapevo che c’erano dei mulini a vento in legno e altre attrazioni di questo tipo. Quello che non avevo letto e che ho impiegato un po’ a capire del tutto, anche dopo aver girato un po’ sull’isola, è che le strade asfaltate sono una eccezione, rispetto alla regola delle strade sterrate. Infatti, ci siamo incamminati verso il capoluogo dell’isola, Kuressaare, e lungo il tragitto era prevista un deviazione verso un paesino dove sapevo esserci dei mulini a vento. La strada è diventata immediatamente sterrata, e dopo un paio di km abbiamo rinunciato, visto che dovevamo ancora trovare da dormire, ci mancavano più di 80 km alla meta e le strutture ricettive dell’isola erano, usando un sottile eufemismo, piuttosto esigue. Per cui abbiamo fatto dietro-front e siamo arrivati a destinazione.
Il campeggio “Mandjala Puhkeküla” (località Mandjala, 11 km a sud di Kuressaare; il bungalow per 2 persone viene 290 kroon per notte colazione inclusa, circa 36mila lire) che abbiamo trovato è stato uno dei più belli del viaggio: i bungalow sono bellissimi (stavolta non abbiamo pensato nemmeno per un attimo di dormire in tenda!), forniti di termosifone elettrico, il tutto immerso in una pineta splendida, a due passi dal mare (purtroppo brutto) e i bagni erano belli e puliti, anche se un po’ vecchi, come al solito.

 

Antico mulino a vento, isola di Saaremaa

 

Antico mulino a vento,
isola di Saaremaa
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Il giorno dopo ero deciso a fare una bella gita nel sud dell’isola, lungo una penisola e tornare al campeggio dopo un giro di circa 80 km, forse qualcosa in più. Stavolta si può dire che sono stato ingenuo, dato che avrei dovuto già capire di che tipo di isola si trattava. Infatti, pochi km dopo Kuressaare la strada è diventata sterrata, ed è rimasta così finchè non siamo tornati sulla strada principale, dopo circa 60 km di sterrato ininterrotto. Si tratta di un fuoristrada leggero, però è pur sempre fuoristrada, per cui l’andatura non può superare i 60 km/h, rischiando anche un po’ a causa del fondo sassoso. Il giro è stato molto eccitante, la sensazione era di essere arrivati dove pochi erano arrivati (e secondo me nessuno su due moto come le nostre...), i paesaggi sono spettacolari, abbiamo visto finalmente i mulini a vento e tutto andava per il meglio. All’improvviso però ha iniziato a piovere: non una pioggia leggera, ma un acquazzone di quelli molto tosti: eravamo a circa 40 km dal campeggio, di cui 30 di sterrato. Abbiamo iniziato ad andare sui 50, poi 60 km/h; alla fine sfrecciavamo a 80 km/h su strade sterrate, bagnate e molto strette. Infatti, sull’isola c’è un’unica grande foresta di conifere, che ogni tanto si apre per ospitare dei piccoli villaggi, per il resto l’uomo è solo un animale piuttosto raro. Dopo questa bella cavalcata sotto la pioggia battente (in mezz’ora di pioggia si erano inzuppate anche le mutande!), siamo arrivati al campeggio dove la ragazza della reception ci ha accolto con una tazza di caffè rovente molto simile a quello italiano (lei ce lo aveva spacciato come un caffè estremamente forte, poi le abbiamo spiegato che quello per noi è la norma, non quei bibitoni slavati che bevono loro!) che ci ha confortato molto.
Siamo partiti dal campeggio in tutta fretta perchè rischiavamo di perdere il traghetto,

 
 

Traghetto sotto la pioggia!

Traghetto sotto la pioggia!
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mentre noi dovevamo arrivare fino a Riga! Quindi, dopo esserci coperti per bene (per fare la gita avevamo lasciato i bagagli al campeggio e ora li avevamo ripresi per partire) abbiamo fatto un’altra corsa folle verso il porto, sempre sotto una pioggia battente. Siamo arrivati 5 minuti prima della partenza, tagliando anche stavolta un bel pezzo di coda (tanto il posto per due moto si trova sempre!). Per non parlarne più, dico subito che la pioggia torrenziale ci ha accompagnato fino al confine con la Lettonia, dove siamo stati accolti da un arcobaleno bellissimo e da un cielo incredibile, ricco di nuvole dai colori e dalle forme inimmaginabili!

Stavolta la frontiera con la Lettonia è stata molto rapida, in quanto ci trovavamo sulla famosa via Baltica, che unisce le tre capitali baltiche. Il traffico era intenso (ma per noi, come sempre, niente fila! :)), e non potevano permettersi il solito gioco dei foglietti che ci avevano fatto alle altre frontiere lettoni.

Come al solito siamo arrivati a Riga molto tardi, dopo un viaggio bellissimo fatto di paesaggi splendidi e atmosfere magiche. Ricordo, ad esempio, di quando abbiamo attraversato l’ennesima foresta nella penombra del crepuscolo, con colori stupendi nel cielo e un filo di nebbia che si alzava nelle rare spianate che talvolta si aprivano.
Come la prima volta che siamo arrivati a Riga, anche stavolta abbiamo patito molto per trovare da dormire. Infatti non volevamo tornare nell’ostello della prima volta, dato che costava 30mila lire a testa per notte, davvero troppo per noi (non per Adriano, costretto a seguirci, per sua disgrazia!). Dopo aver provato i 3 ostelli del centro, tutti completi, siamo riusciti a trovarne un altro che ci avevano indicato degli italiani (esatto, quelli che non mi piace incontrare in viaggio!) a Tallinn.
L’ostello (“Placis Youth Hostel”, 2a Laimdotas iela; la camera per 2 persone viene 6 lati per notte, circa 30mila lire) è   splendido, le camere nuovissime, molto grandi e arredate con gran gusto, hanno letti comodissimi, moquette, piante e TV satellitare. Insomma, è un

 

Centro storico, Riga

 

Centro storico di Riga
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vero albergo a 15mila lire a testa per notte! I bagni erano, come al solito, vecchiotti ma puliti.

Riga è molto graziosa, personalmente mi ha colpito meno di Tallinn, in quanto ha meno caratteristiche originali nell’architettura. In ogni caso mi è piaciuta perchè nel panorama conserva molte caratteristiche sovietiche: linee severe, razionali e comunque affascinanti. Il centro storico ha degli angoli molto belli che vanno visti con calma; anche in questo caso la città va girata a piedi, prendendosi una giornata intera.
A Riga abbiamo avuto delle esperienze davvero uniche. In primo luogo siamo andati a un concerto d’organo, accompagnato anche da due tenori, nella cattedrale, che pare abbia uno dei migliori organi al mondo. Poi siamo andati al mercato alimentare. Il mercato

   
 

Mercato di Riga

Mercato di Riga
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principale di Riga è ricavato all’interno di 5 hangar di Zeppelin tedeschi, i giganteschi e leggendari dirigibili d’inizio secolo. Ogni hangar ha decine e decine di banchi ed è dedicato a un genere alimentare, per cui un hangar è dedicato alla carne, un altro ai latticini, e così via. Il colpo d’occhio su questa babilonia di facce, odori e sapori è unico e affascinante. Ancora una volta, se non avete il terrore di mischiarvi alla gente e di provare ad assaporare un po’ di gusti locali (non solo in senso gastronomico), un giro nel mercato di Riga è d’obbligo. La popolazione del mercato è in gran parte russa (credo che a Riga i russi costituiscano il 50% della popolazione) e all’esterno degli hangar si affollano decine di bancarelle che vendono di tutto. Mi hanno molto colpito i venditori di buste di plastica e quelli che tengono le cose in mano, a mo’ di attaccapanni. Da uno di questi Emanuela ha comprato un paio di calzini neri, dei quali va molto orgogliosa, pagati una cifra ridicola. Già sento alcuni di voi che dicono “Sì, ma chissà come sono”... ma non riuscite proprio a pensare ad altro?? L’efficientismo rovina la salute...
Un’altra abitudine che mi ha colpito, e che ho visto solo a Riga, è quella di certi barboni, che proprio barboni non sono, paragonando il loro aspetto a quello di altri mendicanti, dicevo dell’abitudine di raccogliere bottiglie di vetro. Sicuramente c’è un posto che le paga come vuoto a rendere. Quando al mercato avevamo comprato tre bottiglie di birra ci è venuto dietro un tipo a una distanza tale da non disturbarci affatto, per poi avvicinarsi rapidamente appena uno di noi finiva la birra. Ci è stato dietro finchè anche Emanuela non ha finito la birra e poi è sparito in un attimo, ringraziandoci e senza chiederci altro.
Riga, e la Lettonia in genere, mi ha dato l’impressione di vivere un periodo abbastanza difficile, non so se sono in ascesa o in discesa, so solo che ho visto numerosi mendicanti, molti di più di quelli che ho visto a Vilnius o a Leningrado, mentre a Tallinn non ne ho visti per nulla.
Sempre a Riga mi è capitata una cosa molto triste. Nel famoso mercato di cui ho parlato prima, per calarci nella vita dei russi (di lettoni ce n’erano pochi lì dentro), abbiamo mangiato in un fast-food alla russa nel quale servivano una specie di gulasch, delle polpette con patate fritte e molti altri piatti pronti. A parte l’eccezionale qualità e bontà dei piatti (e io non ho il palato troppo facile), con carne estremamente saporita e ben cotta, le porzioni erano molto abbondanti. Per questo ho lasciato un po’ di patate nel piatto, mettendole da una parte sperando che qualcuno le prendesse, perchè era una peccato buttare delle patatine così buone. Il gesto sul quale ho riflettuto parecchio, in quanto temevo di offendere qualcuno, era in realtà atteso da un anziano signore alle mie spalle. Infatti, appena ho messo da parte il piatto, nel modo inequivocabile di chi non vuole più mangiare, un vecchio si è gettato sul piatto, ringraziandomi all’infinito. A quel punto gli ho offerto anche la mia birra, ma ha rifiutato dicendo che aveva il fegato a pezzi. Peccato, gliela avrei data volentieri. Quindi, la situazione è piuttosto seria in Lettonia però, sempre qui, ho notato una meravigliosa abitudine, che avevo osservato anche a Leningrado. Una percentuale altissima delle persone che vedono un mendicante lasciano l’elemosina. Questo mi ha colpito molto, perchè la gran parte della popolazione non se la passa bene, però hanno ugualmente una grande solidarietà verso il prossimo più sfortunato di loro. Il contrasto con l’atteggiamento degli italiani, che vengono infastiditi dall’altrui povertà (un conto è passare oltre, un altro è essere sinceramente infastiditi da uno che chiede l’elemosina!), è nettissimo, e per me è un ulteriore motivo di critica verso i miei connazionali.

La tappa successiva ci avrebbe portato a Neringa, in Lituania. Avevamo la possibilità di seguire una strada diretta, verso Liepaja, oppure di puntare verso nord allungando di oltre 100 km (e non avevo idea di quello che avrei trovato...) per passare all’interno di un parco nazionale.
L’intenzione era di fare una strada litoranea ma, come avremmo dovuto capire da un pezzo, nelle repubbliche baltiche, se ci sono 10 metri di terra, ci crescono degli abeti secolari che coprono il panorama. Per questo motivo, passare su una litoranea o in mezzo a un bosco è esattamente la stessa cosa! Solo in alcuni paesini abbiamo intravisto il mare!
Arrivati a Kolka, nell’estrema punta nord della Lettonia (a uno tiro di schioppo dall’isola estone di Saaremaa), avremmo dovuto proseguire il giro nel parco dirigendoci

 

Parco Nazionale di Sliteres, Lettonia

 

Parco Nazionale
di Sliteres, Lettonia
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verso Ventspils, per poi arrivare fino a Liepaja. Il problema è stato che a

 

 
Parco Nazionale di Sliteres, Lettonia

Parco Nazionale
di Sliteres, Lettonia
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Parco Nazionale di Sliteres, Lettonia

Parco Nazionale
di Sliteres, Lettonia
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Kolka è iniziata la strada sterrata. Siccome anche stavolta, sulla cartina della F.M.B., il colore della strada non cambiava e ci trovavamo all’interno di un parco nazionale piuttosto frequentato, ho avuto l’ingenuità di pensare che si trattasse di uno sterrato molto breve e ci siamo incamminati. Stavolta, al contrario della strada fatta a Saaremaa, eravamo carichi. Quei pochi km si sono trasformati in 50 km misurati di strada sterrata, piuttosto difficile in alcuni punti poichè si accumulava uno spesso strato di sassi, dando una sensazione molto simile alla sabbia. Come a Saaremaa, abbiamo iniziato ad andare a 40 km/h e dopo una ventina di km andavamo intorno agli 80 km/h. Il panorama, per lo meno, ha ripagato la nostra fatica. Ad esempio, siamo stati avvicinati a brevissima distanza da un rapace enorme, la cui apertura alare era superiore alla lunghezza della moto (quindi poco più di 2 metri, non moltissimo, ma fare questo paragone e soprattutto vederlo da molto vicino, mi ha impressionato!); oltre a questo uccello intraprendente, abbiamo ammirato anche altri volatili molto belli.

Non pago dei 50 km di sterrato e con ancora un bel pezzo di strada da fare prima di Neringa, abbiamo fatto una deviazione all’interno per vedere un paesino di nome Kuldiga. La guida del Touring diceva che lì giravano parecchi film. Quando siamo arrivati, ci siamo ritrovati in un paesino come quelli che si vedono nei film di cow-boy di qualche anno fa. E’ davvero molto pittoresco e non mi sono pentito di aver fatto quella deviazione. Infatti, avrei dovuto pentirmi perchè, come una beffa del destino, andando via dal paese e cercando di ricongiungerci alla statale A9 che ci avrebbe portato fino a Liepaja, siamo passati in una strada in rifacimento: altri 20 km di sterrato, in alcuni tratti molto brutto. Non ce la facevo più, quella è stata una giornata molto impegnativa e faticosa, forse la tappa più faticosa di tutto il viaggio. Siamo passati in luoghi assolutamente deserti, a molti km dalla nostra meta, sul fare del tramonto, su una strada sterrata e in un punto imprecisato della Lettonia: affascinante, ma ero un po’ teso.

Finalmente l’asfalto è tornato (l’aspetto curioso, in questi casi, è che quando torna l’asfalto non ci credi per davvero e inizi ad aspettare il prossimo pezzo di sterrato!), siamo arrivati a Liepaja e abbiamo proseguito fino al confine con la Lituania lungo la statale A13.
Siamo arrivati alla dogana in piena notte, con un freddo piuttosto pungente. Il passaggio di frontiera è stato rapidissimo, nonostante la lunga attesa all’ufficio di cambio, alle spalle di un tipo che stava cambiando non so quanti milioni (uno dalla faccia molto losca!).

In breve tempo siamo arrivati a Klaipeda, dove sapevo esserci un porto dal quale partivano i traghetti per Neringa. Infatti, la penisola di Neringa è una lingua di terra sottilissima che inizia nell’enclave russa di Kaliningrad e finisce in territorio lituano. Quindi, dal lato lituano è necessario prendere il traghetto, che costa per 2 persone e la moto, andata e ritorno, 12 lita, circa 6mila lire.
Anche stavolta abbiamo vissuto un’esperienza divertentissima e insolita! Incredibilmente, alle 23 (forse era anche più tardi) il traghetto era ancora in funzione e in 5 minuti eravamo a bordo di una zattera un po’ cresciuta. Nel cuore della notte abbiamo attraversato uno stretto braccio di mare, nero come la pece, sotto un cielo incredibilmente stellato.
Come sempre c’era il problema del pernottamento; avevo letto, non so più dove, che a Juodkrantè c’era un campeggio. Ancora non avevamo idea di come fosse Neringa, ma abbiamo visto immediatamente che era una penisola molto stretta, in cui a tratti la foresta si apriva per permetterci di vedere la laguna a sinistra, o il mare aperto a destra e, oltre a questo, il nulla. In pratica, si attraversa una fitta foresta senza incrociare mai nemmeno una casa, tranne quando si arriva al posto di blocco che regola l’ingresso al parco. Una volta pagato il biglietto si piomba nuovamente nella foresta, il tutto a mezzanotte passata.
Quando siamo arrivati a Juodkrantè abbiamo capito tutto. A Neringa ci sono 5 villaggi, di cui 3 microscopici, e 2 ben organizzati, uno dei quali era proprio Juodkrantè. Per quanto riguarda il campeggio, o era ben nascosto e nessuno sapeva della sua esistenza, oppure non c’è mai stato! Purtroppo Adriano era in riserva spinta, e per andare a provare a Palanga avremmo dovuto percorrere più di 30 km nella foresta fitta e disabitata, e l’ipotesi non era molto allettante. Avevamo visto un paio di pensioncine e volevamo chiedere i prezzi, ben sapendo che ci avrebbero chiesto una somma in assoluto bassa, ma sicuramente eccessiva per le nostre tasche. Tra l’altro eravamo in prossimità del fine settimana, quindi le banche erano chiuse ed eravamo a corto di soldi. Per questo motivo, prima di andare dalle insegne luminose (di quelle che attirano gli allocchi...), abbiamo provato a  chiedere informazioni in una birreria. Il ragazzo che ci ha risposto ci ha indirizzato a un’altra birreria (probabilmente non aveva capito cosa cercavamo), per cui nulla di fatto. Abbiamo fatto un ulteriore tentativo cercando un altro locale aperto, solo che ci siamo infilati in un vicoletto puzzolente. Dato che mi scoraggio difficilmente, siamo ugualmente entrati in un locale piuttosto squallido in cui c’erano 4/5 persone alquanto alticce che ridevano e scherzavano. A gesti abbiamo fatto capire che cercavamo da dormire in un posto economico (non ricordo nemmeno come abbiamo fatto a farglielo capire, probabilmente a gesti e nel nostro esperanto, che in tanti anni di viaggio consta di un po’ di parole in diverse lingue). Una signora sembrava aver capito e ci invita a seguire lei e un tipo del tutto ubriaco. Volevano che salissimo nella loro macchina, ma gli abbiamo fatto capire che dovevamo prendere la moto. Dal vicolo raggiungono la strada principale e ci aspettano, mentre noi diamo ad Adriano le ultime notizie sulle ricerche. Temerari più che mai, saliamo in moto e li seguiamo. Dopo pochi metri entrano in un vialetto buio e parcheggiano in un cortile, delimitato da una capanno, un orto e una casa a un piano. Lì le persone sono diventate 3 o 4, non ricordo, e una di queste apre il capanno. In pratica, ci stavano offrendo da dormire in una stanza microscopica, tutti insieme. Emanuela ha iniziato ad innervosirsi, poichè sembrava che non si arrivasse a nulla di utile ed iniziava ad essere veramente tardi. Io, invece, continuavo a dargli retta, spiegandogli che quella sistemazione non andava bene. Avendo visto che Emanuela spingeva per farci andare via, uno dei tipi ci ha detto di aspettare un attimo, mentre andava a chiamare una persona che avrebbe risolto il nostro problema. Dopo un paio di minuti, durante i quali Emanuela mi chiedeva sempre più insistentemente di andarcene, arriva dalla casa accanto una signora visibilmente insonnolita che ci chiede di salire in casa. Un po’ titubanti abbiamo seguito la signora, che ci ha mostrato una camera con due letti rifatti e dicendo che avrebbe liberato la camera dove stava dormendo per far posto ad Adriano. La casa, che esternamente era un po’ malridotta, all’interno era nuovissima e molto bella. Abbiamo accettato immediatamente la proposta della signora, che per l’equivalente di 15mila lire a persona ci metteva a disposizione la camera, la cucina, il bagno e il parcheggio nel cortile. Lei, invece, dopo aver sgombrato la camera destinata ad Adriano, è andata a dormire nell’ultima camera rimasta, in cui dormivano almeno 3 persone, forse 4.

Il giorno dopo abbiamo fatto una lunga gita verso Palanga, dove finisce la parte lituana di Neringa e inizia la parte di Kaliningrad, l’enclave russa stretta tra Lituania e Polonia.
Il parco nazionale di Neringa è davvero stupefacente e ancora una volta ci siamo stupiti per la totale assenza di turisti, probabilmente sono attratti da mete più pubblicizzate.

 

"Sahara lituano", Neringa (Lituania)

 

“Sahara lituano”
Neringa (Lituania)
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Neringa è famosa per essere una lingua interamente sabbiosa, ancorata dalla foresta che cresce rigogliosa, impedendo alla sabbia di disperdersi sommergendo i villaggi presenti. In alcuni punti, però, la sabbia la fa ancora da padrona, dando vita al cosiddetto “Sahara lituano”. Questo è formato da ampie dune di sabbia bianchissima (purtroppo l’abbiamo vista più scura in quanto aveva piovuto da poco), che si inerpicano a una discreta altezza dando modo di apprezzare la stretta lingua di terra su cui ci trovavamo e che divide la laguna di Klaipeda dal mar Baltico: davvero suggestivo.
Palanga è un paesino molto grazioso dall’aspetto svizzero, tanto è ben pulito, ordinato ed elegante. E’ circondato da un’ampia pineta che arriva fin sulla riva della laguna e, una volta attraversata, gli alberi cedono il passo alle dune del “Sahara”, che si immergono candide nelle acque della laguna. Lì abbiamo passato la parte finale della giornata, godendo di un tramonto superlativo e tornando a casa a notte inoltrata.

Il giorno dopo siamo partiti alla volta di Olsztyn, in Polonia, decisi ad unire due tappe in un’unica tirata di più di 500 km. Ero un po’ titubante, ma effettivamente mi sembrava sprecata una tappa a Kaunas. In realtà, così facendo abbiamo perso un paio di escursioni carine che avremmo potuto fare avendo più tempo e in più ci siamo stancati moltissimo, cosa che ha portato poi a una triste conclusione di giornata. Ma non anticipiamo gli eventi.

 

Casa gotica, Kaunas

Casa gotica, Kaunas
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Curiosa statua di Cristo, Kaunas

Curiosa statua di Cristo,
Kaunas
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Siamo partiti la mattina da Juodkrantè, ringraziando la gentilissima signora che ci aveva ospitato (e che ci aveva fatto anche da ufficio di cambio, convertendo un po’ di dollari a un tasso assolutamente onesto) e prendendo il traghetto che ci avrebbe

 
 

Casa di Juodkrantè, Neringa (Lituania)

Casa di Juodkrantè,
Neringa (Lituania)
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riportato sulla terraferma. Dopo aver cambiato altri soldi a Klaipeda siamo partiti verso Kaunas, facendo lo slalom tra le nuvole cariche di pioggia che coprivano in buona parte un cielo altrimenti sereno. Fortunatamente abbiamo preso pochissima acqua, arrivando in poco tempo a Kaunas, grazie alla veloce strada a 4 corsie. La cittadina è molto graziosa e merita un giro nella parte vecchia, che si gira in meno di 2 ore.

Da Kaunas abbiamo proseguito verso il confine polacco e, se da una parte ero sollevato perchè sapevo che avrei potuto finalmente andare ad un’andatura più sostenuta, dall’altro ero preoccupato perchè sapevo che le strade polacche sono pessime.

 

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