|
||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
|
||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Prima di tutto riporto il chilometraggio di Nelik!
Giornate: 25/12/2006 26/12
La camera da letto è molto grande, con un grande tappeto che corre da un lato all’altro della stanza ed un lampadario sfavillante che pende dal soffitto. Sulla sinistra il lettone occupa tutto lo spazio disponibile, di fronte all’ingresso una nicchia con splendidi azulejos decorati alle pareti, delle panche di legno intagliato con cuscini e un tavolo di rame inciso e battuto. Il soffitto è in legno dipinto e affrescato, ci sono grandi travi di legno. La parte alta delle pareti ha delle decorazioni in gesso, in tipico stile arabo-musulmano. Nella parte destra della stanza c’è un armadio antico, una scrivania in legno anch’essa antica e la porta del bagno. Infine c’è un piccolo spogliatoio con l’ingresso vicino al letto. Anche il resto dell’albergo è unico. Era la casa di un ricco tunisino (un antico dar), ora restaurata e trasformata in hotel de charme. L’architettura è quella tipica tradizionale araba, con una corte interna e tutte le stanze che vi si affacciano. Al piano terra c’è solo un’altra suite (oltre la “nostra”), una grande stanza di servizio e una sala da tè arredata con bassi tavolini e panche in legno intagliato, tappeti, decorazioni geometriche in gesso alle pareti di un bel color deserto. Ai piani superiori altre stanze, poi un altro ambiente della sala da tè (che funziona indipendentemente dall’albergo) e una grande terrazza con vista sulla medina. La colazione include vari lieviti, tè alla menta, succo d’arancia, torte noisette, bonbon des turcs e molto altro.
Incontriamo Salem che ci guida per un po’ attraverso la medina. Quando vediamo delle persone che trattengono un uomo, urlante, che cerca di divincolarsi per andare a picchiare un altro, ci fa fare marcia indietro e una lunga deviazione. Dice che si tratta di liti tra famiglie di vicini. Alla fine, dopo un po’ di chiacchiere e deviazioni “panoramiche”, ci porta da un suo amico che vende tappeti. Giro sulla terrazza con vista sulla medina. Conosciamo così tanti commercianti, ragazzi più o meno giovani che parlano tutte le lingue del mondo e cercano di vendere qualcosa della loro miriade di oggetti. Prendiamo vari accessori in legno di ulivo per la cucina. Poi essenze profumate tra cui il Viagra tunisino (come si dice, non è vero ma ci credo! ;) ossia un olio profumato chiamato Harem che aiuta a fare tanto “tik tik bum bum”: la donna deve metterne una goccia su ciascun seno e l’uomo due gocce sulla pancia. A quel punto l’attrazione e le prestazioni saranno irresistibili e indimenticabili. Pranzo nel ristorante di un amico del venditore di profumi: la medina è una ragnatela di relazioni estese, onnicomprensive! Altri giri nei souk, poi diventa veramente tardi. Lasciamo in albergo il cesto e gli altri accessori in legno appena comprati, torneremo a prenderli il giorno della partenza. Riesco a trovare una strada praticabile per arrivare di nuovo sotto l’albergo a caricare i bagagli. Partiamo per Tozeur alle 16! Autostrada. Tramonto meraviglioso con riflessi di mille colori nelle innumerevoli pozzanghere che si allargano nei campi a perdita d’occhio. Freddo intenso. Cate per fortuna ha il gilet riscaldato che le ho appena regalato, subito ribattezzato scaldasonno. Rettilinei lunghissimi, miraggi di tremolanti luci all’orizzonte irraggiungibili per lunghissimi minuti e chilometri infinitamente lunghi. Milioni di stelle. La notte è segnata dalle sagome illuminate dei minareti: fari di fede, fari di orientamento. Attraversiamo a grande velocità molti ouadi in secca, in rapidissimi saliscendi dove vediamo solo l’oscurità fitta, solida, adagiata sul loro fondo che lascia posto in un istante, e per un istante, al faro di Nelik che lo illumina e punta subito al cielo, pronto per il prossimo avvallamento. Anche Simone dorme a Tozeur, incredibilmente nello stesso albergo (Residence El Warda, 28 TND per 2 persone, colazione inclusa) che abbiamo prenotato da Tunisi, ma arriviamo troppo tardi per poterci incontrare. Residence spoglio, ma apprezzato per la grande stanchezza. A letto senza cena! Perfetto silenzio, tranne una goccia nello sciacquone, subito silenziata con carta igenica e un po’ di ingegno. Continuo ad avere dei lapsus incredibili: Tunisi diventa Tangeri, la Tunisia, Marocco. Convinto parlo a Cate di quando stamattina a Tangeri avevamo incontrato il venditore di fez che aveva lavorato a Roma, a due passi da dove ho abitato per 20 anni. “Tangeri?” fa lei. “Eh, Tangeri!” “Dove eravamo stamattina?” Non capisco, penso ad un qualche gioco di parole che mi sfugge, un riferimento ironico, ma non trovo nulla e quindi ribadisco: “A Tangeri!” Se non fosse lei a dirmelo, sorridendo, penso che non me ne sarei accorto! Parcheggio la moto in un corridoio dell’albergo, dietro a quelle di Simone e Lucia. Mi faccio dire il numero di stanza, busso delicatamente alla porta, non ricevo risposta, vado a dormire, sono le 23:30. 28/12
Si parte: periferia di Metlaoui con bambini che rincorrono il treno salutando; mercato a bordo ferrovia. Gole molto belle, l’ambientazione del treno d’epoca le rende uniche, facendoci pensare alla canzone di Battiato e sentire davvero, dal profondo, che “per un istante ritorna la voglia di vivere a un’altra velocità”. Lungo la strada di ritorno a Tozeur ci fermiamo per fotografare dei dromedari. Un piccolo, dal pelo candido, è allattato dalla madre che ci guarda da lontano, preoccupata. Dal nulla sbuca un bambino che inizia a seguirci. In francese sa dire solo “bonjour”, null’altro. E’ incuriosito, vuole vedere cosa facciamo, non chiede nulla. La sua discrezione è premiata da Caterina con mezzo dinaro. Mentre stiamo tornando alla moto, un furgone arriva dalla pista che avevamo imboccato per qualche metro per seguire i dromedari. Ci saluta rapidamente, poi si rivolge in modo brusco al ragazzino. Dal tono e dai vari gesti capiamo che gli sta chiedendo che sta facendo, perchè ci segue, dove abita, perchè non ci lascia in pace. Assistiamo senza parlare, non sapremmo neanche bene cosa dire, oltre al fatto che non ci sta assolutamente infastidendo. Torniamo a Tozeur, pranziamo nel ristorante gestito da due francesi.
Breve giro nella palmeraia prima di tornare in albergo, ci riproveremo domani con la luce. Stasera è in programma un concerto di musica rai. Appena arrivati nel grande spiazzo, ci abborda un ragazzo con l’alito pesantemente alcolico. Subito ci offre di andare a prendere qualcosa da bere nel bar dove lavora e domani di mangiare con la sua famiglia. Non mi ispira fiducia, scambiamo due chiacchiere poi giriamo i tacchi e ce ne andiamo, visto che, a suo dire, il concerto inizierà con 2 ore di ritardo. Tè mediocre in un bar poco lontano, poi torniamo per scoprire che il concerto è già iniziato! Incontriamo di nuovo il ragazzo che se ne sta andando. Cate è guardata da *tutti*! Siamo coinvolti da diversi ragazzi attorno a noi nelle varie danze che si scatenano. Tutti conoscono tutte le canzoni, sono molto popolari e sentite. Partono cori, balli di gruppo. L’unico che resta immobile, faccia serissima, sguardo fisso al palco è un ragazzino che avrà una decina d’anni. Quando il cantante sventola una bandiera algerina, tutti esultano: si sentono fratelli. Ripenso alle differenze tra i Paesi del Nord Africa emerse parlando con Malika sul traghetto, che ora mi sembrano molto lontane, azzerate. Finisce presto, forse a causa di una rissa scoppiata nelle ultime file. Prima di andarcene facciamo defluire quasi tutti, imbocchiamo la strada per l’albergo, ma veniamo fermati da alcuni ragazzi per una nuova rissa (il proseguimento della precedente?). In mezzo alla strada c’è un mattone enorme, in frantumi. Sui marciapiedi alcuni ragazzi sono armati di bastone. Giro le ruote e cambio strada. Albergo, moto dentro corridoio, lettura di guida, articoli e cartina, ’notte! 29/12
Ripartiamo, poco prima di Tamerza altra cascata, ma più alta e abbondante di quella di Chebika. Qui nessun assalto per guidarci, anche perchè il percorso è veramente brevissimo, ma nonostante questo ci sono molte bancarelle di souvenir. Proseguendo verso Tamerza, prendo una deviazione per l’oasi. Ci inoltriamo in un viottolo pavimentato a grandi pietre sotto ad alte palme, molte delle quali ancora cariche di datteri, evidentemente di una varietà che matura più tardi. Ne cogliamo alcuni, sono buoni.
Ha un italiano (ed un francese, un tedesco, poi non so cos’altro) molto fantasioso, ci parla dei “dattili [datteri] bboni per la persona”, ci mostra l’antica “moschetta” [moschea] e poi tante altre chiacchiere che anche sforzandoci, o usando altre lingue, spesso capiamo solo in parte o per nulla. Ci parla delle palme da datteri maschio e femmina. Ci indica due palme tra le quali quella senza datteri è ovviamente il maschio e poi divaga in una spiegazione su: voi, amor...unendo gli indici per simulare l’impollinazione. Le rovine sono meno appariscenti di quelle di Chebika, meno immerse nella natura e nella montagna. Il lussuoso (anche se visto dalle rovine non lo sembra particolarmente) albergo che domina un lato della collina che chiude a nord il panorama, rovina ulteriormente l’atmosfera. Il bel palmeto a sud, invece, e oltre la vista più ampia fino alle lontane montagne, recupera un po’. Incontriamo un tedesco che fa l’itinerario delle oasi di montagna a piedi! Torniamo alla moto, 3 TND alla guida, 1 TND al guardiano. Poco prima di Mides la strada è inghiottita dal palmeto, non c’è traccia del villaggio. Temiamo una delusione, anche se la vista del palmeto è magnifica: alte palme coprono alberi da frutta che sovrastano gli orti. Un microcosmo verticale completo che deve approfittare della poca acqua presente per dare il massimo e sfruttare il più possibile acqua, terra, luce. Proseguiamo e poco oltre vediamo delle rovine e le immancabili bancarelle. Un uomo ci avvicina e offre come sempre il suo aiuto per un giro da mezz’ora o da un’ora. Vista l’ora e quello che vogliamo fare, optiamo per il giro breve, che quindi non scende sul fondo della gola, ma si limita ad osservarla dall’alto. Ci dice che qui tutti possiedono un pezzetto di terreno nell’oasi, per avere datteri e verdura. A proposito dei datteri, ci dice che ne esistono 106 varietà (la guida di Chebika ci aveva detto 146!) e che le stagioni troppo piovose rovinano i datteri, l’acqua li rende più insapori.
Ha molti minerali, alcuni veramente belli. Conchiglie fossili che all’interno si sono cristallizzate, miche trasparenti come vetro, quarzi e altri che purtroppo non conosco/ricordo il nome. Iniziano molte contrattazioni, su più fronti. Il ragazzo della bancarella è simpatico, brillante, sfodera anche un ampio rotolo di banconote, più di tutto quello che abbiamo tra me e Caterina! Alla fine prendiamo un paio di miche, delle pietre con forme che sembrano lavorate dall’uomo, alcune rose del deserto. La guida osserva da lontano, non commenta quando il ragazzo ci propone un fossile cristallizzato a 45 TND. Quando protesto che è troppo, risponde “Dai, lasciamela, non prenderla, perchè questa la vendo al volo agli americani a 60, invece a te dovrei fare molto di meno, lascia perdere per favore!” La guida segue tutto in silenzio, non commenta, poi si avvicina e ci dice piano all’orecchio “Conosco una persona al parcheggio che ha fossili del genere, ma costano molto meno!” Chiudiamo rapidamente, anche per non attardarci troppo e andiamo dall’altro amico della guida. Apre un magazzino ricavato in una delle case diroccate. Dentro ci sono datteri, attrezzi vari e alcuni scatoloni pieni di minerali e fossili. Queste zone sono *piene*! Iniziamo una lunga contrattazione, tira fuori molte conchiglie, alcune molto belle. Dagli 80 TND iniziali arriviamo a 30 TND più una banconota da 5 euro. In queste situazioni non sai mai se stai pagando comunque troppo oppure il giusto. In ogni caso le conchiglie sono molto belle, sono dei ventagli pietrificati, l’esterno è conservato magnificamente e l’interno è cristallizzato con colore marrone scuro e beige chiaro. Ci facciamo offrire un tè, paghiamo i 7 TND pattuiti alla guida e ripartiamo verso Redeyef, sia per fare benzina, che ormai è agli sgoccioli, sia per cercare la famosa pista di Rommel. Il paesaggio fino a Redeyef corre in quota tra paesaggi pietrosi. Solito posto di blocco di polizia, Redeyef è una città moderna piuttosto brutta. Chiediamo ad alcune persone. Mi stupisce che fuori da Redeyef tutti conoscono la pista di Rommel, qui cadono tutti dalle nuvole. Faticosamente e un po’ ad intuito troviamo la direzione, finchè un ragazzino su un motorino ci affianca, capisce cosa cerchiamo e ci porta all’imbocco della pista. Sapevo che c’era una nuova pista di Rommel, in parte asfaltata e in generale in condizioni migliori e capisco che ci troviamo su quella.
Il sole, sempre nascosto dalle nuvole, tramonta rapidamente. Siamo a valle, a Segdoud. Ora ci aspetta una pista che corre sotto il bordo della montagna verso Chebika. La pista si vede sempre meno, inghiottita dall’oscurità, e a volte è distrutta dagli ouadi nelle piene passate. Sono abbastanza tranquillo perchè sono sicuro della direzione, l’importante è fiancheggiare la montagna: prima o poi dovremo per forza incrontrare la strada asfaltata che attraversa il chott. All’orizzonte gli ultimi raggi di sole ci regalano squarci rossi e violetti che ci consolano.
Questo risulta essere ancora meno visibile della pista (!): si mimetizza perfettamente col resto, quindi rischio di ritrovarmi sullo sterrato laterale. Mi accodo a due fuoristrada con fari decisamente più potenti del mio, strada più grande, poi finalmente Tozeur. Albergo, poi cena con passeggiata nella bellissima medina. Bagagli appesantiti dalle tante, nuove pietre, minerali e fossili. |
||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||