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Giornate: 17/08/2010 - “Arrivederci Siria”
Tra un bagaglio e una chiacchiera, partiamo alle 11, in perfetto ritardo! Usciamo rapidamente da Aleppo, la strada verso la Turchia è piuttosto sconnessa. All’incrocio con la strada che porta alla Chiesa di San Simeone, mi fermo: “Che facciamo?”, chiedo a Caterina con scarso entusiasmo. “Non saprei ...”, la sua laconica risposta. “Proseguo?” “Sì.” In poche battute liquidiamo uno dei posti più belli tra i dintorni di Aleppo, ma tra stanchezza, mio malessere, la frontiera siriana con i suoi tempi incerti, ma sicuramente lunghi e ancor più l’idea di dover percorrere almeno 600 km, ci smontano. Pazienza, sarà per la prossima volta o in un’altra vita! Tra una buca e l’altra arriviamo alla frontiera di uscita dalla Siria. Solita confusione nel capire dove bisogna andare, ma una volta individuato il giro, sono incredibilmente veloci. Ormai sono quasi tranquillo per i documenti della moto, anche se una punta di preoccupazione rimane: il nome del mio amico sul libretto di circolazione, la mia delega falsa, tradotta dal mio collega libanese, con timbro d’architetto a sugellare il tutto. Per fortuna non mi chiedono nulla. L’ufficiale che sbriga le pratiche relative alla moto è un uomo sui 40 anni, ben piazzato quasi grasso, che a conferma della sua voracità mi accoglie addentando un panino. É sgarbato, ma non mi tange: basta che mi manda via in fretta! E anche lui è veloce, sigla e mi fa siglare fogli e registri, poi via, verso la Turchia! In tutto il lato siriano ha impiegato poco più di mezz’ora, fantastico! Il lato turco inizia con una fila lunghissima di TIR, che superiamo con una certa difficoltà a causa di alcuni lavori in corso. Ci controllano rapidamente il bagaglio e ancora più rapidamente i documenti. In tutto mezz’ora anche qui. Siamo in Turchia! Come quando entrammo in Giordania alcuni giorni fa, anche stavolta il paesaggio cambia non appena si varca la frontiera, ma stavolta ancora più radicalmente: la natura è molto più verde, rigogliosa, le camagne fertili. Il paesaggio è più vario, mosso. Tutto è più bello e interessante, soprattutto alla luce della monotonia siriana. Anche la temperatura migliora, più piacevole e meno soffocante. Imbocchiamo l’autostrada per Ankara, ma poco dopo Adana purtroppo finisce, stanno ancora facendo i lavori. Il cuscino rimediato l’altro giorno nel suq di Aleppo è una mano santa per Caterina. Io sto soffrendo sulla sella dura di Zenik, ancora originale e indurita dagli anni. Rimpiango quella morbida di Nelik, rifatta pochi anni fa. Come sempre quando viaggio in Turchia, le distanze sembrano dilatarsi, senza arrivare mai. Ci infiliamo nelle montagne che portano verso Ankara, poi di nuovo pianura fino ad Aksaray. É tardi, il sole è tramontato da qualche minuto e siamo stanchi, ma domani dobbiamo a tutti i costi arrivare a Istanbul da Daniel, l’amico di Caterina. Più km percorriamo oggi, meno saranno domani. Resistiamo fino a Sereflikochisar, un nome che sembra uno scioglilingua. A guardare la cartina, dovrebbe essere sulla riva di lago, ma complice l’oscurità, sembra non esserci nulla di tutto ciò. Chiediamo informazioni, ma sembra non esserci nessun albergo. “In verità c’è un albergo ...”, risponde un signore che fermiamo mentre passeggia, “... ma non ve lo consiglio! É caro ed è brutto!” “Dove si trova?” “Qua dietro ... secondo me l’opzione migliore è una locanda poco oltre, è molto più bella e costa meno!” “A quanti km?” “Mah, saranno una ventina”, risponde senza troppa convinzione. Anche stavolta la fatica ha il sopravvento: ormai è buio da più di un’ora, siamo a pezzi e non abbiamo la minima voglia di andare a caccia di una locanda, che magari invece di 20 km si trova a 40 km da qui. “Facciamo così: troviamo questo albergo e se è un minimo decente ci fermiamo, altrimenti proseguiamo e andiamo nella locanda che dice il tipo”, propongo a Caterina, che accetta di buon grado. Dopo un paio di giri troviamo l’albergo. Caterina va in perlustrazione, tornando dopo qualche minuto. “Per me si può fare, è brutto, ma si può fare. La doppia costa 15 euro.” Ancora non ha finito di parlare che sto già smontando i bagagli. “Ovviamente non ha il bagno in camera”, mi dice mentre entrando nella hall. “E nemmeno l’ascensore!”, rincara mentre imbocco le scale carico di bagagli come un somaro, fino al terzo piano. Senza nemmeno farci la doccia, usciamo per cercare un posto dove mangiare, prima che chiuda tutto. Per fortuna di fronte all’albergo c’è una pideria ancora aperta. Entriamo e ordiniamo al volo due pide, una con verdure e una con carne, molto buone. Il tutto, per me, accompagnato dall’amato ayran, immancabile quando vengo in Turchia! Iniziamo a chiacchierare con il gestore, Hasan: un ragazzo con meno di 30 anni. “Anch’io amo le moto, quando potrò ne comprerò una!”, ci confida guardando Zenik parcheggiata proprio davanti all’ingresso. Iniziamo a chiacchierare mentre finiamo di cenare. Ha una voglia incredibile di parlare, sia per conoscere qualcuno che per allenare l’inglese. “Sapete, non mi capita mai qualcuno con cui parlare in inglese e nel mio lavoro è importante, poi vorrei trasferirmi a Istanbul un giorno e lì ci sono molti più turisti!” “Facciamo una passeggiata, così ci conosciamo e tu puoi praticare l’inglese?”, gli proponiamo volentieri. “Sì!”, la sua risposta con un lampo di gioia e riconoscenza negli occhi. Telefona alla madre per dire che lascia il negozio a suo fratello per fare una passeggiata con due italiani. “Mia madre si preoccupa per il negozio, devo sempre dirle quando mi assento, per sapere se deve venire anche lei oppure no.” Passeggiamo sulla strada dell’albergo, ma in pochi minuti arriviamo all’estremità del paesino, torniamo indietro. Ripassiamo davanti alla pideria, guarda dentro per capire se è tutto ok. “Volete un gelato?” “Sì, ma solo se è quello vostro, il dondurma, non uno di quelli industriali.” “Ok, non vi preoccupate, conosco il posto e sicuramente è ancora aperto, venite!”, esclama invitandoci a salire sulla sua auto. In un minuto arriviamo davanti alla gelateria, scende e spiega in turco che siamo due turisti italiani e vogliamo assaggiare il suo gelato. “Benvenuti!”, ci dice rivolgendoci un sorriso. Mentre ordiniamo i due coni, Hasan va a pagarli. “Non dovevi!”, esclamiamo contrariati, ma ci zittisce con un gesto della mano. Risaliamo in macchina e torniamo all’albergo. “Volete vedere il parco?”, propone esitante. “Ok!”, rispondiamo con poca convinzione, vista la stanchezza che ci attanaglia, ma non ce la sentiamo di rifiutare. Passeggiamo fino al parco, dove ci sediamo ai tavolini di un bar. Riprendiamo a chiacchierare, inevitabilmente arriviamo anche al discorso della religione. “Deve essere dura essere cristiani...”, ci dice ad un certo punto, con un sorriso ammiccante. “Può darsi, ma a cosa ti riferisci esattamente?” “Dai, tutta la vita con una donna sola!” “Bè, esiste il divorzio!” “Ah sì?!”, risponde incredulo. Scopro così che l’ignoranza è reciproca, pensavo si sapesse che si può divorziare, ma forse anche molti cristiani, cattolici non sanno che anche gli islamici possono divorziare. Prosegue raccontandoci la sua vita: è fidanzato con una ragazza del luogo, che però lavora nell’aeroporto di Ankara. “Lavoro cinque giorni nel ristorante, poi vado due giorni ad Ankara da lei.” Prosegue raccontandoci che non vuole sposarsi in moschea, ma in comune. Sembra di ascoltare un giovane italiano, con posizioni laiche e progressiste. Chiacchieriamo fino a mezzanotte e mezzo, poi letteralmente cadiamo dal sonno e proponiamo di andare a dormire. “Ok e grazie infinite della chiacchierata!” “Grazie a te, Hasan, è stata una bella serata!” Ci salutiamo affettuosamente davanti all’albergo, saliamo di corsa in camera e ci tuffiamo nei letti, purtroppo singoli.
18/08/2010 - “Di nuovo a Istanbul!”
Finalmente Istanbul! Ripercorro con emozione, anche se non intensa e profonda come quella provata nel 2001, il ponte sul Bosforo. É incredibile, uno di quei punti del mondo dove si concentrano energie e simboli. Arriviamo nel quartiere di Galata, dove vive Daniel. Nemmeno a farlo apposta, dopo un minuto che ci siamo fermati nella piazza vicino casa sua, arriva in Vespa!
Incontriamo, di nuovo casualmente, Ajshe, la fidanzata di Daniel. Ci accordiamo per la cena, lei sta tornando a casa dal lavoro. Mentre aspettiamo la cena con loro, beviamo una birra accompagnata da patatine fritte in uno dei mille bar alle spalle della Istiklal. Istanbul, che città meravigliosa! Piena di locali, affascinante, storica e moderna, aperta, affacciata su tre mari e due continenti. Daniel ci porta in uno splendido ristorante con vista mozzafiato sul Bosforo, poi, dopo cena, andiamo in un locale ricavato al quinto piano di un palazzo sulla Istiklal. Suona un gruppo di musica balcanica, molto divertenti. Abbiamo l’energia per ballare, tra un sorso e l’altro di birra e raki. Balliamo fino all’1:30, poi usciamo e passeggiamo nella notte fino alle 2. Tanto basta per farci decidere di restare anche domani qui, visto che ancora non avevamo deciso nulla e l’idea di massima era di andare in Grecia per fare un paio di giorni di mare. Ma Istanbul è troppo magica per andarsene senza fermarsi nemmeno un giorno! 19/08/2010 - “Magica, unica, incredibile: in una parola, Istanbul!”
Anche l’esposizione è interessante, dedicata al mondo della moda nelle declinazioni di alcuni stilisti turchi. Una volta usciti, andiamo al Gran Bazar. Delusione incredibile dopo le meraviglie siriane di Damasco e Aleppo! Questo sembra una galleria fighetta europea, con boutique e negozi eleganti, ricavati in gallerie private di ogni alito di vita: pulite, senza urla, senza venditori ambulanti, senza chioschetti che preparano da mangiare, senza onnipresenti montagne di merci. É diventato un luogo asettico, con la particolarità di essere ospitato all’interno di una struttura decorata e affrescata, ma non c’è vita. Che peccato! Un altro dei danni del turismo, mi ricorda un banco di barriera corallina privo di vita, un fazzoletto di foresta pluviale secco e riarso, una spiaggia offesa dal catrame. Risaliamo in moto e, dopo un breve giro panoramico a casaccio, riesco a portarmi, tra un divieto e una deviazione, alle spalle della grande e meravigliosa piazza che vede contrapposte da un lato la Moschea Blu e dall’altro la basilica di Santa Sofia. Voglio visitare, per la prima da quando ho iniziato a capitare sporadicamente a Istanbul, proprio quest’ultima. Caterina l’ha già visitata in passato, ci diamo appuntamento nei giardini della piazza tra un’oretta.
Mi perdo per poi riprendermi: Caterina mi sta aspettando! La trovo che è entrata in una mostra gratuita ospitata in un tendone di fronte a Santa Sofia. Non ho voglia di fare altre file, le scrivo un sms che la aspetto all’aperto. Decidiamo di fare un altro giro in moto.
Ed è proprio lungo quest’ultimo che decidiamo di muoverci, tra città e mare, tra solido e liquido, tra reale ed etereo. Ci fermiamo in uno dei tanti spazi verdi affacciati sul mare. Compriamo da un anziano che porta in giro un carrellino con mille tipi di sementi, dei pistacchi grandi e saporiti. Mentre ci godiamo la fine del giornata, arrivano due giovani. Sembrano militari in libera uscita o comunque persone che mancano da tanto tempo. Fatto sta che sono eccitati dall’essere qui e dal rivedere il mare, uno di loro si spoglia e si tuffa, ridendo e scherzando con l’amico rimasto sugli scogli. Torniamo a casa, doccia e poi nuovo giro sue quattro ruote: le due di Zenik, più le due della Vespa di Daniel, con Ajshe. Tra i mille vicoli in cui ci porta Daniel, in un giro vorticoso, ripassiamo davanti al Naz Wooden House. Che emozione! Dormimmo qui nel dicembre del 2005 quando, innamorati della Turchia dopo il viaggio estivo, decidemmo di visitare anche Istanbul, che all’epoca saltammo per approfittare della moto, mentre ad Istanbul ci si può arrivare comodamente in aereo.
Cena a base di pesce, poi nuovo giro notturno.
Torniamo sotto il quartiere di Galata per un baklava in riva al mare, in una pasticceria rinomata. Un’ultima sosta in un piccolo parco di fronte al Bosforo, poi, purtroppo, dobbiamo cedere alla stanchezza ed andare a dormire. É l’1:30. 20/08/2010 - “Dalla Turchia alla Grecia” 21/08/2010 - “L’ultimo bagno del viaggio”
Ci rilassiamo senza preoccupazioni, la nave parte alle 23:59! Tra bagni, nuotate col materassino e sonnellini, restiamo in spiaggia fino alle 20:30. Ripartiamo verso Igoumenitsa, facciamo un giro nella parte a ridosso del mare, carina. Cenetta a base di pesce poi, purtroppo, è il momento di entrare nel porto. Facciamo il check in, poi, una volta sul molo, scopriamo che la nave è in forte ritardo. Passa la mezzanotte, ma nulla si vede all’orizzonte. 22/08/2010 - “Ahimè, di nuovo Roma”
Sono le 4 del mattino e in giro non c’è quasi nessuno. Come un ladro mi aggiro nei corridoi in cerca di un angolo che non intralci e che sia tranquillo.
Va molto meglio, comunque non riesco ad addormentarmi. Alle 5 spengo il cellulare e lo riaccendo alle 8, circondato dal rumore. Scopro che siamo nel punto più trafficato della nave, è un andirivieni continuo del personale di bordo che, anche se ci lascia stare, ci passa sopra e apre e chiude in continuazione le porte vicino. Ci siamo messi proprio davanti alle cabine dell’equipaggio e a dove tengono i materiali di ricambio e delle pulizie! Arriviamo a Bari, nonostante il nome promettente Superfast e la breve distanza, con un’ora di ritardo. Decidiamo di regalarci un ultimo momento di vacanza visitando la bella Trani, con la splendida cattedrale affacciata sul mare e il bel centro storico in pietra bianca. Poi ci rassegniamo, è proprio finita! Arriviamo a Benevento dai genitori di Caterina, che ci accolgono sontuosamente con una mozzarella monumentale, pizza, melanzane fritte, pasta fresca con gamberi, rucola e pomodoro e molto altro! Sveniamo a letto fino alle 17, ripartiamo per Roma intorno alle 19 e poco dopo le 21 arriviamo dai miei. Ottima cena anche da loro, poi finalmente a casa nostra verso le 23. La stanchezza mi fa pensare con rammarico solo al fatto che domani dovrò essere in ufficio! Ma conto nei prossimi giorni di ripensare con calma e rivivere le sensazioni di questo splendido viaggio in Medioriente.
~ Fine ~ |
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