Sommario del sito

MediOriente 2010

Tragitto ideato per MediOriente 2010
Tragitto

Informazioni utili per MediOriente 2010
Info utili

Diario di viaggio di MediOriente 2010
Diario

Letture consigliate per MediOriente 2010
Letture

Soste previste per MediOriente 2010
Soste

 Diario di viaggio

Pagina precedente
Pagina 6

Pagina 7 (di 7)
(Aleppo, Sereflikochisar, Istanbul, Veria, Verghina, Sivota, Igoumenitsa)

Pagina successiva
Indice

Giornate: 
17 Agosto 2010 - “Arrivederci Siria”
18 Agosto 2010 - “Di nuovo a Istanbul!”
19 Agosto 2010 - “Magica, unica, incredibile: in una parola, Istanbul!”
20 Agosto 2010 - “Dalla Turchia alla Grecia”
21 Agosto 2010 - “L’ultimo bagno del viaggio”
22 Agosto 2010 - “Ahimè, di nuovo Roma”

17/08/2010 - “Arrivederci Siria”
Mi sveglio alle 7:30, ma galleggio nel dormiveglia fino alle 9:30. Stanotte non ho sentito il muezzin, strano!

 

 

Aleppo

 

Colazione da
principessa siriana
(115 KB)

 

Ci godiamo la principesca colazione dell’albergo, anche se non mi sento bene.
Tra un bagaglio e una chiacchiera, partiamo alle 11, in perfetto ritardo!
Usciamo rapidamente da Aleppo, la strada verso la Turchia è piuttosto sconnessa. All’incrocio con la strada che porta alla Chiesa di San Simeone, mi fermo:
“Che facciamo?”, chiedo a Caterina con scarso entusiasmo.
“Non saprei ...”, la sua laconica risposta.
“Proseguo?”
“Sì.”
In poche battute liquidiamo uno dei posti più belli tra i dintorni di Aleppo, ma tra stanchezza, mio malessere, la frontiera siriana con i suoi tempi incerti, ma sicuramente lunghi e ancor più l’idea di dover percorrere almeno 600 km, ci smontano.
Pazienza, sarà per la prossima volta o in un’altra vita!
Tra una buca e l’altra arriviamo alla frontiera di uscita dalla Siria. Solita confusione nel capire dove bisogna andare, ma una volta individuato il giro, sono incredibilmente veloci. Ormai sono quasi tranquillo per i documenti della moto, anche se una punta di preoccupazione rimane: il nome del mio amico sul libretto di circolazione, la mia delega falsa, tradotta dal mio collega libanese, con timbro d’architetto a sugellare il tutto.
Per fortuna non mi chiedono nulla. L’ufficiale che sbriga le pratiche relative alla moto è un uomo sui 40 anni, ben piazzato quasi grasso, che a conferma della sua voracità mi accoglie addentando un panino. É sgarbato, ma non mi tange: basta che mi manda via in fretta! E anche lui è veloce, sigla e mi fa siglare fogli e registri, poi via, verso la Turchia!
In tutto il lato siriano ha impiegato poco più di mezz’ora, fantastico!
Il lato turco inizia con una fila lunghissima di TIR, che superiamo con una certa difficoltà a causa di alcuni lavori in corso. Ci controllano rapidamente il bagaglio e ancora più rapidamente i documenti. In tutto mezz’ora anche qui.
Siamo in Turchia!
Come quando entrammo in Giordania alcuni giorni fa, anche stavolta il paesaggio cambia non appena si varca la frontiera, ma stavolta ancora più radicalmente: la natura è molto più verde, rigogliosa, le camagne fertili. Il paesaggio è più vario, mosso. Tutto è più bello e interessante, soprattutto alla luce della monotonia siriana.
Anche la temperatura migliora, più piacevole e meno soffocante.
Imbocchiamo l’autostrada per Ankara, ma poco dopo Adana purtroppo finisce, stanno ancora facendo i lavori.
Il cuscino rimediato l’altro giorno nel suq di Aleppo è una mano santa per Caterina. Io sto soffrendo sulla sella dura di Zenik, ancora originale e indurita dagli anni. Rimpiango quella morbida di Nelik, rifatta pochi anni fa.
Come sempre quando viaggio in Turchia, le distanze sembrano dilatarsi, senza arrivare mai.
Ci infiliamo nelle montagne che portano verso Ankara, poi di nuovo pianura fino ad Aksaray.
É tardi, il sole è tramontato da qualche minuto e siamo stanchi, ma domani dobbiamo a tutti i costi arrivare a Istanbul da Daniel, l’amico di Caterina. Più km percorriamo oggi, meno saranno domani.
Resistiamo fino a Sereflikochisar, un nome che sembra uno scioglilingua. A guardare la cartina, dovrebbe essere sulla riva di lago, ma complice l’oscurità, sembra non esserci nulla di tutto ciò.
Chiediamo informazioni, ma sembra non esserci nessun albergo.
“In verità c’è un albergo ...”, risponde un signore che fermiamo mentre passeggia, “... ma non ve lo consiglio! É caro ed è brutto!”
“Dove si trova?”
“Qua dietro ... secondo me l’opzione migliore è una locanda poco oltre, è molto più bella e costa meno!”
“A quanti km?”
“Mah, saranno una ventina”, risponde senza troppa convinzione.
Anche stavolta la fatica ha il sopravvento: ormai è buio da più di un’ora, siamo a pezzi e non abbiamo la minima voglia di andare a caccia di una locanda, che magari invece di 20 km si trova a 40 km da qui.
“Facciamo così: troviamo questo albergo e se è un minimo decente ci fermiamo, altrimenti proseguiamo e andiamo nella locanda che dice il tipo”, propongo a Caterina, che accetta di buon grado.
Dopo un paio di giri troviamo l’albergo. Caterina va in perlustrazione, tornando dopo qualche minuto.
“Per me si può fare, è brutto, ma si può fare. La doppia costa 15 euro.”
Ancora non ha finito di parlare che sto già smontando i bagagli.
“Ovviamente non ha il bagno in camera”, mi dice mentre entrando nella hall.
“E nemmeno l’ascensore!”, rincara mentre imbocco le scale carico di bagagli come un somaro, fino al terzo piano.
Senza nemmeno farci la doccia, usciamo per cercare un posto dove mangiare, prima che chiuda tutto.
Per fortuna di fronte all’albergo c’è una pideria ancora aperta. Entriamo e ordiniamo al volo due pide, una con verdure e una con carne, molto buone. Il tutto, per me, accompagnato dall’amato ayran, immancabile quando vengo in Turchia!
Iniziamo a chiacchierare con il gestore, Hasan: un ragazzo con meno di 30 anni.
“Anch’io amo le moto, quando potrò ne comprerò una!”, ci confida guardando Zenik parcheggiata proprio davanti all’ingresso.
Iniziamo a chiacchierare mentre finiamo di cenare. Ha una voglia incredibile di parlare, sia per conoscere qualcuno che per allenare l’inglese.
“Sapete, non mi capita mai qualcuno con cui parlare in inglese e nel mio lavoro è importante, poi vorrei trasferirmi a Istanbul un giorno e lì ci sono molti più turisti!”
“Facciamo una passeggiata, così ci conosciamo e tu puoi praticare l’inglese?”, gli proponiamo volentieri.
“Sì!”, la sua risposta con un lampo di gioia e riconoscenza negli occhi.
Telefona alla madre per dire che lascia il negozio a suo fratello per fare una passeggiata con due italiani.
“Mia madre si preoccupa per il negozio, devo sempre dirle quando mi assento, per sapere se deve venire anche lei oppure no.”
Passeggiamo sulla strada dell’albergo, ma in pochi minuti arriviamo all’estremità del paesino, torniamo indietro.
Ripassiamo davanti alla pideria, guarda dentro per capire se è tutto ok.
“Volete un gelato?”
“Sì, ma solo se è quello vostro, il dondurma, non uno di quelli industriali.”
“Ok, non vi preoccupate, conosco il posto e sicuramente è ancora aperto, venite!”, esclama invitandoci a salire sulla sua auto.
In un minuto arriviamo davanti alla gelateria, scende e spiega in turco che siamo due turisti italiani e vogliamo assaggiare il suo gelato.
“Benvenuti!”, ci dice rivolgendoci un sorriso.
Mentre ordiniamo i due coni, Hasan va a pagarli.
“Non dovevi!”, esclamiamo contrariati, ma ci zittisce con un gesto della mano.
Risaliamo in macchina e torniamo all’albergo.
“Volete vedere il parco?”, propone esitante.
“Ok!”, rispondiamo con poca convinzione, vista la stanchezza che ci attanaglia, ma non ce la sentiamo di rifiutare.
Passeggiamo fino al parco, dove ci sediamo ai tavolini di un bar.
Riprendiamo a chiacchierare, inevitabilmente arriviamo anche al discorso della religione.
“Deve essere dura essere cristiani...”, ci dice ad un certo punto, con un sorriso ammiccante.
“Può darsi, ma a cosa ti riferisci esattamente?”
“Dai, tutta la vita con una donna sola!”
“Bè, esiste il divorzio!”
“Ah sì?!”, risponde incredulo.
Scopro così che l’ignoranza è reciproca, pensavo si sapesse che si può divorziare, ma forse anche molti cristiani, cattolici non sanno che anche gli islamici possono divorziare.
Prosegue raccontandoci la sua vita: è fidanzato con una ragazza del luogo, che però lavora nell’aeroporto di Ankara.
“Lavoro cinque giorni nel ristorante, poi vado due giorni ad Ankara da lei.”
Prosegue raccontandoci che non vuole sposarsi in moschea, ma in comune. Sembra di ascoltare un giovane italiano, con posizioni laiche e progressiste.
Chiacchieriamo fino a mezzanotte e mezzo, poi letteralmente cadiamo dal sonno e proponiamo di andare a dormire.
“Ok e grazie infinite della chiacchierata!”
“Grazie a te, Hasan, è stata una bella serata!”
Ci salutiamo affettuosamente davanti all’albergo, saliamo di corsa in camera e ci tuffiamo nei letti, purtroppo singoli.

Torna all’indiceTorna all’indiceTorna all’indice

 

 

 

Albergo a Sereflikochisar

 

Fantastica suite
(82 KB)

18/08/2010 - “Di nuovo a Istanbul!”
Mi sveglio presto come al solito, intorno alle 6:15, poi mi crogiolo nel dormiveglia fino alle 8.
L’obiettivo della giornata è arrivare a Istanbul, a circa 600 km.
Prepariamo i bagagli e inizio a montarli sulla moto. Mentre le giro intorno per fissare le borse, mi accorgo con disappunto che il parafango anteriore è a pezzi. É saltata una delle due viti di fissaggio e con la velocità si è piegato sulla ruota, consumandosi e rompendosi. É quasi da buttare, ma preferisco togliere le parti più precarie e fissare meglio il resto con un fil di ferro.
Partiamo alle 9:15.
Finalmente vediamo il lago mostrato dalla cartina stradale. Corriamo a lungo al suo fianco; essendo un lago salato, è una sterminata distesa.
Facciamo colazione al volo nella prima stazione di servizio, con un buon succo di frutta e dei pessimi wafer.
La strada è ballerina fino a Ankara, poi fortunatamente riprende l’autostrada. Ankara è annunciata da colline spoglie trafitte da alti palazzi colorati; il resto della città si intuisce in lontananza.
Autostrada infinita, il tempo cambia rannuvolandosi e regalandoci le prime gocce di pioggia da settimane. Miraggio!
Alberi, coltivazioni, colline e montagne: un altro mondo rispetto alla Siria!

 

 

Verso Istanbul

 

Esiterà come
accessorio per la moto??
(110 KB)

 

Nell’ennesimo autogrill mi concedo 5 minuti di relax su una poltrona massaggiante, bello!
Finalmente Istanbul! Ripercorro con emozione, anche se non intensa e profonda come quella provata nel 2001, il ponte sul Bosforo. É incredibile, uno di quei punti del mondo dove si concentrano energie e simboli.
Arriviamo nel quartiere di Galata, dove vive Daniel. Nemmeno a farlo apposta, dopo un minuto che ci siamo fermati nella piazza vicino casa sua, arriva in Vespa!

 

 

 

Istanbul

 

Gelato cremoso
(123 KB)

Saliamo in casa, doccia e poi subito fuori a passeggiare nella affollatissima Istiklal. Caterina vuole ritrovare un negozio di gioielli che aveva visto qualche tempo fa, quando era venuta qui per lavoro. Dopo parecchi giri troviamo il posto, ma è chiuso, non si capisce se definitivamente oppure per la giornata, visto che ormai il pomeriggio è finito.
Incontriamo, di nuovo casualmente, Ajshe, la fidanzata di Daniel. Ci accordiamo per la cena, lei sta tornando a casa dal lavoro.
Mentre aspettiamo la cena con loro, beviamo una birra accompagnata da patatine fritte in uno dei mille bar alle spalle della Istiklal.
Istanbul, che città meravigliosa! Piena di locali, affascinante, storica e moderna, aperta, affacciata su tre mari e due continenti.
Daniel ci porta in uno splendido ristorante con vista mozzafiato sul Bosforo, poi, dopo cena, andiamo in un locale ricavato al quinto piano di un palazzo sulla Istiklal.
Suona un gruppo di musica balcanica, molto divertenti. Abbiamo l’energia per ballare, tra un sorso e l’altro di birra e raki.
Balliamo fino all’1:30, poi usciamo e passeggiamo nella notte fino alle 2. Tanto basta per farci decidere di restare anche domani qui, visto che ancora non avevamo deciso nulla e l’idea di massima era di andare in Grecia per fare un paio di giorni di mare. Ma Istanbul è troppo magica per andarsene senza fermarsi nemmeno un giorno!

Torna all’indiceTorna all’indiceTorna all’indice

19/08/2010 - “Magica, unica, incredibile: in una parola, Istanbul!”
La notte è sofferta, tra caldo, muezzin e zanzare. Alle 6 apro le finestre in cerca di una boccata d’aria.
Non sappiamo quando partire, se domani o dopo per la Grecia, né dove andare una volta là. E il traghetto per l’Italia: da Igoumenitsa o da Patrasso?
Usciamo nella nostra amatissima Istanbul.
Facciamo colazione in un bar tra lo chic e il ricercato nelle tranquille stradine vicino casa di Daniel. Per certi versi la zona mi ricorda Montmartre, con le sue ripide strade acciottolate e i palazzi eleganti ma non troppo, e soprattutto l’atmosfera, così tranquilla e piacevole.
Leggiamo la pubblicità di un museo d’arte contemporanea sul Bosforo, decidiamo di visitarlo.

 

 

Istanbul

 

Moschea nel verde
(119 KB)

 

Il posto è splendido, ricavato in qualche struttura probabilmente dell’Impero Ottomano. Oggi è completamente riammodernata e l’affaccio diretto sul mare è meraviglioso, l’occhio abbraccia emozionato l’azzurro del mare, solcato dalle barche e dalle navi, mentre in alto gabbiani ed altri uccelli ricamano il cielo.
Anche l’esposizione è interessante, dedicata al mondo della moda nelle declinazioni di alcuni stilisti turchi.
Una volta usciti, andiamo al Gran Bazar.
Delusione incredibile dopo le meraviglie siriane di Damasco e Aleppo! Questo sembra una galleria fighetta europea, con boutique e negozi eleganti, ricavati in gallerie private di ogni alito di vita: pulite, senza urla, senza venditori ambulanti, senza chioschetti che preparano da mangiare, senza onnipresenti montagne di merci. É diventato un luogo asettico, con la particolarità di essere ospitato all’interno di una struttura decorata e affrescata, ma non c’è vita.
Che peccato! Un altro dei danni del turismo, mi ricorda un banco di barriera corallina privo di vita, un fazzoletto di foresta pluviale secco e riarso, una spiaggia offesa dal catrame.
Risaliamo in moto e, dopo un breve giro panoramico a casaccio, riesco a portarmi, tra un divieto e una deviazione, alle spalle della grande e meravigliosa piazza che vede contrapposte da un lato la Moschea Blu e dall’altro la basilica di Santa Sofia.
Voglio visitare, per la prima da quando ho iniziato a capitare sporadicamente a Istanbul, proprio quest’ultima.
Caterina l’ha già visitata in passato, ci diamo appuntamento nei giardini della piazza tra un’oretta.

 

 

Istanbul

 

Dischi volanti
(134 KB)

 

 

Istanbul

 

Geometrie di archi e curve
(157 KB)

Il prezzo d’ingresso è elevato ed è pieno di turisti. Il luogo è comunque magico, con un po’ di immaginazione si può tornare indietro nel tempo, quando è stato deciso di apporre i grandi cerchi con iscrizioni arabe inneggianti ad Allah per nascondere parte della struttura così sfacciamente cristiana. Per fortuna hanno avuto la saggezza e la sensibilità di non distruggere un simile capolavoro che affonda le sue radici nella storia della città. Mi aggiro tra scale e cunicoli che sfociano in ampi spazi e alte gallerie.
Mi perdo per poi riprendermi: Caterina mi sta aspettando!
La trovo che è entrata in una mostra gratuita ospitata in un tendone di fronte a Santa Sofia. Non ho voglia di fare altre file, le scrivo un sms che la aspetto all’aperto.
Decidiamo di fare un altro giro in moto.

 

Istanbul

 

Orizzonti sognanti
(68 KB)

Perdersi in questa città è meraviglioso, perchè è talmente varia ed eclettica, che trovi una sorpresa ad ogni angolo: dalla villa patrizia, all’elegante edificio ottomano, dalla moschea isolata al quartiere di impronta europea. E poi il mare, nelle sue declinazioni dal Corno d’Oro al Bosforo.
Ed è proprio lungo quest’ultimo che decidiamo di muoverci, tra città e mare, tra solido e liquido, tra reale ed etereo.
Ci fermiamo in uno dei tanti spazi verdi affacciati sul mare. Compriamo da un anziano che porta in giro un carrellino con mille tipi di sementi, dei pistacchi grandi e saporiti.
Mentre ci godiamo la fine del giornata, arrivano due giovani. Sembrano militari in libera uscita o comunque persone che mancano da tanto tempo. Fatto sta che sono eccitati dall’essere qui e dal rivedere il mare, uno di loro si spoglia e si tuffa, ridendo e scherzando con l’amico rimasto sugli scogli.
Torniamo a casa, doccia e poi nuovo giro sue quattro ruote: le due di Zenik, più le due della Vespa di Daniel, con Ajshe.
Tra i mille vicoli in cui ci porta Daniel, in un giro vorticoso, ripassiamo davanti al Naz Wooden House. Che emozione! Dormimmo qui nel dicembre del 2005 quando, innamorati della Turchia dopo il viaggio estivo, decidemmo di visitare anche Istanbul, che all’epoca saltammo per approfittare della moto, mentre ad Istanbul ci si può arrivare comodamente in aereo.

 

 

Istanbul

 

Eravamo quattro amici
al ristorante!
(103 KB)

 

Arriviamo in una piccola piazza, stretta da alti palazzi, alcuni moderni ed eleganti, altri più tradizionali. La piazza è popolare, potremmo essere a Trastevere o, ancora meglio, a Testaccio.
Cena a base di pesce, poi nuovo giro notturno.

 

Istanbul

 

Sembra Natale!
(75 KB)

Stavolta Daniel ci porta ad un cantiere della metropolitana, dove sono stati scoperti resti romani. Stanno ancora decidendo come recuperarli, nel frattempo riusciamo a vederli dall’alto della scavo.
Torniamo sotto il quartiere di Galata per un baklava in riva al mare, in una pasticceria rinomata.
Un’ultima sosta in un piccolo parco di fronte al Bosforo, poi, purtroppo, dobbiamo cedere alla stanchezza ed andare a dormire.
É l’1:30.

Torna all’indiceTorna all’indiceTorna all’indice

20/08/2010 - “Dalla Turchia alla Grecia”
La notte viene spezzata all’improvviso da un clangore e urla che provengono dalla strada. Sono dei ragazzi che girano per il quartiere picchiando con dei bastoni su delle latte vuote, su tamburi e altri attrezzi del genere ed urlando per richiamare la popolazione a rispettare il Ramadan, quindi svegliandosi prima dell’alba per mangiare e resistere così al digiuno che durerà l’intera giornata.
Sono le 3 del mattino.
Oltre a questa sveglia imprevista, il caldo e le zanzare guastano il resto della nottata.
Salutiamo Daniel e partiamo verso lo Yunanistan, ossia la Grecia in lingua turca.
La distanza, come tutte le volte che viaggio in Turchia, sembra dilatarsi per non finire mai, tra mare presto abbandonato, campagne e colline.
Finalmente il confine, lungo il quale vivo un flashback intenso, di quando arrivai qui, da solo, verso la fine di Samarcanda 2001.
Con le lire turche avanzate, per evitare di dover cambiare ancora una volta, riesco ad arrivare in riserva spinta al confine con la Grecia. L’idea è che, iniziando subito l’autostrada greca, troverò subito un distributore.
Effettivamente, appena entrato vedo un cartello che indica un distributore, anche se non lungo l’autostrada, ma dopo una breve deviazione.
Per evitare brutte sorprese, nonostante il fastidio di dover uscire dall’autostrada, seguo il cartello e vado a fare il pieno a un paio di km di distanza.
Riprendo l’autostrada ed inizia il solito lungo nastro noioso a quattro corsie. Passano i km e non vedo nemmeno un distributore! Quando ci sono i cartelli, indicano tutti sistematicamente dei distributori a qualche km di distanza.
Quando inizio nuovamente ad essere in difficoltà con la benzina, mi lascio guidare da una di queste frecce. Recita “1 km”. Non appena esco, però, il secondo cartello si trasforma in “3 km”, peccato che non indica in quale direzione. Ne imbocco una, ma arrivo in una cava. Torno indietro, percorro non 3, ma 5 km, senza ombra di benzinai o altri cartelli. Inizio a innervosirmi e torno nei pressi dell’uscita dell’autostrada. Provo a chiedere informazioni nell’unica attività commerciale presente, un grande concessionario d’auto. Chiuso.
Impreco contro i greci e le loro autostrade prive del benchè minimo distributore.
Riprendo la quattro corsie per uscire nuovamente al primo cartello che indica un benzinaio. Ormai sono quasi a secco!
Stavolta, per fortuna, è indicato anche una cittadina. Mi tranquillizzo ed in effetti troviamo finalmente un benzinaio. Vorrei sfogarmi con i ragazzi della pompa di benzina, che purtroppo non parlano inglese così come io non parlo greco. Rimangono solo dei sorrisi verso la moto.
Visto che siamo vicinissimi alla costa, decidiamo di riposarci in riva al mare, magari con bagno annesso!
Chiediamo informazioni per una bella spiaggia e ci indicano una località di nome Kavala, poco lontano.
Il dolore al fondoschiena mi spinge, una volta superati i km indicati ed arrivati nell’area di Kavala, a gettarmi nel primo posto che sembra avere l’accesso al mare.
Finiamo in un albergo molto bello con spiaggia privata. Per evitare di dover pagare l’ingresso o di dover dare lunghe e probabilmente non soddisfacenti spiegazioni, arriviamo in spiaggia scavalcando un muretto dal parcheggio.
Cambio di costume al volo e, alla chetichella, mi impossesso di una sdraio in posizione defilata, mentre Caterina va a buttarsi in acqua.
Dopo una mezz’ora di assestamento, in cui ci siamo fatti più o meno vedere dal personale della spiaggia, che non può ricordarsi tutti gli ospiti, mi faccio più spavaldo e mi butto anch’io in acqua, poi vado al bar ristorante: sto morendo di fame!
Insalata greca - e cos’altro! - e caffè frappè (altro grande classico greco) e poi doccia sulla spiaggia per togliermi il sale dalla pelle. Ancora relax per un’ora e ripartiamo.
Non abbiamo meta, solo la nostra fatica, ricordando sempre che più strada facciamo oggi e meno ne dovremo fare domani.
Verso il tramonto superiamo Salonicco. Continua lo stress dell’assenza di distributori lungo la strada. Ogni volta che devo fare benzina, sono obbligato ad uscire dall’autostrada. Non ci sono caselli, ma comunque è una seccatura e spesso per raggiungere i distributori devo percorrere km aggiuntivi.
Siamo al limite della fatica, è già un paio di volte che ci diciamo:
“Dai, al prossimo paesino ci fermiamo!”
A Veria gettiamo la spugna. Sono tutti posti sconosciuti, uno vale l’altro. Seguendo lo svincolo che porta a Veria, vedo un cartello che indica il sito archeologico di Verghina. Il nome mi incuriosisce, mi ripropongo di leggere la guida più tardi a cena.
Chiediamo informazioni ad un signore che ci indica le uniche due possibilità di pernottamento: optiamo per quella più vicina.
L’albergo è carino, in centro, ma quello che ci stupisce è la quantità di ragazzi in giro che affollano una moltitudine di locali con musica e tavolini. Tutto è molto vivace, allegro. Un colpo di fortuna essere finiti qui!
Andiamo a cena nel ristorante consigliatoci, insieme all’albergo, dalla prima persona che abbiamo fermato poco fa. Buono ed economico. La cameriera si chiama Luna, è avvocato e parla cinque lingue, ma non riesce a trovare un lavoro:
“Sarò costretta ad emigrare...”, conclude con aria triste.
Ci offre un dolce tipico della zona. É simile ai dolci arabi, con miele e frutta secca, ma in più ha una palla di gelato sopra. Ottimo!
Dopo cena giriamo a piedi per respirare un po’ di vita e sgranchirci le gambe.
All’1, cediamo al letto.

Torna all’indiceTorna all’indiceTorna all’indice

21/08/2010 - “L’ultimo bagno del viaggio”
Sveglia alle 8:30, alle 9:30 siamo pronti.
Scopriamo che Verghina è Patrimonio dell’Umanità UNESCO, non possiamo perderla!
La strada da Veria a Verghina è dolce, in mezzo a basse colline verdi. Passiamo a fianco di un piccolo lago, probabilmente artificiale.
Verghina è semi deserta e non si capisce bene dove siano le rovine. Seguiamo un cartello che riporta in campagna, sulle tracce di antiche tombe macedoni.
Ne visitiamo un paio, ma capiamo che non siamo nel posto giusto. Torniamo nel minuscolo centro abitato e finalmente troviamo l’ingresso alle tombe.
Entriamo in quello che sembra un parco. L’ingresso alle rovine è sotto una collina artificiale, si entra attraverso lunghi corridoi leggermente in discesa.
All’improvviso entriamo in un altro mondo. La particolarità unica di questo sito è sia la collocazione, ossia sulle rovine stesse, giriamo tra le tombe esattamente dove furono trovate, senza essere spostate o ricostruite. E poi i reperti stessi, anche questi non sono stati spostati in altri musei o collocazioni.
I reperti sono stupefacenti, emozionanti, la perizia dei Macedoni e il loro amore del Bello, il rispetto e il tributo riconosciuto alla Donna con doni meravigliosi. Le lavorazioni dell’oro lasciano a bocca aperta, i dettagli e le soluzioni artistiche come quella della ghirlanda di Filippo II, dell’analoga attribuita ad una donna a lui vicino e mille altri reperti.
Questi oggetti così incredibilmente belli in arrivo dal passato, mi sembrano una finestra aperta nel tempo.
Usciamo scossi da quanto abbiamo visto e per molto tempo non riusciamo a parlare, abbagliati dalla bellezza appena ammirata. Abbiamo addosso una sensazione simile a quella provata dopo l’amore: appagamento e rilassatezza, pace interiore.
Mettiamo insieme il pranzo ed alcune provviste in un’ottima rosticceria di Veria e, per sicurezza, andiamo in un’agenzia viaggi a comprare i biglietti del traghetto di stasera.
A malincuore, ci rimettiamo sull’autostrada, destinazione Igoumenitsa.
Anche gli ultimi 250 km ci sembrano lunghi. Una volta vicini alla destinazione, chiediamo informazioni del posto più bello nei dintorni:
“Sivota!”, è la risposta unanime.

 

 

Sivota

 

Ultimi scampoli di vacanza
(86 KB)

 

Arriviamo nel piccolo villaggio di Sivota e cerchiamo la spiaggia più tranquilla e carina.
Ci rilassiamo senza preoccupazioni, la nave parte alle 23:59!
Tra bagni, nuotate col materassino e sonnellini, restiamo in spiaggia fino alle 20:30.
Ripartiamo verso Igoumenitsa, facciamo un giro nella parte a ridosso del mare, carina.
Cenetta a base di pesce poi, purtroppo, è il momento di entrare nel porto.
Facciamo il check in, poi, una volta sul molo, scopriamo che la nave è in forte ritardo. Passa la mezzanotte, ma nulla si vede all’orizzonte.

Torna all’indiceTorna all’indiceTorna all’indice

22/08/2010 - “Ahimè, di nuovo Roma”
Verso mezzanotte e un quarto si avvicina una nave della Superfast. Tra operazioni di sbarco e rimbarco, partiamo con un’ora di ritardo.
Appena saliamo dal garage nella parte passeggeri, siccome abbiamo il passaggio ponte, non ci fanno nemmeno entrare. Ci bloccano brutalmente all’ingresso della parte coperta. É pieno di gente, siamo in ritardo e soprattutto stanchi, non mi va di mettermi a litigare.
Cerchiamo posto all’esterno, nella posizione più protetta possibile.
Finalmente partiamo e sembra che la posizione che abbiamo scelto sia abbastanza protetta dal vento.

 

 

Traghetto Igoumenitsa - Bari

 

Suite all’aperto
(78 KB)

 

Dopo un paio d’ore, però, mi sveglio per la bufera violenta a cui siamo esposti. Il vento è fortissimo, gli oggetti volano. Mi arrabbio con l’equipaggio che non ci ha fatto entrare e rientro in perlustrazione.
Sono le 4 del mattino e in giro non c’è quasi nessuno. Come un ladro mi aggiro nei corridoi in cerca di un angolo che non intralci e che sia tranquillo.

 

Traghetto Igoumenitsa - Bari

 

Cambio: suite all’interno!
(54 KB)

Finalmente trovo un buon posto in un corridoio due piani sopra al ponte. Torno a chiamare Caterina, completamente avvolta nel sacco lenzuolo. La sveglio e la porto, bagagli compresi, nel posto che ho trovato.
Va molto meglio, comunque non riesco ad addormentarmi. Alle 5 spengo il cellulare e lo riaccendo alle 8, circondato dal rumore. Scopro che siamo nel punto più trafficato della nave, è un andirivieni continuo del personale di bordo che, anche se ci lascia stare, ci passa sopra e apre e chiude in continuazione le porte vicino. Ci siamo messi proprio davanti alle cabine dell’equipaggio e a dove tengono i materiali di ricambio e delle pulizie!
Arriviamo a Bari, nonostante il nome promettente Superfast e la breve distanza, con un’ora di ritardo.
Decidiamo di regalarci un ultimo momento di vacanza visitando la bella Trani, con la splendida cattedrale affacciata sul mare e il bel centro storico in pietra bianca.
Poi ci rassegniamo, è proprio finita!
Arriviamo a Benevento dai genitori di Caterina, che ci accolgono sontuosamente con una mozzarella monumentale, pizza, melanzane fritte, pasta fresca con gamberi, rucola e pomodoro e molto altro!
Sveniamo a letto fino alle 17, ripartiamo per Roma intorno alle 19 e poco dopo le 21 arriviamo dai miei.
Ottima cena anche da loro, poi finalmente a casa nostra verso le 23.
La stanchezza mi fa pensare con rammarico solo al fatto che domani dovrò essere in ufficio! Ma conto nei prossimi giorni di ripensare con calma e rivivere le sensazioni di questo splendido viaggio in Medioriente.

~ Fine ~

Pagina precedente
Pagina 6

Pagina successiva
Indice

Torna all'inizio della pagina

Torna all’inizio
della pagina

Torna all'inizio della pagina